Bernardo Gui

Le biografie dei giocatori - sessantesima biografia

Capitolo 143

La partita di calcio mondiale fra i filosofi

Claudio Simeoni

 

Le biografie dei filosofi che partecipano alla partita di calcio

 

La biografia di Bernardo Gui

 

Scrivere la biografia di Bernardo Gui significa scrivere le tappe di un'idea sociale dalla quale emerge una teoria filosofica che ha condizionato la storia del pensiero umano non solo fino ai giorni nostri, ma che ancora nei giorni nostri agisce per imporre una forma di pensiero funzionale all'ideologia cristiana in una società civile che la ritiene aberrante.

E' il pensiero filosofico che in Bernardo Gui assurge a metodo con cui relazionarsi con gli uomini.

Bernardo Gui nacque a Royres nella regione del Limosino francese. Come bambino fu costretto ad entrare a far parte del monastero dei domenicani di Limoges.

Nel 1280 prese i voti e venne consacrato sacerote.

Nel 1290 Bernardo Gui diventa priore al monastero di Albi e poi al monastero di Carcassonne. Poi divenne priore a Castres e a Limoges.

Nel 1307 fu nominato inquisitore di Tolosa. Autorizzato a torturare gli eretici. Un mandato che esercitò fino al 1316.

Fra le persone che Bernardo Gui fece ferocemente torturare e giustiziare ci sono stati i seguaci di Fra Dolcino da Novara e i capi del movimento dei Catari, i fratelli Pierre e Guillaume Authier.

Nel 1317 Bernardo Gui fu nominato procuratore generale dei Domenicani.

Scrive Franco Cardini, che non ha mai subito torture o minacce di morte, nella prefazione al "Manuale dell'inquisitore" di Bernardo Gui:

Nei secoli compresi fra il 950 e il 1250 l'Europa si è trasformata in una "società di persecuzione" (o quanto meno di "segregazione") – nei confronti degli eretici, dei lebbrosi, degli ebrei, dei sodomiti e delle prostitute… -, il trattato di Gui è il primo esempio della sistemazione procedurale di tale società; e sotto certi aspetti il più rigoroso dal momento che solo dagli anni '20 del 1300 gli abusi e gli inconvenienti del sistematico perseguimento dei vari fenomeni di nonconformismo condusse a più temperati provvedimenti.

Tratto dalla prefazione di Franco Cardini a Bernardo Gui, Manuale dell'inquisitore, Claudio Gallone editore, 1998, pag. XXXII.

Ciò che non si vuole cogliere è l'aberrazione di voler istituzionalizzare e definire un uso legale e legittimo della tortura come metodo di terrore socialmente diffuso e continuamente minacciato da preti, inquisitori e qualunque dominio civile o religioso sempre in nome e per conto del Dio cristiano.

E' la diffusione del terrore che da pratica privata e abusiva viene legalizzata, definita ed usata sistematicamente sia pur nei confini giuridici imposti. La tortura diventa metodo, prassi, normalità con tutte le conseguenze che porta con sé come i pestaggi, gli omicidi, lo stupro, la privazione della difesa, l'arbitrio dell'autorità e la legittimazione della violenza privata gerarchica con la conseguente legittimazione della violenza sessuale sui minori.

Nel 1318, per conto del papa, Bernardo Gui, assieme al francescano Bertrand de la Tour furono mandati a trattare per un accordo di pace fra la Toscana e alcune città del nord Italia. Sembra che si sia raggiunto un accordo ad Asti, ma tanto precario da essere immediatamente abbandonato. Sempre nello stesso anno, entrambi furono incaricati di mediare fra la Francia di Filippo V e il conte delle Fiandre Roberto di Dampierre.

Nel 1319 Bernardo Gui fu nominato inquisitore a Tolosa e altre città come Albi e Carcassone. Fece torturare oltre mille persone facendone bruciare vive 42, infliggendo altre pene sadiche e criminali in nome di Dio e lasciando centinaia di persone storpiate per tutta la vita.

Si dice che il predecessore a questa carica inquisitoriale fosse un individuo corrotto e molto avido che in cambio di denaro scarcerava le persone o evitava di torturarle. Bernardo Gui non era corrotto e sembra che non volesse ricevere denaro. Bernardo Gui torturava e uccideva perché il torturare e l'uccidere per la gloria di Dio gli dava più piacere di quanto avrebbe potuto ottenere con il denaro. Era un fanatico e come tutti i fanatici era ligio al servizio di Dio per il proprio piacere di servire Dio.

Nel 1319-1320 Bernardo Gui partecipò ad imporre la canonizzazione di Tommaso d'Aquino, un altro Domenicano che predicava la tortura contro gli eretici. Scrisse una biografia su Tommaso d'Aquino riprendendola da Guglielmo da Toco e scrisse l'elenco ufficiale delle opere di Tommaso d'Aquino che fu canonizzato nel luglio del 1323.

Di Bernardo Gui ci rimane "Il manuale dell'inquisitore" dal quale possiamo trarre la biografia ideologica e filosofica di Bernardo Gui e come questa filosofia ideologica ha influito su tutta la storia della filosofia. I nemici indicati da Bernardo Gui sono modelli. Questi modelli fungeranno da contenitori nei quali tutti gli altri inquisitori classificheranno ogni possibile avversario della chiesa cattolica.

Perché torturare le persone? I motivi adotti da Bernardo Gui sulla necessità di torturare le persone sono gli stessi motivi che ancor oggi vengono usati per giustificare le torture da parte della Polizia di Stato e della magistratura in tutto il mondo.

Scrive Bernardo Gui:

Ordunque quando bisognerà ascoltare e giudicare qualcuno che sia venuto spontaneamente oppure che sia stato citato o chiamato in quanto sospettato, segnalato, diffamato o anche accusato del crimine di eresia, o di aver favorito o dato asilo a eretici, o di qualunque altra perversità che abbia a che fare, anche solo marginalmente, con il compito dell'Inquisizione, che egli, innanzitutto, dietro la richiesta e l'esortazione fatta in modo mite e umile dall'inquisitore o da chi tiene, il suo posto, giuri sui santi Vangeli di Dio di dire, come testimone, la piena e schietta verità sul crimine di eresia e su tutto ciò che in qualche modo pertiene al compito dell'Inquisizione, tanto riguardo a sé, come soggetto principale, quanto riguardo ad altri, vivi e morti.
Fatto e accettato il giuramento, gli si chieda e lo si esorti a dire qualunque cosa sappia da sé o abbia saputo o udito sul crimine di eresia. Se egli chiederà del tempo per riflettere in modo da rispondere con più cognizione di causa, gli si potrà concedere, se all'inquisitore sembri utile, e soprattutto se appaia chiaro che chiede ciò con animo onesto, non fraudolento; in caso contrario, lo si trattenga senza dilazione, dopo avergli chiesto di rispondere con precisione.
In seguito, per mezzo di un segretario, si scriva il resoconto della sua comparizione, ossia: "Nell' anno e nel giorno tale, il tale N., originario del tale villaggio o città, appartenente alla tale Diocesi, venuto spontaneamente o citato o chiamato, comparso in giudizio davanti al religioso N., nominato inquisitore delle nifandezze eretiche nel regno di Francia dalla sede apostolica, dopo aver giurato sul santo Vangelo di Dio di dire la piena e schietta verità sul fatto, o piuttosto sul cri- mine, di eresia e su tutto ciò che è in relazione con esso, tanto riguardo a sé, come soggetto principale, quanto riguardo ad altri, vivi e morti, in qualità di testimone disse e confessò, eccetera". Bisogna poi tener conto del fatto che, se qualcuno disputasse apertamente e manifestamente contro la fede, portando in campo quei ragionamenti e quelle fonti di autorità sui quali sono soliti appoggiarsi gli eretici, costui facilmente sarebbe smascherato come eretico dai letterati fedeli alla Chiesa, in quanto sarebbe nel novero degli eretici già a causa di ciò su cui si appoggia per difendere la sua errata dottrina. Ma, poiché gli eretici di oggi cercano e si sforzano di paludare i propri errori per nasconderli piuttosto che confessarli apertamente, i letterati non possono smascherarli con la scienza delle Scritture, dal momento che essi si dileguano tramite trappole verbali e macchinazioni; e perciò piuttosto sono i letterati a essere confusi da loro, e gli eretici, trionfanti, ne traggono nuovo vigore, vedendo che si prendono così tanto gioco dei letterati da sfuggire scaltramente alle loro mani per mezzo delle tortuosità volpine, maliziose, contorte delle loro risposte.
E' molto rischioso catturare degli eretici quando essi non confessano apertamente il loro errore, ma lo nascondono, o quando non si hanno contro di loro testimoni sicuri e sufficienti. In un simile caso, l'inquisitore si trova assediato da ogni parte da varie inquietudini. Infatti, da una parte lo tormenta la sua coscienza, nel caso in cui si trovi a punire qualcuno senza che egli confessi, né che sia provata la sua colpevolezza; dall' altra, in quanto per esperienza è al corrente della falsità, della malignità e della malizia di costoro, il suo animo è ancor più angosciato dalla prospettiva che essi riescano a sfuggire grazie alla loro furbizia volpina a danno della fede, in quanto da ciò essi traggono nuova forza, e si moltiplicano, e diventano più astuti. Da un'altra parte ancora, i fedeli laici traggono materia di scandalo dal fatto che il compito intrapreso dall'Inquisizione contro qualcuno sia abbandonato, per così dire, per mancanza di chiarezza, e in qualche modo si indeboliscono nella fede, vedendo che persone rozze e di poco conto si prendono gioco a tal punto di uomini di lettere; in effetti essi sono convinti che noi dominiamo cosi perfettamente le lucide e palesi ragioni della fede che nessuno di coloro dovrebbe poter riuscire a impedirci di smascherarlo immediatamente; il tutto con una chiarezza tale che anche i laici possano comprender ne appieno le ragioni. Perciò, non conviene in un simile frangente disputare della fede contro eretici così astuti, in presenza di laici.

Bernardo Gui, Manuale dell'inquisitore, Claudio Gallone editore, 1998, p. 3 – 7

Bernardo Gui tortura perché non ha ragioni sufficienti con cui giustificare e manifestare la sua fede. Gli altri, dice, gli eretici sono "furbi", si prendono gioco dei "letterati della chiesa cattolica". Non bisogna discutere con gli eretici davanti a dei laici (individui che non sono preti o altro) perché noi cattolici, dice Bernardo Gui, ci facciamo, sempre e comunque una pessima figura.

Loro sono ignoranti e noi sapienti, eppure Bernardo Gui non ignorava che il suo stesso vangelo, attraverso Paolo di Tarso, dice:

Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli cha vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l'intelligenza degli intelligenti.
Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.
Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio. Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto: Chi si vanta si vanti nel Signore.

Paolo di Tarso, Lettera ai Corinti 1, 17 – 31

Dunque, di che cosa si lamenta Bernardo Gui? Di essere il "sapiente" che non è in grado di disputare con gli eretici perché gli eretici hanno più competenza di lui nelle sue stesse "sacre scritture"?

Bernardo Gui ammette la propria ignoranza, ammette di non essere in grado di disputare pubblicamente contro gli eretici però ha la forza, ha l'esercito, ha la polizia che tortura coloro che, pensando in maniera diversa il suo stesso pensiero religioso, sono culturalmente più forti di lui. Hanno più dignità umana di lui. Così li spezza mediante la tortura, li costringere a sottomettersi.

Scrive Paolo di Tarso:

Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.

Paolo di Tarso, Lettera ai Filippesi 2, 5 – 11

Ogni ginocchio si pieghi davanti a Gesù e se non si è in grado di farlo mediante un dibattito, si torturi e si uccida l'eretico. E' l'ideologia assolutista della chiesa cattolica che ha in Dio della bibbia, in Gesù e in Paolo di Tarso, il diritto di macellare le persone per la gloria di Dio.

Gli eretici, dice Bernardo Gui, difendono la loro errata dottrina. Loro difendono e argomentano giustificando la loro dottrina e Bernardo Gui non ha argomenti culturali da opporre a loro e per questo li tortura. Torturandoli, Bernardo Gui ottiene che la chiesa cattolica sia considerata dal torturato l'autorità che dice il vero e lui deve pentirsi di aver usato la propria testa per cercare un'altra e diversa autorità.

Questa logica si estenderà in tutta la storia umana. I magistrati non risponderanno o argomenteranno contro gli imputati, ma li tortureranno affinché l'imputato dica che i magistrati nelle loro "idee aprioristiche" e "preconcettuali" hanno ragione. Più i magistrati torturano l'imputato e più l'imputato si convince che il proprio pensiero è un pensiero criminale annullando nella tortura tutte le ragioni per le quali ha agito nel proprio quotidiano. Questo avviene sia con Bernardo Gui che con i magistrati di oggi.

Chi sono i nemici della chiesa cattolica di cui Bernardo Gui ha paura e contro i quali dispiega un esercito di sterminatori e assassini?

Scrive Bernardo Gui per la necessità di torturare i Manichei:

Errori dei manichei di oggi.

Dunque, la setta eretica dei Manichei e i suoi seguaci usciti dal retto cammino proclamano con totale convinzione 1'esistenza di due Dei e di due Signori, più precisamente un Dio benevolo e uno maligno, asserendo che la creazione di tutte le cose visibili e corporee non è dovuta a Dio padre celeste, che riconoscono come il Dio buono, ma al diavolo, a Satana, al Dio cattivo, poiché lo chiamano Dio maligno, Dio di questo mondo e principe del nostro universo. Così essi ipotizzano due creatori, Dio appunto e il diavolo, e due creazioni, la prima delle realtà invisibili e incorporee, l'altra di quelle visibili e corporee. Del pari, immaginano l'esistenza di due Chiese, una buona, ossia lo loro setta, o, come sostengono loro, lo Chiesa di Gesù Cristo; l'altra Chiesa, che identificano con la Chiesa di Roma, la definiscono maligna, e sfacciatamente la chiamano madre di fornicazioni, gran Babilonia, meretrice, basilica del diavolo e sinagoga di Satana. Disprezzano e danno un'immagine deformata di tutta la sua gerarchia, dei suoi ordini, della sua organizzazione, dei suoi statuti, e chiamano eretici e immersi nell' errore tutti quelli che proclamano la sua fede; loro dogma è che nessuno può salvarsi nella fede della Chiesa di Roma.
Del pari, affermano che tutti i sacramenti della Chiesa di Roma del Signore Gesù Cristo, 1'eucaristia o sacramento dell'altare, il battesimo nell' acqua materiale, nonché la confermazione, l'ordine, 1'estrema unzione, la penitenza e il matrimonio tra uomo e donna, presi uno a uno, sono completamente inutili. E come scimmie se ne inventano alloro posto degli altri, che paiono quasi identici: al posto del battesimo in acqua ne inventano un altro spirituale, che chiamano «consolazione dello Spirito Santo», quando, ad esempio, accolgono qualche persona, sana o malata, nella loro setta e nel loro ordine, tramite l'imposizione delle mani prevista dal loro esecrabile rito.
In luogo del pane consacrato dell'eucaristia, corpo di Cristo, inventano una sorta di pane chiamato pane benedetto o pane della santa orazione, che all'inizio del pasto, tenendolo in mano secondo il loro rito, benedicono, spezzano e distribuiscono ai presenti e ai credenti.
In luogo del sacramento della penitenza, dicono che la vera penitenza consiste nell' accettare la loro setta e il loro ordine e nel perseverare in essi. A quelli che abbracciano tale setta e ordine, sani o malati, dicono che tutti i peccati sono rimessi e che tali persone sono assolte da tutti i loro peccati senza nessun' altra soddisfazione, a parte il dovere di restituire quanto eventualmente fosse di proprietà altrui, purché perseverino nella setta e nell' ordine; asseriscono infatti di avere su queste cose lo stesso potere che ebbero Pietro, Paolo e gli altri apostoli del Signore Gesù Cristo, dicendo che la confessione dei peccati, che si fa ai sacerdoti della Chiesa di Roma, non ha alcun valore per la salvezza, e né il papa, né nessun altro sacerdote della Chiesa di Roma ha il potere di assolvere qualcuno dai peccati.
In luogo del sacramento del matrimonio carnale tra uomo e donna, immaginano un matrimonio spirituale tra l'anima e Dio, precisamente quando essi, eretici perfetti ovvero "consolati", accolgono qualcuno nella loro setta e nel loro ordine.
Del pari negano l'incarnazione del Signore Gesù Cristo da Maria sempre vergine, affermando che egli non ebbe un vero corpo umano né una vera carne d'uomo come tutti gli altri uomini secondo lo natura umana; di conseguenza non patì veramente, né morì sulla croce, né risorse veramente dai morti, né ascese veramente al cielo con il corpo e con la carne umana, ma tutto ciò avvenne in figura.
Del pari, negano che la beata Maria Vergine sia stata la vera madre del Signore Gesù Cristo, e che sia stata una donna in carne e ossa, mentre dicono che la loro setta e il loro ordine si identificano con Maria Vergine, ossia con la vera penitenza pura e vergine che genera i figli di Dio, quando vengono accolti in tale setta e ordine. Del pari, negano la futura resurrezione dei corpi umani, immaginando al suo posto certi corpi spirituali e una specie di uomo interiore; in questo e in quelli sostengono si debba intendere la futura resurrezione.
Essi osservano, credono e fanno un dogma dei predetti errori e di parecchi altri che da essi necessariamente conseguono; nondimeno, con espressioni e parole mascherate, a prima vista possono sembrare, agli occhi di uomini inesperti e laici, professare la vera fede, affermando di credere in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, creatore di tutte le cose, e di credere nella santa Chiesa di Roma e nel Signore Gesù Cristo, nella beata Vergine Maria, nell'incarnazione, nella passione, nella resurrezione e nell'ascensione del medesimo Signore Gesù Cristo, nel santo battesimo, nella vera penitenza, nel vero corpo di Cristo e nel sacramento del matrimonio, mentre, a esaminare più attentamente e a cercare con maggior cura la verità, risulta che affermano ogni cosa con duplicità e falsità, se ci si attiene alle loro concezioni più sopra esposte e chiarite, così che riescono a ingannare gli ingenui e anche le persone colte ma inesperte. E tutti i predetti errori li insegnano e li espongono ai loro credenti e, una volta che siano stati scoperti e non possano più celarli, li difendono manifestamente, li professano e li difendono davanti agli inquisitori. A partire da tale momento è necessario esortarli alla conversione e mostrare loro i loro errori, in qualunque modo, servendosi di uomini espertissimi e abili.

Di solito peraltro gli inquisitori hanno trattenuto piuttosto a lungo tali eretici perfetti per molteplici ragioni: innanzitutto, per sollecitarli più frequentemente alla conversione, dal momento che la conversione di tali individui è quanto mai utile, sulla base del fatto che la conversione degli eretici Manichei di solito è autentica e di rado finta; inoltre, una volta che si convertono, rivelano tutto, proclamano la verità e svelano i nomi di tutti i loro complici; dalla qual cosa si trae grande frutto. Del pari, fino a che tali eretici perfetti siano trattenuti, più facilmente i credenti e i loro complici confessano e denunciano sé stessi e altri, nel timore di essere denunciati dagli eretici, se si convertono. Dopo che più d'una volta siano stati invitati e attesi alla conversione, qualora non vogliano ricredersi e appaiano ostinati, si procede alla sentenza contro di loro e li si lascia al braccio e al giudizio secolari.

Bernardo Gui, Manuale dell'inquisitore, Claudio Gallone editore, 1998, p. 11 – 17

L'obbiettivo di Gui è la distruzione dei Manichei. E' evidente che Gui non ha argomenti sufficienti per contrastare le idee religiose dei manichei che sono fondate sulle sacre scritture cristiane accettate e fatte proprie dalla chiesa cattolica. E' indubbio che le interpretazione dei manichei divergono dalle interpretazioni della chiesa cattolica. L'interpretazione dei manichei è un'interpretazione funzionale alle persone, anche se sempre cristiana, l'interpretazione della chiesa cattolica è funzionale ad affermare il proprio potere e il proprio dominio sugli uomini.

Per Bernardo Gui gli uomini vanno torturati non solo perché pensano in maniera diversa da come la chiesa cattolica vuole che pensino, ma perché rifiutano di essere dominati dalla chiesa cattolica.

Quanto i manichei negano rispetto alle interpretazioni della chiesa cattolica non è solo del tutto legittimo, ma risponde alla realtà storica che la chiesa cattolica vuole negare in funzione di un "meravigliosamente impossibile e assurdo" davanti al quale costringere i suoi fedeli ad un atto di fede affinché rinuncino alle loro considerazioni analitiche.

Oggi come oggi sarebbe più difficile contestare le idee metafisiche dei manichei, come esposte da Bernardo Gui, che non quelle assurdità proposte dalla chiesa cattolica.

Per la propria incapacità, che porta Bernardo Gui a riconoscere la miseria dottrinale della chiesa cattolica, a Bernardo Gui non resta che torturare i manichei per assicurare la supremazia della chiesa cattolica.

La stessa cosa vale per i Valdesi.

Scrive Bernardo Gui:

Ancora sulla setta dei Valdesi. Loro origine e tempo in cui ebbe inizio

La setta ereticale dei Valdesi, o Poveri di Lione, ebbe inizio intorno all'anno del Signore 1170; il suo creatore e fondatore fu un tale di Lione, di nome Valdo o Valdes, dal quale ebbero nome i suoi seguaci. Egli era ricco, ma, abbandonati tutti i suoi beni, propose di osservare la povertà e la perfezione evangelica, cosi come la osservarono gli apostoli. Per prima cosa, si fece tradurre in volgare francese i Vangeli, alcuni altri libri della Bibbia e anche alcune massime dei santi Agostino, Gerolamo, Ambrogio, Gregorio, ordinate per argomenti, che lui e i suoi seguaci chiamarono «sentenze», Le leggevano piuttosto spesso fra di loro, ma le capivano molto poco; gonfi d'orgoglio, pur non essendo persone colte, si assunsero 1'ufficio di apostoli e pretesero di predicare il Vangelo per i vicoli e per le piazze; il suddetto Valdo o Valdes si fece complici di una simile presunzione molte persone di entrambi i sessi, uomini e donne, e li mandava a predicare come discepoli.
Queste persone, essendo ignoranti e illetterate, passando per le città ed entrando nelle case, tanto uomini che donne, ma soprattutto uomini, predicando nelle piazze come anche nelle chiese diffusero dappertutto molti errori.
Convocati dall'arcivescovo di Lione, monsignor Jean aux Belles Maines, di fronte a così grande presunzione ricevettero l'ordine di astenersi da essa, ma si rifiutarono di ubbidire, prendendo come pretesto, a copertura della propria follia, che bisogna obbedire più a Dio che agli uomini, a quel Dio che ordinò agli apostoli di predicare il Vangelo a tutte le creature, attribuendosi con arroganza ciò che era stato detto agli apostoli; dei quali apostoli affermavano temerariamente di essere imitatori e successori, dietro una falsa professione di povertà e una finta immagine di santità, disprezzando i preti e i chierici, poiché abbondavano di ricchezze e vivevano fra i piaceri.
Così dunque, a partire da una presuntuosa usurpazione del dovere di predicare, divennero maestri d'errore; e, ammoniti perché desistessero, si resero disobbedienti e contumaci; per cui furono scomunicati ed espulsi dalla loro città natale. Infine, in un Concilio celebrato a Roma prima del Lateranense, poiché non recedevano dalle loro posizioni, furono dichiarati scismatici e poi condannati come eretici. Cosicché, moltiplicatisi ovunque, si dispersero per quella provincia e intorno, fino ai confini della Lombardia e, separati e amputati dalla Chiesa, mescolandosi con gli altri eretici e bevendo i loro errori, unirono gli errori e le eresie dei vecchi alle loro invenzioni.

Triplice denominazione volgare dei Valdesi.

La setta dei Valdesi o Poveri di Lione ovvero Inciabattati ha preso la propria denominazione innanzitutto da Valdo o Valdes, creatore e primo inventore della setta; Poveri di Lione furono chiamati dal luogo dove essa ebbe inizio e nascita; Inciabattati son detti perché all'inizio i Valdesi perfetti portavano un segno speciale a forma di scudo sulla parte superiore delle ciabatte, per distinguersi dagli altri loro complici e credenti. Gli errori di questa setta vengono brevemente esposti qui di seguito, in modo che, conoscendoli prima, si possano inquisire ed esaminare più cautamente.

Errori dei Valdesi di oggi da non confondersi con i molti altri del passato.
La prima eresia dei suddetti Valdesi fu, e ancora persevera, il disprezzo del potere ecclesiastico. Scomunicati e consegnati a Satana in conseguenza di ciò, furono da esso precipitati in innumerevoli errori e mescolarono le loro invenzioni con gli errori degli eretici d'un tempo.
Pertanto, i seguaci sviati di questa setta e i suoi empi professori ritengono e insegnano di non essere soggetti al signor papa o pontefice di Roma, né agli altri preti della Chiesa di Roma, affermando che la Chiesa di Roma li perseguita e li condanna ingiustamente e indebitamente. Del pari, assicurano di non poter essere scomunicati dai medesimi, ossia dal pontefice di Roma e dai preti, e di non dover ubbidire a nessuno dei medesimi che imponga o ordini ai seguaci e ai maestri della nominata setta di abbandonarla e di abiurare, benché la setta stessa sia stata con- dannata in quanto eretica dalla Chiesa di Roma.
Del pari, credono e insegnano che ogni giuramento, sia giudiziale che extragiudiziale, senza nessuna eccezione e interpretazione, sia proibito da Dio, sia illecito e peccaminoso, applicando a questa convinzione, con ragionamento tanto insano quanto deviante, le parole del santo Vangelo e di san Giacomo apostolo sulla necessità di non giurare. Al contrario, secondo la sana dottrina dei santi e dei dottori della Chiesa, e secondo la tradizione della medesima santa Chiesa cattolica, non solo è lecito e doveroso giurare per affermare una verità in giudizio, ma anche sulla base di un decreto emanato in passato dalla stessa contro il predetto errore: «Se alcuni di essi, rifiutando la sacralità del giuramento per una condannabile superstizione, non vorranno giurare, per il fatto stesso siano considerati eretici».
Va notato peraltro che gli stessi Valdesi concedono una dispensa nel giuramento, affinché uno di loro possa giurare per evitare la propria morte o quella di altri, o per non tradire altri complici o per non rivelare un segreto della propria setta. Affermano infatti che è un crimine inespiabile e un peccato contro lo Spirito Santo tradire un perfetto della loro setta.
Del pari, a partire dalla stessa fonte di errore, la nominata setta eretica asserisce che ogni giudizio è proibito da Dio e perciò è peccato, e un giudice che, in qualunque caso e per qualunque causa, condanni un uomo a un supplizio fisico, o a una pena di sangue, o alla morte, si oppone alla proibizione di Dio; anche in questa occasione citano le parole del santo Vangelo, dove è scritto: «Non giudicate e non sarete giudicati», e ancora «Non uccidere», e tutte le altre espressioni simili, senza comprenderne pienamente il senso, a differenza della santa Chiesa di Roma, che le comprende correttamente, le tramanda ai fedeli secondo la dottrina dei Padri e dei dottori e secondo le leggi canoniche.
Del pari, la nominata setta non accoglie e non ritiene valide le leggi canoniche, le decretali, le costituzioni dei sommi pontefici, gli statuti sui digiuni e sulla santificazione delle feste, i decreti dei Padri, deviando dalla retta via e dal giusto cammino, e anzi li disprezza, li rigetta, li condanna.
Del pari, sul sacramento della penitenza e le chiavi della Chiesa, con un'aberrazione ancor più perniciosa, i seguaci sunnominati affermano, credono e insegnano di aver ricevuto dal solo Dio, e da nessun altro, come gli apostoli lo ebbero da Cristo, il potere di udire le confessioni di uomini e donne che vogliono confessarsi, di assolverli e stabilire delle penitenze. E ascoltano le confessioni di queste persone, le assolvono e impongono la penitenza, sebbene non siano sacerdoti né chierici ordinati da un vescovo della Chiesa di Roma, ma solo dei laici. Ammettono di non aver ricevuto tale potere dalla Chiesa di Roma, anzi lo negano esplicitamente; in vero non possono averlo ricevuto né da Dio né dalla sua Chiesa, in quanto sono al di fuori della Chiesa e tagliati via dalla Chiesa stessa, fuori della quale non c'è vera penitenza o salvezza.

Bernardo Gui, Manuale dell'inquisitore, Claudio Gallone editore, 1998, p. 33 – 39

Lo scontro fra i Valdesi e i cattolici di Roma si articola essenzialmente sulla parabola del giovane ricco o del ricco come trattato nei vari vangeli.

Scrivono i vangeli:

Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?». Egli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Ed egli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse: «Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi». Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze.
Gesù allora disse ai suoi discepoli: «In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli». A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: «Chi si potrà dunque salvare?». E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».

Vangelo di Matteo 19, 18 – 26

E ancora:

Un notabile lo interrogò: «Maestro buono, che devo fare per ottenere la vita eterna?». Gesù gli rispose: «Perché mi dici buono? Nessuno è buono, se non uno solo, Dio. Tu conosci i comandamenti: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre». Costui disse: «Tutto questo l'ho osservato fin dalla mia giovinezza». Udito ciò, Gesù gli disse: «Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi». Ma quegli, udite queste parole, divenne assai triste, perché era molto ricco.
Quando Gesù lo vide, disse: «Quant'è difficile, per coloro che possiedono ricchezze entrare nel regno di Dio. E' più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno di Dio!». Quelli che ascoltavano dissero: «Allora chi potrà essere salvato?». Rispose: «Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio».

Vangelo di Luca 18, 18 – 27

E ancora:

Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!». I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: «Figlioli, com'è difficile entrare nel regno di Dio! E' più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: «E chi mai si può salvare?». Ma Gesù, guardandoli, disse: «Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio».

Vangelo di Marco 10, 17 – 27

La questione fra i Valdesi e la chiesa cattolica sta tutta in questa parabola dei vangeli. Da un lato i Valdesi si identificavano nella prima parte della parabola ritenendo che l'ordine di Gesù, per assicurarsi la salvezza, fosse quello di rinunciare alle ricchezze, diventare poveri e predicare il vangelo prendendosi sulle spalle la croce.

Al contrario, la chiesa cattolica si identificava nella seconda parte del vangelo in cui gli apostoli, che erano ricchi, si sarebbero comunque salvati non solo senza rinunciare alle ricchezze, ma, anzi, accumulando le ricchezze per la gloria di Dio di cui la chiesa cattolica si considerava la rappresentante in terra.

Le persone dovevano essere povere per sottomettersi alla chiesa cattolica, ma la chiesa cattolica doveva essere ricca per poter disporre dei poveri che, come diceva Gesù "poter fare ai poveri del bene quando ne avrete voglia perché i poveri li avrete sempre con voi!".

I valdesi erano ideologicamente poveri e della povertà ne facevano un'arma ideologica con la quale combattere la ricchezza della chiesa cattolica che, a loro giudizio, avrebbe dovuto essere povera.

Le parabole evangeliche hanno questa caratteristica. Dicono che gli altri devono essere poveri, umili, sottomessi, addirittura schiavi mentre Gesù, i suoi apostoli e tutti i rappresentanti della gerarchia ecclesiastica sono legittimati ad essere arroganti, ad accumulare ricchezze, ad essere violenti, assassini (vedi i roghi), ladri (vedi la formazione delle proprietà della chiesa cattolica), padroni di uomini (la chiesa cattolica ha trafficato in schiavi dalla sua nascita fino ad un secolo fa).

Succede che i poveri si fanno forza interpretando a proprio favore un passo evangelico mentre, i ricchi, si fanno forza della legittimazione di altri passi dei vangeli. Tutto viene rimandato a Dio o a Gesù anche quando si scannano e fra gli scannatori Bernardo Gui era un macellaio come pochi si sono presentati nella storia.

I poveri sono nemici della chiesa cattolica nel momento stesso in cui rivendicano la dignità di poveri, la dignità di cittadini poveri, e non diventano dei soggetti di carità a disposizione della chiesa cattolica.

Per questo motivo Bernardo Gui voleva e doveva bruciarli vivi.

Un altro gruppo contro il quale si scagliava l'odio di Bernardo Gui era il gruppo degli Apostoli di Fra Dolcino.

Scrive Bernardo Gui:

La setta degli pseudo-apostoli che si definiscono apostoli di Cristo

La setta apostatica ed eretica degli Apostoli ebbe origine intorno all'anno del Signore 1260 da un tale che si chiamava Gerardo Segarelli di Parma, luogo in cui alla fine fu condannato come eresiarca da una sentenza della Chiesa e poi bruciato; diventò suo successore nell'insegnamento e nella setta un certo Dolcino novarese, figlio naturale di un sacerdote, che riunì numerosi proseliti per la sua setta e alla fine fu catturato con una donna di nome Margherita, sua compagna nel delitto e nell'eresia, e fu condannato come eretico da una sentenza della Chiesa con la predetta eretica e bruciato, come si racconta più estesamente in uno scritto riguardante questa vicenda.

Il modo in cui si è ammessi in quella setta e in quell'ordine.

Il modo dunque dell'ammissione, con il quale tali Pseudo-apostoli vengono ammessi in quella setta e in quell' ordine si dice sia il seguente, come si è ricavato da alcuni degli stessi, catturati e portati in giudizio, ovvero che colui il quale deve essere ammesso o fare professione di fede in quell'ordine è prima informato da uno o più seguaci della medesima setta o ordine sul loro modo e regola di vita e sulla perfezione di quella vita che affermano sia apostolica. E poi in una chiesa, di fronte a un altare o anche in una pubblica piazza, alla presenza di alcuni seguaci della medesima setta o ordine o anche di altri, egli si spoglia di tutte le sue vesti in segno di mortificazione e rinuncia a tutto ciò che possiede in segno di perfezione di povertà evangelica, e nel suo cuore fa voto a Dio che da quel momento in poi vivrà nella povertà evangelica. E da allora non deve accettare denaro né possederne né portarne con sé, ma deve vivere di elemosine che gli sono offerte gratuitamente e spontaneamente dagli altri, senza serbare nulla per il giorno seguente. Del pari, non promette obbedienza a nessun uomo mortale ma al solo Dio, e da allora crede di trovarsi in una condizione di povertà apostolica ed evangelica e di perfezione e di essere sottoposto al solo Dio e a nessun uomo, come gli apostoli furono sottoposti a Cristo e a nessun altro.

Gli errori della predetta setta

I fuorviati seguaci della predetta setta apostolica o meglio apostatica ed eretica innanzi tutto hanno insegnato la loro dottrina nascostamente, e tuttora insegnano come dogma a coloro ai quali possono insegnare nascostamente e occultamente, e nel momento e nel tempo in cui possono farlo, che tutta l'autorità conferita da lungo tempo dal Signore Gesù Cristo alla Chiesa di Roma è stata interamente soppressa e che ormai si è esaurita per l'iniquità dei preti.
Del pari, che la Chiesa di Roma, che il papa e i cardinali e i prelati e i chierici e i religiosi governano, non è la Chiesa di Dio, ma una Chiesa riprovata e senza frutto.
Del pari, che la Chiesa di Roma è quella Babilonia grande meretrice di cui scrive Giovanni nell'Apocalisse, la quale ha rinnegato la fede di Cristo.
Del pari, che tutto quel potere spirituale che Cristo ha conferito alla Chiesa dal principio è stato trasferito alla setta di coloro che si definiscono Apostoli o dell'Ordine degli Apostoli, setta o ordine che chiamano congregazione spirituale mandata e scelta da Dio in questi recentissimi tempi.
Del pari, che loro appunto che affermano di essere apostoli di Cristo, e di nessun altro, hanno il potere che ebbe da Dio il beato Pietro apostolo.
Del pari, che il succitato Gerardo Segarelli di Parma fu il primo fondatore e istitutore di questa setta.
Del pari, che Dolcino novarese scrisse nelle sue lettere riguardo al succitato Gerardo che fu pianta di Dio che germoglia nella radice della fede, nella quale Dio ha cominciato a ricondurre la sua Chiesa alla perfezione e alla vita e allo stato e alla povertà della Chiesa primitiva, in quello stato in cui Cristo affidò la Chiesa al beato Pietro apostolo.
Del pari, sostengono che essi soli che sono chiamati apostoli della suddetta setta o congregazione sono la Chiesa di Dio e si trovano in quella perfezione nella quale si trovarono i primi apostoli di Cristo. E pertanto dicono di non essere obbligati a ubbidire ad alcun uomo, né al sommo pontefice né ad altri, poiché la loro regola, che affermano sia derivata direttamente da Cristo, è una vita libera e perfettissima.
Del pari, che né il papa né alcun altro può comandare loro di rinunciare a quella condizione o vita di così grande perfezione.
Del pari, che né il papa né alcun altro può scomunicarli.
Del pari, che da qualsiasi stato e ordine chiunque può legittimamente e secondo il proprio volere passare alla loro vita e stato o ordine, sia religioso sia laico; dunque che un marito senza 1'assenso della moglie e una moglie senza 1'assenso del marito può abbandonare lo stato matrimoniale e fare ingresso nel loro ordine e che nessun prelato della Chiesa di Roma può sciogliere un matrimonio, mentre loro possono.
Del pari, che nessun seguace della loro vita o stato o ordine può legittimamente entrare in un altro ordine o regola senza commettere peccato mortale, né può assoggettarsi all'obbedienza di qualsiasi uomo, poiché questo sarebbe scendere da una vita perfettissima a una meno perfetta.
Del pari, che nessuno può salvarsi o entrare nel regno dei cieli se non fa parte del loro stato o ordine, poiché al di fuori di quello stato o ordine, a quanto affermano, nessuno si salverà.
Del pari, che tutti quelli che li perseguitano commettono peccato e si trovano in stato di dannazione e perdizione.
Del pari, che nessun papa della Chiesa di Roma può assolvere alcuno, a meno che non sia santo come il beato Pietro apostolo, vivendo in assoluta povertà senza alcuna proprietà e in umiltà, senza far guerre né perseguitare nessuno, ma consentendo a chiunque di vivere nella propria libertà.
Del pari, che tutti i prelati della Chiesa di Roma, tanto i maggiori quanto i minori, dal tempo di san Silvestro, dacché si sono allontanati dal modo di vivere dei primi santi, sono prevaricatori e seduttori, tranne fra Pier del Morrone, che fu papa col nome di Celestino.
Del pari, che tutti gli ordini dei religiosi e dei sacerdoti e dei diaconi e dei suddiaconi e dei prelati sono la rovina per la fede cattolica.
Del pari, che i laici non devono né sono obbligati a offrire decime ad alcun sacerdote o prelato della Chiesa di Roma che non sia in così grande perfezione e povertà come quella in cui furono i primi apostoli; e pertanto, affermano che le decime non devono essere offerte se non a coloro che sono chiamati apostoli e sono i poveri di Cristo.
Del pari, che qualunque uomo e qualunque donna possono giacere nudi assieme nel medesimo letto e toccarsi legittimamente l'un l'altra in ogni parte del corpo e baciarsi a vicenda senza commettere alcun peccato e che accostare il proprio ventre al ventre di una donna nuda, se si è stimolati dalla carne, perché cessi la tentazione, non è peccato. Del pari, che giacere con una donna e unirsi carnalmente è cosa più grande che resuscitare un morto. I due suddetti argomenti, tuttavia, non li svelano ugualmente a tutti, ma fra di loro e ai membri più fidati.
Del pari, che è vita più perfetta vivere senza voto che con il voto.
Del pari, che una chiesa consacrata per pregare Dio non ha più valore di una stalla per cavalli o maiali. Del pari, che si può adorare Dio ugualmente bene, o anche meglio, nei boschi che nelle chiese.

Bernardo Gui, Manuale dell'inquisitore, Claudio Gallone editore, 1998, p. 77 – 83

Fra Dolcino non riconosceva il diritto della chiesa cattolica di dominare l'uomo. In particolare, non gli riconosceva il diritto di interferire nella vita privata e nella vita morale delle persone. Bernardo Gui questo non lo poteva tollerare. Dal momento che la libertà personale che gli apostoli di Fra Dolcino offrivano era infinitamente maggiore della costrizione imposta dalla chiesa cattolica, questa era destinata a soccombere dal momento che non aveva argomenti sufficienti da opporre agli argomenti di Fra Dolcino.

Dal momento che la chiesa cattolica non aveva ragioni sufficienti, ucciderli e bruciarli vivi era l'unica soluzione che l'odio per la libertà dell'uomo di Bernardo Gui era in grado di pensare.

Tutte le richieste di libertà desiderate dai Dolciniani che Bernardo Gui ha elencato oggi sono diventate un traguardo conquistato dagli uomini nel corso della storia. La chiesa cattolica tenta ancora di condannare queste libertà, ma la chiesa cattolica è espressione di orrore e di disprezzo. In particolare la servitù dell'uomo, che la chiesa cattolica pretende, oggi è vista come un'aggressione alla società civile.

Bruciare vive le persone era l'unica soluzione che aveva la chiesa cattolica per tentare di riaffermare il proprio dominio dell'uomo sull'uomo. Ma la chiesa cattolica con Bernardo Gui non si limitava ad uccidere le persone, ma le torturava, le faceva morire lentamente per soddisfare la voglia sadica del suo Dio o di Gesù nel cibarsi del dolore che la chiesa cattolica imponeva agli uomini con la violenza.

Cosa combatteva Bernardo Gui in Fra Dolcino? Ce lo dice lui stesso: Bernardo Gui combatteva la libertà dell'uomo per imporre la schiavitù voluta dalla chiesa cattolica in nome del suo Dio e di Gesù.

Un altro gruppo sociale che Bernardo Gui si divertì a torturare in nome e per conto della chiesa cattolica furono i Beghini.

Di loro scrive Bernardo Gui:

La setta di coloro che sono comunemente chiamati Beghini e Beghine

La setta dei Beghini, che si definiscono Fratelli poveri e affermano di osservare e professare la terza regola di san Francesco, è sorta in tempi recenti nella provincia di Provenza e nella provincia di Narbona e in alcuni luoghi della provincia di Tolosa, che da tempi remoti è compresa nella provincia di Narbona. Cominciarono dunque a mostrarsi e a essere conosciuti nelle loro credenze erronee intorno all' anno del Signore 1315, poco più o poco meno, benché già in precedenza fossero generalmente considerati sospetti da parecchie persone; e poi, negli anni seguenti, nelle provincie di Narbona e Tolosa e in Catalogna parecchi furono arrestati e incarcerati e scoperti nei loro errori, e numerosi dell'uno e dell'altro sesso furono scoperti e giudicati eretici e bruciati, a partire dall'anno del Signore 1317, in particolare a Narbona, Béziers e nella Diocesi di Agde e a Lodève e presso Lunel nella Diocesi di Maguelonne e a Carcassona, e a Tolosa tre forestieri.

Errori o credenze erronee dei Beghini di oggi. Da dove abbiano tratto origine.

I Beghini dunque del tempo attuale di entrambi i sessi, così chiamati volgarmente, che si definiscono invece Poveri fratelli della penitenza del terzo ordine di san Francesco, che indossano una veste scura ovvero di burello con mantello, e alcuni senza mantello, sono stati evidentemente catturati e hanno confessato in giudizio, in diversi luoghi della provincia di Narbona e in alcuni luoghi della provincia di Tolosa a partire dall' anno del Signore 1317 in poi, di mantenere e osservare numerosi errori e credenze erronee, levandosi contro la Chiesa di Roma e la sede apostolica e contro il primato della stessa sede e contro il potere apostolico del signor papa e dei prelati della Chiesa di Roma.
Si è dunque scoperto, mediante una formale indagine giudiziaria e deposizioni e confessioni di parecchi di loro, rese in giudizio, e anche mediante esplicite affermazioni di molti di loro, nelle quali e per le quali hanno preferito morire ed essere bruciati che rinunciare a esse su esortazione canonica, che essi hanno conservato i propri errori e opinioni rovinose di tal genere e li hanno ricavati in parte appunto dai libri o scritti di fra Pietro di Giovanni Olivi, che era originario di Sérignan presso Béziers, o meglio dal suo commento all'Apocalisse che possiedono tanto in latino quanto anche tradotto in volgare; del pari da alcuni trattati che i Beghini asseriscono e credono abbia composto ancora lui, vale a dire uno sulla povertà e un altro sulla mendicità e un altro ancora sulle dispense, e anche da alcuni altri scritti mal redatti che gli attribuiscono e che possiedono tutti tradotti in volgare, e li leggono e credono loro e li considerano come Scritture autentiche.
E dicono e credono che il succitato fra Pietro di Giovanni abbia posseduto la scienza a lui donata da Dio per rivelazione, in particolare nel suo commento ovvero esposizione sull' Apocalisse. In parte hanno ricavato e tratto i predetti errori e opinioni anche dall'insegnamento dello stesso fra Pietro di Giovanni, insegnamento o ammaestramento che affermano egli abbia trasmesso ai suoi familiari e ai Beghini nel corso della sua vita; e le sue parole e i suoi detti, tramandati dai primi discepoli, i seguenti li declamano fra loro e se li trasmettono a vicenda e li giudicano come documenti autentici e veridici. In parte, inoltre, i Beghini di entrambi i sessi furono istruiti su molti argomenti dai complici e dai seguaci del medesimo fra Pietro di Giovanni. Alcune dottrine le hanno aggiunte anche gli stessi Beghini, affascinati dalla propria immaginazione, come un popolo accecato, divenuti maestri dell'errore dacché hanno cessato di essere discepoli della verità; e numerosissime questioni, che si trovano trattate o scritte in modo generico nei suddetti opuscoli o in alcuni altri scritti mal redatti dai complici e seguaci del succitato fra Pietro di Giovanni. I Beghini, secondo il loro intelletto perverso, li attribuiscono a sé stessi e li espongono in difesa di sé stessi e contro coloro che sostengono essere i loro persecutori; e così da un solo errore cadono in parecchi altri, progredendo nel peggio.
Bisogna poi sapere che nel succitato commento sopra l' Apocalisse, studiato accuratamente da otto professori di teologia ad Avignone nell'anno del Signore 1319 si trova che sono contenuti moltissimi articoli che sono stati giudicati eretici da loro stessi e moltissimi altri che contengono una falsità o un errore inammissibile o un'affermazione avventata o una predizione incerta degli eventi futuri; e la loro opinione sulla predetta opera, esposta per iscritto, la munirono del loro sigillo con un atto pubblico; e chi l'ha visto, letto integralmente e meditato, costui offre una prova alla verità.
Bisogna tuttavia tener presente e notare che fra i predetti Beghini si trovano e vi sono alcuni che conoscono parecchi degli errori suddetti o tutti, li osservano e ci credono, quanto più profondamente sono stati istruiti in essi e quanto più a lungo vi si sono incalliti. Vi sono poi altri che sanno riferire un minor numero di quegli stessi errori e tuttavia talvolta si rivelano peggiori nella salvezza della fede degli altri che sono nel medesimo errore. Vi sono poi altri ancora che ne hanno ascoltati, o ne hanno appresi, ancora meno e si conformano alla ragione legittima e a una fede più sana. Vi sono poi alcuni che perseverano caparbiamente e non vogliono desistere, anzi hanno scelto di morire piuttosto che di abiurare a essi, sostenendo di difendere in ciò la verità evangelica e la vita di Cristo e la povertà evangelica e apostolica. Si trovano inoltre alcuni di loro e sono quelli che non hanno voluto farsi coinvolgere in errori e credenze erronee e si tengono lontani da esse.

Il loro modo e condotta di vita

I succitati Beghini che abitano in città e villaggi possiedono modesti alloggi nei quali abitano insieme più persone e le chiamano "case di povertà", espressione per loro consueta. In queste case si trattengono tanto gli stessi coabitanti quanto anche altri che abitano privatamente nei propri alloggi, quanto anche familiari e amici dei Beghini, e vi si radunano molto spesso nei giorni festivi e di domenica. E lì leggono o ascoltano leggere in volgare i suddetti scritti od opuscoli, dai quali succhiano il veleno, benché leggano anche altri brani tratti dai comandamenti e dagli articoli di fede e dalle leggende dei santi e dal «compendio dei vizi e delle virtù», cosicché in questo modo la scuola del diavolo, sotto un' apparenza di bene, sembri imitare in qualcosa, come le scimmie, la scuola di Cristo, mentre i comandamenti di Dio e gli articoli di fede devono essere predicati ed esposti nella santa Chiesa dai rettori e dai pastori della Chiesa e dai maestri e dai predicatori della parola di Dio, non da semplici laici, in pubblico e non di nascosto

Bernardo Gui, Manuale dell'inquisitore, Claudio Gallone editore, 1998, p. 97 – 103

Le persone pensano, desiderano e nel pensare e nel desiderare dimostrano i limiti e l'aberrazione della chiesa cattolica. Per questo motivo Bernardo Gui vuole bruciarle.

I Beghini volevano solo vivere la vita per come essi pensavano che la vita dovesse essere vissuta. Seguivano il loro desiderio e nel farlo si sottraevano al controllo religioso della chiesa cattolica.

Bernardo Gui dice: Io sono Dio e se voi non vi adeguate all'interpretazione che io do di Dio, vi torturo e vi brucio vivi. I comportamenti ideologici di Bernardo Gui spiega la rivendicazione da parte della chiesa cattolica di un potere assoluto che deriva da Dio e come Dio si ritiene in diritto di torturare e uccidere chiunque vuole.

Le persone non possono uccidere, ma la chiesa cattolica lo può fare. La chiesa cattolica tortura e uccide imitando Dio che tortura e uccide, ma ordina alle sue vittime di non uccidere. I Beghini pensano che non sia giusto uccidere e anziché uccidere i preti cattolici, preferiscono farsi torturare e uccidere imitando quel Gesù che la chiesa cattolica usa affinché le sue vittime, identificandosi con Gesù, non mettano in atto azioni di sopravvivenza o di reazione contro la sua violenza.

Bernardo Gui ritiene che i Beghini vadano ammazzati non solo perché "ogni ginocchio si deve piegare a Cristo", ma perché la chiesa cattolica, ritenendosi la sposa di cristo in terra, pretende che ogni ginocchio si pieghi davanti a lei.

Un altro soggetto che la chiesa cattolica vuole torturare sono i "giudei", gli ebrei.

Scrive Bernardo Gui:

La malafede dei giudei contro la fede dei cristiani

I perfidi Giudei cercano, quando e dove possono, di pervertire in segreto i cristiani e di trascinarli alla malafede giudaica; ad agire così sono soprattutto coloro che in passato furono Giudei, ma che si convertirono e ricevettero il battesimo e la fede in Cristo, e soprattutto nei confronti di chi li frequenta ovvero è loro legato da parentela acquisita o di sangue.
Ma si è stabilito che contro i cristiani passati o tornati al modo di credere dei Giudei, anche se vi tornarono quand'erano bambini o per timore della morte, e furono tuttavia battezzati in forza di una costrizione assoluta o condizionata, si debba procedere come contro degli eretici, qualora confessino spontaneamente o siano dimostrati colpevoli da altri cristiani o Giudei; e contro chi appoggia, accoglie e protegge tali persone si deve procedere come contro chi appoggi, accolga e protegga eretici.

Del modo e rito tenuti dai giudei per riportare al giudaismo i convertiti.

Tali sono il modo e il rito tenuti dai Giudei nel riportare al giudaismo i convertiti battezzati che tornano al vomito del giudaismo. A chi appunto dev'essere riconvertito al giudaismo, uno dei Giudei presenti chiede o domanda s'egli accetti di compiere ciò che in ebraico si chiama tymla, che tradotto in latino significa «immersione» o «abluzione» o «bagno» in acqua corrente, per essere reso Giudeo. Egli risponde di sì; e allora il Giudeo che presiede al rito gli dice in ebraico: «Baaltussuna», che in latino significa: «Torna indietro dalla condizione peccaminosa!».
Dopodiché egli viene completamente spogliato e immerso talora in acqua calda. A quel punto i Giudei gli sfregano con forza della sabbia su tutto il corpo, ma soprattutto sulla fronte e sul petto e sulle mani, ossia in quei punti del corpo su cui nel battesimo fu posto il sacro crisma. Inoltre gli recidono tutte le unghie delle mani e dei piedi fino a farle sanguinare.
Del pari, gli radono la testa e lo immergono nella corrente di un fiume, e gli fanno immergere la testa in quell'acqua per tre volte; e dopo la detta abluzione pronunciano questa formula: «Sia tu benedetto, o Dio, Dio dei secoli, che ci hai ordinato di santificarci in quest' acqua ovvero bagno, che in ebraico si dice tymla».
Fatto questo, quello emerge dall'acqua e si veste di una camicia nuova e di brache quasi nuove; e tutti i Giudei presenti lo baciano e gli danno un nome, di solito quello che aveva portato fino al momento del battesimo.
Del pari, a chi è stato riconvertito al giudaismo si chiede di professare la legge di Mosè e di promettere di rispettarla e osservarla e di vivere in armonia con essa per l'avvenire; del pari, di rinnegare il battesimo e la fede dei cristiani, e di non rispettarla né osservarla in futuro. E quello promette di osservare la legge e rinnega il battesimo e la fede in Cristo.
Ma dopo di ciò gli viene consegnato un foglio o un documento che serva di testimonianza agli altri Giudei, di modo che lo possano accogliere e fidarsi di lui e fargli del bene; e da allora quello vive e si comporta come Giudeo e frequenta la scuola o la sinagoga dei Giudei.

Domande specifiche per giudei e riconvertiti al giudaismo

Anzitutto, al Giudeo sottoposto a esame si chiedano il nome e il cognome.
Del pari, dove sia nato e vissuto.
Del pari, sui suoi genitori, se siano stati e siano tuttora Giudei, e quali siano i loro nomi e dove essi vivano.
Del pari, se abbia fratelli o sorelle, quali siano i loro nomi e cognomi, e dove vivano; e se alcuni di loro siano stati battezzati, e quando e dove.
Del pari, s'egli stesso sia Giudeo o cristiano battezzato.
Del pari, quale sia la legge migliore e secondo quale legge egli voglia vivere e morire.
Del pari, se i Giudei siano tenuti a rispettare un giuramento prestato in nome della legge di Mosè e attraverso la voce di Dio e il rotolo.
Del pari, che pena sia riservata agli spergiuri.
Del pari, se abbia moglie e figli, e quanti.
Del pari, se la moglie e i figli suoi siano stati battezzati.
Del pari, s'egli stesso sia stato battezzato, e quando, e dove, e chi come padrino l'abbia sollevato dal sacro fonte, e che nome ali sia stato imposto con il battesimo.
Del pari, se altre persone siano state battezzate insieme con lui, da chi, e con quali nomi.
Del pari, se quelli si siano riconvertiti al giudaismo, e dove, e quando, e se abbiano moglie.
Del pari, quando egli stesso sia stato riconvertito al giudaismo, e dove, e da chi, e chi sia stato riconvertito insieme con lui, e chi sia stato presente al rito.
Del pari, sul modo e rito della riconversione al giudaismo.
Del pari, per quanti anni sia rimasto fedele al cristianesimo e alla fede del battesimo, e se in quel periodo abbia qualche volta confessati i propri peccati a un sacerdote, e se abbia ricevuta la comunione come fanno gli altri cristiani.
Del pari, se allora credeva alla fede di Cristo e ai sacramenti della Chiesa.
Del pari, se si sia sposato all'epoca in cui era cristiano.
Del pari, se abbia avuto dei figli e se questi siano stati battezzati. Del pari, se abbia imparato il Padre nostro e l'Ave Maria e il Credo.
Del pari, se qualcuno l'abbia indotto a riconvertirsi al giudaismo.
Del pari, s'egli abbia personalmente indotto un cristiano a farsi Giudeo o un convertito a tornare al giudaismo.
Del pari, se conosca qualche cristiano che si comporta da Giudeo o si è convertito al giudaismo, o qualche battezzato che è divenuto apostata o tornato al giudaismo, e dove.
Del pari, se possieda un documento che attesta la sua riconversione al giudaismo.
Del pari, in che modo i Giudei pregano contro i goym e contro il clero della Chiesa di Roma.
Del pari, in che cosa la circoncisione che i Giudei riservano ai figli dei cristiani sia diversa da quella dei figli loro.
Ove si deve notare che i Giudei circoncidono i propri figli in un certo modo, quelli invece dei cristiani in un altro modo, siano essi bambini o adulti, giacché nel circoncidere i cristiani, adulti o bambini, asportano la pelle nella parte superiore del prepuzio solo per metà invece che lungo tutta la sua circonferenza, come fanno con i loro figli giudei.
Del pari, quando dei cristiani divengono Giudei o Giudee, consegnano loro un documento che attesta la conversione alla religione giudaica, che essi devono sempre portare con sé - altrimenti i Giudei non accetterebbero di bere e di mangiare in loro compagnia - e in cui devono essere indicati i nomi di ciascuno dei maestri che hanno invalidato il loro battesimo.

L'intollerabile bestemmia dei giudei contro cristo e la fede in lui e il popolo dei cristiani

Va peraltro notato che fra le altre preghiere che i Giudei recitano, insegnano e conservano scritte, vi è la seguente, tradotta dall' ebraico: «Sia tu benedetto, Dio nostro Signore, re nel mondo, per non avermi fatto né cristiano né pagano». Del pari: «Non abbiano alcuna speranza i perduti, ossia i convertiti alla fede in Cristo, e per tutti gli eretici o atei, i denigratori e gl'ipocriti, ossia per tutti i traditori giunga quel momento, ossia siano dannati in un momento, e siano presto uccisi tutti i nemici d'Israele tuo popolo, e il regno dell'ingiustizia precipiti presto nella follia, ovvero venga presto e rapidamente, già ai giorni nostri, abbattuto e distrutto fino alla rovina, anzi peggio che alla rovina. Sia tu benedetto, o Dio, che opprimi i nemici e pieghi i perversi».
Con tutto quanto detto sopra, recitato in ebraico, essi si riferiscono con giri di parole al popolo e al regno dei cristiani, che considerano eretici, infedeli e propri nemici e persecutori. Del pari, in un'altra loro preghiera così recitano: «Dio dev'essere innalzato sopra di noi, sopra ogni cosa, a rendere la grandezza del principio creatore, che non ci fece come le genti pagane della terra, né diede a noi la stessa parte che a loro, né mescolò la nostra sorte con quella di tutti i raggruppamenti di popoli che, cedendo alle vanità delle vanità, adorano un Dio che non ha potere e non salva. In questo speriamo in te, o Dio, nostro Signore, per vincere presto e rapidamente nello splendore della tua forza, per ignorare o abbattere le sculture, ossia le immagini che i cristiani della terra adorano in segno di reverenza a Cristo. Che siano distrutte le immagini - e lo saranno - per conformare il mondo al regno dell'Onnipotente. Tutti i figli della carne invocano il tuo nome per tornare a te, tutte le terre perverse t'invocheranno e gli abitanti della terra e del secolo ti riconosceranno, poiché di fronte a te ogni ginocchio si piegherà, e ogni lingua giurerà di fronte a te e al tuo volto, o Dio nostro; si piegheranno e cadranno, e renderanno gloria al tuo nome amatissimo. Tu imporrai a tutti loro il giogo del tuo regno, e presto dominerai su di loro, e il tuo giogo li opprimerà per sempre, perché il tuo è il regno nei secoli dei secoli, e regnerai in gloria, così com' è scritto nella tua legge: Dio regnerà in eterno, nei secoli dei secoli». Queste parole sono state tradotte dall' ebraico.
Va peraltro notato che con le suddette parole i Giudei intendono bestemmiare contro i cristiani, benché non chiamino esplicitamente i cristiani per nome, bensì attraverso una perifrasi; eppure è espressamente al popolo dei cristiani ch'essi alludono e si riferiscono.
Va inoltre osservato e rilevato che le suddette bestemmie e maledizioni che i Giudei rivolgono al popolo cristiano sono contenute in un'opera che i Giudei francesi chiamano Maazor, ossia Raccolta di orazioni, i Giudei provenzali invece Typhilloth, ossia Libro di orazioni.
Del pari, nella preghiera che intonano tre volte al giorno vi sono numerose imprecazioni e maledizioni contro i cristiani e contro la fede di Roma, che chiamano regno malvagio e dannato. E pregano Dio perché distrugga lui e tutti i cristiani, benché non usino espressamente la parola "cristiani", ma è appunto così che lasciano capire, intendono e interpretano con ogni parola, e per la precisione con il vocabolo minim, che significa «eretici».

Bernardo Gui, Manuale dell'inquisitore, Claudio Gallone editore, 1998, p. 177 – 187

Dal 1240 al 1750 vennero sterminati in Europa decine di migliaia di ebrei. Altri furono costretti a convertirsi al cattolicesimo e altri ancora furono deportati e uccisi per fame.

La guerra religiosa in corso fra ebrei e cristiani ebbe inizio quando i cristiani sterminarono la guarnigione romana di stanza a Gerusalemme dando il via alla guerra che porterà nel 70 alla distruzione di Gerusalemme. Questa guerra continuerà passando di massacro in massacro, sempre fatti dai cristiani contro gli ebrei, e verrà alimentata da Lutero proprio prendendola da Bernardo Gui concludendosi col genocidio ebraico fatto da Hitler e dal nazismo.

L'odio di Bernardo Gui è senza limiti. Bernardo Gui è ignorante, un volgare poliziotto torturatore; non è in grado di vedere oltre il proprio naso, ma con una sete di potere e di dominio illimitata.

Gli ebrei, per Bernardo Gui, vanno sterminati perché sono ebrei e rifiutano di mettersi in ginocchio davanti a Gesù.

Tutto l'interrogatorio messo a punto da Bernardo Gui è un interrogatorio da torturatore. Il torturatore che cerca i lati deboli del torturato per essere più efficiente nell'esecuzione della tortura.

Non c'è scampo, non c'è difesa quando si entra nelle mani del boia Bernardo Gui. Tutti devono confessare quanto Bernardo Gui vuole che confessino. Tutti vengono torturati, storpiati per la gloria di Dio.

E mentre Bernardo Gui sta torturando il malcapitato ebreo che un giorno per paura si era de-ebreizzato accettando di farsi battezzare, questi non può nemmeno, secondo Bernardo Gui, mandarlo a quel paese perché non è Bernardo Gui che odia le persone infilando loro dei ferri roventi in corpo, ma è l'ebreo che imprecando bestemmia contro i cristiani mentre i cristiani lo stanno torturando.

La logica di Bernardo Gui è semplicemente vomitevole eppure, la logica razzista di Bernardo Gui l'abbiamo vista nelle esternazioni dei politici sovranisti in questi mesi [2019]. La logica dell'incitamento all'aggressione e al genocidio non si è fermata nel 1300, ma è giunta fino a noi e il nostro sistema giuridico fatica ancora a scrollarsela di dosso pur avendo allontanato il Dio dei cristiani dalla società civile. Far torturare le persone è comodo. Vi ricorre la Polizia di Stato e la magistratura italiana ogni volta che ritiene di averne necessità per difendere i propri interessi.

Per Bernardo Gui gli ebrei erano la razza da estinguere mentre gli altri erano "eretici" che per il fatto di interpretare le scritture cristiane in maniera diversa, andavano uccisi e macellati.

Bernardo Gui non si ferma qui. C'è un altro gruppo di persone da macellare e Bernardo Gui metterà le basi per un altro genocidio che fra Europa e America Latina porterà a morire nove milioni di persone.

Si tratta delle streghe, dei maghi e i quant'altri tentano di interpretare il disegno del suo Dio.

E' l'ordine dell'Esodo:

18 Non lascerai vivere la strega.
20 Chi offre sacrifici ad altri dèi, anziché solo al SIGNORE, sarà sterminato come anatema.

Esodo 22, 18 e 20

Scrive Bernardo Gui:

Maghi, indovini ed evocatori di demoni

Incantesimi, indovini ed evocatori di demoni
L'errore pestifero di incantesimi, divinazioni e invocazioni di demoni si manifesta sotto molte e diverse forme in differenti terre e regioni, a seconda delle varie fantasie e false credenze dovute alla leggerezza di individui superstiziosi che si danno agli spiriti dell'errore, e agli insegnamenti dei demoni.

Come interrogare maghi, indovini ed evocatori di demoni

Al mago o indovino o evocatore di demoni che dev'essere sottoposto a esame sia chiesto quali e quante formule magiche, divinatorie o evocative conosca personalmente, e da chi le abbia apprese.
Del pari, entrando nel dettaglio - ma tenendo in considerazione il genere e la condizione delle persone, giacché gl'interrogatori non devono essere identici e condotti in modo simile o identico per tutti, poiché v' è un modo per interrogare gli uomini e uno per le donne -, si potranno fare domande secondo i modelli seguenti, in merito a ciò ch'essi sanno o hanno saputo o fatto nell'imporre o nel togliere un incantesimo a bambini o lattanti.
Del pari, ad essi verranno poste domande sulle anime maledette, ossia dannate;
del pari, sulla necessità d'incarcerare i ladri;
del pari, sull'armonia ovvero sul disaccordo fra coniugi;
del pari, sul modo d'ingravidare le donne sterili;
del pari, su ciò che danno da mangiare, ad esempio peli e unahie e altro del genere;
del pari, sulla condizione delle anime dei defunti;
del pari, sulla premonizione di eventi futuri;
del pari, sulle fate, ch'essi chiamano «cose buone» e che, a detta loro, girano di notte;
del pari, sulle formule d'incantesimo e di scongiuro compiute su frutti, erbe, corregge e altri oggetti;
del pari, gli si chieda a chi abbia insegnato formule d'incantesimo o di scongiuro, e da chi le abbia a sua volta apprese o udite; del pari, sul modo di curare gli infermi per mezzo di scongiuri o incantesimi;
del pari, sull'uso di raccogliere erbe con le ginocchia piegate e il viso volto a oriente, intonando la preghiera della domenica;
del pari, sull'ingiunzione di pellegrinaggi e di messe, sull'offerta di candele e di elemosine;
del pari, sul modo di scoprire dei furti o di svelare l'ubicazione di oggetti nascosti.
Del pari, si insista soprattutto nel porre domande su ciò che ha in qualunque modo sapore di superstizione o di irriverenza o di offesa ai sacramenti della Chiesa, e in modo particolare al sacramento del corpo di Cristo, nonché al culto divino e ai luoghi sacri;
del pari, sull' uso di conservare in bocca 1'eucaristia o sui furti di crisma o di olio santo compiuti in chiesa;
del pari, del battesimo imposto a statue di cera o ad altri oggetti, del modo di imporlo e della sua utilità o effetto;
del pari, del forgiare immagini di piombo, del modo di forgiarle e del loro scopo;
del pari, gli si chieda da chi abbia apprese o udite queste pratiche;
del pari, da quanto tempo abbia cominciato a servirsene; del pari, quali e quante persone siano venute da lui a chiedere consulti, in particolare nell'ultimo anno;
del pari, se sia già altre volte stato interdetto a queste pratiche, e da chi, e se le abbia abiurate e abbia promesso di non adottarle mai più né di usare siffatti oggetti;
del pari, se sia stato recidivo dopo l'abiura o la promessa;
del pari, se credeva nella verità di ciò che insegnava ad altri;
del pari, quali beni o doni o ricompense abbia percepiti e ricevuti per siffatte pratiche.

Bernardo Gui, Manuale dell'inquisitore, Claudio Gallone editore, 1998, p. 191 – 195

Tutto l'interrogatorio avviene sotto tortura che garantisce all'inquisitore la verità nelle risposte. La pratica di cercare streghe e stregoni ha fatto milioni di morti e solo per garantire alla chiesa cattolica la gestione delle pratiche magiche.

Tutte le pratiche imposte dalla chiesa cattolica altro non sono che riti di superstizione che garantiscono alla chiesa cattolica la sottomissione dei fedeli alla sua magia. La confessione che cancella i peccati dell'anima; il battesimo che cancella il peccato originale; le preghiere che garantiscono il paradiso, la guarigione, la grazia di Dio, la presenza di Gesù nell'ostia, ecc. E con questo la maledizione che Dio manda agli uomini sotto forma di malattia, guerre e pestilenze per il proprio tornaconto personale atto a garantirgli il rinnovamento della sottomissione dei suoi schiavi.

La chiesa cattolica ha il monopolio della superstizione. Tutto è superstizione nella chiesa cattolica e tutto è determinato dalla violenza della tortura e dell'omicidio che può essere messo in atto dalla chiesa cattolica consapevole che per i delitti commessi non subirà processi né carcerazione.

La chiesa cattolica ha proibito la medicina per consentire al suo Dio di dispensare miracoli a chi vuole. Così le persone si ammalano e non sanno cosa fare. Qualcuno cerca erbe che possano guarire, altri cercano incantesimi con cui supplire alla mancanza di cultura e di conoscenza. E la chiesa cattolica è pronta a torturarli perché alle persone non è consentito cercare il benessere o la libertà dalla sottomissione imposta. Devono necessariamente essere sottomessi e sofferenti. Il terrore è l'arma con cui la chiesa cattolica domina gli uomini anche quando nella società si presentano spinte centrifughe rappresentate dagli eretici o da dissenzienti che vengono prontamente messi sul rogo da Bernardo Gui e dagli assassini dell'inquisizione.

Il tempo di Bernardo Gui è il tempo delle crociate contro gli infedeli. Il tempo delle crociate contro i popoli del nord. E' il tempo del genocidio. Il tempo in cui Tommaso d'Aquino, anche lui domenicano, giustifica il diritto della chiesa cattolica di bruciare i dissidenti, gli eretici, per far loro del bene: salvare la loro anima.

La società umana, davanti a personaggi come Bernardo Gui non ha scampo. Solo la peste del 1300 che piomberà come una furia sull'Europa garantirà un po' di sollievo, ma subito la chiesa cattolica ricomincerà con il genocidio, il terrore e le persecuzioni.

L'ideologia filosofica di Bernardo Gui impererà fino alla rivoluzione francese. Poi, un po' alla volta, le società civili riprenderanno il controllo sociale. Tuttavia, la tortura rimarrà il mezzo con cui Istituzioni della società civile distribuiranno ulteriore terrore, come ha insegnato Bernardo Gui.

Ci manca solo un tassello per completare l'idea della tortura di Bernardo Gui. Il magnificat applicato al torturatore. L'atto con cui il torturato giustifica il suo torturatore. Giustifica il fatto di essere stato torturato.

Si chiama "abiura" ed è l'atto con cui il torturato riconosce le ragioni con cui il suo torturatore lo ha torturato esattamente come Maria, nel vangelo di Luca, riconosce il diritto di Dio di averla violentata.

Scrive Bernardo Gui:

In che modo e con quale formula si debba abiurare l'eresia in giudizio

Io tale N., originario del luogo tale, appartenente alla diocesi tale, convocato in giudizio di fronte a te N., inquisitore delle nefandezze eretiche, posti di fronte a me i sacrosanti Vangeli di Dio, abiuro completamente ogni eresia che si levi contro la fede cattolica nel Signore Gesù Cristo e nella santa Chiesa di Roma, e tutte le credenze degli eretici di qualsiasi setta condannata dalla Chiesa di Roma, con qualunque nome sia registrata, e in special modo della setta tale e tale (è facoltativo indicarle), nonché ogni forma di appoggio o sostegno o accoglienza o difesa o partecipazione a favore degli stessi, sotto la minaccia della pena prevista dalla legge per chi ricade nell'eresia abiurata in giudizio.
Del pari, giuro e prometto che, per quanto potrò, perseguirò e smaschererò o denuncerò e farò arrestare e consegnare agli inquisitori dell'eretica pravità gli eretici di qualunque setta dannata, e in special modo della setta tale o tale (se ne indichi il nome), e coloro che credono in loro, li appoggiano, li ospitano e li difendono, come anche coloro di cui dovessi sapere o credere che siano in fuga per un fatto d'eresia, e chiunque dei predetti, e anche i loro messaggeri, in qualunque momento e luogo verrò a sapere che i predetti o qualcuno di essi si trovano.
Del pari, giuro e prometto di osservare e rispettare e difendere la fede cattolica che la Chiesa di Roma predica e osserva.
Del pari, giuro e prometto di obbedire e adempiere agli ordini della Chiesa e degli inquisitori, di presentarmi a loro ovvero a chi ne fa le veci nella data o nelle date fissate, in qualsiasi momento e tutte le volte che mi sarà ordinato o richiesto da loro tramite un messaggero o una lettera di comparizione o altro mezzo, e di non sottrar mi mai e di non evitare mai in modo consapevole e contumace di presentarmi, c di accettare ed espiare secondo le mie possibilità la pena ovvero la penitenza che gli inquisitori riterranno opportuno comminarmi.
E a quest'impegno vincolo me stesso e tutti i miei beni.

Bernardo Gui, Manuale dell'inquisitore, Claudio Gallone editore, 1998, p. 197 – 199

Ora l'eretico, che non ha accettato di farsi bruciare vivo, storpio per le torture subite, è un oggetto posseduto dall'inquisitore esattamente come nel vangelo di Luca, Maria è un oggetto posseduto da Dio.

Questa filosofia ha esteso il suo dominio sugli uomini per oltre cinquecento anni e nessun filosofo, pensatore o teologo si è mai potuto sottrarre al terrore che da questa filosofia proiettava nell'intera società civile. Paura di essere perseguitati per ciò che si voleva dire. Paura di essere licenziati e affamati per aver detto quello che si pensa.

Nel 1323 fu assegnata a Bernardo Gui la sede di Tui in Galizia della quale fu nominato vescovo.

Nel 1324 passò alla sede di Lodève.

Il 30 dicembre del 1331 Bernardo Gui muore a casa sua.

 

Marghera, 10 settembre 2019

 

 

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Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

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