Josif Stalin
Iosif Vissarionovic Dzugasvili

Le biografie dei giocatori - quarantacinquesima biografia

Capitolo 128

La partita di calcio mondiale fra i filosofi

Claudio Simeoni

 

Le biografie dei filosofi che partecipano alla partita di calcio

 

La biografia di Josif Stalin

 

Stalin, il cui nome completo è Ioseb Besarionis dze Jughashvili.

In altro modo possiamo dire che il suo nome era Iosif Vissarionovic Dzugasvili. Per noi è più semplice chiamarlo Giuseppe Stalin.

Nasce nel 1878 a Gori in Georgia da una famiglia povera. Il padre, Vissarion Dzugasvili morirà nel1909 e la madre Ekaterina Geladze muore nel 1937.

La madre è una fervente ortodossa che spinse il figlio a frequentare il seminario ortodosso nella speranza che Stalin diventasse un vescovo.

Nel corso della guerra fredda, Erich Fromm, un psicoanalista svizzero fu reclutato dagli USA per distruggere la figura di Stalin dipingendolo come un pazzo e associando l'immagine all'ultimo Hitler. Erich Fromm scrive "Anatomia della distruttività umana" in cui definisce Stalin "un sadico non sessuale" raccontando episodi individuali in cui ravviserebbe dei comportamenti sadici di Stalin. Il libro di Erich Fromm è la risposta USA a "Psicologia di massa del fascismo" di Wilhelm Reich pubblicato nel 1933. Il tentativo degli USA fu quello di associare l'idea di comunismo, in quegli anni personificata da Stalin, all'idea di fascismo come era stata vissuta dall'Europa nella seconda guerra mondiale. In questo modo si costruiva l'uguaglianza fra ideologia fascista e ideologia comunista alimentando la ripugnanza per entrambe dove l'ideologia fascista sarebbe diventata la costante, con altro nome, delle società con forme di rappresentazione diverse mentre l'idea di uguaglianza e di società comunitaria comunista sarebbe diventata la nemica da combattere e da distruggere.

Le affermazioni di Fromm sono molto usate nel campo della destra sociale perché isolando l'individuo dal contesto socio-economico in cui agisce, nascondono la realtà ed i problemi a cui quell'individuo ha fatto fronte. Il campo sociale in cui l'individuo ha agito scompare dall'orizzonte dell'analisi come se quell'individuo vivesse al di fuori del mondo e della storia. La tecnica della destra sociale (liberale e quant'altro) è questa: metti un uomo in cella, torturalo e quando tenta di ribellarsi cancella la condizione in cui è costretto, ritaglia della sua esistenza il suo gesto di ribellione, rappresenta il gesto di ribellione fuori dal contesto e accusalo di essere un uomo violento. La cella, le torture, le condizioni in cui quell'uomo vive vengono cancellate. Il suo gesto è al di fuori del mondo, nasce da lui, dalla sua malvagità intrinseca: lui è malvagio in sé!

Mentre per Reich l'uomo è pensato nel suo ambiente come uomo sociale, Fromm pensa l'uomo come soggetto creato ad immagine e somiglianza di Dio estraneo all'ambiente in cui è vissuto. Per Reich l'ambiente sociale è il produttore dei comportamenti del singolo individuo e l'ambiente sociale è l'oggetto d'analisi, per Fromm l'individuo è un soggetto in sé indipendentemente dall'ambiente in cui è nato e vissuto.

Stalin nasce in una famiglia della Georgia da Vissarion Djugashvili. Il fratello del padre fu ucciso dai ladri. Vissarion Djugashvili era un uomo povero figlio di servi della gleba, ma abile calzolaio che si è trasferito a Gori cercando un lavoro dignitoso. Quando il commerciante Josif Baramov aprì un negozio di riparazione delle scarpe assunse i migliori calzolai fra cui Vissarion Djugashvili. Nel 1874 si sposa con Ekaterina Geladze dalla quale nascono dei figli fra cui Josif.

Vissarion Djugashvili muore nel 1909 non si sa se per una rissa in pubblico o in ospedale per tubercolosi aggravata dalle pessime condizioni di vita e dall'alcol. Mentre il padre avrebbe voluto che Stalin prendesse il suo posto nel laboratori di riparazione delle scarpe, la madre mandò Stalin nel seminario ortodosso di Tbilisi.

Stalin frequentò la scuola religiosa ortodossa spinto dalla madre e a quindici anni fu mandato nel seminario ortodosso di Tbilisi dal quale fu espulso nel 1898 a 19 anni.

Fu espulso dal seminario, secondo la versione ufficiale, perché non seguiva le lezioni, ma un rapporto del direttore del seminario afferma che Stalin fu sorpreso a leggere ad alta voce, attorniato da altri studenti, "libri proibiti dalle autorità del seminario". Inoltre Stalin era ritenuto irrispettoso rispetto all'autorità dei docenti.

A diciannove anni, espulso dal seminario, lavorò come impiegato all'osservatorio astronomico di Tbilisi e dando lezioni private.

Nel 1901 per la sua attività politica, Stalin fu costretto alla clandestinità dirigendo un giornale clandestino " Brdzola", La Lotta, in cui appoggiava le idee di Lenin che erano pubblicate sull'Iskra.

Dal 1901 al 1917 Stalin visse in clandestinità, spesso arrestato, imprigionato ed esiliato in Siberia per la sua attività politica. La sua azione politica era incisiva e per minarne l'attività la polizia zarista mise in giro la voce secondo cui Stalin sarebbe stato un membro della polizia segreta zarista, la Ochrana.

Fu un organizzatore politico importante e per molti anni operò in Georgia e nell'Azerbajdzan a Baku. Partecipò attivamente alla prima rivoluzione russa del 1905 e diresse le "brigate di lotta bolscevica per gli espropri proletari", le azioni di rapina nelle banche per finanziare il movimento bolscevico.

Nel 1905 Stalin partecipa alla conferenza del partito bolscevico in Finlandia a Tammerfors.

Nel 1906 partecipa al congresso di Stoccolma.

Nel 1907 Stalin partecipa al congresso di Londra. Si tratta delle prime volte che Stalin esce dalla Russia. In tutta la sua esperienza Stalin stette all'estero circa 6 mesi anche quando venne chiamato da Lenin a Cracovia allora sotto il controllo dell'Austria.

Nel 1908 fu uno degli organizzatori degli scioperi operai a Baku. Fu arrestato e deportato in Siberia da dove fuggì poco dopo.

Nel 1912 Stalin entrò nel comitato centrale del partito Bolscevico con l'incarico di organizzare il partito in Russia e di dirigere il giornale La Pravda. In aprile di quello stesso anno la gendarmeria zarista aprì il fuoco contro gli operai delle miniere d'oro della Lena in Siberia provocando centinaia di morti.

Stalin fu arrestato dalla polizia segreta zarista nuovamente nel 1913 poco dopo il ritorno dall'estero e fu carcerato a Kurejka sul basso Enisej, dove rimase per quattro anni fino al marzo del 1917 allo scoppio della rivoluzione russa.

Stalin si era sposato giovanissimo con Ekaterine "Kato" Svanidze nel 1906 dalla quale ebbe un figlio, Yakov. Stalin per evitare alla moglie di essere coinvolta dalla polizia segreta per la sua attività la mandò con le sorelle a Baku dove si ammalò, ritornò a Tbilisi nel 1907 e morì poco dopo di tubercolosi o tifo. Il figlio fu allevato dai nonni materni e non ebbe contatti con il padre.

In Siberia Stalin schivo e taciturno anche rispetto ai suoi stessi compagni di deportazione, si dedicava alla lettura, non cercava compagnia femminile né il denaro o la "buona tavola". Cercò di imparare l'esperanto, ma sembra con poco successo.

Rispetto agli altri dirigenti bolscevichi Stalin proveniva da una famiglia con la memoria viva del servaggio imposto dallo zarismo e la memoria di essere stato un sottoproletario con difficoltà economiche. Questa consapevolezza lo rendeva pragmatico nelle scelte politiche e il suo linguaggio era immediatamente comprensibile da chi aveva vissuto condizioni sociali analoghe.

Ricordiamo che fu uno studente di teologia fino a 19 anni e che la sua scelta di "ortodosso laicizzato" lo rendeva un individuo dal linguaggio comune e immediatamente comprensibile da tutta la popolazione russa che viveva condizioni analoghe di condizionamento ideologico.

Nel 1916 fu convocato davanti alla commissione di revisione delle condanne per essere arruolato nell'esercito, ma fu scartato per l'infermità al braccio e i problemi alle gambe (ebbe due incidenti con i carri di cui uno passò sopra alle sue gambe all'età di 12 anni).

Nel 1917 scoppia la rivoluzione d'ottobre e Stalin con tutti i prigionieri politici rinchiusi in Siberia rientra a Mosca con i treni che riportavano a Mosca i deportati politici.

Il 27 marzo 1917 è a Pietroburgo dove assume la direzione del giornale "La Pravda" con Kamenev, iniziò a partecipare ai dibattiti sul futuro della rivoluzione, assunse posizioni concilianti con i menscevichi e un atteggiamento di neutralità nei confronti del governo provvisorio.

L'atteggiamento di Stalin nei confronti del governo provvisorio è esitante e dalla Francia interviene Lenin che sprona a non avvicinare il partito bolscevico ai menscevichi.

Nel 1918 la Russia firma una pace separata con gli austro ungarici. Una pace umiliante, ma capace di dare respiro alla Russia che si sentiva estranea a questa guerra.

Di tutta la guerra contro la Russia 1917 al 1923 con l'invasione occidentale, per "strangolare i bolscevichi nella culla", come sosteneva Churchill, si veda la BIOGRAFIA DI LENIN.

Il 25 maggio del 1922 Lenin è colpito da un ictus che gli paralizza metà del corpo e dal marzo del 1923 Lenin non fu più in grado di parlare.

Il 21 gennaio 1924 muore Lenin, la guerra civile russa imposta dalla Francia, dall'Inghilterra, dagli USA, dal Giappone, dall'Italia, dalla Divisione Ceca con l'appoggio di tutti i nazionalisti sovranisti ortodossi legati allo zarismo, è finita da soli due anni. L'invasione della Russia ha creato condizioni economiche disastrose che vengono superate dalla politica della NEP messa in atto da Lenin. La NEP fu una soluzione di emergenza che includeva elementi di economia liberale permettendo ad alcune persone di arricchirsi a discapito della società.

Del periodo della NEP e degli sforzi fatti dall'URSS per uscire dalla crisi economica, scrive Elleinstein in Storia dell'URSS:

A partire dal 1924 l'URSS conosce una rapida ripresa economica. Le condizioni generali nel cui ambito avviene la ripresa sono abbastanza favorevoli. Sul piano internazionale, malgrado l'acceso e persistente antisovietismo, nel complesso i rapporti dell'URSS con gli Stati capitalistici vanno migliorando. Dopo la firma del trattato di Rapallo i rapporti con la Germania sono discretamente buoni e lo stesso vale per i rapporti con la Turchia e la Cina. L'Italia riconosce ufficialmente l'Unione Sovietica nel 1923, l'Inghilterra il 2 febbraio 1924 e la Francia il 28 ottobre dello stesso anno. Gli Stati Uniti saranno praticamente i soli a rifiutarsi di riconoscere l'URSS fino al 1933.
Malgrado ciò, gli accordi di Locarno firmati nel 1929 tra le grandi potenze capitalistiche europee contenevano un inequivocabile segno antisovietico. I rapporti con l'Inghilterra non sono buoni, come dimostrano il falso attribuito a Zinovjev e la rottura delle relazioni anglo-sovietiche nel 1927. La politica delle « concessioni » risulta un completo fallimento, e l'URSS non riesce a beneficiare dell'apporto dei capitali stranieri, malgrado gli sforzi di Krasin, commissario del popolo al commercio estero. Tutto quello che riesce ad utilizzare sono i servizi degli specialisti stranieri (gli spetsy), pagati a caro prezzo. Malgrado il «cordone sanitario» e i complotti antisovietici (vengono assassinati diplomatici sovietici all'estero: Vorovskij a Losanna nel 1923 e Vojkov in Polonia nel 1927), la coesistenza pacifica inaugurata all'indomani della guerra civile prende corpo. Il bilancio militare dell'URSS può essere ridotto al 15,8% del bilancio nazionale e gli effettivi dell'esercito passano da 4.400.000 nel marzo 1921 a 562.000 nel 1925 per l'esercito regolare, ai quali però vanno aggiunti gli effettivi dell'esercito territoriale e le truppe speciali dipendenti dalla GPU.
La pace esterna e interna favorisce la ricostruzione e i successi della NEP. La ripresa demografica iniziata nel 1922 continua. Da 137.408.000 abitanti nel 1924, la popolazione sovietica (nei limiti territoriali del 1922) passa a 147.025.000 abitanti nel 1927. Il tasso di natalità rimane superiore al 40 per mille (42,3 per mille nel 1924), mentre il tasso di mortalità tende a diminuire (dal 21,7 per mille nel 1924 al 18,8 per mille nel 1927). L'incremento demografico nel 1927 è del 2,2 per mille, un fatto senza precedenti. Leningrado e soprattutto Mosca raggiungono di nuovo la popolazione dell'anteguerra, contrariamente alle previsioni fatte da Lenin in una conversazione con il grande scrittore inglese H. G. Wells. Lenin infatti era convinto che le grandi città non avevano avvenire. Tuttavia in generale negli anni della NEP la popolazione urbana aumentò lentamente. Nel 1919 essa era il 17,7 % del totale della popolazione e nel 1929 è ancora il 17,9%. Questo testimonia chiaramente la vitalità della popolazione contadina durante gli anni venti. La soppressione delle requisizioni e le diverse misure decise all'inizio della NEP producono i loro frutti abbastanza rapidamente.
La superficie delle terre coltivate nel 1928 raggiunge il livello dell'anteguerra, anche se rimane leggermente inferiore per i cereali. La produzione dei cereali non riesce però a raggiungere il livello del 1913.

Jean Elleinstein, Storia dell'URSS, Editori Riuniti, Vol. 1, 1976, p. 203 – 204

Nel dicembre del 1922 si costituisce il Partito Comunista dell'URSS.

Fra il 1922 e il 1923 l'opinione di Lenin su Stalin iniziò a cambiare dopo la questione georgiana.

Stalin era diventato Segretario del Partito Comunista ed era riuscito a trasformare una carica politica, il cui ruolo era considerato secondario, in una carica importante attraverso l'aumento dell'importanza che il partito assumeva in Russia. Lenin si rese conto, un anno prima di morire, dell'importanza del ruolo raggiunto da Stalin in particolare sulla questione centrale della costituzione dello stato Sovietico: era necessario lasciare in essere gli "stati etnici" all'interno dell'URSS o era necessario rendere tutti uguali sotto la medesima legge e concedere autonomia alle varie etnie?

Scrive Elleinstein in Storia dell'URSS:

Già all'XI Congresso erano state rivolte accese critiche contro la « politica ultracentralizzatrice » di Stalin, e non soltanto da parte dei bolscevichi georgiani ma anche da parte di altri dirigenti del partito, come Lozovskij e Skrypnik (un dirigente ucraino). Sebbene fosse egli stesso georgiano, Stalin riteneva necessario, data la situazione delle repubbliche russe, una centralizzazione estremamente rigida. Questo lo portava a impiegare metodi autoritari contro tutti coloro che si opponevano a questa politica, non soltanto contro i nazionalisti feudali, borghesi e menscevichi, ma anche contro i bolscevichi georgiani.
Stalin suggerì la creazione di una federazione delle repubbliche sovietiche del Caucaso. I dirigenti bolscevichi georgiani si opposero, ma Stalin scavalcò il loro parere e insieme a Ordèonikidze prese delle misure repressive contro alcuni bolscevichi, cosa che costituiva un fatto del tutto nuovo nella storia del partito. L'Ufficio politico nominò una commissione d'inchiesta presieduta da Dzerzinskij (il presidente della GPU), che informò Lenin delle violenze di Stalin e di Ordzonikidze. A seguito di queste informazioni Lenin il 30 e 31 dicembre 1922 scrisse alcune note sulla questione. Lenin non solo critica il «ruolo fatale svolto dalla fretta di Stalin e dal suo gusto per le misure amministrative», «le vie di fatto» di Ordzonikidze e «l'errore irreparabile» di Dzerzinskij che aveva tollerato questa situazione, ma chiama in causa la politica nazionalista «grande russa».
Durante l'estate del 1922 era iniziata la discussione su un progetto di costituzione di cui Stalin era stato il principale autore. Una commissione presieduta da Stalin aveva prospettato l'integrazione delle repubbliche sovietiche indipendenti nella RSFSR (Repubblica socialista federativa sovietica russa).
Stalin dichiarò a Lenin che assicurare «l'unità effettiva delle repubbliche sovietiche» sarebbe stato possibile soltanto trasformando le repubbliche indipendenti in repubbliche autonome nel quadro della federazione russa: «Il mio piano a proposito delle cinque repubbliche indipendenti [Ucraina, Bielorussia, Georgia, Azerbaigian e Armenia] è di riconoscere l'opportunità della loro autonomia».
Le idee centralizzatrici di Stalin derivavano dalla sua analisi della situazione internazionale e di quelle che egli giudicava essere le necessità della rivoluzione. Stalin era convinto che soltanto un potere centralizzato a Mosca poteva salvare la rivoluzione. Il nazionalismo dei popoli un tempo oppressi dall'imperialismo gli sembrava pericoloso in quanto poteva essere utilizzato contro la Russia sovietica.
Bisogna anche tenere conto del fatto che Stalin era, secondo l'espressione di Lenin, «un non russo russificato» e che « ostoro all'occorrenza sono pronti a forzare i toni», in quanto hanno acquisito «uno spirito russo al cento per cento». In un discorso pronunciato il 1° gennaio 1921 all'apertura della conferenza dei comunisti delle popolazioni turche della RSFSR, Stalin affermava:
Nella storia del comunismo russo la lotta contro la deviazione nazionalistica non ha mai avuto una seria importanza. I russi in generale, e i comunisti russi in particolare, essendo stati in passato una nazione dominante, non hanno sofferto l'oppressione nazionale, non hanno avuto a che fare, in linea di massima, con lo sviluppo di tendenze nazionalistiche, a parte certe propensioni per lo «sciovinismo di grande potenza», e perciò non hanno dovuto, o quasi, superare queste tendenze nazionalistiche. Questo passo permette di comprendere meglio la politica seguita da Stalin nei confronti delle nazionalità dell'antico impero russo.
Lenin reagì con forza, e il 26 settembre 1922 scrisse a Karnenev per esporgli la sua posizione su questo «problema arci-importante»: «Stalin ha un po' la tendenza ad affrettarsi».
Dietro pressione del Politbjuro il progetto fu modificato e fu deciso di costituire una «Unione delle repubbliche socialiste sovietiche d'Europa e d'Asia» con diritti uguali alla repubblica russa. La discussione a quel punto si spostò sui poteri della federazione, dei commissariati federali e delle repubbliche federate.
I dirigenti ucraini e georgiani avrebbero voluto conservare un Commissariato agli affari esteri e un Commissariato per il commercio estero. E proponevano anche che la RSFSR non avesse la maggioranza nel soviet delle nazionalità che doveva essere costituito. I congressi dei soviet delle repubbliche indipendenti approvarono la creazione di un unico Stato sovietico sulla base dell'uguaglianza di diritti delle repubbliche federate. Il 30 dicembre 1922 i delegati delle quattro repubbliche sovietiche (Russia, Bielorussia, Ucraina e Transcaucasia) si riunirono a Mosca e approvarono una dichiarazione solenne con la quale veniva costituita l'Unione delle repubbliche socialiste sovietiche e un progetto di trattato sulla base del quale doveva essere preparata una nuova Costituzione.

Jean Elleinstein, Storia dell'URSS, Editori Riuniti, Vol. 1, 1976, p. 190 – 192

Stalin aveva raggiunto l'obbiettivo dell'unità nazionale e di uguaglianza sotto la medesima legge. L'URSS era il primo paese in cui per legge ed ufficialmente non esistevano cittadini di serie A o di serie B. Negli USA, nel frattempo, viveva la discriminazione razziale e i nativi Americani erano rinchiusi nelle riserve.

L'affermazione di Lenin secondo cui Stalin era "un non russo russificato" sta a dimostrare la permanenza anche in Lenin del concetto di etnia, se non altro come condizione culturale nello sviluppo dell'individuo.

Le tendenze nazionalistiche erano tendenze disgregatrici allora come oggi e non è possibile costruire un futuro di una società qualora al suo interno tendenze separatiste agiscano contro l'insieme sociale. Per contro, qualora si controlli le tendenze disgregatrici e separatiste si può impedire lo sviluppo futuro della società esattamente come tenterà l'occidente nei confronti dell'URSS e della Cina prima e dei paesi arabi e africani dopo il colonialismo.

I bolscevichi ucraini e georgiani avrebbero voluto avere un commissariato autonomo per il commercio e le relazioni internazionali, ma la richiesta non passò. Sarebbe stata una condizione di separazione dell'Ucraina e della Georgia dall'unità nazionale.

L'idea di Stalin sui compiti sociali della rivoluzione sovietica sono descritti nei 5 punti in cui contrappone i fini della rivoluzione russa alle rivoluzioni borghesi. Queste idee di Stalin si scontreranno con le idee di Trotskij, il suo diretto avversario alla guida del Partito Comunista Sovietico.

Scrive Stalin in "Questioni del leninismo" nel 1924:

1) La rivoluzione borghese incomincia, di solito, quando le forme della struttura capitalista, sorte e maturate in seno alla società feudale prima ancora di una rivoluzione aperta, sono già più o meno pronte; mentre invece la rivoluzione proletaria incomincia quando mancano del tutto, o quasi del tutto, le forme già pronte della struttura socialista.
2) Il compito fondamenta le della rivoluzione borghese si riduce a conquistare il potere e a metterlo in accordo con l'economia borghese esistente; mentre invece il compito fondamentale della rivoluzione proletaria consiste dopo la conquista del potere, nell'edificare una economia nuova, socialista.
3) La rivoluzione borghese si conclude, di solito, con la conquista del potere; mentre invece per la rivoluzione proletaria la conquista del potere è soltanto l'inizio, e il potere viene utilizzato come leva per la trasformazione della vecchia economia e l'organizzazione di un'economia nuova.
4) La rivoluzione borghese si limita a sostituire al potere un gruppo di sfruttatori con un altro gruppo di sfruttatori: perciò non ha bisogno di demolire la vecchia macchina statale; mentre invece la rivoluzione proletaria caccia dal potere tutti, senza eccezione, i gruppi di sfruttatori, e porta al potere il capo di tutti i lavoratori e di tutti gli sfruttati, la classe dei proletari; perciò non può fare a meno di demolire la vecchia macchina statale e di sostituirla con una nuova.
5) La rivoluzione borghese non può raccogliere attorno alla borghesia, per un periodo di una certa durata, masse di milioni di lavoratori e di sfruttati, appunto perché essi sono lavoratori e sfruttati, mentre invece la rivoluzione proletaria, se vuole assolvere il proprio compito essenziale, che è di consolidare il potere proletario e di edificare una nuova economia socialista, può e deve legare i lavoratori e gli sfruttati al proletariato, in un'alleanza durevole, appunto perché essi sono degli sfruttati e dei lavoratori.

Giuseppe Stalin, Questioni del leninismo, Feltrinelli reprint (senza indicazioni di data) p. 127

Questa idea sulla funzione della rivoluzione di Stalin si scontra ben presto con l'idea della rivoluzione permanente di Trotskij.

Scrive Trotskij in "La rivoluzione permanente":

Spero che il lettore non me ne vorrà se, prima di concludere quest'opera, cercherò di formulare in forma concisa le conclusioni essenziali, senza timore di ripetizioni.
1) La teoria della rivoluzione permanente esige attualmente la più grande attenzione da parte di ogni marxista, perché lo sviluppo della lotta ideologica e della lotta di classe l'ha fatta uscire dal campo dei ricordi di vecchi dissensi tra marxisti russi e la pone come problema del carattere, dei nessi interni e dei metodi della rivoluzione internazionale in generale.
2) Per i paesi a sviluppo borghese ritardato e in particolare per i paesi coloniali e semicoloniali, la teoria della rivoluzione permanente significa che la soluzione vera e compiuta dei loro problemi di democrazia e di liberazione nazionale non è concepibile se non per opera di una dittatura del proletariato, che assuma la guida della nazione oppressa e, prima di tutto, delle sue masse contadine.
3) Non solo la questione agraria, ma anche la questione nazionale assegna ai contadini, che nei paesi arretrati costituiscono l'enorme maggioranza, una funzione essenziale nella rivoluzione democratica. Senza una alleanza tra il proletariato e i contadini i compiti della rivoluzione democratica non possono essere assolti. Non possono neppure essere posti seriamente. Ma l'alleanza tra queste due classi non si realizzerà se non in una lotta implacabile contro l'influenza della borghesia nazionale liberale.
4) Qualunque siano le prime tappe episodiche della rivoluzione nei vari paesi, l'alleanza rivoluzionaria del proletariato e dei contadini è concepibile solo sotto la direzione politica dell'avanguardia proletaria organizzata in partito comunista. Il che significa di conseguenza che la vittoria della rivoluzione democratica non è concepibile se non per opera di una dittatura del proletariato che si basi sull'alleanza con i contadini e risolva, in primo luogo, i compiti della rivoluzione democratica.
5) Considerata dal punto di vista storico, la vecchia parola d'ordine bolscevica «dittatura democratica del proletariato e dei contadini» esprimeva esattamente i rapporti tra proletariato, contadini e borghesia liberale, che sono stati sopra definiti. Lo ha dimostrato l'esperienza dell'ottobre. Ma la vecchia formula di Lenin non stabiliva in anticipo quali sarebbero stati i rapporti politici reciproci tra proletariato e contadini all'interno del blocco rivoluzionario. In altri termini: la formula ammetteva deliberatamente un certo numero di elementi algebrici che, nel corso dell'esperienza storica, dovevano cedere il posto ad elementi aritmetici più precisi. E questa esperienza ha provato, in circostanze tali da non permettere più nessun'altra interpretazione, che la funzione dei contadini, qualunque sia la sua importanza rivoluzionaria, non può essere una funzione indipendente e, ancora meno, dirigente. Il contadino segue l'operaio o il borghese. Ciò significa che la «dittatura democratica del proletariato e dei contadini» è concepibile solo come «dittatura del proletariato che trascini dietro di sé le masse contadine».
6) Una dittatura democratica del proletariato e dei contadini come regime distinto per il suo contenuto di classe dalla dittatura del proletariato, sarebbe realizzabile solo nel caso in cui potesse costituirsi un partito rivoluzionario indipendente, che esprimesse gli interessi della democrazia contadina e piccolo-borghese in generale; un partito capace di conquistare il potere con l'aiuto del proletariato e di determinare il programma rivoluzionario. L'esperienza di tutta la storia della nostra epoca, e soprattutto la storia della Russia nel corso degli ultimi venticinque anni, ci indica quale sia l'ostacolo insuperabile che si oppone alla formazione di un partito contadino. è la mancanza di indipendenza economica e politica della piccola borghesia (contadini) e la sua profonda differenziazione interna, che permette ai suoi strati superiori di allearsi con la grande borghesia negli eventi decisivi, soprattutto in occasione di guerre e rivoluzioni, mentre gli strati inferiori si alleano al proletariato il che obbliga gli strati intermedi a scegliere tra queste due forze. Tra il regime di Kerenskij e il potere bolscevico, tra il Kuomintang e la dittatura del proletariato, non c'è e non può esserci nessun regime intermedio, cioè a dire nessuna dittatura democratica degli operai e dei contadini.
7) La tendenza dell'Internazionale comunista a imporre oggi ai paesi dell'Oriente la parola d'ordine della dittatura del proletariato e dei contadini, da tempo superata dalla storia, può avere solo un significato reazionario. Nella misura in cui la si contrappone a quella della dittatura' del proletariato, questa parola d'ordine contribuisce politicamente al dissolvimento e alla decomposizione del proletariato nella massa piccolo-borghese e crea così condizioni favorevoli all'egemonia della borghesia nazionale, quindi al fallimento e al crollo della rivoluzione democratica. Introdurre questa parola d'ordine nel programma dell'Internazionale comunista significa in realtà tradire il marxismo e le tradizioni bolsceviche dell'ottobre.
8) La dittatura del proletariato, giunto al potere come forza dirigente della rivoluzione democratica, sarà posta inevitabilmente e molto rapidamente di fronte a problemi che le imporranno di fare delle incursioni profonde nel diritto borghese della proprietà. La rivoluzione democratica nel corso del suo sviluppo si trasforma direttamente in rivoluzione socialista e diviene così rivoluzione permanente.
9) La conquista del potere da parte del proletariato non pone termine alla rivoluzione, al contrario, non fa che inaugurarla. La edificazione socialista è concepibile solo sulla base della lotta di classe su scala nazionale e internazionale. Questa lotta, dato il predominio decisivo dei rapporti capitalistici sull'arena mondiale, condurrà inevitabilmente a eruzioni violente, che acquisteranno la forma di guerra civile all'interno e di guerra rivoluzionaria all'esterno. In ciò consiste il carattere permanente della rivoluzione socialista stessa, a prescindere dal fatto che si tratti di un paese arretrato, che abbia appena compiuto la sua rivoluzione democratica, o di un vecchio paese capitalista, che sia già passato attraverso un lungo periodo di democrazia e di parlamentarismo.
10) La rivoluzione socialista non può giungere a compimento entro il quadro nazionale. Una delle cause essenziali della crisi della società borghese deriva dal fatto che le forze produttive che essa ha creato tendono a oltrepassare il quadro dello stato nazionale. Donde le guerre imperialisti che da una parte e l'utopia degli Stati Uniti borghesi dall'altra. La rivoluzione socialista comincia sul terreno nazionale, si sviluppa sull'arena internazionale e si compie sull'arena mondiale. Così la rivoluzione socialista diviene permanente nel significato nuovo e più ampio della parola: si concluderà solo con il trionfo definitivo della nuova società su tutto il nostro pianeta.
11) Lo schema, tracciato sopra, dello sviluppo della rivoluzione mondiale elimina la questione dei paesi « maturi » e « non maturi» per il socialismo, secondo la classificazione pedantesca dell'attuale programma del Komintern. Nella misura in cui il capitalismo ha creato il mercato mondiale, la divisione mondiale del lavoro e le forze produttive mondiali, esso ha preparato l'insieme dell'economia mondiale alla ricostruzione socialista. I diversi paesi vi arriveranno con diversi ritmi. In certe circostanze paesi arretrati potranno arrivare alla dittatura del proletariato più rapidamente di paesi progrediti, ma arriveranno più tardi al socialismo. Un paese coloniale arretrato o semicoloniale, il cui proletariato non sia sufficientemente preparato per raggruppare intorno a sé i contadini e per conquistare il potere, è perciò stesso incapace di portare a termine la sua rivoluzione democratica. Al contrario, in un paese, in cui il proletariato arrivi al potere in seguito a una rivoluzione democratica, la sorte futura della dittatura e del socialismo dipenderà meno - in fin dei conti - dalle forze produttive nazionali che dallo sviluppo della rivoluzione socialista internazionale.
12) La teoria del socialismo in un paese solo, germinata dal letame della reazione contro l'ottobre, è la sola teoria che si opponga in un modo del tutto conseguente alla teoria della rivoluzione permanente. Il tentativo degli epigoni di limitare, sotto i colpi della critica, l'applicazione della teoria del socialismo in un paese solo alla sola Russia, a causa delle sue caratteristiche particolari (la vastità e le ricchezze naturali) non attenua, ma aggrava i termini del problema. La rinuncia a porre il problema in termini internazionali conduce inevitabilmente al messianismo nazionale, cioè al riconoscimento di prerogative e caratteristiche particolari di un determinato paese che potrebbe quindi assumere una funzione cui altri non saprebbero elevarsi. La divisione mondiale del lavoro, la dipendenza dell'industria sovietica rispetto alla tecnica straniera, la dipendenza delle forme produttive dei paesi avanzati rispetto alle materie prime asiatiche, ecc. rendono impossibile la costruzione di una società socialista autonoma e isolata in qualsiasi paese del mondo.
13) La teoria di Stalin e Bucharin non solo contrappone in modo meccanico la rivoluzione democratica alla rivoluzione socialista nonostante l'esperienza delle rivoluzioni russe, ma isola pure la rivoluzione nazionale dalla rivoluzione internazionale. Questa teoria fissa alle rivoluzioni dei paesi arretrati l'obiettivo della instaurazione di un irrealizzabile regime di dittatura democratica, contrapposta alla dittatura proletaria. Così introduce nella politica illusioni e finzioni, paralizza la lotta per il potere del proletariato dell'Oriente e ostacola la vittoria delle rivoluzioni coloniali. Dal punto di vista della teoria degli epigoni, la conquista del potere da parte del proletariato costituisce di per sé il completamento della rivoluzione (per « i nove decimi », secondo l'espressione di Stalin) e apre la fase delle riforme nazionali. La teoria dell'integrazione del kulak nel socialismo e la teoria della «neutralizzazione» della borghesia mondiale sono dunque inseparabili dalla teoria del socialismo in un paese solo: reggono e crollano insieme. La teoria del socialismo nazionale degrada l'Internazionale comunista che diviene un'arma ausiliaria nella lotta contro un intervento armato. L'attuale politica dell'Internazionale comunista, il suo regime e la scelta dei suoi dirigenti corrispondono perfettamente alla sua decadenza e alla sua trasformazione in un esercito di complemento che non ha la facoltà di assolvere in modo autonomo i compiti che gli spettano.
14) Il programma dell'Internazionale comunista, opera di Bucharin, è eclettico dal principio alla fine. E' un tentativo disperato di unire la teoria del socialismo in un paese solo all'internazionalismo marxista che, invece, non è separabile dal carattere permanente della rivoluzione mondiale. La lotta dell'Opposizione comunista di sinistra per una giusta politica e per un regime sano nell'Internazionale comunista è indissolubilmente legata alla lotta per un programma marxista. La questione del programma è a sua volta inseparabile dalla questione delle due teorie che si escludono a vicenda, la teoria della rivoluzione permanente e la teoria del socialismo in un paese solo. Il problema della rivoluzione permanente ha da tempo trasceso il quadro degli episodici dissensi tra Lenin e Trotskij, dissensi che peraltro sono stati superati dalla storia. Si tratta della lotta tra le concezioni fondamentali di Marx e di Lenin da una parte e l'eclettismo dei centristi dall'altra.

Trotskij, La rivoluzione permanente, Mondadori, 1973, p. 196 – 202

Il contendere è fra l'organizzazione di una rivoluzione mondiale come pensata da Trotskij e la rivoluzione della struttura sociale ed economica dell'URSS come pensata da Stalin. La militarizzazione della Russia in funzione del sostegno alla rivoluzione nel mondo o lo sviluppo dell'economia e il benessere del paese in funzione di sé stesso.

Secondo Trotskij la teoria staliniana del socialismo in un solo paese, degrada il movimento internazionale. Ma che cosa c'è alla base dell'idea di degradazione di Trotskij? L'idea che tutti gli uomini sono razionalmente uguali, capaci di afferrare l'utilità del socialismo in un mondo dominato dal capitalismo. Cosa c'è alla base dell'idea staliniana? La consapevolezza che la Russia non è abbastanza forte per garantire il benessere socialista ai suoi stessi cittadini.

Sia Trotskij che Stalin hanno la consapevolezza di essere circondati da un mondo ostile, ma mentre Trotskij vuole appoggiare i movimenti comunisti nel mondo come impegno prioritario dell'URSS, Stalin preferisce concentrare forze e programmi per trasformare l'URSS da paese contadino, appena uscito dal feudalesimo, in un paese altamente industrializzato.

I due progetti in sé non sono in contraddizione, solo che i fondi a disposizione, i capitali che l'URSS riesce a raccogliere o li si usano per lo sviluppo, che è un dato certo, o li si usano per appoggiare movimenti internazionali che potrebbero anche non portare un ritorno immediato. Inoltre, l'URSS continua ad essere circondata, all'interno e all'esterno, da forze che puntano sulla sua dissoluzione.

Che cos'è la rivoluzione per Trotskij? Una guerra. Che cos'è la rivoluzione per Stalin? La trasformazione della società russa che si emancipa dalla servitù della gleba diventando una società industriale.

Com'è diventata la società sovietica quando muore Lenin? Perché il mondo ha paura della società sovietica? Eppure, nessuna minaccia armata è mai uscita dall'URSS tale da giustificare l'ostilità dell'occidente.

Scrive Elleinstein in Storia dell'URSS:

La Chiesa ortodossa aveva perduto le forti posizioni che deteneva prima della rivoluzione. I suoi beni erano stati nazionalizzati, era stata sancita la separazione tra Stato e Chiesa e il partito comunista, pur proclamando la libertà di culto, insisteva sulla necessità della propaganda antireligiosa.
Durante la guerra civile l'atteggiamento della grande maggioranza dei pope fu estremamente ostile verso i bolscevichi, con una partecipazione massiccia alla lotta controrivoluzionaria. Malgrado ciò, il XII Congresso del partito nel 1922 e il XIII nel 1924 sottolinearono che la religione non poteva essere «estirpata» per via amministrativa e con la coercizione. La propaganda antireligiosa assunse varie forme: riviste, giornali, riunioni, conferenze, musei, mostre, spettacoli… I giornali antireligiosi più importanti furono l'Ateo e il Senza Dio, quest'ultimo pubblicato con illustrazioni a partire dal 1922. Fu anche creata una casa editrice antireligiosa, l'Ateo, che nel 1929 contava 76 titoli. Nel 1924 si costituì una lega degli atei militanti. La Chiesa ortodossa da parte sua si scisse in due gruppi, la «Chiesa viva», che aveva pretese moderniste, e la «Chiesa tradizionale», guidata dal patriarca Tichon, liberato dalla prigione nel 1923
Il matrimonio e la famiglia rimanevano istituzioni importanti, ma il matrimonio civile si limitava ad una semplice formalità e il codice del 1926 della RSFSR riconosceva il matrimonio di fatto. Lo «scioglimento» del matrimonio fino al 1926 è relativamente facile e nel 1926 diventa come il matrimonio un semplice stato di fatto. La donna diventò giuridicamente pari all'uomo, con la relativa protezione della legge. L'aborto era autorizzato in determinate condizioni, che però erano abbastanza estese.
Il diritto in tutto questo periodo è fondato sulle tesi di Pasukanis, autore di una Teoria generale del diritto e del marxismo, pubblicata nel 1924.
Il diritto propriamente detto riguarda la sfera dei rapporti economici tra gli uomini. Esso dunque non può che essere « un diritto borghese, in quanto solo la società borghese capitalistica crea le condizioni necessarie perché il momento giuridico raggiunga il suo più alto grado di sviluppo nei rapporti sociali».
Il socialismo, sosteneva Pasukanis non senza un elemento di utopia, porta «alla scomparsa progressiva del momento giuridico nei rapporti tra gli uomini», cosa questa che doveva aprire la via all'arbitrio di cui lo stesso Pasukanis sarebbe stato vittima.
La NEP dunque aveva ottenuto in tutti i campi successi considerevoli. Contemporaneamente essa conosceva problemi nuovi, posti dagli stessi successi. L'industrializzazione procedeva ad un ritmo insufficiente e l'agricoltura segnava il passo, mentre si accresceva il ruolo dei kulaki nelle campagne e dei nepmany nelle città.

Jean Elleinstein, Storia dell'URSS, Editori Riuniti, Vol. 1, 1976, p. 218 – 219

Questo era ciò che terrorizzava l'occidente. Non solo l'uguaglianza uomo-donna, l'uguaglianza dei cittadini di ogni nazionalità, l'idea che il colonialismo è un crimine contro l'umanità. L'attività contro la chiesa ortodossa, che anziché essere condotta mediante la polizia per i numerosi crimini commessi dai preti ortodossi, viene condotta culturalmente concedendo quella libertà di culto che la propaganda occidentale afferma che sia negata.

Stalin sconfigge le posizioni di Trotskij in seno al partito comunista e dà il via al processo di socializzazione della società sovietica iniziando con le questioni di politica agraria.

L'URSS è un paese agricolo. Non esiste un'industria sviluppata e, inoltre, vive nelle condizioni di accerchiamento militare ad opera della Francia, dell'Inghilterra, della Germania, dell'Italia, del Giappone e degli Stati Uniti. L'unica circolazione del denaro che permette un accumulo di ricchezza è data dalla produzione agricola.

Con la politica della NEP messa in atto da Lenin si è permesso lo sviluppo dell'agricoltura privata in cambio della disponibilità dei raccolti da parte dei cittadini. I kulak erano i ricchi proprietari terrieri che non solo si arricchivano con i raccolti e usavano braccianti, ma sottraevano i raccolti alla disponibilità del mercato per alzare i prezzi a danno dell'intera popolazione dell'URSS. Già era in atto il processo di spostamento dell'economia agricola verso i Colcos, le cooperative socialiste, che stavano prendendo sempre più importanza nell'economia agricola dell'URSS. Tuttavia i kulak erano una classe sociale importante che condizionava l'andamento del mercato e con il loro accumulo di capitale impedivano l'industrializzazione dell'URSS.

La costruzione di un sistema industriale poteva avvenire solo se si eliminava il ricatto economico messo in atto dai kulak.

Scrive Stalin il 27 dicembre 1929 per la conferenza degli specialisti marxisti della questione agraria:

Infine, veniamo alla questione degli spostamenti di classe e dell'offensiva del socialismo contro gli elementi capitalistici della campagna.
Il tratto caratteristico del nostro lavoro, durante l'ultimo anno, è che, in quanto partito, in quanto potere sovietico: a) abbiamo sviluppato l'offensiva su tutto il fronte contro gli elementi capitalistici della campagna, e b) quest'offensiva ha dato e continua a dare, com'è noto, dei risultati positivi molto tangibili.
Che cosa significa questo? Questo significa che dalla politica di limitazione delle tendenze sfruttatrici dei kulak siamo passati alla politica di liquidazione dei kulak come classe. Questo significa che abbiamo fatto e continuiamo a fare una svolta decisiva in tutta la nostra politica.
Fino a poco tempo fa il partito si manteneva sulla posizione di limitare le tendenze sfruttatrici dei kulak. E' noto che questa: politica era stata proclamata fin dall'VIII Congresso. Questa politica è stata nuovamente affermata quando venne introdotta la Nep e all'XI Congresso del nostro partito. Tutti ricordano la nota lettera di Lenin a Preobragenski (1922), in cui egli ritorna sulla necessità di applicare proprio questa politica. Essa è stata, infine, confermata dal XV Congresso del nostro partito. E l'abbiamo applicata fino a poco tempo fa.
Era giusta questa politica? Sì, era incontestabilmente giusta. Potevamo noi, cinque o tre anni fa, sferrare un'offensiva di questo genere contro i kulak? Potevamo noi allora contare sul successo d'una simile offensiva? No, non potevamo. Sarebbe stato un abbandonarsi al più pericoloso spirito d'avventura. Sarebbe stato il più pericoloso dei giochi all'offensiva, perché senza alcun dubbio la cosa non ci sarebbe riuscita, e in questo modo avremmo rafforzato le posizioni dei kulak. Perché? Perché non avevamo ancora nella campagna quei punti di appoggio, rappresentati da una larga rete di sovcos e di colcos, sui quali poterei basare per sferrare l'offensiva decisiva contro i kulak. Perchè allora non avevamo la possibilità di sostituire la produzione capitalista del kulak con la produzione socialista dei colcos e dei sovcos.
Nel 1926-1927 l'opposizione zinovievista-trotskista voleva a tutti i costi imporre al partito una politica di offensiva immediata contro i kulak. Il partito non si gettò in questa pericolosa avventura, perché sapeva che la gente seria non può permettersi di giocare all'offensiva. L'offensiva contro i kulak è una cosa seria. Non si può confonderla con le declamazioni contro i kulak, E non si può neppure confonderla con la politica dei colpi di spillo contro i kulak, che l'opposizione zinovievista-trotskista voleva a tutti i costi imporre al partito. Sferrare l'offensiva contro i kulak significa spezzarli e liquidarli come classe. All'infuori di questi scopi l'offensiva diventa una declamazione, una punzecchiatura, una chiacchiera a vuoto, tutto quello che volete, fuorchè una vera offensiva bolscevica, Sferrare l'offensiva contro i kulak significa prepararsi all'azione e colpire i kulak, ma colpirli in modo tale che essi non possano più rimettersi in piedi. Ecco che cosa vuol dire per noi, bolscevichi, una vera offensiva. Potevamo noi iniziare cinque o tre anni fa una simile offensiva e contare di avere successo? No, non potevamo. Infatti, nel 1927 il kulak produceva più di 600 milioni di pudi di grano e ne dava al mercato circa 130 milioni di pudi, oltre a quello che era venduto nella campagna stessa. Forza abbastanza seria, di cui non si poteva non tener conto. E quanto producevano allora i nostri colcos e sovcos? Circa 80 milioni di pudi, di cui circa 35 milioni giungevano sul mercato (grano mercantile). Giudicate voi stessi se potevamo allora sostituire la produzione e il grano mercantile dei kulak con la produzione e col grano mercantile dei nostri colcos e sovcos. E' certo che non potevamo. Che cosa significa, in tali condizioni, intraprendere un'offensiva decisiva contro i kulak? Significa fallire di sicuro, consolidare le posizioni dei kulak e restare senza grano. Ecco perché allora non potevamo e non dovevamo iniziare l'offensiva contro i kulak, malgrado le declamazioni degli avventurieri dell'opposizione zinovievista - trotskista.
E ora? Come stanno le cose ora? Ora abbiamo una base materiale sufficiente per colpire i kulak, per spezzare la loro resistenza, per liquidarli come classe e sostituire la loro produzione con la produzione dei colcos e dei sovcos. Si sa che nel 1929 la produzione di grano nei colcos e nei sovcos non è stata inferiore a 400 milioni di pudi (200 milioni di pudi di meno della produzione globale dell'economia dei kulak nel 1927). Si sa, inoltre, che nel 1929 i colcos e i sovcos hanno dato più di 130 milioni di pudi di grano mercantile (cioè più dei kulak nel 1927). Si sa, infine, che nel 1930 la produzione globale di grano dei colcos e dei sovcos non sarà inferiore a 900 milioni di pudi (superiore, cioè, alla produzione globale di grano dei kulak nel 1927), e che essi non daranno meno di 400 milioni di pudi di grano mercantile (cioè incomparabilmente di più dei kulak nel 1927)
Ecco qual è la nostra situazione, compagni.
Ecco qual è lo spostamento verificatosi nell'economia del paese. Ecco qual è lo spostamento delle forze di classe verificatosi in questi ultimi tempi.
Adesso, come vedete, disponiamo di una base materiale per sostituire la produzione dei kulak con la produzione dei colcos e dei sovcos. Ecco perché la nostra offensiva contro i kulak ottiene adesso un successo incontestabile. Ecco come bisogna attaccare i kulak, se si vuol fare una vera offensiva e non limitarsi a delle declamazioni sterili contro i kulak.
Ecco perché negli ultimi tempi siamo passati dalla politica di limitazione delle tendenze sfruttatrici dei kulak, alla politica di liquidazione dei kulak come classe.
Ma come fare con la politica di espropriazione dei kulak? Si può ammettere l'espropriazione dei kulak nelle regioni di collettivizzazione integrale? - domandano da varie parti. Domanda ridicola! L'espropriazione dei kulak non si poteva permettere fino a quando ci attenevamo alla limitazione delle tendenze sfruttatrici dei kulak, fino a quando non avevamo la possibilità di passare a un'offensiva decisiva contro i kulak, fino a quando non avevamo la possibilità di sostituire la produzione dei kulak con la produzione dei colcos e dei sovcos. Allora la politica di non permettere l'espropriazione dei kulak era necessaria e giusta. Ma ora? Ora è un'altra cosa. Ora abbiamo la possibilità di scatenare un'offensiva decisiva contro i kulak, di spezzare la loro resistenza, di liquidarli come classe e sostituire la loro produzione con la produzione dei colcos e dei sovcos. Ora sono le masse" stesse dei contadini poveri e medi che espropriano i kulak, le masse "che realizzano la collettivizzazione integrale. Ora l'espropriazione dei kulak nelle regioni di collettivizzazione integrale non è più una semplice misura amministrativa. Ora l'espropriazione dei kulak costituisce, in queste regioni, una parte integrante della creazione e dello sviluppo dei colcos. Ecco perché è poco serio e ridicolo dilungarsi oggi sull'espropriazione dei kulak. Quando ti tagliano la testa, non rimpiangi i capelli.
Non meno ridicola appare quest'altra domanda: se si può lasciar entrare il kulak nel colcos. E' evidente che non si può lasciarlo entrare. Non si può, perché egli è un nemico giurato del movimento colcosiano. Mi pare che sia chiaro.

Giuseppe Stalin, Questioni del leninismo, Feltrinelli reprint (senza indicazioni di data), p. 318 – 321

Nel 1929 kolchoz e sovchoz (le organizzazioni sociali per la collettivizzazione delle terre) rappresentavano solo il 3% della superficie coltivata dell'URSS. La resistenza dei kulaki si faceva sempre più attiva. Ci furono rivolte contro la collettivizzazione delle terre e spesso i contadini ricchi riuscivano a trarre dalla loro parte i contadini medi alimentando la paura di rimanere senza terre. Gli attentati terroristici dei kulaki si moltiplicavano ed alimentavano proteste il cui unico scopo era difendere l'arricchimento di alcuni contro la società civile nel suo insieme.

Scrive in Storia dell'URSS:

Nell'estate del 1929 furono creati kolcboz giganti che coprivano più di 10.000 ha. L'amministrazione centrale dei kolcboz ricevette poteri più estesi e in varie parti del paese cominciarono ad apparire stazioni di macchine e trattori, riprendendo le esperienze di coltivazione in comune su grande scala fatte dall'economista Markevié in Ucraina nel soucboz Sevéenko, vicino a Odessa.
Contemporaneamente mutamenti politici considerevoli prepararono le condizioni per una collettivizzazione più generalizzata. Nella regione occidentale (quella di Smolensk) nel corso del 1929 si ebbero importanti cambiamenti nell'amministrazione sovietica. Secondo il comitato esecutivo regionale su 615 presidenti di soviet rurali (per 26 rajony) durante il 1929 ne furono destituiti 304 (ossia il 49,8%), di cui 102 per «scorretta applicazione della linea del partito» e 113 per passività. Dei presidenti destituiti 285 erano coltivatori indipendenti. Le resistenze alla collettivizzazione furono molto forci: in molti casi le proprietà dei contadini favorevoli alla collettivizzazione furono bruciate e i sostenitori dei kolcboz subirono numerosi attentati. I rapporti dell'OGPU della regione occidentale offrono numerosi esempi di queste resistenze. La notte del 29 agosto il segretario del soviet di Tsyvelsk fu assassinato da un kulak. A Trubéevsk (distretto di Brjansk) nella notte tra il I" e il 2 ottobre 1929 il presidente del soviet rurale fu gravemente ferito da un colpo di arma da fuoco e il segretario del soviet subì un attentato analogo. Nell'ottobre del 1929 nella regione occidentale rimasero vittime di attentati 43 persone. Furono arrestate 122 persone, di cui solo il 55% erano kulaki e contadini medi classificati come agiati, mentre il 45% erano contadini poveri e medi. La raccolta del grano, grazie a queste misure eccezionali, fu abbastanza buona (circa 16 milioni di tonnellate contro i 10,8 dell'anno precedente); rimaneva però una grave incertezza riguardo alle semine per l'anno successivo.

Jean Elleinstein, Storia dell'URSS, Editori Riuniti, Vol. 1, 1976, p. 269 – 270

Siamo nel 1929 quando l'occidente capitalista dovrà vivere la più grande crisi economica della sua storia. L'URSS aveva posto le basi per il proprio sviluppo industriale col quale intendeva rompere l'accerchiamento internazionale e lo strangolamento finanziario messo in atto dai paesi occidentali.

La collettivizzazione delle terre procedette con metodi sempre più decisi. Se da un lato i kulaki per impedire la collettivizzazione uccidevano il bestiame, distruggevano le strutture che sarebbero state collettivizzate, il governo centrale intraprese azioni sempre più coercitive nei loro confronti fino alla deportazione dei kulaki che combattevano il governo centrale.

Sradicare l'idea della proprietà privata come fonte di potere sociale e di dominio nella società sovietica era estremamente complicato dal momento che l'URSS non aveva messo in atto un'azione decisa contro la chiesa Ortodossa che continuava a stigare alla guerra contro la società civile.

Fra il 1931 e il 1933 ci fu un crollo della produzione agricola. Questo comportò gravi conseguenze sociali con molti kulaki confinati nelle regioni siberiane più povere. Avendo sterminato il bestiame per impedire la collettivizzazione, la presenza zootecnica nell'URSS si era dimezzata provocando un impoverimento delle scorte alimentari.

Gli errori dettati dalla necessità di procedere velocemente nella collettivizzazione delle terre provocarono malumori e opposizione all'interno del Partito Comunista. L'opposizione alla gestione del partito da parte di Stalin si fece più attiva e violenta. La strategia della collettivizzazione di Stalin era stata approvata dal partito, tuttavia la sua applicazione superò i limiti che Stalin aveva imposto e spesso i funzionari locali si rivelarono "più realisti del re" tant'è che Stalin fu costretto ad imporre una mitigazione della collettivizzazione che, paradossalmente, creò ulteriori danni.

Nel 1933 una direttiva di Stalin e Molotov ordinava la liberazione della metà dei contadini reclusi.

Nel frattempo in Germania saliva al potere Hitler appoggiato dalla grande borghesia capitalista e con una scarsa opposizione da parte dei socialdemocratici tedeschi che con la loro politica contribuirono ad equiparare il nazismo al comunismo sovietico.

La socialdemocrazia tedesca e i partiti comunisti occidentali commisero il peccato che portò alla loro cancellazione. Ritennero che una "dittatura" che impone il dominio dell'uomo sull'uomo andava condannata allo stesso modo di una "dittatura" che impone la liberazione dell'uomo dal dominio. In sostanza, la socialdemocrazia, come i partiti comunisti occidentali, ritenevano che la libertà degli uomini nei loro paesi non andava conquistata con forme di lotta o di rivendicazione, ma andava concessa dall'autorità, da Dio, per fini e scopi che riguardavano l'autorità, Dio, e non per i fini e gli scopi delle persone di quel paese che, attraverso quell'ideologia venivano ridotte al rango di sudditi. Questa idea sarà l'idea portante di Nikita Sergeevic Chruscev e di Michail Gorbacev che di Stalin assunsero il ruolo esteriore, ma non la lungimiranza sociale nelle loro scelte né la responsabilità personale e storica delle scelte stesse.

Nonostante errori di prospettiva e carenze d'esecuzione, nel 1933 la situazione nell'Unione Sovietica stava migliorando rapidamente. La produzione d'acciaio sfiorava le 7 milioni di tonnellate e la quantità di trattori distribuiti ai Colcos andava aumentando di anno in anno.

Fra il 1934 e il 1939 fu l'epoca delle grandi epurazioni dal Partito Comunista sovietico. Il Partico Comunista allontanò decine di migliaia di iscritti al Partito, spesso con ragioni irrilevanti. Molti furono processati e molti furono fucilati. Queste azioni vanno sotto il nome di "purghe staliniane" e rappresentano lotte di palazzo per il controllo del potere sovietico in un momento storico in cui l'Unione Sovietica è non solo emarginata dal consesso internazionale, ma minacciata di aggressione e di invasione. L'ideologia del kulako non era limitata alla campagna, si manifestava anche nel partito comunista come interessi soggettivi che separavano l'individuo o gruppi di individui dall'insieme sociale attraverso una sorta di "eresia politica". La tendenza dei comunisti di vedere in maniera diversa la strada per la costruzione di un futuro possibile, dal momento che il comunista non obbedisce alla linea del partito ma la condivide o dissente a seconda di come vive soggettivamente, è sempre stato un elemento che divideva i singoli comunisti nella realtà quotidiana. Questa manifestazione di ideologia "liberale" va sotto il nome di "deviazionismo" che avrebbe disgregato le possibilità del partito nella costruzione del futuro.

Le vittime delle "purghe staliniane" non fanno soffrire la popolazione della società civile, ma i membri del Partito Comunista con i vari giochi di potere che avvenivano all'interno del Partito Comunista. I reati erano reati ideologici o forme di contestazione interna che minavano il Partito Comunista. Gli epurati e i fucilati hanno spesso molto da recriminare, molti sono stati "riabilitati" dopo il XX congresso, ma il Partito Comunista sovietico è giunto al potere con una rivoluzione armata che ne condiziona la mentalità della deviazione e questa diventa metodo con cui risolvere le contraddizioni in seno al partito. Pertanto, non mi soffermerò su questo perché non lo ritengo importante per definire la biografia di Stalin. Lo avrei fatto se qualche "vittima" dello stalinismo fosse stata portatrice di idee diverse da quanto Stalin proclamò con la Costituzione dell'URSS entrata in vigore il 1 febbraio 1935. Da quanto mi risulta, solo Trotskij aveva una visione diversa sul ruolo della rivoluzione bolscevica nella società.

Della Costituzione dell'URSS, scrive Storia dell'URSS di Elleinstein:

In questo periodo il Comitato centrale decise di modificare la Costituzione sovietica del 1924. I mutamenti proposti secondo la dichiarazione del Comitato centrale del 1 o febbraio 1935 avevano come scopo:
a) di rendere ancora più democratico il sistema elettorale, sostituendo alle elezioni a suffragio non completamente eguale elezioni a suffragio eguale, alle elezioni a molti gradi elezioni dirette, allo scrutinio pubblico lo scrutinio segreto;
b) di precisare la base economica e sociale della Costituzione, per adeguare la Costituzione all'attuale rapporto tra le forze di classe nell'URSS (creazione della nuova industria socialista, disfatta dei kulaki, vittoria del sistema dei kolcboz; affermazione della proprietà socialista come base della società sovietica, ecc.).
Il VTsIK nominò una commissione per l'elaborazione della Costituzione sotto la presidenza di Stalin. Bucharin ne fu eletto membro e fu uno dei principali estensori della nuova Costituzione. Il progetto di Costituzione, pubblicato il 12 giugno 1936, fu sottoposto a discussione pubblica e votato all'unanimità il 5 dicembre 1936 dall'VIII Congresso dei soviet.
La nuova Costituzione sovietica era il riflesso sul terreno giuridico degli straordinari mutamenti che aveva conosciuto l'Unione Sovietica dalla sua creazione; essa proclamava i principi della democrazia socialista e sanciva le trasformazioni intervenute dopo il 1 918 e il 1 92 4 .
L'articolo 1 affermava: «L'Unione Sovietica è uno Stato socialista di operai e contadini».
L'articolo 3 stabiliva: «Nell'URSS tutto il potere appartiene ai lavoratori delle città e delle campagne, rappresentati dai soviet dei rappresentanti dei lavoratori».
L'articolo 4 precisava:
La base economica dell'URSS è il sistema economico socialista e la proprietà socialista degli strumenti e dei mezzi di produzione, fermamente stabilita come risultato dell'abolizione del sistema economico capitalistico, della proprietà privata degli strumenti e del mezzi di produzione e dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
Gli articoli 5, 6 e 7 enumeravano le forme della proprietà socialista: «Proprietà di Stato (appartenente a tutto il popolo il, cooperativa e azienda collettiva (appartenenti alle aziende cooperative o alle società cooperative)».
L'articolo 10 stabiliva «il diritto dei cittadini a possedere a titolo di proprietà personale i redditi e i beni derivanti dal loro lavoro», e insisteva sul fatto che «questa proprietà è protetta dalla legge, come lo è ugualmente il diritto dei cittadini a ereditare la proprietà personale ».
L'articolo 11 affermava:
La vita economica dell'URSS è determinata e guidata dal piano economico dello Stato allo scopo di accrescere la ricchezza socialista, di elevare in misura considerevole il livello materiale e culturale dei lavoratori e di rafforzare l'indipendenza dell'Unione Sovietica e il suo potenziale di difesa.
Gli articoli seguenti riguardavano le strutture dello Stato, gli organi del potere statale ai vari livelli e gli organi giudiziario L'articolo 13 stabiliva: «l'Unione delle repubbliche socialiste sovietiche è uno Stato federativo costituito sulla base dell'unione volontaria di repubbliche socialiste sovietiche eguali».
L'articolo 17 affermava che «viene riconosciuto a ciascuna repubblica dell'Unione il diritto di separarsi liberamente dall'Unione Sovietica», e l'articolo 18 che «il territorio di una repubblica dell'Unione non può essere modificato senza il suo consenso».
La Costituzione enumerava poi i diritti di ciascuna repubblica e quelli della federazione, elencando i nomi delle repubbliche federate e autonome. L'organo supremo del potere era il Soviet supremo, composto da due Camere: il Soviet dell'Unione a suffragio universale diretto (1 deputato ogni 300.000 abitanti) e il Soviet delle nazionalità, eletto anch'esso a suffragio universale diretto (25 deputati per repubblica, 11 deputati per repubblica autonoma e un deputato per territorio nazionale). I deputati avevano un mandato di quattro anni. Tutti i cittadini erano elettori e lo scrutinio era segreto, ma i candidati dovevano essere presentati da «le organizzazioni di massa e le associazioni del popolo lavoratore: organizzazioni del partito comunista, sindacati, cooperative, organizzazioni della gioventù, associazioni culturali ».
Il Presidium del Comita to centrale (un presidente, il vice presidenti, un segretario e 15 membri) era eletto dalle due Camere riunite.
Il potere esecutivo apparteneva al Consiglio dei commissari del popolo, eletto dal Soviet supremo (in seduta congiunta delle due Camere) e responsabile davanti ad esso (e davanti al Presidium tra una riunione e l'altra del Soviet supremo).
I deputati potevano rivolgere interrogazioni ai ministri, che erano tenuti a rispondere entro tre giorni. Le repubbliche federate avevano un Soviet supremo (composto di una sola Camera) e un Consiglio dei ministri. I soviet locali erano eletti per due anni e nominavano un comitato esecutivo, I'Ispolkorn.
A partire dall'articolo 118 la Costituzione enumerava i diritti e i doveri dei cittadini sovietici: il diritto al lavoro (articolo 118), il diritto al riposo e al tempo libero (articolo 119), il diritto alla pensione (articolo 120), il diritto all'istruzione (articolo 121).
Veniva sancita l'uguaglianza di diritti tra uomini e donne (articolo 122). L'articolo 123 stabiliva: «L'uguaglianza di diritti dei cittadini sovietici indipendentemente dalla loro nazionalità e dalla loro razza in tutti i campi dell'economia, del governo, della cultura, della politica e delle altre attività sociali è una legge inderogabile».
L'articolo 124 sanciva la libertà di coscienza, la libertà di culto e la libertà di propaganda antireligiosa. La libertà di parola e di stampa e quella di associazione, di riunione e di manifestazione venivano assicurate in conformità «con gli interessi della classe operaia e del rafforzamento del sistema socialista» (articolo 125).
La Costituzione inoltre definiva con precisione i canali attraverso i quali queste libertà potevano essere esercitate: «Le organizzazioni di massa, i sindacati, le associazioni cooperative, le organizzazioni della gioventù, le organizzazioni sportive, le organizzazioni per la difesa, le associazioni tecniche culturali e scientifiche» (articolo 126).
L'articolo 127 affermava: «I cittadini sovietici hanno la garanzia dell'inviolabilità personale. Nessuno può essere posto in stato di arresto se non per decisione di un tribunale o dietro autorizzazione di un procuratore».
E l'articolo 128 precisava: «L'inviolabilità del domicilio dei cittadini e della loro corrispondenza privata è garantita dalla legge».
Veniva accordato il diritto di asilo agli stranieri perseguitati per aver difeso «gli interessi dei lavoratori o per le loro attività scientifiche o per la loro lotta per la liberazione nazionale» (articolo 129).
I doveri dei cittadini erano chiaramente indicati nell'articolo 130: «Rispettare la Costituzione, osservare le leggi, mantenere la disciplina del lavoro, compiere onestamente i loro doveri pubblici e rispettare le regole della società socialista».
Quanto al partito comunista, esso era definito come «l'avanguardia della classe operaia nella sua lotta per la costruzione del comunismo e il nucleo dirigente di tutte le organizzazioni della classe operaia, sia governative che non governative».
La nuova Costituzione fu accolta dalla stampa sovietica dell'epoca come uno dei monumenti dell'«era staliniana». La Costituzione del 1936 offriva un nuovo quadro per un'avanzata sul terreno della democrazia politica. Le basi economiche, sociali e culturali della democrazia si allargavano in conseguenza dei grandi progressi compiuti dall'Unione Sovietica.

Jean Elleinstein, Storia dell'URSS, Editori Riuniti, Vol. 1, 1976, p. 306 – 309

La Costituzione forniva ai cittadini tutta quella serie di diritti sociali che erano negati in occidente. Questa Costituzione, scritta nel 1935 era una Costituzione giuridicamente avanzata rispetto ad ogni altra esistente in occidente quando ancora c'era la discriminazione di razza, lingua, religione e fra uomo e donna (furono i comunisti di Togliatti nel 1945 a imporre l'inizio del processo di uguaglianza sociale uomo e donna).

Intanto, Hitler aveva vinto in Germania e il nazismo divenne l'ideologia tedesca. La Wehrmacht si stava armando con i mezzi più moderni dell'epoca, dai mezzi corazzati all'aviazione. Gli Stati confinanti l'URSS erano tutti Stati fascisti nemici dell'Unione Sovietica, come la Polonia, la Romania, la Bulgaria e l'Ungheria. Il fascismo italiano e tedesco appoggiò Franco in Spagna e, davanti a questo, Francia e Inghilterra impedirono, di fatto, l'intervento sovietico. Ad est il Giappone aveva invaso la Manciuria nel 1932, ma si dovrà attendere il 1937 perché dichiari formalmente guerra alla Cina.

L'URSS entrò nella Società delle Nazioni nel 1934 e nel 1935 firmò un trattato con la Francia che rimase lettera morta perché a quel trattato non seguirono i relativi accordi.

Nel 1938 Hitler conquistò l'Austria annettendola alla Germania. Ancora nel 1938 la Francia e l'Inghilterra firmarono un accordo con la Germania consentendo alla Germania di annettersi la Cecoslovacchia. Quegli accordi suonarono come l'autorizzazione della Francia e dell'Inghilterra ad Hitler per invadere l'URSS.

L'URSS si preparava a mettere in atto un'economia di guerra. Nel 1933 solo il 3,4% del bilancio era destinato alla difesa. Divenne il 9,1% nel 1934 e il 16,1 nel 1936 per salire al 25,6 nel 1939.

In vista della guerra anche le condizioni sociali vennero irrigidite. Col decreto del 27 giugno 1936 fu proibito l'aborto e il divorzio fu reso più difficile applicando tasse sempre più alte dopo il primo divorzio.

Nel 1939 l'analfabetismo era scomparso fra i giovani e quasi scomparso fra le persone con meno di 50 anni. L'analfabetismo esisteva ancora, ma in proporzione sempre più ridotta, solo fra le persone di oltre 50 anni.

Secondo alcuni storici l'URSS si fece cogliere di sorpresa dall'attacco della Germania nazista nonostante ripetuti avvertimenti sia da parte dei servizi segreti sia da parte delle cancellerie occidentali.

La questione appartiene ad uno dei difetti fondamentali dei comunisti che ritenendosi in dovere di onorare la parola data, pensano che anche il capitalismo si comporti per onorare la parola data e ritengono di non dover essere "sospettosi". In sostanza, l'URSS isolata sul piano internazionale e con l'Inghilterra che aveva rifiutato ogni relazione ed una Francia che prima aveva firmato un trattato e poi non ha voluto continuare nelle trattative, era estremamente sospettosa nei confronti dei paesi occidentali. Al contrario, avendo firmato un trattato di non aggressione con la Germania e con il Giappone, tendeva a fidarsi più della Germania nazista che non dell'Inghilterra o la Francia.

L'URSS aveva già proposto un accordo alla Francia e all'Inghilterra contro la Germania, ma entrambe le nazioni avevano rifiutato.

Fra il 1939 e il 1941 la politica militare sovietica tendeva a "mettere in sicurezza" il territorio sovietico da aggressioni esterne. Quando il 1 settembre 1939 la Germania invade la Polonia, l'URSS il 17 settembre interviene per impedire la conquista completa della Polonia da parte della Germania e spostare i confini dentro al territorio polacco. In quel momento Molotov esaltò la "Germania pacifista" contro la Francia e l'Inghilterra come paesi aggressori. Nel 1939 affermò: "Non è la Germania che attacca la Francia e la Gran Bretagna, è la Francia e la Gran Bretagna che attaccano la Germania…". Molotov si sbagliava, ma in quel momento era accecato mentre coglieva l'opportunità di allontanare il confine con la Finlandia dalla città di Leningrado. Il 29 novembre 1939 dopo una serie di incidenti di frontiera scoppiò la guerra dell'URSS contro la Finlandia.

Il 3 settembre 1939, la Francia e l’Inghilterra dichiarano guerra alla Germania in seguito all'invasione della Polonia. Dal settembre del 1939 al maggio del 1940 non succede quasi nulla finché la Germania non decide di invadere la Francia che capitola senza combattere. Nel frattempo i francesi inviarono grandi quantitativi di armi, aerei e mezzi blindati alla Finlandia per combattere l'URSS e in questo modo armarono ulteriormente un esercito che si sarebbe schierato con Hitler. Francia e Inghilterra mandarono cinquantamila uomini in aiuto dei finlandesi. Inoltre i francesi e gli inglesi si preparavano a bombardare i pozzi di petroli del Caucaso. Intanto, le truppe francesi e inglesi erano inattive contro Hitler.

La Francia e l'Inghilterra sostennero militarmente la Finlandia contro l'URSS. L'URSS fu espulsa dalla Società delle Nazioni e la Francia vide il momento per vendicarsi della rivoluzione del 1917.

L'invasione della Francia doveva avvenire il 12 novembre 1939, ma fu posticipata e iniziò il 10 maggio 1940. Nel febbraio del 1940 l'URSS firma la pace con la Finlandia che accetta di allontanare la frontiera di 25 chilometri più lontana di Leningrado. La resistenza finlandese con 150000 uomini in campo contro i 500.000 sovietici aveva dimostrato che l'esercito sovietico non era potente ed era vulnerabile.

Nel frattempo l'URSS si era fatta restituire dalla Romania i territori popolati da ucraini e moldavi della Bessarabia e della Bucovina del nord. L'URSS era penetrata negli stati fascisti di Estonia, Lettonia e Lituania federandoli all'URSS.

La Francia, conquistata dalla Germania, era capitolata in pochissimo tempo, quasi senza opporre resistenza. Hitler iniziava i bombardamenti dell'Inghilterra. Il 12 ottobre 1940 Hitler rinuncia allo sbarco in Inghilterra ma, privo di opposizione ad occidente, decise di preparare l'invasione dell'URSS. La preparazione dell'invasione iniziò nel luglio del 1940 e avrebbe dovuto avvenire nella primavera del 1941.

Mentre ancora i sovietici con Molotov pensavano a trattare con la Germania, la Germania inviava truppe e armi al governo della Romania di Antononescu. Invia armi pesanti al governo della Finlandia che si era avvicinato ad Hitler. Truppe tedesche si installano in Bulgaria, l'Italia invade la Grecia e la Germania, con l'Italia, invade la Jugoslavia.

Il 22 giugno 1941 l'esercito di Hitler inizia l'invasione dell'URSS.Secondo gli occidentali l'URSS sarebbe stata sconfitta in tre settimane.

Quando la Germania invase l'URSS, Stalin incarnò lo spirito dell'URSS.

Scrive Elleinstein in "Storia dell'URSS":

Il 30 giugno il presidente del presidium del Soviet supremo emanò un decreto che rimetteva tutti i poteri nelle mani di un nuovo organismo, il Comitato statale per la difesa, composto da Stalin (presidente), Molotov (vicepresidente), Berija, Vorosilov e Malenkov.
Alla fine di giugno fu decisa la mobilitazione dei membri del partito e del Komsomol come soldati politici (politboitsy). In tre mesi ne furono reclutati 95.000, di cui 58.000 partirono per il fronte. Nelle grandi città come Mosca, Leningrado, Odessa, Kiev, ecc. furono costituiti dei battaglioni operai (opolcenie). Si formarono gruppi per la difesa antiaerea, contro i paracadutisti, ecc. e gruppi di difesa civile. Era insomma la proclamazione della patria in pericolo, nella tradizione della rivoluzione francese dal 1792 al 1794, dei volontari dell'anno II, e ancora nella tradizione più recente della guerra civile del 1918-19 e della fondazione dell' Armata rossa. Infine, il 3 luglio 1941, Stalin ruppe il silenzio nel quale si era rinchiuso dall'inizio del conflitto. Nel romanzo I vivi e i morti Konstantin Simonov descrive come i feriti di un ospedale da campo accolsero il discorso di Stalin:
Stalin parlava lentamente, sommessamente, con un forte accento georgiano. Ad un certo punto, a metà del discorso, dopo un tintinnio di vetro, si senti che beveva dell'acqua. La sua voce era bassa e poteva sembrare assolutamente calma, non fosse stato per il respiro pesante e stanco e per il rumore dell'acqua che beveva [ ... ].
Stalin era amato in diversi modi: incondizionatamente o con delle riserve, con ammirazione o con una certa paura; alcuni non lo amavano affatto. Ma nessuno dubitava del suo coraggio e della sua volontà di ferro [ ... ]. Stalin non tracciava un quadro tragico della situazione. Era difficile immaginare che quelle parole venissero dalla sua bocca, ma le cose di cui parlava (la coscrizione di massa, i territori occupati, la guerra dei partigiani) significavano la fine delle illusioni. Ci eravamo ritirati dappertutto e di molto. La verità era amara, ma finalmente veniva detta e faceva sentire la terra più solida sotto i piedi.
Stalin seppe trovare le parole giuste fin dall'inizio del suo discorso. Qualsiasi cosa avesse fatto prima di allora, qualsiasi cosa abbia fatto in seguito, il suo discorso rimarrà uno dei testi significativi della nostra epoca: «Compagni, cittadini! Fratelli e sorelle combattenti del nostro esercito e della nostra flotta, mi rivolgo a voi, amici miei!».
La situazione militare fu descritta da Stalin con estremo realismo: «Un grave pericolo incombe sulla nostra patria».
Dopo aver espresso il suo giudizio sugli avvenimenti svoltisi dopo il 1939 e aver giustificato il patto di non aggressione tedesco-sovietico, Stalin affermò che «accanto all' Armata rossa tutto il popolo sovietico si leva in difesa della patria». Il nemico, egli disse, è crudele e inesorabile. Esso intende impadronirsi delle nostre terre, irrigate dal nostro sudore, impadronirsi del nostro grano e del nostro petrolio, frutti del nostro lavoro. Esso intende ristabilire il potere dei grandi proprietari fondiari, restaurare lo zarismo, annientare la cultura e I'indipendenza dei russi, degli ucraini, dei bielorussi, dei lituani, dei lettoni, degli estoni, degli uzbeki, dei tatari, dei moldavi, dei georgiani, degli azerbaigiani e degli altri popoli liberi dell'Unione Sovietica.
Stalin insistette sulla necessità che gli uomini sovietici cessassero di «essere indifferenti» e riorganizzassero tutto il loro lavoro in modo nuovo, in modo militare, per non dare tregua al nemico [ ... ]. L'Armata rossa, la marina rossa, così come tutti i cittadini dell'Unione Sovietica, devono difendere ogni pollice di territorio sovietico, battersi fino all'ultima goccia di sangue per le nostre città e i nostri villaggi [ ... ]. Dobbiamo organizzare un aiuto multiforme all' Armata rossa [ ... ]. Dobbiamo creare le retrovie dell' Armata rossa [ ... ]. Tutte le materie prime di valore, compresi i metalli non ferrosi, il grano e il carburante, che non possono essere evacuate devono assolutamente essere distrutte.
Stalin inoltre fece appello alla formazione di distaccamenti partigiani a piedi e a cavallo. La guerra contro la Germania fascista non può essere considerata una guerra ordinaria. Non è soltanto una guerra combattuta da due eserciti, ma è anche la grande guerra di tutto il popolo sovietico contro le truppe fasciste tedesche. [ ... ] Noi non siamo soli in questa guerra liberatrice [ ... ]. Sarà il fronte unico dei popoli.
Egli ringraziò Churchill e Roosevelt per le loro dichiarazioni di aiuto e di appoggio e dopo aver detto che «si vedranno levarsi le masse sterminate del nostro popolo », annunciò la formazione del Comitato statale per la difesa e concluse facendo appello «a tutto il popolo perché si stringa attorno al partito di Lenin e di Stalin, attorno al governo sovietico».
Si doveva arrestare l'avanzata tedesca, che continuava a ritmo serrato in direzione di Smolensk, Mosca, Leningrado, Kiev e della Crimea.
Le perdite umane furono molto pesanti sia in morti che in feriti, anche se è impossibile formulare cifre precise per quel periodo. Anche le perdite tedesche furono considerevoli: 750.000 secondo gli storici sovietici. L'accanimento dei combattimenti e la caparbietà della resistenza sovietica sono testimoniate da questa cifra. Si deve pensare che durante la campagna della primavera del 1940 contro l'Europa occidentale le truppe tedesche avevano perduto 150.000 uomini.
Le Cause della sconfitta di Hitler sono numerose. Tuttavia molti storici pretendono di considerare soltanto le cause di ordine meteorologico o geografico, e cioè l'inverno russo e le grandi estensioni russe. In effetti non si può negare che questi fattori abbiano giocato un ruolo importante. L'esercito tedesco non era preparato ad affrontare i rigori dell'inverno. E d'altra parte la vastità del territorio russo permetteva lunghe ritirate: se infatti l'esercito francese dopo 1.000 chilometri di ritirata si sarebbe trovato a ridosso dei Pirenei, quello sovietico dopo aver percorso la stessa distanza si trovava appena a Mosca. Tuttavia non si deve dimenticare che la Wehrmacht dovette fermarsi davanti a Leningrado molto prima dell'inverno e dovette rallentare la sua avanzata davanti a Mosca e nel sud, contrariamente ai piani dello stato maggiore tedesco, prima che sopraggiungesse il freddo.
Soprattutto, l'intensità dei combattimenti fu incomparabilmente maggiore che nel 1940 sul fronte occidentale. L'Armata rossa subì delle sconfitte ma si batté con accanimento e anche le sconfitte possono dare l'idea della sua capacità di resistenza, dell'eroismo di milioni di combattenti, di tutto un popolo.

Jean Elleinstein, Storia dell'URSS, Editori Riuniti, Vol. 2, 1976, p. 52 – 54

Stalin ha incarnato lo spirito dell'URSS e il partito comunista sovietico è stato l'elemento catalizzatore di una resistenza immensa che contò decine di milioni di morti.

Tutte le lotte intestine al partito comunista sovietico che fecero varie migliaia di morti fra il 1936 e il 1939 rimangono lotte intestine, per quanto deprecabili, al partito comunista. Non hanno pesato sulla popolazione se non per il fatto che, privando il partito comunista di molti quadri dirigenti si presume che abbiano privato la popolazione di molte guide che avrebbero potuto condurre meglio il paese durante la guerra. Ma questo va detto col senno di poi e con infiniti "ma" e infiniti "forse".

La Germania in Francia trovò un alleato nel Governo di Philippe Pétain, la Germania non trovò nessuno in Russia da usare per un governo fantoccio. Nemmeno i fuorusciti ucraini che arrivarono al soldo dei tedeschi non ebbero successo aggregando solo banditi, alcuni preti ortodossi, alcuni cattolici uniati e pochi altri. Lo stesso vale per i fascisti lettoni, estoni e lituani.

Scrive Elleinstein in "Storia del fenomeno staliniano":

Non esisteva più la proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio, e quindi non v'erano più capitalisti, non v'era più appropriazione di plusvalore o di profitto, anche se alcuni burocrati potevano trarre beneficio dalla situazione. Questa centralizzazione fondata sulla proprietà socialista si rivelò determinante sul piano economico nei primi mesi di guerra, permettendo di smontare in poche settimane 1.523 grandi fabbriche situate ad ovest, di trasportarle verso le regioni orientali del paese (Siberia, Ural, Volga) e di farle entrare in funzione rapidamente nonostante i bombardamenti tedeschi, nonostante il terribile gelo dell'inverno russo, nonostante la mobilitazione della maggior parte degli uomini validi. La burocrazia non era scomparsa del tutto, ma, di fronte alle necessità vitali del momento, aveva perso in gran parte la sua consistenza, lasciando spazio ad un sistema altamente razionale, razionale perché non esisteva più il profitto capitalistico. Grazie a queste misure l'industria bellica sovietica, nonostante un brusco calo di produzione dovuto all'invasione, fu in grado di fornire fin dal 1943 un quantitativo di armi superiore a quello prodotto dalla Germania nazista (3.000 aerei, 2.000 carri armati, più di 10.000 cannoni e mortai al mese) e di qualità altrettanto buona. L'economia socialista rivelò pertanto una facoltà di adattamento e di espansione assolutamente eccezionale se si tiene conto delle enormi difficoltà create dall'invasione e delle sue condizioni alla vigilia della guerra. E lo stesso si può dite sul piano politico e ideale. La resistenza sovietica fu esemplare, anche se qua e là si registrarono cedimenti dovuti alla debolezza e alla codardia di singoli individui e agli aspetti più negativi dello stalinismo d'anteguerra. Nei territori occupati alcuni individui si misero al servizio dei tedeschi per interesse o per paura. Ciò nonostante, i territori sovietici ceduti alla Germania rappresentavano un settimo appena di quelli che il Reich poté occupare in Francia. E i motivi sono facilmente spiegabili. In Francia esisteva il capitalismo e gran parte della borghesia francese scelse per vari motivi la collaborazione economica con i nazisti. Si ricordino le celebri parole rivolte da De Gaulle ai rappresentanti del padronato a liberazione avvenuta: «Eccovi qui, dunque! Ma dov'eravate, signori, durante la guerra?». In alcune repubbliche non russe si registrarono casi isolati di collaborazione con Hitler, ad esempio nella Repubblica socialista sovietica autonoma tartara (in Crimea), nella repubblica autonoma dei calmucchi, in quella dei ceceni-ingusci, nella repubblica autonoma kabardino-balkara, nella regione autonoma dei karaciai. Si trattava però di popolazioni ancora molto arretrate culturalmente ed esasperate dalla politica centralizzatrice condotta da Stalin in un passato recente. Lo stesso fenomeno si registrò in Ucraina, ma in dimensioni molto minori. Anche alcuni preti ortodossi, alcuni uniati (cristiani di rito greco fedeli al Vaticano) furono tentati dal demone della collaborazione a causa delle persecuzioni religiose dell'ante-guerra. Infine, vi fu il tradimento di Vlasov. Vlasov, generale dell'esercito rosso e vicecomandante del fronte del Volchov, reclutò con l'aiuto nazista un esercito di uomini provenienti per lo più dai campi hitleriani e che avevano colto al volo l'occasione di essere liberati. Alcuni di loro dovevano poi ribellarsi ai nazisti ed aiutare la resistenza euro pea. In Arcipelago Gulag Solzenicyn scrive a proposito del tradimento di Vlasov: «E' stato un fenomeno senza precedenti nella storia universale quello per cui varie centinaia di migliaia di giovani dai venti ai trent'anni hanno preso le armi contro la loro patria alleandosi ai loro peggiori nemici». In realtà, avvenne precisamente il contrario. Se si confronta la situazione dell'URSS con quanto è avvenuto nell'Europa occupata da Hitler è facile cogliere la differenza. Nessun ufficiale superiore dell'esercito rosso, eccettuato Vlasov, nessun dirigente nazionale del partito tradì l'Unione Sovietica. Il tradimento fu un'eccezione anche tra i dirigenti a livello regionale. Purtroppo, lo stesso non si può dire per la Francia, in cui tanti deputati, ex ministri, generali, ammiragli, ecc. fecero a gara per collaborare con i nazisti.
Quali furono i motivi del comportamento dei popoli sovietici? Come spiegare tanta accanita resistenza, l'eroismo di decine di milioni di persone del quale i combattenti di Stalingrado e di Leningrado rappresentano l'immagine più luminosa e di cui non si hanno precedenti su così vasta scala in tutta la storia mondiale? Per alcuni, ad esempio per Hélène Carrère d'Encausse, la causa principale della resistenza del popolo sovietico fu la molla nazionale, vale a dire il sentimento nazionale russo. E' vero che Stalin fece appello a questo sentimento ben prima del 1941, arrivando tra l'altro a riabilitare - il che è discutibile - alcuni fatti ed uomini del passato della vecchia Russia. Dopo il 1941 le autorità sovietiche si spinsero anche più avanti su questa strada, soprattutto nel momento della grave crisi dell'estate del 1942, allorché le truppe tedesche entrarono nel Caucaso e si avvicinarono a Stalingrado. Nell'esercito rosso tornarono in uso le spalline e i privilegi degli ufficiali cosi come esistevano nell'epoca zarista. Furono create scuole per allievi ufficiali, denominate «scuole Suvorov» dal nome di un generale zarista che aveva combattuto contro la rivoluzione francese. Furono onorati i nomi degli eroi dei tempi antichi, di Aleksandr Nevskij, di Ivan IV il Terribile e di molti altri «grandi antenati», come li definì Stalin nel suo discorso del 7 novembre. Lo stesso Stalin doveva addirittura dichiarare, alla fine della· guerra contro il Giappone, che la vittoria «cancellava l'onta» della sconfitta della Russia nel 1904 (una guerra imperialista condotta dallo zar contro il Giappone!). Un nuovo inno sovietico sostituì nel 1943 l'Internazionale, celebrando l'unione dei popoli sovietici «sigillata dalla grande Russia». Stalin esaltò anche, a più riprese, «la unione dei popoli slavi» contro i tedeschi. Sui giornali fu adottato in molti articoli un tono nazionalista che, se poteva essere in certo senso giustificato dalle circostanze, era chiaramente contestabile perché la resistenza sovietica non poteva sicuramente essere attribuita al solo sentimento nazionalista. Il nazionalismo non era certo inferiore in Francia. Lo si è visto dopo il conflitto mondiale, in occasione delle guerre coloniali. Ebbene, esso non impedì il crollo del giugno 1940, il regime di Vichy, la collaborazione massiccia delle classi al potere, la perplessità di tanta parte dell'opinione pubblica. In realtà, la lotta condotta dai sovietici si situò su un duplice piano: quello di una battaglia nazionale contro l'aggressore tedesco e quello di una lotta rivoluzionaria in difesa del socialismo. Del resto, non vi fu un solo discorso di Stalin che non ricordasse le origini del regime, la rivoluzione sovietica, la guerra civile, il ruolo di Lenin, quello del partito bolscevico, ecc. Ed è proprio questa la ragione della difficoltà che si incontra nell'analizzare il fenomeno staliniano.

Jean Elleinstein, Storia del fenomeno staliniano, Editori riuniti, 1975, p. 155 – 158

Stalin fece qualche cosa di più. Per ingraziarsi il clero ortodosso che in molte regioni occupate si era avvicinato al nazismo, nel 1943 aumentò la discrezionalità dei preti ortodossi. Fece chiudere i circoli atei e venne proibita la propaganda atea. Il problema consisteva nel fatto che Stalin non conosceva l'origine, la sedimentazione e gli intenti dell'ideologia nazista. Favorendo i preti ortodossi intendeva sottrarli all'uso che ne facevano i nazisti nei territori occupati, ma così facendo introduceva nell'URSS l'idea nazista attraverso il cristianesimo ortodosso che veniva miscelata alla necessità del momento di evocare anche uno spirito nazionalista.

Gli storici per criticare l'operato di Stalin concentrano l'attenzione sulle "purghe" dei membri del partito fra il 1936 e il 1939, ma quelle purghe erano circoscritte al partito comunista e non interferivano con la popolazione. Una popolazione che vedeva in Stalin colui che stava combattendo l'invasore nazista.

Probabilmente, anche se Stalin associava il nazismo alla borghesia, nemmeno Stalin sapeva che cosa stava combattendo.

Scrive Elleinstein in Storia dell'URSS volume secondo:

Dal 20 agosto erano stati costituiti due commissariati del Reich per l'Ucraina e 1'«Ostlan » (le regioni baltiche). Alcuni territori erano stati annessi a degli Stati alleati al Reich. In realtà i nazisti non riuscirono da nessuna parte a costituire dei «governi collaborazionisti»: al massimo riuscirono a ottenere con la forza qualche collaborazione sul piano locale. Nessun dirigente a livello di nazionalità o di regione tradì l'Unione Sovietica e il solo generale a mettersi al servizio dei tedeschi fu Vlasov.
Il caso dell'Ucraina può essere considerato esemplare. I nazisti riuscirono, a trovare aiuto solo da ucraini emigrati dopo il 1918 sotto la direzione di Bandera e da alcuni elementi reclutati sul posto.
La creazione di un Reichskommissariat sotto il controllo diretto del ministero di Rosenberg indicava la volontà dei tedeschi di dirigere essi stessi l'Ucraina. Ne divenne titolare Erich Koch. Amico di Bormann, costui definì cosi la sua politica:
1) Il popolo tedesco è l'Herrenvolk (popolo di padroni).
2) I popoli dell'est, ucraini ed altri, sono destinati a servire loro padroni naturali.
3) E' diritto e dovere della Germania mettere sotto tutela l'est.
4) Il controllo integrale dei territori conquistati ad est esige la distruzione dell'intelligentsija indigena e di tutti gli elementi (russi. ucraini, ebrei, ecc.) che possono costituire un pericolo potenziale per l'egemonia tedesca.
Koch si insediò a Rovno anziché a Kiev, restando contemporaneamente Gauleiter della Prussia orientale. Fu intrapreso su grande scala lo sterminio dei comunisti e degli ebrei. E' difficile fornire cifre precise, per mancanza di studi adeguati, ma le vittime si calcolano a milioni. Il decreto cosiddetto «dei commissari» fu applicato con il massimo rigore.

Jean Elleinstein, Storia dell'URSS, Editori Riuniti, Vol. 2, 1976, p. 113

L'ideologia nazista contro cui l'URSS stava combattendo era molto chiara e le società slave dovevano sottomettersi alla razza eletta. Il mondo doveva sottomettersi alla razza eletta.

I nazisti non erano portatori di nessun ideale, erano solo i padroni che pretendevano di essere riconosciuti in quanto "razza padrona".

Il 24 giugno 1945 termina la seconda guerra mondiale che viene celebrata a Mosca con una grande parata e con un'euforia per la vittoria che durerà molto tempo.

L'URSS aveva vinto la guerra, ma era praticamente distrutta. Subito dopo la fine della guerra gli USA, che non erano stati toccati dall'invasione, tagliarono ogni relazione economica finanziaria all'URSS e l'URSS si trovò ancora una volta isolata, col paese distrutto e diffamata in occidente.

I raccolti erano andati male sia nel 1945 che nel 1946 e in occidente personaggi (Russell ad esempio) stavano pensando di usare la bomba atomica USA per attaccare l'Unione Sovietica. Il razionamento alimentare fu necessario ancora per alcuni anni mentre i prezzi alimentari salivano.

Distrutta dalla guerra, con una popolazione affamata, con la necessità di controllare chi rientrava dalla Germania e combattere le spinte nazionalistiche che l'invasione tedesca aveva riattivato in funzione anticomunista, si iniziò a ricostruire l'URSS. La direzione staliniana fu molto dura, ma fu la direzione che portò alla ricostruzione dell'URSS sotto la minaccia dell'invasione USA e della sua bomba atomica.

Il Presidente degli USA Truman per intimidire l'URSS decise di fare un esperimento pubblico della bomba atomica sull'atollo di Bikini il 25 luglio del 1946.

La nuova aggressione all'URSS, con lo scatenamento della guerra fredda, fu fatta da Winston Churchill in un discorso tenuto a Fulton negli USA nel marzo del 1946. Accusò l'organizzazione internazionale dei comunisti, accusò l'URSS di tendenze espansionistiche e di proselitismo. Chiese agli USA, che avevano la bomba atomica, di partecipare alla crociata contro l'URSS.

In questa situazione vengono presi provvedimenti come il controllo dei prigionieri russi provenienti dalla Germania: ci si stupiva che avessero potuto tornare vivi. La grave situazione economica costrinse a militarizzare la ricostruzione e tutto mentre scoppiava la guerra di Corea, mentre l'Indonesia usciva dall'imperialismo olandese, l'India cercava l'indipendenza dall'Inghilterra, la Francia era impegnata nel genocidio del Vietnam e in Cina Mao Tse Tung riusciva a fermare il colonialismo di USA, Inghilterra e Francia.

Il 29 agosto 1949 nel Kazakistan i sovietici fanno esplodere la loro prima bomba atomica e fu la risposta sovietica alla bomba atomica USA.

La ricostruzione dell'URSS non fu priva di grandi sacrifici. Stalin doveva fare in fretta perché le tensioni internazionali stavano travolgendo l'URSS.

L'URSS nella seconda guerra mondiale ha avuto 25.000.000 di morti di cui 8.000.000 di militari. La Francia ebbe 560.000 morti, l'Inghilterra 370.000 e gli USA 420.000.

Tanto grave è stata la devastazione, tanto difficile e tortuosa era la ricostruzione. L'URSS si avviava a ricostruire le strutture sociali portandosi dietro tutte le contraddizioni sociali rimaste in sospeso dal 1939.

Alcuni comunisti occidentali pensavano che prima o poi sarebbe arrivato Stalin a sottrarli dalle sofferenze. Questa speranza era diffusa ad arte dai servizi occidentali e dalla propaganda Vaticana (come i cavalli cosacchi che si abbeverano alla fontana di Trevi) quando si volle occultare all'occidente il fatto che la seconda guerra mondiale fu vinta dall'Unione Sovietica di Stalin al prezzo di un sacrificio talmente grande che l'URSS non sarebbe mai più stata quella di prima.

Il 4 ottobre 1957 dal cosmodromo di Baikonur verrà messo in orbita il primo satellite artificiale dall'URSS.

Il 4 marzo 1953 venne data la notizia della morte di Stalin.

Dopo Stalin, Nikita Sergeevic Chruscev per legittimare il suo potere sull'URSS (non per l'URSS) diffuse il famoso "rapporto segreto", un documento che si preoccupava di diffamare Stalin. La Cina definì il rapporto "una pratica revisionista" e molti storici hanno contestato talmente tanti aspetti del rapporto che si può tranquillamente definire un puro esercizio diffamatorio fatto da Chruscev per legittimarsi nei confronti dell'occidente.

Lenin impersonò l'idea del futuro a cui la Russia tendeva, Stalin impersonò lo spirito dell'URSS e quando quello spirito venne meno, venne meno anche l'URSS.

Appare buffo, al filosofo che analizza la storia, questo discorso di Stalin all'interno del "Marxismo e la linguistica" del 1950:

"Dalla lettera del compagno Belkin risulta chiaramente che egli pone nel medesimo piano la "linguistica delle parole" (lingua sonora) e la "lingua dei gesti" (secondo N. Ja. Marr lingua "manuale"). Egli pensa, a quanto pare, che la lingua dei gesti e quella delle parole abbiano pari diritti, che ci fu un tempo in cui la società umana non possedeva la lingua delle parole e che la lingua "manuale" faceva in quel tempo le veci della lingua delle parole, comparsa in un periodo successivo.
Ma se il compagno Belkin afferma effettivamente così, egli può commettere un grave errore. La lingua sonora o la lingua delle parole fu sempre l'unica lingua della società umana atta ad essere usata come mezzo di comunicazione pienamente efficiente tra gli uomini. La storia non conosce neppure una sola società umana, per quanto arretrata possa essere stata, che non abbia posseduto la sua lingua sonora. L'etnografia non conosce neppure un piccolo popolo arretrato, dello stesso livello, o ancora più primitivo, diciamo, degli australiani o dei fueghini dello scorso secolo, che non abbia posseduto una lingua sonora. Nella storia dell'umanità, la lingua sonora è stata una di quelle forze che hanno aiutato gli uomini a distinguersi dal mondo animale, ad unirsi in società, a sviluppare il loro pensiero, ad organizzare la produzione sociale, a condurre con successo la lotta contro le forze della natura e a raggiungere quel grado di progresso che noi abbiamo nell'età attuale."

Stalin, Il marxismo e la linguistica, Feltrinelli, 1968, p. 88 – 89

Uno dei filosofi in cui l'azione è, in realtà, il racconto filosofico di un'interpretazione della realtà.

 

Marghera, 25 aprile 2019

 

 

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