Il vangelo di Tommaso Didimo
Gesù e il violentare bambini promettendo
come ricompensa il "regno dei cieli".

Neoplatonismo, messianesimo e volontà d'esistenza - Trentanovesima parte

di Claudio Simeoni

Indice Vangelo Tommaso Didimo

Scrive Giuda Tommaso Didimo nel trentasettesimo paragrafo:

I suoi discepoli gli domandarono: "In che giorno ti manifesterai a noi, in che giorno ti vedremo?". Gesù rispose: "Quando vi spoglierete senza vergogna, quando deporrete i vostri abiti e li deporrete sopra i vostri piedi, come fanno i bambini, e li calpesterete, allora vedrete il Figlio del Vivente senza alcun timore".

Ogni sistema di pensiero ha i suoi significati. Quando si trasmette un pensiero, lo si trasmette mediante le parole. Queste parole circoscrivono un concetto che uscendo da quel sistema di pensiero diventano fenomeno che interviene e interferisce su un diverso sistema di pensiero che, a sua volta, riempie di contenuti quelle parole significandole con i suoi contenuti che proietta su quella parole.

Le parole di Tommaso Didimo le possiamo considerare in sé. Nelle parole del trentasettesimo paragrafo sono espresse in affermazioni, ma in quelle affermazioni non è espresso un intento, una finalità. Due aspetti vanno sottolineati. La richiesta degli apostoli "quando ti vedremo" e l'affermazione della qualità dell'oggetto che vogliono vedere "il Figlio del Vivente senza alcun timore". Questi sono i due paletti che delimitano il paragrafo in Tommaso Didimo.

I vangeli usati dalla chiesa cristiana lasciano meno spazio all'interpretazione soggettiva del concetto espresso in Tommaso Didimo perché i cristiani precisano l'uso e la finalità del concetto.

Leggiamo nel Vangelo di Matteo:

In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: "Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?". Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: "In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.

Vangelo di Matteo 18, 1-5

Immediatamente è espressa la finalità del passo in Matteo. "Chi è il più grande nel regno dei cieli?". La risposta è conseguente al fine per cui la domanda è stata posta: "Chi è il meglio del meglio nel regno dei cieli?" che implica la necessità di sapere: "Che cosa devo fare per essere il meglio del meglio nel regno dei cieli?".

Matteo ha la necessità di alimentare il delirio di onnipotenza nelle persone affinché aspirino a diventare "il meglio del meglio" nel regno dei cieli sottomettendosi passivamente alle regole rispettando le quali possono diventare "il meglio del meglio" nel regno dei cieli.

Mentre il bambino in Tommaso Didimo è citato come esempio non presente sulla scena del dialogo, Matteo mette il bambino come oggetto passivo presente nel dialogo: " Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro...". Il bambino diventa "oggetto d'uso". L'uso che Gesù ne fa per dimostrare obbedienza e sottomissione del bambino viene indicata come modello ai suoi "discepoli" che devono essere obbedienti e sottomessi.

Quando si trasforma una persona in un oggetto d'uso, diventa indifferente l'uso che ne fai. L'hai usato in un modo e ti riservi, di fatto, di usarla in ogni altro modo. Il bambino non partecipa al dialogo, non è un soggetto interrogato o col quale si discute. E' un soggetto passivo, un oggetto d'uso, per la dimostrazione che Gesù offre ai suoi seguaci.

A questo punto, il discorso di Gesù in Matteo diventa conseguenziale. Quel bambino muto e sottomesso, obbediente e ossequente, è il modello dei seguaci di Gesù ed è il modello che i seguaci di Gesù devono imporre all'intera società facendo credere che quello è il modello comportamentale per poter accedere al regno dei cieli.

In Tommaso Didimo i seguaci di Gesù sono una parte attiva nel senso che chiedono "quando vedranno" e la risposta è una risposta relativa a quando e come vedranno; nel vangelo di Matteo la domanda dei seguaci di Gesù è "come faccio a diventare il meglio del meglio?" e la risposta è "per essere il meglio del meglio devi umiliarti e sottometterti a me". Per estensione il principio dice: "umilia i tuoi sottoposti e trasformali in oggetto d'uso promettendo loro l'accesso al regno dei cieli!". In sostanza, umili l'uomo e lo ripaghi con la promessa del regno dei cieli!

Dice infine Matteo: " chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli" che significa "chiunque si farà umiliare e sottomettere come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli".

In Matteo il regno dei cieli è la ricompensa per chi si lascia umiliare e sottomettere da chi si identifica con Gesù; in altre parole è la ricompensa per i "bambini" che si fanno stuprare da chi si identifica con Gesù. Infatti, dice Matteo: " E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me" che tradotto significa: " E chi stupra anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me".

Gesti, intenti e azioni li troviamo anche in altre parti dei vangeli.

Ancora nel vangelo di Matteo:

"Allora gli furono presentati dei fanciulli, affinché imponesse loro le mani e pregasse. I discepoli li ostacolavano, ma Gesù disse loro: "Lasciate i bambini e non impediteli di venire da me, perché a quelli come loro appartiene il regno dei cieli". E dopo avere imposto loro le mani, se ne partì."

Vangelo di Matteo 19, 13 - 15

Non si tratta di "interpretare", si tratta di prendere atto che nei vangeli cristiani i bambini sono oggetti d'uso. Oggetti senza una loro personalità. Oggetti privi di desiderio e, pertanto, oggetti che servono per soddisfare il desiderio di chi, nella storia, si fa soggetto: Gesù. Il "regno dei cieli" è il premio per la sottomissione, per l'obbedienza, per l'accettazione dell'umiliazione.

In questo contesto ideologico, come si fa a non pensare che "gli portavano i bambini affinché li stuprasse?" Non gli portavano i bambini affinché gli istruisse; gli portavano i bambini "affinché imponesse loro le mani e pregasse".

Quando si depersonalizza un soggetto, quel soggetto diventa un oggetto d'uso ed è indifferente l'uso che se ne fa di quell'oggetto perché l'uso non risponde a criteri di "doveri oggettivi", ma di predilezioni soggettive. Dunque, è sempre stupro!

Troviamo il medesimo concetto nel Vangelo di Marco:

"Gli conducevano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli sgridavano quelli che glieli presentavano: Gesù veduto questo, s'indignò e disse loro: "Lasciate venire a me i bambini e non impediteli, perché il regno di Dio è di quelli simili a loro. In verità vi dico: chi non riceverà il regno di Dio come un fanciullo, non c'entrerà". E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro."

Vangelo di Marco 10, 13 - 16

In questo passo del Vangelo di Marco, "regno di Dio" diventa un eufemismo che indica l'attività di ricevere dei bambini ad opera di Gesù.

Chi si lascia umiliare e sottomettere come fa il bambino, riceverà come compensa il "regno dei cieli".

Il passo scritto in Tommaso Didimo non si presta ad essere interpretato in questo modo, ma agli evangelisti cristiani interessava legittimare il possesso dell'uomo da parte dell'uomo perché loro si identificavano in coloro che avevano il diritto di possedere e umiliare le persone per volontà di Dio promettendo, in cambio del loro lasciarsi umiliare e stuprare, il "regno dei cieli".

E poi ci si chiede perché tanti preti cattolici sono stati inquisiti per stupro di minori affidati alle loro cure.

Marghera, 13 ottobre 2022

 

NOTA:

Il lavoro di analisi del vangelo di Tomaso Didimo fu terminato nella pubblicazione fotocopiata nel dicembre del 1998.
Il testo pubblicato nel sito federazionepagana.it, viene riscritto assumendo un diverso punto di vista in relazione ai vangeli cristiani.
Marghera 30 novembre 2021

 

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Ultima formattazione 21 ottobre 2021

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