Paolo di Tarso

Settima parte

Lettera a Filemone

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Capitolo 138-7

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Claudio Simeoni

 

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La biografia di Paolo di Tarso
Settima parte - Lettera a Filemone

 

La lettera a Filemone è la lettera con cui Paolo di Tarso legittima la schiavitù. La schiavitù era una forma di relazione sociale costruita ben prima di Paolo di Tarso, ma Paolo di Tarso introduce la novità dell'atto morale che impone allo schiavo di condividere il proprio stato di schiavo. Uno schiavo che è schiavo con tutto il cuore e con tutta l'anima e a cui è moralmente vietato desiderare di uscire dalla propria condizione di schiavitù.

Lo schiavo cristiano non è lo schiavo di Roma precristiana. Lo schiavo di Roma precristiana era uno schiavo economico. Lo schiavo cristiano è sì lo schiavo economico, ma gli si impone di essere schiavo con tutto il cuore e con tutta l'anima amando il proprio padrone. Uno schiavo che svolge i lavori di schiavo con passione per far piacere al proprio padrone.

Se lo schiavo di Roma anelava ad essere libero, tant'è che si era formata una vera e propria categoria sociale dei liberti, lo schiavo cristiano anela al suo stato di schiavo per far piacere al proprio padrone e a Dio che lo ha destinato ad essere schiavo.

La schiavitù è il modello sociale proposto da Paolo di Tarso in tutte le sue lettere. Una schiavitù come sottomissione dell''uomo alla volontà di Dio e a tutte le norme morali che Dio impone all'uomo.

Il modello di schiavitù imposto da Paolo di Tarso è una schiavitù che agisce su due piani: lo schiavo moralmente sottomesso alla volontà di Dio, e pertanto all' "autorità religiosa", e il medesimo schiavo sottomesso all'autorità civile padrona del suo corpo e del suo tempo. Entrambe le schiavitù sono legittimate e rivendicate da Paolo di Tarso ed entrano come una componente fondamentale dell'ideologia della chiesa cattolica prima e di tutte le chiese cristiane, poi.

La vicenda in sintesi è questa. Paolo di Tarso incontra lo schiavo Onesimo fuggito dal padrone Filemone. Costui viene convertito al cristianesimo da Paolo di Tarso. Filemone è un altro convertito al cristianesimo da Paolo di Tarso e Paolo di Tarso impone a Filemone di riaccogliere Onesimo in quanto questi è una sua proprietà.

Scrive Paolo di Tarso:

[8]Per questo, pur avendo in Cristo piena libertà di comandarti ciò che devi fare, [9]preferisco pregarti in nome della carità, così qual io sono, Paolo, vecchio, e ora anche prigioniero per Cristo Gesù; [10]ti prego dunque per il mio figlio, che ho generato in catene, [11]Onesimo, quello che un giorno ti fu inutile, ma ora è utile a te e a me. [12]Te l'ho rimandato, lui, il mio cuore.

Paolo di Tarso, Lettera a Filemone 1, 8 – 12

Filemone, convertendosi al cristianesimo, è diventato uno schiavo di Paolo di Tarso che, in quanto rappresentante di Cristo ha "piena libertà di comandargli ciò che deve fare". Filemone ha rinunciato ad essere un uomo libero e ha accettato di diventare schiavo di Paolo di Tarso che ha piena libertà di comandargli che cosa deve fare in nome di Cristo che lui rappresenta.

Come padrone di Filemone, Paolo di Tarso preferisce che il suo schiavo obbedisca non ad un ordine diretto di Paolo di Tarso, ma ad un desiderio di Paolo di Tarso. Uno schiavo che non obbedisce ad un ordine, ma esegue, soddisfacendo il desiderio del padrone prima che l'ordine arrivi, per far felice il suo padrone.

Paolo di Tarso ordina a Filemone di riprendersi lo schiavo "che un giorno ti fu inutile", ma che ora, sottomesso al cristianesimo è utile sia a Filemone che a Paolo di Tarso.

Scrive Paolo di Tarso:

[13]Avrei voluto trattenerlo presso di me perché mi servisse in vece tua nelle catene che porto per il vangelo. [14]Ma non ho voluto far nulla senza il tuo parere, perché il bene che farai non sapesse di costrizione, ma fosse spontaneo. [15]Forse per questo è stato separato da te per un momento perché tu lo riavessi per sempre; [16]non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come un fratello carissimo in primo luogo a me, ma quanto più a te, sia come uomo, sia come fratello nel Signore.

Paolo di Tarso, Lettera a Filemone 1, 13 – 16

A Filemone, Paolo di Taro dice che avrebbe dovuto essere con lui in catene per servirlo. Invece ha il suo schiavo, Onesimo, che una volta convertito al cristianesimo potrebbe fare le sue veci e servirlo mentre lui è in catene.

E' al limite del comico Paolo di Tarso quando dice di non voler prendere una decisione, dopo che si è imposto su Filemone, perché la decisione che per suo ordine Filemone deve prendere "non sapesse di costrizione".

Cosa significa prendere un uomo "Non più però come schiavo, ma molto più che schiavo". Il più della schiavitù è una schiavitù all'ennesima potenza. Una schiavitù totale, senza se e senza ma. Uno schiavo dedito al proprio padrone nel corpo, nella condizione e nello spirito. E che cos'è la condizione del fratello se non una condizione sociale acquisita alla nascita dalla quale non ci si può più liberare? Si può ignorare l'esistenza dei propri fratelli, ma sono sempre i tuoi fratelli. Anche se li odi e non li vuoi vedere mantengono lo status giuridico di fratelli.

Scrive Paolo di Tarso:

[17]Se dunque tu mi consideri come amico, accoglilo come me stesso. [18]E se in qualche cosa ti ha offeso o ti è debitore, metti tutto sul mio conto. [19]Lo scrivo di mio pugno, io, Paolo: pagherò io stesso. Per non dirti che anche tu mi sei debitore e proprio di te stesso! [20]Sì, fratello! Che io possa ottenere da te questo favore nel Signore; dà questo sollievo al mio cuore in Cristo!

Paolo di Tarso, Lettera a Filemone 1, 17 – 20

A Filemone Paolo di Tarso ricorda che lui è "debitore proprio di se stesso" nei confronti di Paolo di Tarso. In sostanza, Filemone è considerato da Paolo di Tarso un suo schiavo al quale può dare ordini, ma dal quale Paolo di Tarso si aspetta che agisca prima di dare l'ordine per soddisfare il suo desiderio.

Se Paolo di Tarso si considera in diritto di dare ordini a Filemone, Filemone non può essere un amico di Paolo di Tarso, ma uno schiavo di Paolo di Tarso.

Poi ci risiamo con le affermazioni ridicole di Paolo di Tarso. Dice Paolo di Tarso: "Se il tuo schiavo in qualche cosa ti ha offeso o ti è debitore, metti tutto sul mio conto". Come può uno schiavo, che ha lavorato senza essere pagato per il proprio padrone essere in debito col padrone che non lo ha mai pagato o averlo offeso per essere scappato? E con i sentimenti dell'uomo costretto a lavorare in schiavitù, Paolo di Tarso ci si vuole "pulire il culo"?

Paolo di Tarso, dopo aver ricattato Filemone ricordando come Filemone gli deve obbedienza, si augura di ottenere da lui "questo favore". Com'è nell'ideologia della chiesa cattolica, dopo la richiesta del favore segue la tecnica del ricatto.

Scrive Paolo di Tarso:

[21]Ti scrivo fiducioso nella tua docilità, sapendo che farai anche più di quanto ti chiedo.

Ti scrivo, dice Paolo di Tarso, sapendoti uno schiavo devoto e sottomesso che farà per me molto più di quanto chiedo.

Questa tecnica di relazione schiavistica è definita nei vangeli quando Gesù dice: "Se farete tutto quello che io voglio, non vi chiamo più schiavi, ma amici" (Giovanni 15, 14 - 15).

Pertanto, la condizione rimane quella dello schiavo assoluto, facendo tutto quello che vuole il padrone, ma cambiando il nome con cui viene definito: sempre schiavo è e "molto di più che schiavo".

 

Nota: il testo della Lettera a Filemone di Paolo di Tarso è stato prelevato da un sito cattolico di Internet.

 

Capitolo 138 La biografia di Paolo di Tarso - Cinquantacinquesima biografia

 

Marghera, 29 luglio 2019

 

 

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Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

Membro fondatore
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