Il giudizio di necessità

Il giudizio di necessità nella metafisica della Stregoneria - Prima parte (di 3)

di Claudio Simeoni

Il giudizio di necessità

 

L'individuo consapevole si adatta a vivere nel mondo sociale e, anche in presenza di incertezze e incongruenze, formula giudizi per rendere funzionale la sua vita.

In greco antico Necessità è Ananke.

Necessità è una forza dalla quale non si può prescindere.

Che cosa si intende per GIUDIZIO DI NECESSITA', ma prima ancora, che cos'è un GIUDIZIO?

Si chiama GIUDIZIO tutto ciò che noi diciamo. Dire: "Questa cosa è buona!", qualunque sia il significato che intendiamo: significa dare un GIUDIZIO! Dire: "Il Sole è giallo!" significa dare un giudizio!

Ogni volta che noi parliamo, diamo un giudizio. Non solo per il fatto di giudicare, ma per il fatto di dire, trasmettere, tentare di capire, parlare. Si tratta sempre di giudizi che noi emettiamo. E quando parliamo con le altre persone, ciò che giunge a noi attraverso le loro parole, sono dei giudizi. Le relazioni fra gli Esseri Umani sono relazioni di giudizi che vengono scambiati, confrontati, modificati ecc. ecc.

Parlare del Giudizio di Necessità significa parlare di un giudizio dal quale non è possibile sottrarsi dall'emettere un giudizio che diventa giustificazione del nostro agire all'interno del Sistema sociale.

Dire alla propria amata o al proprio amato : "Ti amo!" è un giudizio. Ed è un giudizio emesso dalla necessità del momento o della situazione che stiamo vivendo.

Il nostro problema è che, dopo aver trattato lo Scetticismo, conosciamo la vacuità e la superficialità, l'inadeguatezza, la contingenza, l'utilitarismo, e spesso la sterilità e l'inutilità dei nostri giudizi.

Però li rappresentiamo con forza, sosteniamo le nostre ragioni e li giustifichiamo come se fossero una questione di vita o di morte.

Spesso lo è!

E' la differenza che c'è nel nostro Sistema Sociale fra il venir imputato per aver preso delle decisioni (aver emesso un giudizio in stato di necessità) mettendo in moto sequenze di avvenimenti dannose, o sottrarsi alle proprie responsabilità, evitando di emettere dei giudizi o di prendersi delle responsabilità decisionali (che comunque sono delle decisioni capaci di mettere in atto altre sequenza di mutamenti).

Se una persona giustifica adeguatamente le decisioni prese, l'imputazione del danno (al di là di come la tratta il giudice in giudizio) è riferibile ad un imponderabile. Quando ci si trova a dover affrontare dei "giudizi" per delle decisioni che noi abbiamo dovuto prendere è importante che noi siamo in grado di giustificare o motivare adeguatamente il giudizio preso. Non è importante che gli altri condividano o meno quanto abbiamo deciso, è importante che noi lo sappiamo giustificare, cioè supportare logicamente la nostra scelta.

Nel Sistema Sociale in cui viviamo non possiamo sfuggire dall'emettere giudizi che tutti pretendono siano opportuni, saggi, adeguati e ossequiosi.

In questo dibattito parliamo del Giudizio di Necessità.

Il giudizio in sé stesso e la relazione fra noi e l'oggetto del giudizio.

Non parliamo di Follia Controllata come manipolazione soggettiva del giudizio.

Alla Necessità di pronunciare un giudizio non si sfugge. Tanto che, in questa società, si viene classificati in base ai giudizi che si emettono a favore o contro qualcuno.

Anche se qualche volta diciamo:

"Non voglio sapere nulla!"

"Non farmi parlare!"

"Bocca mia statte zitta!"

In realtà stiamo emettendo dei giudizi, stiamo prendendo delle posizioni in relazione a qualche cosa, che il sistema sociale ci sollecita.

Necessità; Ananke; è intesa, in molte interpretazioni, come "destino".

Questo per dire che il giudizio, che noi manifestiamo, ha un fine. Un obbiettivo cui deve raggiungere. Questo obiettivo o il fine per cui manifestiamo il giudizio può essere fuori di noi come pretesa soggettiva di oggettività o dentro di noi come nostra manifestazione attraverso il giudizio nell'oggettività.

Il mio giudizio è vacuo, superficiale, inadeguato, contingente: SEMPRE!!!

Perché non è la necessità di rispondere alle sollecitazioni del Sistema Sociale, ma deve rispondere alla mia necessità di rappresentare me stesso nel Sistema Sociale.

Dal momento che il me stesso è un soggetto in continuo mutamento, necessariamente il giudizio che emetto è relativo al mio divenuto e a come IO VOGLIO RAPPRESENTARE ME STESSO A CHI SOLLECITA IL MIO GIUDIZIO.

Non aspettatevi mai che chi pratica Stregoneria vi dica la verità in relazione alle sue scelte e ai suoi gesti. Io faccio delle azioni perché ritengo di doverle fare, perché qualcuno dovrebbe chiedermi: perché fai questo o quello? Quando qualcuno me lo chiede significa che quanto faccio è sottoposto al suo giudizio. Non trova utile quello che faccio, ma necessita di trovare per esso delle spiegazioni. E le chiede a me! E' ovvio che io gli do delle spiegazioni funzionali in quel momento. Spiegazioni che soddisfino la sua curiosità e che appagano il suo bisogno di giustificare nella sua ragione le mie azioni, ma non avrà la verità. Infatti, se in una situazione diversa mi chiederà di motivare o giustificare le stesse azioni, avrà spiegazioni diverse o avrà spiegazioni diverse anche se mi richiederà di dargli delle spiegazioni per l'azione precedente.

Le spiegazioni che do non sono il motivo per cui faccio un'azione, ma sono elementi che giustificano l'azione che faccio, elementi che cambio quando vedo che l'interlocutore trova insoddisfacenti i motivi precedenti.

E' il giudizio di necessità è un giudizio che priva il mio interlocutore della sua pretesa di ergersi a "giudice" nei miei confronti.

So perfettamente che io mi sto trasformando e così si trasformerà la mia capacità di emettere giudizi, come so perfettamente che cambiando la relazione fra me e il Sistema Sociale cambia anche il giudizio che manifesto.

Provate ad identificarvi con un magistrato o con l'imputato e pensate se i giudizi soggettivamente emessi, relativi al capo di imputazione, possono avere un qualche attinenza con un giudizio oggettivo.

Sono entrambi giudizi di necessità.

Pertanto: vacui, superficiali, inadeguati, contingenti e spesso inutili e sterili.

Noi, pur non sfuggendo dall'emettere un giudizio, non pretendiamo di emettere un giudizio obiettivo: non siamo dei fedeli ad una verità!

Siamo consapevoli di emettere un giudizio relativo. Relativo a ciò che noi siamo e a ciò che vogliamo ottenere col nostro giudizio. Siamo consapevoli che fra qualche istante noi non saremo ciò che ora siamo né quel giudizio ci lega o ci vincola.

Quando si emette un giudizio, significa che si vuole ottenere qualche cosa. Un giudizio non viene emesso senza scopo. Un'affermazione, non la si fa senza scopo. Un complimento, non lo si fa senza uno scopo. Emettere un giudizio è un atto di rappresentazione che noi facciamo nel Sistema Sociale in cui viviamo.

Come ogni atto di rappresentazione viene fatto per uno scopo, per ottenere un risultato. Non dico ad una persona: "Tu sei bella!" se non ho degli stimoli che mi inducono a compiacere quella persona. Mi rappresento a quella persona dicendo: "Tu sei bella!", ma lo scopo è il compiacere in risposta a stimoli che dentro di me spingono. Chi pratica Stregoneria cerca di comprendere questi stimoli, cerca di comprendere lo scopo delle affermazioni. Non si ferma all'affermazione proiettando su di essa ciò che lui immagina voglia significare quel giudizio.

Rappresentiamo nel giudizio la NOSTRA NECESSITA'. Al di là che tale necessità sia manifestata o occultata dal giudizio che noi emettiamo.

Essere consapevoli che nell'emettere un giudizio presentiamo (o preserviamo) la nostra necessità, significa emettere un GIUDIZIO DI NECESSITA'.

Proprio perché sono consapevole della qualità e dei fini del giudizio NON VINCOLA CHI LO EMETTE E LASCIA LIBERO L'INTERLOCUTORE DI INTERPRETARLO ATTRAVERSO IL SUO INTENTO.

NOTA:

Attraverso il giudizio di necessità noi possiamo giocare sull'immaginazione del nostro interlocutore. Possiamo cioè emettere un giudizio limitato ad un oggetto e lasciare che il nostro interlocutore lavori di fantasia cercando dentro di sé le spiegazioni al nostro giudizio. Le spiegazioni che lui troverà non saranno quelle relative al nostro giudizio, ma saranno quelle relative ad un insieme che esiste dentro di lui se lui avesse emesso quello stesso giudizio.

C'è spesso un inganno che viene fatto in burocrazia nei confronti delle persone. Un inganno che nasce fra ciò che è scritto e ciò che le persone, di ciò che è scritto, intendono. I politici fanno delle affermazioni senza riempirle di contenuto e di significato e lasciano i loro elettori ad immaginare che cosa loro significano con quelle affermazioni.

I carnefici sono carnefici e le vittime sono le vittime. L'uomo è sia vittima che carnefice. Si tratta di sapere se quell'uomo vuole o no vuole, se ha agito o se non ha agito, per partecipare a quel gioco.

Anche se noi non vogliamo giocare a quel gioco spesso veniamo costretti solo perché noi, in quel momento, non stavamo giocando a nessun gioco. Per questo motivo i carnefici ci trasformarono in vittime.

Ci si è tolti dal centro del mondo e si è compresa la necessità della pratica e della soggettivazione dell'atteggiamento SCETTICO.

Noi, però, dobbiamo vivere nel Sistema Sociale, nella società che abbiamo trovato al momento della nascita.

Tolti dal centro del mondo e fagocitato l'atteggiamento scettico, dobbiamo emettere dei giudizi attraverso i quali vivere.

Il Crogiolo dello Stregone è un insieme unico e deve essere visto come insieme.

La donna, l'uomo hanno sviluppato quanto si è sottolineato nei dibattiti relativi al mondo dell'Essere Natura e rappresentano sé stessi nel mondo sociale partendo dalle condizioni che hanno trovato al momento della nascita. Il Giudizio di Necessità è il giudizio attraverso il quale, chi pratica Stregoneria, emette e considera i suoi giudizi nel mondo sociale.

Facciamo quattro considerazioni per le quali si rende necessario emettere in giudizio di necessità:

1) Io non so se conosco tutto quanto dovrei conoscere, ma in base a quanto conosco questo è quanto sono in grado di decidere!

2) Io emetto quel giudizio perché, quel giudizio, anche se io conosco solo pochi elementi dell'oggetto di cui emetto il giudizio, tende agli intenti e agli scopi che io mi prefiggo!

3) Non mi interessa quanto io conosco o non conosco, mi interessa presentare al mio interlocutore quel giudizio perché il mio interlocutore è la mia preda d'agguato che costringo a concentrare la sua attenzione sul giudizio che emetto: il giudizio emesso è un modo per costringere il mio interlocutore a concentrare o finalizzare la sua attenzione.

4) Un giudizio volutamente ingannatore che uso quando voglio sottrarmi al mio interlocutore o voglio costringere il mio interlocutore a distrarre la sua attenzione.

Ricordate che l'emissione dei giudizi risponde a tutte le regole che abbiamo discusso durante i dibattiti relativi all'Arte dell'Agguato. Emettere dei giudizi, nella società in cui viviamo, è una vera e propria attività di guerra; come è attività di guerra rispondere o mettersi in relazione coni giudizi che dagli altri membri del Sistema Sociale giungono a noi.

Come si può notare il giudizio è manifestato nel Sistema Sociale in base alle esigenze soggettive. Questo perché il giudizio è un'arma di rappresentazione soggettiva nel Sistema Sociale. Il vivere per sfida implica anche una valutazione soggettiva nel manipolare il proprio giudizio al fine di rappresentare, nel Sistema Sociale, l'aspetto che noi vogliamo. Non si tratta di ingannare, si tratta di esporre o non esporre noi stessi in base ai nostri intenti e ai nostri desideri nella consapevolezza che viviamo in un Sistema Sociale di predatori. Ci sarà sempre qualcuno che, intuendo il vostro comportamento, vi dirà: "Ma non è così, sei tu che sei paranoico!" Che strano, ero convinto di vivere in una società che basa le sue relazioni sull'accumulo di ricchezza a discapito di altre persone: e sarei io il paranoico?

Il giudizio si rappresenta nel Sistema Sociale come saggezza!

La saggezza è la manifestazione di un giudizio che partendo dalla lettura del presente, considerando, per quanto è possibile, le variabili che si presentano, viene emesso in funzione di spostare la situazione nella quale si vive lungo una via di libertà: sciogliendo i legamenti o spezzando le membra.

Rimozione degli ostacoli nell'oggettività che impediscono la dilatazione delle persone.

Il giudizio di necessità è anche il metodo col quale l'Essere Umano, che pratica Stregoneria, non inganna sé stesso!

Emetto un giudizio, ma so che il giudizio che emetto è relativo alla mia coscienza e all'intento che mi prefiggo. Come cambia la mia Coscienza e il mio Intento, cambia anche il mio giudizio.

In Stregoneria si chiama "Farsi Proteo!". Proteo è "l'essere senza forma". Se voi manifestate una struttura mentale fissa, chiunque può ingannarvi presentandovi delle categorie mentali affini o opposte a ciò che è la vostra forma mentale. Ma se il vostro giudizio è senza forma in quanto tende ad osservare gli oggetti del mondo attraverso ciò che sono le vostre passioni e i vostri intenti per entrare in relazione con voi è necessario che il vostro interlocutore sia in grado di emozionare le vostre passioni e i vostri intenti. Il vostro giudizio DEVE diventare come Proteo. DEVE cioè trasformarsi, all'occorrenza, in leone, serpente, cinghiale, acqua, fuoco o vento a seconda delle vostre necessità. Nella Stregoneria Castanediana si chiama: perdere la forma. Non essere dipendenti da un giudizio fisso. Chi è dipendente da un giudizio fisso tenderà a piegare la realtà (e quando non riuscirà a farlo, immaginerà la realtà) al suo giudizio.

Essere o non essere un uomo o una donna dai "fermi principi" o "fermi giudizi" è una stupidaggine: si possono avere intenti inflessibili, ma questi vanno perseguiti con la massima duttilità e con la massima adattabilità dei propri giudizi all'interno del mondo in cui viviamo.

Nel mondo sociale si vive attraverso la ragione. La ragione emette i giudizi che, secondo lei, dovrebbero essere la fonte dalla quale si generano le azioni. In realtà, è bene ricordare, le azioni degli Esseri della Natura, quasi sempre precedono le analisi della ragione e questa si limita ad inseguirle per giustificarle e descriverle.

Mao Tse Dong scrisse un trattato dal titolo: "Analisi della situazione dei contadini in Cina". Non si trattava di un'analisi che precedeva le sue scelte, ma era un lavoro analitico col quale avallava ciò che già aveva scelto. Il lavoro gli serviva per razionalizzare la sua scelta e rendere partecipi altre persone alle sue scelte.

Però aveva già deciso!

Le scelte le aveva già fatte.

Quello fu un giudizio di necessità. Un giudizio che necessitava al soggetto che lo esprimeva per giustificare e confermare le sue scelte soggettive: il suo intuito, le sue predilezioni, il suo sentire! Quel giudizio, in quel modo e solo in quel modo, poté essere accolto, condiviso da altri e svegliare in altri il loro sentire e il loro intuire.

Il giudizio di necessità, in questo caso, giustifica il sentire e l'intuire dell'individuo permettendogli di rendere partecipi le persone al suo stesso sentire.

Lo so che il giudizio spesso è frutto del condizionamento dell'individuo e di adattamenti soggettivi costretti, ma non è questo l'oggetto di questo dibattito. Noi stiamo parlando del giudizio in sé e del suo uso.

Quando io ricevo il giudizio di una persona, devo partire dal presupposto che quanto la persona mi esprime è un giudizio a giustificazione della sua azione (delle sue scelte, del suo atteggiarsi, delle sue predilezioni) e pertanto è un giudizio che esprime la sua necessità di esternare cercando, su quest'esternazione, di afferrare la mia attenzione.

Io sono sempre un soggetto d'agguato e quando delle persone mi espongono il loro giudizio stanno, comunque, sempre tentando un'azione nei miei confronti. Pertanto, quando una persona mi manifesta il suo giudizio di necessità devo comportarmi, nei confronti di questo giudizio, come se fosse la persona in sé, il suo essere, ma nello stesso tempo devo sempre tener presente che quel giudizio è quello che quella persona, in quel momento, vuole presentarmi selezionato attraverso le sue intenzioni e la sua conoscenza, dall'immenso che sta dentro e fuori di lei.

Ricordo, a cosa corrisponde il Giudizio di Necessità, quale manifestazione soggettiva nel Sistema Sociale, quando ci riferiamo agli altri Mondi trattati in Stregoneria. Nel mondo dell'Essere Natura è sempre l'azione che precede il pensiero (inteso come pensiero pensato). Il soggetto si rappresenta nel mondo dell'Essere Natura attraverso le proprie azioni (e non solo nel mondo dell'Essere Natura). Pertanto, nel mondo dell'Essere Natura non esiste un giudizio in quanto il nostro giudizio appare nelle nostre azioni. E' il risultato dell'interazione fra azioni e la soluzione delle contraddizioni che determina la qualità del "giudizio" che in quel mondo abbiamo dato mediante le nostre azioni e le nostre scelte.

Nei mondi della percezione l'elemento fondamentale è la Sospensione del Giudizio in quanto, nei mondi della percezione, non abbiamo strumenti "razionali" sufficienti o adeguati per descriverli.

Giudizio di necessità, azione e sospensione del giudizio convivono sempre e vanno usati contemporaneamente. Per esempio, davanti a chi esprime un giudizio di necessità si sospende il giudizio. Quando il giudizio di necessità espresso dal nostro interlocutore non è più solo un esercizio verbale, allora più che ascoltare il giudizio che pronuncia (il cui scopo è quello di afferrare la nostra attenzione) si osservano le azioni che mette in moto e si agisce nei confronti di queste (chiamare le cose col loro vero nome!).

 

27 gennaio 2006 data dell'ultima modifica

 

Il Giudizio di necessità

 

 

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Cod. ISBN 9788891170897

 

 

Sito di Claudio Simeoni

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

 

 

Ultima formattazione 21 ottobre 2021

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