Paolo di Tarso

Prima parte

Lettera ai Romani

Le biografie dei giocatori - cinquantacinquesima biografia

Capitolo 138-1

La partita di calcio mondiale fra i filosofi

Claudio Simeoni

 

Le biografie dei filosofi che partecipano alla partita di calcio

 

La biografia di Paolo di Tarso
Prima parte - Lettera ai romani

 

L'introduzione alla Lettera ai Romani presenta Paolo di Tarso. Ci dice che cosa vuole Paolo di Tarso e perché Paolo di Tarso mette in atto la sua attività. Ci dice che cosa Paolo di Tarso pensa di sé stesso e del mondo in cui vive.

La Biografia di Paolo di Tarso è una biografia di intendimenti, di ideologia, in cui la tecnica espositiva riprende il meccanismo Platonico dove Platone non si assume in prima persona la responsabilità di quanto dice, ma la attribuisce a Socrate. Paolo di Tarso attribuisce la sua ideologia a Dio e a Gesù. Dio e Gesù sono gli artefici della sua ideologia e, in quanto artefici sono i beneficiari del comportamento che pretendono dagli uomini.

La prima struttura ideologica che prendo in esame è la Lettera ai Romani di Paolo di Tarso. La Lettera ai romani è l'oggetto di questo capitolo di riflessioni sull'ideologia di Paolo di Tarso.

Scrive Paolo di Tarso nell'introduzione alla lettera ai Romani:

Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il vangelo di Dio, [2]che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture, [3]riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, [4]costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti, Gesù Cristo, nostro Signore. [5]Per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia dell'apostolato per ottenere l'obbedienza alla fede da parte di tutte le genti, a gloria del suo nome; [6]e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo. [7]A quanti sono in Roma diletti da Dio e santi per vocazione, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.

Paolo di Tarso, Lettera ai Romani 1, 1 – 7

Io, dice Paolo di Tarso, sono solo un servo. Apparentemente sembra un atto umile, ma qual è la qualità di quel servo?

Intanto sono un prescelto da colui che ha creato il mondo (scusate se è poco) per annunciare gli ordini e la volontà di chi ha creato il mondo (annunziare il vangelo di Dio) che era stato preannunciato da molti profeti nelle "sacre scritture" riguardo a "suo figlio" (il figlio del creatore del mondo, il figlio di chi ha macellato l'umanità col diluvio universale). Suo figlio, il figlio del creatore del mondo, non è nato da un contadino o da un pastore, ma "dalla stirpe di David" (e qui la discriminazione di razza e di discendenza rispetto ad altri uomini) secondo "la carne". Inoltre, questo personaggio, il figlio del Dio creatore del mondo, si è costituito figlio di quel Dio "con potenza secondo lo spirito" mediante la "resurrezione dai morti" (come se Dioniso, Adone, ecc. non lo avessero fatto ben prima) diventando, per Paolo di Tarso, "Gesù cristo nostro signore". Quel nostro non sta ad indicare che è riconosciuto da Paolo di Tarso come "Gesù Cristo il suo signore", ma sta a significare che è oggettivamente di tutti, di colui che parla e di tutti coloro che ascoltano, "il loro signore".

Cosa ha ricevuto da Gesù Cristo Paolo di Tarso?

Ha ottenuto il diritto di essere il padrone. Ha ricevuto "l'apostolato per ottenere l'obbedienza alla fede da parte di tutte le genti a gloria del suo nome". In sostanza, Paolo di Tarso, per mandato del "creatore dell'universo" si riserva il diritto di stuprare le genti per sottometterle alla gloria di "Dio" e, dice "tra queste ci siete anche voi chiamati a [sottomettervi] a Gesù Cristo".

L'apparente umiltà di Paolo di Tarso che chiama sé stesso "servo" è solo un trucco letterario per deviare l'attenzione del lettore sul fatto che lui si pone come il padrone degli uomini. Questa strategia di comunicazione sarà fatta propria dalla chiesa cattolica. Quando il papa cattolico scriverà un'enciclica, almeno per tutto il medioevo, inizierà con la dicitura "servo dei servi" che st ad indicare "il servo padrone di tutti voi che siete servi".

Nella Prima Lettera ai Corinti, Paolo di Tarso afferma:

"Se qualcuno non ama il Signore sia anàtema."

Paolo di Tarso, Prima Lettera ai Corinti 16, 22.

Anatema, in questo contesto, significa "Offerto a Dio per lo sterminio". Che ha come conseguenza l'attribuzione a sé stessi del diritto di sterminare chiunque non ama il "Dio padrone" di Paolo di Tarso.

Dopo aver esaltato sé stesso come padrone delle persone per volontà di Dio, Paolo di Tarso deve diffamare gli uomini, indicarli al disprezzo, per renderli oggetto di aggressione e poterli sottomettere. Se tutti gli uomini fossero pensati come inviati da Dio come Paolo di Tarso, Paolo di Tarso dovrebbe discutere con tutti gli uomini e verificare le sua affermazioni. Ma se tutti gli uomini sono oggetto di disprezzo, Paolo di Tarso non è più obbligato a discutere, ma può affermare e aggredire tutti coloro che non accettano le sua affermazioni.

Tu sei malvagio, dice Paolo di Tarso, e in quanto malvagio Dio ti maledice e, quando io ho i mezzi, ti uccido perché questa è la volontà di Dio. Paolo di Tarso non fa altro che riprendere la giustificazione retorica con cui il Dio della bibbia giustifica il genocidio degli abitanti di Sodoma e Gomorra: tutti sono malvagi, meno voi che vi mettete in ginocchio davanti a me.

Dice Paolo di Tarso nella Lettera ai Romani:

[18]In realtà l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia, [19]poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. [20]Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; [21]essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa. [22]Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti [23]e hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.
[24]Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, [25]poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen.
[26]Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. [27]Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s'addiceva al loro traviamento. [28]E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d'una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, [29]colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d'invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori, [30]maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, [31]insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. [32]E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa.

Paolo di Tarso, Lettera ai Romani 1, 18 – 32

"Gli autori di tali cose meritano la morte!". Ammazzare chi non si mette in ginocchio è l'idea fissa di Paolo di Tarso come lo è quella di Dio nella bibbia di ebrei e cristiani. Le affermazioni ingiuriose di Paolo di Tarso non meriterebbero nemmeno di essere prese in considerazione dal momento che non hanno lo scopo di "discutere", ma hanno il solo scopo di denigrare, calunniare, giustificando una volontà di persecuzione e una volontà di omicidio che non sta alla fine di un ragionamento o di un'analisi, ma che precede affermazioni calunniose e denigratorie nei confronti delle persone.

Ricordiamo che stiamo parlando di un Paolo di Tarso che farnetica della realtà di un "Dio creatore" di cui lui è l'apostolo per la sua volontà e che sta muovendo guerra a tutto il mondo per distruggere ogni altro pensiero religioso a maggior gloria del proprio Dio. Stiamo parlando della volontà di un assassino separato dalla società e indifferente alla realtà del mondo in cui vive. Questa volontà omicida ci viene manifestata da un soggetto che dice che cosa vuole il "Dio creatore dell'universo" che, guarda caso, è ciò che vuole lui.

Stiamo parlando di un individuo, Paolo di Tarso, che condanna gli uomini che hanno una relazione simbiotica con la Natura nella quale vivono per distruggere la relazione simbiotica fra l'uomo e il mondo e imporre una relazione di sottomissione fra l'uomo e la farneticazione irreale che Paolo di Tarso chiama "Dio".

Chi è che condanna gli uomini? Paolo di Tarso o Dio? Io posso tranquillamente affrontare "Dio" che è una manifestazione della malattia mentale delirante di Paolo di Tarso, ma non posso affrontare gli uomini armati di cui Paolo di Tarso, e i Paolo di Tarso dopo di lui, si servirà per imporre il suo "Dio" contro ogni altro credere diverso dal suo.

Scrive paolo di Tarso nella Lettera ai Romani:

[1]Sei dunque inescusabile, chiunque tu sia, o uomo che giudichi; perché mentre giudichi gli altri, condanni te stesso; infatti, tu che giudichi, fai le medesime cose. [2]Eppure noi sappiamo che il giudizio di Dio è secondo verità contro quelli che commettono tali cose. [3]Pensi forse, o uomo che giudichi quelli che commettono tali azioni e intanto le fai tu stesso, di sfuggire al giudizio di Dio? [4]O ti prendi gioco della ricchezza della sua bontà, della sua tolleranza e della sua pazienza, senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge alla conversione? [5]Tu, però, con la tua durezza e il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te per il giorno dell'ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, [6]il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere: [7]la vita eterna a coloro che perseverando nelle opere di bene cercano gloria, onore e incorruttibilità; [8]sdegno ed ira contro coloro che per ribellione resistono alla verità e obbediscono all'ingiustizia. [9]Tribolazione e angoscia per ogni uomo che opera il male, per il Giudeo prima e poi per il Greco; [10]gloria invece, onore e pace per chi opera il bene, per il Giudeo prima e poi per il Greco, [11]perché presso Dio non c'è parzialità.
[12]Tutti quelli che hanno peccato senza la legge, periranno anche senza la legge; quanti invece hanno peccato sotto la legge, saranno giudicati con la legge. [13]Perché non coloro che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che mettono in pratica la legge saranno giustificati. [14]Quando i pagani, che non hanno la legge, per natura agiscono secondo la legge, essi, pur non avendo legge, sono legge a se stessi; [15]essi dimostrano che quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono. [16]Così avverrà nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo, secondo il mio vangelo.
[17]Ora, se tu ti vanti di portare il nome di Giudeo e ti riposi sicuro sulla legge, e ti glori di Dio, [18]del quale conosci la volontà e, istruito come sei dalla legge, sai discernere ciò che è meglio, [19]e sei convinto di esser guida dei ciechi, luce di coloro che sono nelle tenebre, [20]educatore degli ignoranti, maestro dei semplici, perché possiedi nella legge l'espressione della sapienza e della verità... [21]ebbene, come mai tu, che insegni agli altri, non insegni a te stesso? Tu che predichi di non rubare, rubi? [22]Tu che proibisci l'adulterio, sei adultero? Tu che detesti gli idoli, ne derubi i templi? [23]Tu che ti glori della legge, offendi Dio trasgredendo la legge? [24]Infatti il nome di Dio è bestemmiato per causa vostra tra i pagani, come sta scritto.

Paolo di Tarso, Lettera ai Romani 2, 1 – 24

Di quale legge parla Paolo di Tarso?

Paolo di Tarso parla dei "Dieci Comandamenti". Una legge che il suo Dio non rispetta.

Che legge è una legge che non viene rispettata da chi l'ha fatta?

Non è una legge, è un ordine.

Quando Paolo di Tarso dice, "Sei dunque inescusabile, chiunque tu sia, o uomo che giudichi; perché mentre giudichi gli altri, condanni te stesso;", lo dice forse a sé stesso? Perché giudica gli altri uomini? Perché pretende di condannare gli altri uomini? Che forse gli altri uomini hanno giudicato Paolo di Tarso e gli hanno detto come Paolo di Tarso si deve comportare?

Che forse Paolo di Tarso si prende gioco "della ricchezza della sua bontà, della sua tolleranza e della sua pazienza, senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge…." Di me per impormi sottomissione e costringermi a comportamenti innaturali, inumani per diventare un servo di Dio?

Tutte le accuse che Paolo di Tarso rivolge agli uomini vanno rivolte a Paolo di Tarso a meno che non si decida aprioristicamente di mettersi in ginocchio davanti a Paolo di Tarso come Paolo di Tarso esplicitamente chiede con le sue accuse gratuite ad uomini che vuole costringere a pensare sé stessi come a dei peccatori penitenti davanti a lui.

Il principio ideologico espresso da Paolo di Tarso è quello della necessità di costringere gli uomini a pensare a sé stessi come a degli incapaci, a dei "peccatori" a delle nullità che abbisognano del pastore Paolo di Tarso che li conduca al macello della vita. L'intento ideologico è quello di impedire agli uomini di pensare che Dio deve obbedire alle leggi, che paolo di Tarso deve obbedire alle leggi e che è contro la legge diffamare gli uomini al fine di trarre un profitto dalla diffamazione.

Nella loro vita gli uomini hanno dei problemi, ma non per questo un Paolo di Tarso o la chiesa cattolica si devono permettere di criminalizzare gli uomini facendo leva sui problemi esistenziali che gli uomini affrontano.

E poi c'è l'aspetto della legge. Una legge va rispettata solo se una legge è una legge. In quanto legge si applica a tutti altrimenti non è una legge è un ordine, un ordine che entra in conflitto con i bisogni di chi quell'ordine lo riceve deve essere disatteso perché crea danno a chi a quell'ordine deve obbedire. Infatti, nel nostro sistema giuridico, un ordine gerarchico che viola la legge è un reato e come tale deve essere disatteso da chi quell'ordine dovrebbe applicare.

Scrive Paolo di Tarso:

[4]Impossibile! Resti invece fermo che Dio è verace e ogni uomo mentitore, come sta scritto: Perché tu sia riconosciuto giusto nelle tue parole e trionfi quando sei giudicato. [5]Se però la nostra ingiustizia mette in risalto la giustizia di Dio, che diremo? Forse è ingiusto Dio quando riversa su di noi la sua ira? Parlo alla maniera umana.
[6]Impossibile! Altrimenti, come potrà Dio giudicare il mondo?
[7]Ma se per la mia menzogna la verità di Dio risplende per sua gloria, perché dunque sono ancora giudicato come peccatore? [8]Perché non dovremmo fare il male affinché venga il bene, come alcuni - la cui condanna è ben giusta - ci calunniano, dicendo che noi lo affermiamo?
[9]Che dunque? Dobbiamo noi ritenerci superiori? Niente affatto! Abbiamo infatti dimostrato precedentemente che Giudei e Greci, tutti, sono sotto il dominio del peccato, [10]come sta scritto…

Paolo di Tarso, Lettera ai Romani 3, 4 – 9

A fondamento del cristianesimo c'è la menzogna. La menzogna e l'illazione è espressione delle idee filosofiche, sociali e religiose di Paolo di Tarso. Nei cristiani, nella chiesa cattolica, nella filosofia cristiana, tutto è menzogna, tutto è inganno, tutto deve essere funzionale per ricattare gli uomini per garantire il trionfo di Dio, che "è verace", su tutti loro. Dio necessita della menzogna affinché la sua gloria possa risplendere.

Gli uomini si devono sottomettere a Paolo di Tarso che per ottenere la sottomissione deve usare la menzogna, deve fare del male affinché la gloria di Dio possa risplendere e lui avere gli uomini prostrati ai suoi piedi. Fare il male agli uomini non è "contro la legge" perché il male non lo fa a Dio, ma lo fa agli uomini resi deboli e indifesi per conto di Dio.

E' lo stesso discorso che fece Hitler quando sterminò gli ebrei per la gloria di Dio che, secondo la logica di Paolo di Tarso, può dire: "Ma se per la mia menzogna la verità di Dio risplende per sua gloria, perché dunque sono ancora giudicato come peccatore?".

Scrive Paolo di Tarso:

Non c'è nessun giusto, nemmeno uno, [11]non c'è sapiente, non c'è chi cerchi Dio! [12]Tutti hanno traviato e si son pervertiti; non c'è chi compia il bene, non ce n'è neppure uno.
[13]La loro gola è un sepolcro spalancato, tramano inganni con la loro lingua, veleno di serpenti è sotto le loro labbra, [14]la loro bocca è piena di maledizione e di amarezza. [15]I loro piedi corrono a versare il sangue; [16]strage e rovina è sul loro cammino [17]e la via della pace non conoscono. [18]Non c'è timore di Dio davanti ai loro occhi.

Paolo di Tarso, Lettera ai Romani 3, 11 – 18

Il delirio paranoico fa vedere a Paolo di Tarso un mondo in cui solo lui emerge come apostolo di Dio perché tutti gli uomini sono "pervertiti". Eppure, Paolo di Tarso aveva appena detto che "Sei dunque inescusabile, chiunque tu sia, o uomo che giudichi;". Non solo Paolo di Tarso giudica ciò che non comprende, ma condanna senza comprendere al solo fine di assolvere sé stesso dal proprio fallimento esistenziale. E' un principio ideologico fatto proprio dalla chiesa cattolica che assolve sé stessa dall'aver provocato ogni disastro sociale perché lo ha fatto per la gloria di Dio.

Nell'idea di paolo di Tarso gli uomini sono solo il bestiame di Dio e, dunque, in quanto bestiame privi di diritti civili davanti all'onnipotenza di Paolo di Tarso e di Dio.

Paolo di Tarso ragiona come i malati mentali che si rifugiano in sé stessi perché impossibilitati a fronteggiare un mondo ostile, un mondo fatto di "malvagi" che temono e dal quale la loro psiche fugge.

Solo io, dice Paolo di Tarso, mi metto in ginocchio davanti a Dio, tutti gli altri sono malvagi, non temono Dio, non si mettono in ginocchio davanti a Dio (non cercano la pace) preferiscono fare guerra a Dio. Preferiscono essere uomini consapevoli che vivono in una società consapevole del diritto degli uomini piuttosto che sottomettersi come schiavi a Dio.

La conclusione è logica, il malato mentale vive in un mondo in cui tutti gli sono nemici perché non vivono la sua stessa malattia. La separazione di sé dal mondo non è imposta dalla malattia mentale, è imposta dalla necessità di difendere gli effetti della malattia mentale dalle azioni del mondo che mette in discussione il diritto della malattia mentale di imporsi e di dominare la società civile. Il nemico del malato mentale è colui che mette in discussione la malattia mentale. Per questo il malato mentale fugge dal mondo. Ma quando una parte del mondo usa gli effetti della malattia mentale per affermare sé stesso, affermando che quella che lui sta vivendo non è malattia mentale, ma "ispirazione divina" e che coloro che mettono in discussione quella "Ispirazione divina" sono i "malvagi", i "nemici di Dio", a mano a mano che cresce la forza sociale di aggregazione di accondiscendenti a quella malattia mentale, cresce anche la violenza con cui la malattia mentale riafferma sé stessa contro ogni pretesa di discutere o di contestare i dati di realtà manifestati dalla malattia mentale. Gli effetti della malattia mentale diventano aggregatori di forze militari che, facendo strage di "infedeli", affermano il diritto della malattia mentale di essere riconosciuta come "realtà" ispirata dalla "fede" contro i malvagi che non si sottomettono a Dio.

Scrive paolo di Tarso:

[19]Ora, noi sappiamo che tutto ciò che dice la legge lo dice per quelli che sono sotto la legge, perché sia chiusa ogni bocca e tutto il mondo sia riconosciuto colpevole di fronte a Dio. [20]Infatti in virtù delle opere della legge nessun uomo sarà giustificato davanti a lui, perché per mezzo della legge si ha solo la conoscenza del peccato.
[21]Ora invece, indipendentemente dalla legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla legge e dai profeti; [22]giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. E non c'è distinzione: [23]tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, [24]ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù. [25]Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia, dopo la tolleranza usata verso i peccati passati, [26]nel tempo della divina pazienza. Egli manifesta la sua giustizia nel tempo presente, per essere giusto e giustificare chi ha fede in Gesù.
[27]Dove sta dunque il vanto? Esso è stato escluso! Da quale legge? Da quella delle opere? No, ma dalla legge della fede. [28]Noi riteniamo infatti che l'uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della legge. [29]Forse Dio è Dio soltanto dei Giudei? Non lo è anche dei pagani? Certo, anche dei pagani! [30]Poiché non c'è che un solo Dio, il quale giustificherà per la fede i circoncisi, e per mezzo della fede anche i non circoncisi. [31]Togliamo dunque ogni valore alla legge mediante la fede? Nient'affatto, anzi confermiamo la legge.

Paolo di Tarso, Lettera ai Romani 3, 19 – 31

La confusione che fa Paolo di Tarso fra il termine "legge" e il termine "ordine" è voluto e calcolato in funzione dell'affermazione del proprio dominio sugli uomini. Quando Paolo di Tarso dice: "Ora, noi sappiamo che tutto ciò che dice la legge lo dice per quelli che sono sotto la legge, perché sia chiusa ogni bocca e tutto il mondo sia riconosciuto colpevole di fronte a Dio". Lo afferma per ingiuriare gli uomini privandoli della loro capacità di critica e della loro possibilità di scelta nella vita quotidiana. Ciò che Paolo di Tarso ruba all'uomo si chiama "vita". Paolo di Tarso ruba la vita all'uomo perché l'uomo deve vivere secondo gli ordini di Paolo di Tarso che lui chiama "legge". Non è ammesso in filosofia, in teologia e in religione confondere il termine "legge" che è oggetto rispetto ai soggetti di una relazione col termine "ordine" che è l'imperativo imposto da uno dei soggetti della relazione ad uno o altri soggetti.

Infatti, l'"ordine" chiude la bocca all'altro. L' "ordine" viene dato da chi ha un "potere militare" sull'altro a cui può "chiudere la bocca", cioè gli è vietato esprimere le proprie ragioni contro "l'ordine".

Quanto esprime Paolo di Tarso è la violenza assoluta di una dittatura che non solo non ammette opposizione, ma che richiede una sottomissione con "tutto il cuore e con tutta l'anima" al "preteso" volere del Dio, il padrone, come espresso da Paolo di Tarso che si eleva a "Dio padrone" a maggior gloria di sé stesso. Questa posizione di Paolo di Tarso è ben presente nei vangeli cristiani all'interno della relazione fra Gesù e Giuda dove il "boia sociale" è Gesù che pretende da Giuda una sottomissione alla sua persona a prescindere dalle sue azioni non ammettendo nessuna critica al suo diritto assoluto di disporre a piacimento delle condizioni del mondo contro le necessità degli uomini.

Il termine "fede" usato da Paolo di Tarso è fortemente impregnato del significato di sottomissione a concetti assoluti e assurdi come dimissione della capacità critica dell'uomo davanti all'assolutismo di Dio. Il concetto di fede in Paolo di Tarso ha il significato di: "Sì, padrone, faccio tutto ciò che tu vuoi così non mi ammazzi e costringo mio figlio a fare ciò che tu vuoi perché per noi non c'è scampo!". Il "non aver scampo" è la "giustizia di Dio" che non lascia "scampo" a prescindere in quanto la condanna è l'atto del piacere che esercita mediante il suo dominio sull'uomo.

In questo contesto prende corpo la qualità della "salvezza" di Gesù proclamata dai cristiani e da Paolo di Tarso quando afferma: "E non c'è distinzione: tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù". Il che significa, in sostanza, che Paolo di Tarso e il suo Dio si divertono a torturare le persone perché tutti sono torturabili per il piacere di Dio e di Paolo di Tarso e se qualcuno non viene torturato è solo perché Dio gratuitamente dispensa la sua grazia in virtù di Gesù. Ma perché il Dio di Paolo di Tarso, che si diverte a torturare le persone in quanto peccatori, sia indotto a dispensare la sua "grazia" è necessario che il beneficiante abbia divertito Dio fornendogli un piacere ben maggiore a quello che Dio prova torturando le persone. Ne segue che per beneficiare della "grazia di Dio", in funzione della "redenzione realizzata da Gesù Cristo" l'individuo deve torturare e ammazzare le persone con una violenza ben maggiore di quanto riesce a fare Dio (o immagina che farebbe Dio) nei loro confronti.

Tutte le stragi, i genocidi, le torture, le sofferenze imposte dai cristiani ai popoli in duemila anni di storia avevano il solo scopo di garantire agli aguzzini il raggiungimento della possibile grazia di Dio.

Paolo di Tarso manifesta tutta la violenza e il terrore che è possibile esprimere in un contesto culturale, filosofico e teologico quando afferma "Egli manifesta la sua giustizia nel tempo presente, per essere giusto e giustificare chi ha fede in Gesù". Il padrone, che si diletta a torturare le persone è "giusto" nel dilettarsi a non torturare chi già tortura sé stesso in funzione della "fede" (distruzione di sé stessi) in Gesù. Quanto afferma Paolo di Tarso corrisponde in filosofia all'azione dei boia che azionavano le torture e le camere a gas nei campi di sterminio hitleriani. L'uomo, secondo Paolo di Tarso, è giustificato dalla fede in Hitler, non dalle sue opere. E' la fede in Hitler (Dio, Gesù) che salva l'uomo.

Paolo di Tarso giustifica il diritto di macellare gli uomini perché lui, apostolo del "Dio", non è solo il padrone delle persone ridotte a gregge e unite dalla fede in Gesù, ma è il padrone dei Pagani che devono mettersi in ginocchio davanti al suo Dio e a Paolo di Tarso stesso.

Scrive Paolo di Tarso:

[1]Che diremo dunque di Abramo, nostro antenato secondo la carne? [2]Se infatti Abramo è stato giustificato per le opere, certo ha di che gloriarsi, ma non davanti a Dio. [3]Ora, che cosa dice la Scrittura? Abramo ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia. [4]A chi lavora, il salario non viene calcolato come un dono, ma come debito; [5]a chi invece non lavora, ma crede in colui che giustifica l'empio, la sua fede gli viene accreditata come giustizia. [6]Così anche Davide proclama beato l'uomo a cui Dio accredita la giustizia indipendentemente dalle opere:
[7]Beati quelli le cui iniquità sono state perdonate e i peccati sono stati ricoperti; [8]beato l'uomo al quale il Signore non mette in conto il peccato!
[9]Orbene, questa beatitudine riguarda chi è circonciso o anche chi non è circonciso? Noi diciamo infatti che la fede fu accreditata ad Abramo come giustizia. [10]Come dunque gli fu accreditata? Quando era circonciso o quando non lo era? Non certo dopo la circoncisione, ma prima. [11]Infatti egli ricevette il segno della circoncisione quale sigillo della giustizia derivante dalla fede che aveva già ottenuta quando non era ancora circonciso; questo perché fosse padre di tutti i non circoncisi che credono e perché anche a loro venisse accreditata la giustizia [12]e fosse padre anche dei circoncisi, di quelli che non solo hanno la circoncisione, ma camminano anche sulle orme della fede del nostro padre Abramo prima della sua circoncisione.
[13]Non infatti in virtù della legge fu data ad Abramo o alla sua discendenza la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede; [14]poiché se diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa. [15]La legge infatti provoca l'ira; al contrario, dove non c'è legge, non c'è nemmeno trasgressione. [16]Eredi quindi si diventa per la fede, perché ciò sia per grazia e così la promessa sia sicura per tutta la discendenza, non soltanto per quella che deriva dalla legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi. [17]Infatti sta scritto: Ti ho costituito padre di molti popoli; (è nostro padre) davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all'esistenza le cose che ancora non esistono.

Paolo di Tarso, Lettera ai Romani 4, 1 – 17

Abbiamo già visto che per legge Paolo di Tarso intende i dieci comandamenti. Una legge la cui violazione, per Paolo di Tarso, coincide col peccato e con la "punizione divina". Paolo di Tarso deve risolvere un problema: se lui deve uccidere o ordinare di uccidere per la gloria di Dio (ricordiamo che ha votato all'anatema chi non crede nel suo Dio), lui sta violando la legge del suo Dio e, dunque, da quanto affermato da Paolo di Tarso, non ci sarebbe quella salvezza che lui desidera.

Ora, Abramo è un assassino, un criminale, un ladro e un puttaniere. E' immondizia morale del genere umano anche perché i suoi delitti non hanno un fine morale diverso da un immediato interesse. Come quello del ladro, dell'assassino, del criminale o del violentatore. Eppure, Abramo è il modello morale che Paolo di Tarso eleva ad esempio e dal quale si gloria di discendere. Cosa rende Abramo meritevole agli occhi di Paolo di Tarso? Dice Paolo di Tarso: "Abramo ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia". La giustizia del Dio dei cristiani fu quella di pagare il debito che Dio aveva nei confronti di Abramo. Infatti, aggiunge Paolo di Tarso: "A chi lavora, il salario non viene calcolato come un dono, ma come debito; a chi invece non lavora, ma crede in colui che giustifica l'empio, la sua fede gli viene accreditata come giustizia". In sostanza, Abramo ha fatto l'assassino, il ladro, il criminale e il puttaniere per conto di Dio. Abramo ha danneggiato, distrutto, rubato e ucciso per conto di Dio e Dio gli riconosce il suo lavoro e gli paga il salario. A chi invece non lavora, dice paolo di Tarso, che poi sono coloro che subiscono gli omicidi, le ruberie, le violenze e le ingiustizie, Dio li premia se sono sufficientemente passivi e hanno fede in Dio o in Gesù. Proprio per giustificare le atrocità di Abramo, che vengono pagate da Dio come un debito che lui ha contratto con Abramo, Paolo di Tarso spaccia la consolazione delle vittime che vengono perdonate se nell'essere vittime hanno fede e speranza nella divina provvidenza che in quel momento sta usando aguzzini contro di loro. Infatti, dice paolo di Tarso: "Beati quelli le cui iniquità sono state perdonate e i peccati sono stati ricoperti; beato l'uomo al quale il Signore non mette in conto il peccato!"

Paolo di Tarso sta costruendo il meccanismo ideologico che legittima e lascia impunito il genocidio, lo stupro, il ladrocinio e ogni sorta di violenza purché questa sia fatta per conto ed in nome di un padrone che è padrone per volontà e per conto di Dio. Per contro, la salvezza delle vittime risiede nell'accettazione passiva della violenza del padrone e nell'attesa della provvidenziale giustizia di Dio che perdona i peccati delle sue stesse vittime premiando i loro aguzzini.

Paolo di Tarso accredita lo stesso diritto di fare violenza ad ogni "padrone" quando dice: "Non infatti in virtù della legge fu data ad Abramo o alla sua discendenza la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede; poiché se diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa". E' la fede in Dio, padrone di tutti i padroni, che dà diritto al padrone di commettere omicidi, torture, violenze perché se il padrone fosse sottomesso alla legge sarebbe condannato per le violenze e "la sua fede sarebbe resa vana". Ma la violenza fatta con la fede, secondo Paolo di Tarso, crea un credito presso Dio e obbliga Dio a pagare quel credito.

In questo c'è una rielaborazione da arte di Paolo di Tarso del vangelo delle mine in Luca o dei talenti in Matteo. Ed è lo stesso vangelo di Luca che si conclude con l'ordine del re (Gesù) di sgozzare tutti coloro che non volevano mettersi in ginocchio davanti a lui.

Questo diritto alla violenza, Paolo di Tarso lo estende a sé stesso e a tutti coloro che come lui stesso "lavorano per il padrone" dal quale si aspettano di essere pagati.

Scrive paolo di Tarso:

[23]E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato come giustizia, [24]ma anche per noi, ai quali sarà egualmente accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, [25]il quale è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.

Paolo di Tarso, Lettera ai Romani 4, 23 – 25

Il diritto divino ad aggredire, Paolo di Tarso lo riserva a sé stesso. Come è stato accreditato ad Abramo va accreditato anche a lui e a tutti coloro che come lui distruggono la società civile in funzione della fede in Gesù che è stato messo a morte per i peccati di Paolo di Tarso e dei suoi ed è stato resuscitato per permettere a Paolo di Tarso e i suoi di fare violenze alla società civile.

Scrive Paolo di Tarso:

[1]Che diremo dunque? Continuiamo a restare nel peccato perché abbondi la grazia? [2]E' assurdo! Noi che gia siamo morti al peccato, come potremo ancora vivere nel peccato? [3]O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? [4]Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. [5]Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione. [6]Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. [7]Infatti chi è morto, è ormai libero dal peccato.
[8]Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, [9]sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui. [10]Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio. [11]Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.
[12]Non regni più dunque il peccato nel vostro corpo mortale, sì da sottomettervi ai suoi desideri; [13]non offrite le vostre membra come strumenti di ingiustizia al peccato, ma offrite voi stessi a Dio come vivi tornati dai morti e le vostre membra come strumenti di giustizia per Dio. [14]Il peccato infatti non dominerà più su di voi poiché non siete più sotto la legge, ma sotto la grazia.
[15]Che dunque? Dobbiamo commettere peccati perché non siamo più sotto la legge, ma sotto la grazia? E' assurdo! [16]Non sapete voi che, se vi mettete a servizio di qualcuno come schiavi per obbedirgli, siete schiavi di colui al quale servite: sia del peccato che porta alla morte, sia dell'obbedienza che conduce alla giustizia? [17]Rendiamo grazie a Dio, perché voi eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quell'insegnamento che vi è stato trasmesso [18]e così, liberati dal peccato, siete diventati servi della giustizia.
[19]Parlo con esempi umani, a causa della debolezza della vostra carne. Come avete messo le vostre membra a servizio dell'impurità e dell'iniquità a pro dell'iniquità, così ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia per la vostra santificazione.
[20]Quando infatti eravate sotto la schiavitù del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia. [21]Ma quale frutto raccoglievate allora da cose di cui ora vi vergognate? Infatti il loro destino è la morte. [22]Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, voi raccogliete il frutto che vi porta alla santificazione e come destino avete la vita eterna. [23]Perché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore.

Paolo di Tarso, Lettera ai Romani 6, 1 – 23

L'obbiettivo del battesimo è fare degli uomini degli schiavi di Dio e, per estensione, degli schiavi di Paolo di Tarso e delle varie chiese cristiane, la chiesa cattolica e ortodossa in particolare.

Per Paolo di Tarso il battesimo rappresenta l'uccisione dell'uomo vecchio e la nascita dell'uomo nuovo. Vengono lavati i peccati e si rinasce, come Gesù. Tutto è "perdonato", nessuna galera, nessuna pena da scontare.

Anche se hai ammazzato, una volta battezzato, non hai peccato, ma sei rinato con Cristo come un uomo nuovo. Nessun reato ti può più essere imputato perché tu non sei più quello di prima.

Con questo meccanismo Paolo di Tarso costruisce il suo esercito. Voi, dice, siete morti al peccato e ora vivete per cristo, per Gesù. Voi non dovete più ammazzare per fare peccato, ma dovete ammazzare per fare la gloria di Dio. Dice infatti Paolo di Tarso: " non offrite le vostre membra come strumenti di ingiustizia al peccato, ma offrite voi stessi a Dio come vivi tornati dai morti e le vostre membra come strumenti di giustizia per Dio".

Il termine "strumenti di giustizia per Dio" significa ammazzare gli uomini per la gloria di Dio.

In questa volontà di genocidio Paolo di Tarso è chiaro: " Rendiamo grazie a Dio, perché voi eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quell'insegnamento che vi è stato trasmesso e così, liberati dal peccato, siete diventati schiavi della giustizia".

Potete uccidere perché state uccidendo in nome della giustizia. Prima uccidevate in nome e per conto del peccato, ora uccidete in nome e per conto della giustizia. Non siete più sotto la legge, ma siete sotto la grazia. Gli altri, quelli che si difendono da voi e vogliono uccidervi per non essere uccisi, loro sono nel peccato, ma non noi che gli uccidiamo perché noi siamo sotto la "grazia".

L'uso del battesimo per imporre un marchio sulla psiche delle persone per far delle persone degli assassini in nome di Dio viene ribadito da Paolo di Tarso a cui non interessa se un'azione è delittuosa in quanto azione, ma un'azione è delittuosa a seconda di chi è la vittima dell'azione. Dice Paolo di Tarso: " Come avete messo le vostre membra a servizio dell'impurità e dell'iniquità a pro dell'iniquità, così ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia per la vostra santificazione". In sostanza dice: "Eravate degli assassini prima, continuate ad assassinare, ma assassinate per la gloria di Dio che vi concerà la santificazione.

Quando assassinavate per voi stessi, assassinavate in nome del peccato ora, invece, potete assassinare in nome di Dio e guadagnarvi la vita eterna. Dice infatti Paolo di Tarso: " Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, voi raccogliete il frutto che vi porta alla santificazione e come destino avete la vita eterna".

Paolo di Tarso invita alla convenienza. Dice: "Vi conviene ammazzare ed essere ricercati perché siete degli assassini?" No di certo. Certamente "Vi conviene ammazzare per la gloria di Dio così avrete l'impunità e la vita eterna".

Questo perché, conclude Paolo di Tarso: " Perché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore". Che significa che se ammazzate siete nel peccato e, pertanto, verrete incarcerati, ma se ammazzate in nome e per conto di Dio avrete come premio l'impunità e la vita eterna.

L'ideologia di Paolo di Tarso è chiara, o gli uomini si sottomettono a Dio, e a lui che parla in nome e per conto di Dio, o vanno macellati per la gloria di Dio e coloro che li macellano si conquistano la vita eterna. E' la stessa idea di quelli che abbiamo visto dell'Isis e di tutti i fanatici religiosi che negli ultimi duemila anni hanno insanguinato il mondo distruggendo popoli e nazioni.

Scrive Paolo di Tarso:

[1]O forse ignorate, fratelli - parlo a gente esperta di legge - che la legge ha potere sull'uomo solo per il tempo in cui egli vive? [2]La donna sposata, infatti, è legata dalla legge al marito finché egli vive; ma se il marito muore, è libera dalla legge che la lega al marito. [3]Essa sarà dunque chiamata adultera se, mentre vive il marito, passa a un altro uomo, ma se il marito muore, essa è libera dalla legge e non è più adultera se passa a un altro uomo. [4]Alla stessa maniera, fratelli miei, anche voi, mediante il corpo di Cristo, siete stati messi a morte quanto alla legge, per appartenere ad un altro, cioè a colui che fu risuscitato dai morti, affinchè noi portiamo frutti per Dio. [5]Quando infatti eravamo nella carne, le passioni peccaminose, stimolate dalla legge, si scatenavano nelle nostre membra al fine di portare frutti per la morte. [6]Ora però siamo stati liberati dalla legge, essendo morti a ciò che ci teneva prigionieri, per servire nel regime nuovo dello Spirito e non nel regime vecchio della lettera.

Paolo di Tarso, Lettera ai Romani 7, 1 – 6

La legge, secondo Paolo di Tarso, ha potere sull'uomo fintanto che l'uomo vive, ma nel momento in cui l'uomo muore, la legge non ha più potere su di lui.

Come esempio Paolo di Tarso usa la donna legata dal matrimonio al marito.

Non dice: "Se la donna muore non ha più obblighi nei confronti del marito!" come dalla logica con cui ha impostato il suo ragionamento. Dice, al contrario, che se l'uomo muore, la donna non ha obblighi rispetto al marito. Per quanto riguarda "la legge divina" sarebbe come se Paolo di Tarso dicesse che se Dio muore l'uomo non ha più obblighi di legge nei confronti di Dio.

Solo che gli intenti di Palo di Tarso non sono quelli di liberare l'uomo dagli obblighi che Dio impone all'uomo, ad ogni singolo uomo, bensì di rendere l'uomo schiavo di Dio e funzionale ai progetti di Dio definiti dagli interessi personali di Paolo di Tarso.

Pertanto, l'esempio della donna non ha senso a meno che Paolo di Tarso non inviti gli uomini ad uccidere Dio per essere liberati dagli obblighi che Dio impone all'uomo.

Il battesimo, secondo Paolo di Tarso, è la morte dell'uomo, sottomesso alla legge di Dio, e la rinascita dell'uomo come soggetto non più vincolato alla legge di Dio. E qual è lo scopo di sottrarre l'uomo alla legge di Dio? Quello di poter compiere le medesime azioni che prima costituivano "peccato", come violazione della legge, senza che siano ora considerate una violazione della legge, anzi, meritorie della grazia di Dio. In altre parole, se prima ammazzavi e venivi perseguitato perché ammazzavi, ora, che sei sottratto alla legge, puoi ammazzare per la gloria di Dio senza essere perseguito dalla legge.

Questo meccanismo è stato imposto alle società civili ed è il meccanismo attraverso il quale si è realizzata l'aberrazione sociale. In sostanza, nella monarchia, il re può ammazzare perché lo fa in nome del re, per la gloria del re, mentre il suddito non può ammazzare perché lo fa contro il re.

Essere sottratti alla legge, secondo la logica di Paolo di Tarso, significa godere dell'impunità per i delitti in quanto si presume che i delitti del "liberato dalla legge" siano finalizzati ad affermare la gloria di Dio e non a trarre profitto per sé stessi mentre, i delitti fatti dai sudditi e dagli schiavi sono sempre puniti in quanto quei delitti implicano una critica a chi possiede schiavi e sudditi.

In altre parole, il poliziotto può ammazzare il cittadino, ma il cittadino non può difendersi ammazzando il poliziotto perché in questo modo metterebbe in discussione il diritto di Dio di vessarlo. E per Dio, come vedremo in Paolo di Tarso, si intende ogni autorità perché ogni autorità dell'uomo sull'uomo è voluta e imposta da Dio.

Per la logica di Paolo di Tarso, Hitler era giustificato ad ammazzare gli ebrei perché lui era l'autorità mentre gli ebrei non erano giustificati a ribellarsi a Hitler perché Hitler era l'autorità per volere di Dio. Scrive Paolo di Tarso:

[1]Non c'è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù. [2]Poiché la legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. [3]Infatti ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e in vista del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, [4]perché la giustizia della legge si adempisse in noi, che non camminiamo secondo la carne ma secondo lo Spirito.
[5]Quelli infatti che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, alle cose dello Spirito. [6]Ma i desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello Spirito portano alla vita e alla pace. [7]Infatti i desideri della carne sono in rivolta contro Dio, perché non si sottomettono alla sua legge e neanche lo potrebbero. [8]Quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio.
[9]Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. [10]E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione. [11]E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.

Paolo di Tarso, Lettera ai Romani 8, 1 – 11

Non c'è più nessuna condanna per assassinio per chi è con Cristo e uccide in nome di Cristo. Che è la stessa cosa che "Non c'è nessuna condanna per chi uccide in nome di Allah". Non c'è più condanna di stupro, di pederastia, di furto per chi è con Cristo. Tutto si può rubare, tutto si può saccheggiare, tutto si può distruggere perché tutto è per la gloria di Cristo.

Paolo di Tarso voleva legittimare i crimini fatti dai cristiani nella società perché quei crimini erano fatti in nome "dello spirito di Dio che abita in voi" e, dunque, i crimini che fate in nome dello spirito non possono essere condannati ma glorificati da Dio.

Nella società diventa che i crimini commessi in nome del re o del potere di dominio non sono condannati perché fatti in nome del dominio, del potere sugli uomini, sono delitti fatti in nome dello spirito o, se preferite, in nome della patria o in nome della "ragion di Stato". Sono delitti benedetti da Dio, dal re, dal dittatore, dallo Stato come gli stupri impuniti perché sono atti di guerra contro le popolazioni che non vogliono sottomettersi a Dio. I crimini non vanno puniti, vedi la pratica della pederastia sui bambini messa in atto dai preti cristiani, ebrei e buddisti, perché fatti in nome dello spirito, per conto di Dio e della fede.

Questa logica di Paolo di Tarso ha seminato genocidi per tutta la storia dell'umanità.

Quando i cristiani di Paolo si fanno forti, si fanno Stato, decretano l'impunità per i delitti che commettono, ma al tempo di Paolo di Tarso sono deboli. Commettono delitti in nome dello spirito, per la gloria di Dio, ma la società civile non condivide il loro punto di vista e li processa come delinquenti.

Scrive Paolo di Tarso:

[31]Che diremo dunque in proposito? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? [32]Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? [33]Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. [34]Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi? [35]Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? [36]Proprio come sta scritto:
Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello.
[37]Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. [38]Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, [39]né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore.

Paolo di Tarso Lettera ai Romani 8, 31 – 39

La società civile persegue il delitto commesso dai cristiani in nome dello spirito e per la gloria di Dio. Un delitto è un delitto e i cristiani pretendono di farsi Stato a sé dentro ad uno Stato dal quale pretendono diritti senza obbedire ai doveri che la società civile impone loro.

Se Dio, il padrone, è con i cristiani, chi è contro i cristiani? Coloro che non vogliono padroni o quanto meno vogliono una società che si basi sulle leggi e non sull'arbitrio personale di un Dio e dei suoi rappresentanti. I nemici dei cristiani solo coloro che non vogliono dittature in nome di un Dio che qualifica sé stesso con l'ideologia del genocidio dell'umanità messo in atto mediante un "diluvio universale".

Noi, dice Paolo di Tarso, possiamo commettere ogni sorta di delitti e venir perseguitati dalla società civile, ma nessuno ci separerà dall'"amore di Dio". In sostanza, i cristiani di Paolo di Tarso sono pronti per il "martirio" pur di ribadire il loro diritto di commettere delitti in nome di Dio. L'attualità di questa ideologia di Paolo di Tarso l'abbiamo recentemente vissuta con l'Isis, quel: "organizzazione jihadista salafita attiva in Siria e Iraq, dove fino al 2017 controllava militarmente un ampio territorio. Il suo capo, Abu Bakr al-Baghdadi, nel giugno 2014 ha proclamato la nascita di un califfato nei territori caduti sotto il suo controllo in un'area compresa tra la Siria nord-orientale e l'Iraq occidentale". Quest'associazione islamica metteva in atto i principi di Paolo di Tarso e i suoi martiri confidavano nella grazia di Dio perché combattevano per lo spirito, per la fede, per la gloria di Dio contro coloro che non si sottomettevano a Dio.

Per rivendicare l'impunità sociale è necessario imporre un'ideologia assolutista che venga accettata dagli schiavi sottomessi che riconoscano al loro padrone il diritto di fare di loro quello che vuole.

E di questo si preoccupa Palo di Tarso quando scrive:

[14]Che diremo dunque? C'è forse ingiustizia da parte di Dio? No certamente! [15]Egli infatti dice a Mosè: Userò misericordia con chi vorrò, e avrò pietà di chi vorrò averla.
[16]Quindi non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell'uomo, ma da Dio che usa misericordia. [17]Dice infatti la Scrittura al faraone: Ti ho fatto sorgere per manifestare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato in tutta la terra. [18]Dio quindi usa misericordia con chi vuole e indurisce chi vuole
[19]Mi potrai però dire: «Ma allora perché ancora rimprovera? Chi può infatti resistere al suo volere?». [20]O uomo, tu chi sei per disputare con Dio? Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: «Perché mi hai fatto così?». [21]Forse il vasaio non è padrone dell'argilla, per fare con la medesima pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare? [22]Se pertanto Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande pazienza vasi di collera, gia pronti per la perdizione, [23]e questo per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso vasi di misericordia, da lui predisposti alla gloria, [24]cioè verso di noi, che egli ha chiamati non solo tra i Giudei ma anche tra i pagani, che potremmo dire?

Paolo di Tarso, lettera ai romani 9, 14 – 24

Dio fa quello che vuole, come un padrone, una gerarchia sociale assolutista, fanno quello che vogliono. Come il cristiano fa quello che vuole, non dovendo rendere conto alla legge e Paolo di Tarso pretende di fare quello che vuole.

L'assolutismo è l'arbitrio assoluto di uomini che non devono rendere conto a nessuno. L'arbitrio è quello di Hitler, quello di Bergoglio, quello di Ratzinger, quello dei preti stupratori di bambini, quello dei colonialisti, quello di coloro che pretendono che tutti si mettano in ginocchio davanti al crocifisso e pretende che coloro che costringono altri in ginocchio davanti al crocifisso abbiano il diritto di violentare le persone in nome del crocifisso.

Dio fa quello che vuole! Il padrone fa quello che vuole. Non serve pregarlo, perché fa quello che vuole ma, come abbiamo visto, è in debito nei confronti di coloro che fanno violenza nella società in suo nome e per suo conto. Esattamente come il padrone paga il debito glorificando gli aguzzini che agiscono nella società per conto di Dio o di un padrone assoluto così pretende dalle vittime sottomissione e sopportazione passiva delle violenze subite.

Come appare chiaro fin dalle prime battute della lettera ai Romani, Paolo di Tarso ha la necessità di trasferire l'assolutismo del Dio nella società civile. Questo movimento di trasferimento ideologico dall'assoluto al contingente sociale, noi lo immaginiamo formarsi nell'ideologia di Paolo di Tarso, ma nulla vieta che in realtà l'ideologia di Paolo di Tarso abbia trasferito nella volontà di Dio l'assolutismo che lui praticava nelle relazioni sociali.

Scrive Paolo di Tarso:

[1]Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c'è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio. [2]Quindi chi si oppone all'autorità, si oppone all'ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono si attireranno addosso la condanna. [3]I governanti infatti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male. Vuoi non aver da temere l'autorità? Fà il bene e ne avrai lode, [4]poiché essa è al servizio di Dio per il tuo bene. Ma se fai il male, allora temi, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi opera il male. [5]Perciò è necessario stare sottomessi, non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza. [6]Per questo dunque dovete pagare i tributi, perché quelli che sono dediti a questo compito sono funzionari di Dio. [7]Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi le tasse le tasse; a chi il timore il timore; a chi il rispetto il rispetto.

Paolo di Tarso; Lettera ai Romani 13, 1 – 7

"Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite…". Essere sottomessi ed accettare il "destino" che Dio ha stabilito per ogni singolo uomo è il messaggio di Paolo di Tarso che invita i sottomessi ad accettare il loro destino di sottomessi. Per contro, invita i "padroni", i "controllori di uomini" ad accettare il loro destino di essere padroni di uomini e di esercitare, pertanto, il loro ruolo di padroni di uomini.

Tutti coloro che vessano i più deboli, secondo Paolo di Tarso, sono tutti funzionari di Dio. Paolo di Tarso non parla semplicemente di "tributi" nei confronti dello Stato, ma anche di tributi dovuti come tangenti ed estorsioni messe in atto dalla mafia. Da ogni mafia. Sia da quella che vessa il bottegaio che le grandi mafie che controllano la finanza internazionale.

Tutti devono obbedire perché ribellarsi significa aggredire Dio. Criticare Dio. Mettere in discussione l'autorità di Dio.

Come può un uomo accettare il dominio assoluto imposto da Paolo di Tarso? Come può un uomo sottomettersi in modo così profondo non solo da accettare il Dio che Paolo di Tarso gli impone, ma di farne propaganda, imporlo ai propri figli e aggredire la società civile affinché l'intera società civile si prostri davanti all'immagine di un Dio così aberrante ed inumana?

Scrive Paolo di Tarso:

[1]Accogliete tra voi chi è debole nella fede, senza discuterne le esitazioni. [2]Uno crede di poter mangiare di tutto, l'altro invece, che è debole, mangia solo legumi. [3]Colui che mangia non disprezzi chi non mangia; chi non mangia, non giudichi male chi mangia, perché Dio lo ha accolto. [4]Chi sei tu per giudicare un servo che non è tuo? Stia in piedi o cada, ciò riguarda il suo padrone; ma starà in piedi, perché il Signore ha il potere di farcelo stare.
[5]C'è chi distingue giorno da giorno, chi invece li giudica tutti uguali; ciascuno però cerchi di approfondire le sue convinzioni personali. [6]Chi si preoccupa del giorno, se ne preoccupa per il Signore; chi mangia, mangia per il Signore, dal momento che rende grazie a Dio; anche chi non mangia, se ne astiene per il Signore e rende grazie a Dio. [7]Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, [8]perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore. [9]Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi.
[10]Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi il tuo fratello? Tutti infatti ci presenteremo al tribunale di Dio, [11]poiché sta scritto:
Come è vero che io vivo, dice il Signore, ogni ginocchio si piegherà davanti a me e ogni lingua renderà gloria a Dio.

Paolo di Tarso, Lettera ai Romani 14, 1 – 11

I cristiani sono un'armata. Un'armata che non mette in discussione i rapporti sociali, ma deve conquistare il mondo. Il padrone è il padrone cristiano, lo schiavo è lo schiavo cristiano, il burocrate è il burocrate cristiano. Lo schiavo non diventa libero perché entra nella comunità cristiana, ma resta uno schiavo che si sente legittimato a vessare tutti gli schiavi che non sono entrati nella comunità cristiana. Tutti questi non modificano i rapporti sociali entrando nella comunità, ma rafforzano la comunità contro l'esterno. L'esterno è la società civile da distruggere affinché "Ogni ginocchio si pieghi davanti al padrone di tutti i padroni: Dio".

Nella comunità cristiana non c'è una psicologia volta a liberare il singolo dalle condizioni in cui vive, ma vige una psicologia per la quale lo schiavo che entra nella comunità cristiana, proprio per essere in grazia di Dio e sottratto alla legge, può mettere in atto ogni tipo di violenza contro altri schiavi che non sono cristiani.

La comunità cristiana non costruisce una situazione di liberazione dell'uomo da un'esistenza angosciante, ma legittima la violenza del cristiano (rinato nella grazia di Dio) contro la società per conquistarsi una sorta di potere contro i non cristiani.

In sostanza, Paolo di Tarso ha una banda di criminali che a vari livelli sociali stanno attentando alla società civile.

Ma perché la società civile non reagisce?

Scrive Paolo di Tarso:

[1]Noi che siamo i forti abbiamo il dovere di sopportare l'infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi. [2]Ciascuno di noi cerchi di compiacere il prossimo nel bene, per edificarlo. [3]Cristo infatti non cercò di piacere a se stesso, ma come sta scritto: gli insulti di coloro che ti insultano sono caduti sopra di me. [4]Ora, tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché in virtù della perseveranza e della consolazione che ci vengono dalle Scritture teniamo viva la nostra speranza. [5]E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù, [6]perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo.

Paolo di Tarso, Lettera ai Romani 15, 1 – 7

"Noi che siamo i forti…" che diventa: "Noi che dobbiamo essere forti…" che continua con " abbiamo il dovere di sopportare l'infermità dei deboli…" che diventa nella realtà: "abbiamo il dovere di usare l'infermità dei più deboli…" allo scopo di ricattare tutta la società civile.

Paolo di Tarso delinea l'ideologia cristiana con tutto il disprezzo per le persone socialmente deboli. Ricordo come la debolezza, la povertà o la malattia delle persone è voluta da Dio. Dio l'ha mandata per punire le persone mentre, quelli che sono forti, sono forti per volere di Dio. Per questo il forte può usare il debole per i propri vantaggi, perché questa è la condizione voluta da Dio. Il disprezzo del cristiano per le persone deboli consiste proprio nel trasformarle in un oggetto d'uso. In peccatori da disprezzare. Una volta trasformati in oggetti d'uso, il cristiano, li usa come uno strumento con cui aggredire la società civile. Usa i deboli per costringere la società civile a riconoscergli un ruolo sociale.

Proprio per avere i deboli e i poveri e poterne disporre, il cristiano deve aggredire la società civile e costruire i deboli e i poveri, costringerli a rimanere sempre deboli e poveri e ad esaltare sé stessi nella gloria della povertà come dono di Dio. La costruzione della povertà sociale fu fatta dagli ebrei prima (circoscritta a Gerusalemme) e dai cristiani poi. I cristiani hanno diffuso nel mondo la povertà e la miseria per disporre dei poveri e poter ricattare il mondo affinché sia sottomesso.

Ed ecco le due entità sociali che possono agire esaltando l'assolutismo di un Dio padrone: coloro che si organizzano socialmente per diventare degli aguzzini sociali e le loro vittime che vengono convinte che non potrebbero sopravvivere senza i loro aguzzini che li costringono alla povertà, alla sottomissione e all'obbedienza.

 

Nota: il testo della Lettera ai Romani di Paolo di Tarso è stato prelevato da un sito cattolico di Internet.

 

Marghera, 21 luglio 2019

 

Capitolo 138 La biografia di Paolo di Tarso - Cinquantacinquesima biografia

 

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Claudio Simeoni

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