Democrito di Abdera

Le biografie dei giocatori - quarantunesima biografia

Capitolo 124

La partita di calcio mondiale fra i filosofi

Claudio Simeoni

 

Le biografie dei filosofi che partecipano alla partita di calcio

 

La biografia di Democrito di Abdera

 

Dove e quando è nato Democrito?

Tutte le fonti sono incerte, imprecise, non sicure quasi che la sua vita, come il suo pensiero filosofico, dovesse sparire senza lasciare traccia nella storia.

Secondo quanto dice Apollodoro Democrito nacque durante l'ottantesima olimpiade, cioè fra il 460 a. c. e il 457 a. c. Secondo Trasilio, nella sua "Introduzione alla lettura delle opere di Democrito" Democrito nacque nel terzo anno della settantesima olimpiade fra il 470 a. c. e il 469 e dice che Democrito era un anno più vecchio di Socrate. In base a queste ipotesi sarebbe vissuto ai tempi di Archelao discepolo di Anassagora.

Possiamo dire che fu un contemporaneo di Socrate e di Platone. Il Diels-Kranz inserisce Democrito fra i "presocratici", ma questo è un errore di natura ideologica. Democrito non è un prima o un dopo Socrate. Quello di Democrito non è un pensiero che precede Socrate o che deriva da Socrate. Democrito rappresenta una diversa linea di pensiero assolutamente separata dalla sofistica alla quale appartengono sia Socrate che Platone.

Scrive Luria nella prefazione alla sua opera "Democrito":

«Platone e Aristotele hanno assimilato i diversi principi della scienza naturale dell'antichità ritenuti utili per la costruzione dei loro sistemi filosofici idealistici. Con tutto ciò, nell'assimilazione del pensiero altrui, l'etica antica letteraria non richiedeva affatto l'indicazione dell'autore. A proposito di Democrito, le cui opere, come si diceva, venivano raccolte da ogni parte da Platone per essere date alle fiamme, il suo nome intenzionalmente non viene mai menzionato da lui in nessuna parte, per non serbare alla posterità il ricordo di quel pericoloso materialista. Già gli antichi hanno notato che negli scritti di Platone si trovano dottrine democritee, ma il suo nome non viene mai menzionato. Perciò è abbastanza naturale il fatto che spesso le opinioni di Democrito vengano esposte da Aristotele, sia nei casi in cui l'autore non viene neanche nominato, sia quando si parla di «qualche» naturalista «che ritiene che il mondo non abbia avuto inizio», ecc. Spesso, un frammento riportato senza il nome dell'autore negli scritti di Aristotele, lo troviamo citato presso un altro scrittore come frammento di Democrito. A volte, il commentatore di Aristotele indica che una dottrina riportata da Aristotele senza il nome dell'autore è dottrina democritea. «Democrito è stato il più grande dei precursori di Aristotele, dai quali quest'ultimo ha assimilato tutto ciò che a suo parere non era ancora superato. Si capisce, quindi, che Aristotele ha adoperato Democrito più di quanto ha fatto con altri scienziati. Il processo di svelamento delle dottrine di Democrito nei testi di Aristotele è uno degli aspetti più importanti del mio lavoro; le recezioni che ho scoperto costituiscono di certo una parte minima di quelle esistenti»

Dalla prefazione dell'opera di Luria, Democrito, Bompiani, 2007, p. 9

Quando si distruggono i libri di un autore è difficile risalire agli influssi che quell'autore ha avuto nella cultura del suo tempo. Chi lo ha usato ha beneficiato, senza averne diritti morali, del suo lavoro e si è appropria dei meriti del suo lavoro.

C'è un altro aspetto che riguarda Democrito. Democrito viaggiava moltissimo ed era assetato di conoscenza. Questa sete di conoscenza lo ha portato ad affrontare numerose culture e il suo pensiero è diventato sintesi di tutte le culture con le quali è venuto in contatto.

Democrito era detto "il filosofo del riso" o "derisore" in contrapposizione ad Eraclito che era considerato "oscuro". L'abitudine di Democrito di ridere era diventata la sua caratteristica.

Con la cultura di oggi, sappiamo che Democrito fu il maggior filosofo del suo tempo esattamente come sappiamo che Platone ha saccheggiato il mondo in virtù del suo delirio di onnipotenza. Ora sappiamo perché i cristiani insultavano gli epicurei. Platone può pensare di aver distrutto l'opera di Democrito, ma l'opera di Democrito era la sua esplorazione del mondo, non era un'invenzione delirante come il suo Timeo. Il mondo è sempre là e chiede di essere esplorato mentre il Timeo di Platone chiede sottomissione, fede e rinuncia della ricerca del vero.

La maggiore fonte sulla vita di Democrito è fornita da Diogene Laerzio vissuto nel terzo secolo d. c. Laerzio ebbe accesso alla biblioteca di Alessandria.

E' Diogene Laerzio che ci dice che Democrito è probabilmente figlio di Egesistrato mentre, secondo altri, era figlio di Atenocrito e, secondo altri ancora, di Damasippo. E' Laerzio che ci dice che Democrito nacque ad Abdera mentre altri sostengono che nacque a Mileto.

Democrito fu istruito dai Magi e dai Caldei perché Serse aveva ospitato il padre di Democrito e aveva provveduto ad istruire il figlio. Così Democrito, ancora bambino, ricevette un'istruzione astrologica e teologica.

Poi, in un secondo tempo, entrò in rapporti con Leucippo e, secondo altri, anche con Anassagora quando aveva 40 anni meno di Anassagora.

Favorino (80 – 160 d.c.) afferma che Anassagora non avrebbe accolto Democrito fra i suoi allievi e Democrito si vendicava affermando che le teorie a proposito del sole e della luna erano molto antiche e che Anassagora se ne era solo appropriato.

Sia Demetrio di Magnesia (1° secolo a. c.) negli "Omonimi" che Atistene nelle "Successione dei filosofi", narrano che Democrito viaggiò molto. Raccontano che viaggiò nel mar Rosso fino all'Etiopia, fu ospite dei sacerdoti egiziani, dai quali apprese la geometria, fu dai Caldei, in Persia e praticò con i Gimnosofisti in India.

Si racconta che Democrito fosse il terzo di tre fratelli e quando costoro si divisero l'eredità del padre, conoscendo Democrito, i fratelli divisero l'eredità in tre parti una delle quali, la più piccola delle parti, era in denaro contante. Democrito, che intendeva viaggiare, scelse la parte più piccola e lasciò il resto ai fratelli.

Demetrio racconta che la passione per lo studio era così grande che Democrito se ne stava chiuso in una casetta di legno nel giardino che circondava la casa talmente intento a studiare che non si accorse che il padre aveva portato lì una vacca per il sacrificio domestico.

Democrito aveva molta paura di diventare famoso. Ad Atene, secondo Demetrio, conobbe Socrate, ma Socrate non lo riconobbe.

Secondo Trasilio, se il dialogo di Platone "Gli amanti" è stato scritto veramente da Platone, l'interlocutore di Socrate, mai nominato, era Democrito. Democrito affermava che il filosofo era come un lottatore di Pentatlo e Democrito si comportava in filosofia come un lottatore di pentatlo. Demetrio Falereo riporta una citazione di Democrito secondo cui: "Il discorso è l'ombra dell'azione".

Secondo Trasillo e Apollodoro di Cizico, Democrito fu istruito, fra gli altri, da Filolao.

C'era ad Atene una legge che vietava gli onori funerari a chi aveva scialacquato l'eredità paterna. Democrito che viveva in miseria perché nei suoi viaggi aveva speso tutta l'eredità, decise di leggere pubblicamente la "Grande Cosmologia" e per questo fu ricompensato con una cifra ragguardevole.

La "Grande Cosmologia" viene attribuita da alcuni a Leucippo, ma altri la attribuiscono a Democrito. Non è rimasto nulla, oggi come oggi, che ci possa permettere quanto è di Leucippo e quanto è di Democrito. Tuttavia i pochi elementi sulla vita di Democrito ci testimoniano come egli sia stato lo scrittore più prolifico di coloro che vengono definiti "preplatonici" o, se preferite "presocratici" anche se Democrito fu contemporaneo di Socrate e di Platone.

Di Democrito si raccontano aneddoti che mettono in luce la sua capacità di osservazione del mondo fin nei minimi dettagli. Racconta Atenodoro, nell'ottavo libro delle "Discussioni", che un giorno Ippocrate era andato a trovare Democrito. Democrito fa portare del latte e guardandolo afferma che quel latte è di una capra primipara e nera di pelo. Un'altra volta ancora incontra una ragazza e la saluta con "Ciao fanciulla". Il giorno dopo incontra quella ragazza e la saluta con "Ciao donna". Quella notte, quella ragazza, era stata deflorata.

Della morte di Democrito si dice che in realtà si lasciò morire. Era troppo vecchio per continuare a vivere. Secondo il racconto di Ermippo Democrito morì subito dopo le feste Tesmoforie all'età di 109 anni.

Date queste informazioni sulla vita di Democrito, non posso collegare lo sviluppo del suo pensiero nel progresso dei suoi studi. E' sufficiente cogliere qua e là alcune strutture del suo pensiero che lo caratterizzano.

Quanto cito serve per individuare l'importanza di Democrito nel suo tempo e in relazione all'Accademia di Atene. Sia i "Presocratici" di Diels e Kranz che "Democrito" di Salomon Luria, sono raccolte di citazioni di Democrito. Tutti gli studiosi di Democrito usano questi testi.

Scrive il Diels-Kranz a proposito di Democrito:

(44) Le sue dottrine sono queste: princìpi di tutte le cose sono gli atomi e il vuoto, e tutto il resto è opinione soggettiva; vi sono infiniti mondi, i quali sono generati e corruttibili; nulla viene dal non essere, nulla può perire e dissolversi nel non essere. E gli atomi sono infiniti sotto il rispetto della grandezza e del numero, e si muovono nell'universo aggirandosi vorticosamente e in tal modo generano tutti i composti, fuoco, acqua, aria, terra; poiché anche questi sono dei complessi di certi particolari atomi: i quali invece non sono né scomponibili né alterabili appunto per la loro solidità. Il sole e la luna sono pure composti di tali atomi, [di quelli cioè] lisci e rotondi; e ugualmente l'anima, che è tutt'uno con l'intelletto. Noi vediamo per effetto degli idoli [cfr. 67 A 29,30, 31] che penetrano nei nostri occhi. (45) Tutto si produce conforme a necessità, poiché la causa della formazione di tutte le cose è quel movimento vorticoso che egli chiama appunto necessità. Il fine supremo della vita è la tranquillità dell'animo, che non è la medesima cosa del piacere, come credevano certuni che avevano frainteso, bensì quello stato in cui l'animo è calmo ed equilibrato, non turbato da paura alcuna o da superstizioso timore degli dèi o da qualsiasi altra passione. A tale stato dell'anima egli dà il nome di benessere e parecchie altre denominazioni [B 3]. Le qualità sensibili sono puramente soggettive, in realtà esistono solo atomi e vuoto [cfr. B 9]. E queste sono le sue dottrine.

Hermann Diels e Walter Kranz, I Presocratici – testimonianze e frammenti, Laterza, 1990, p. 667 – 668

Gli idoli, di cui parla Democrito, sono quelli che noi chiameremo "fenomeni". I "fenomeni" del mondo che agendo sull'individuo provocano una modificazione della struttura psico-fisico-emotiva dell'individuo stesso come necessità di adattamento soggettivo al fenomeno che gli giunge. La necessità del soggetto di adattarsi è quello che Democrito chiama "benessere" e che gli Orfici definirono "armonia".

La necessità di modificazione soggettiva come risposta ad un fenomeno, è la risposta di un dio all'azione di un altro dio presente nel mondo e con cui è entrato in contatto mediante il fenomeno.

Secondo Democrito, la struttura "atomica" di un soggetto si modifica per l'azione del mondo esterno a cui il soggetto risponde per ripristinare il benessere che il fenomeno, giunto dall'esterno, ha compromesso. Noi possiamo riempire di significati moderni il concetto di atomizzazione della realtà di Democrito, ma non si modifica il meccanismo della trasformazione della realtà che Democrito ha individuato.

E' importane nella dottrina di Democrito il concetto di pieno e di vuoto. Dove il vuoto non è definibile se non nella misura in cui viene occupato. Quando viene occupato può essere misurato mediante la misura della distanza fra i corpi. Fintanto che non viene occupato, il vuoto non esiste né in sé né per il soggetto che lo immagina.

Di tutte le obiezioni che Democrito riceve nel suo tempo, quelle che hanno fatto la storia del pensiero filosofico, sono le obiezioni di Aristotele. Quando Aristotele contraddice il pensiero di Democrito, non lo contraddice in funzione della "ricerca del vero", ma in funzione di un potere di sopraffazione che veicola mediante discorsi sofistici e vuoti di contenuto come la negazione dello spazio vuoto e dell'infinito.

Platone nella sua guerra a Democrito, non nomina mai Democrito. Aristotele si sente più sicuro e non solo nomina Democrito, ma tenta di confutarne le tesi filosofiche ben consapevole delle implicazioni di tali tesi. Parliamo degli atomi e del vuoto, ma stiamo parlando di uomini che si muovono nello spazio e l'oggetto del contendere è il controllo dell'uomo e della direzione della sua azione.

Ci sono alcuni aspetti che devo sottolineare nel parlare di Democrito che è importante sottolineare perché riguardano la qualità dei principi filosofici della Religione Pagana e della guerra che contro Democrito ha messo in atto sia Platone che Aristotele.

Scrive il Diels-Kranz:

37. SIMPLIC. de cael. 294, 33. Una breve citazione del libro di Aristotele Su Democrito [fr. 208 Rose] mostrerà la differenza di concezione tra quei due pensatori. Democrito ritiene che la materia di ciò che è eterno consiste in piccole sostanze infinite di numero; e suppone che queste siano contenute in altro spazio, infinito per grandezza; e chiama lo spazio coi nomi di «vuoto», e di «niente» e di «infinito», mentre dà a ciascuna delle sostanze il nome di «ente» e di «solido» e di « essere ». Egli reputa che le sostanze siano così piccole da sfuggire ai nostri sensi; e che esse presentino ogni genere di figure [e forme] e differenze di grandezza. Da queste sostanze, dunque, in quanto egli le considera come elementi, fa derivare e combinarsi per aggregazione i volumi visibili e in generale percettibili. Esse lottano e si muovono nel vuoto, a causa della loro diseguaglianza e delle altre differenze ricordate, e nel muoversi s'incontrano e si legano in un collegamento tale che le obbliga a venire in contatto reciproco e a restare contigue, ma non produce però con esse veramente una qualsiasi natura unica: perché è certamente un'assurdità il pensare che due o più possano mai divenire uno. Del fatto che le sostanze rimangano in contatto tra di loro per un certo tempo, egli dà la causa ai collegamenti e alle capacità di adesione degli atomi: alcuni di questi, infatti, sono irregolari, altri uncinati, altri concavi, altri convessi, altri differenti in innumerevoli altri modi; ed egli reputa dunque che gli atomi si tengano attaccati gli uni agli altri e rimangano in contatto solo fino a quando, col sopraggiungere di qualche azione esterna, una necessiti! più forte non li scuota violentemente e li disperda in varie direzioni. Ed attribuisce il nascere ed il suo contrario, il disgregarsi, non soltanto agli animali, ma anche alle piante e ai mondi, insomma a tutti quanti gli oggetti sensibili. Se dunque il nascere è aggregazione di atomi e il dissolversi è disgregazione, anche per Democrito il divenire non è che modificazione di stato

Hermann Diels e Walter Kranz, I Presocratici – testimonianze e frammenti, Laterza, 1990, p. 681 – 682

L'esistenza del vuoto permette l'esistenza dei corpi. I corpi sono corpi che abitano il vuoto. Il vuoto è vuoto anche quando è un "pieno che può essere penetrato da un corpo" perché questo significa che esiste un vuoto in cui il pieno, penetrato da un corpo, si può spostare.

Lo stesso concetto di infinito che Democrito usa può essere pensato come "infinito in sé" un infinito vuoto che i corpi possono occupare espandendosi, oppure può essere inteso come "infinito soggettivo", cioè uno spazio che la mia soggettività non può concepire perché non potrà occupare o comprendere.

Un altro concetto del pensiero di Democrito è l'esistenza di una sostanza infinitamente piccola che combinandosi in vario modo forma la qualità della materia e delle forme. In sostanza, ci sono dei minimi comuni denominatori a tutta la realtà materiale dell'universo. Questi minimi comuni denominatori, secondo Democrito, sono invisibili, non cadono sotto i sensi, ma aggregandosi compongono ogni forma.

Scrive il Diels-kranz:

39. [PLUTARC'H.] strom, 7 [Dox. 581]. Democrito di Abdera suppose l'universo infinito perché esso non è stato prodotto dall'opera di alcun artefice; e lo dice anche immutabile; ed in generale espone in modo razionale quale sia la costituzione dell'universo. Le cause dei corpi che attualmente nascono e si dissolvono non hanno avuto alcun principio, ma via via da tempo infinito tutte assolutamente le cose passate presenti e future sono governate dalla necessità. Dice poi che il sole e la luna ebbero nascimento. Essi si muovevano già ciascuno col suo proprio movimento, quando non possedevano ancora affatto natura calorifica e neppure in generale luminosa, bensì al contrario una natura simile a quella della terra; poiché sì l'uno che l'altro pianeta, antecedentemente, erano stati prodotti in seguito a un particolare assestamento del mondo e solo successivamente, avendo il globo del sole acquistato di grandezza, trovò luogo in esso il fuoco.

Hermann Diels e Walter Kranz, I Presocratici – testimonianze e frammenti, Laterza, 1990, p. 685

Ogni cosa che noi possiamo pensare, secondo Democrito, appartiene ai corpi, alla materia. Una materia che è in continuo mutamento attraverso aggregazioni e disgregazioni. Una materia che si organizza in pianeti, simili alla Terra, prodotti da un particolare assestamento della materia. Hanno movimenti propri perché obbediscono a proprie leggi e a propri fenomeni ai quali rispondono adattandosi. Tutto nasce, tutto si trasforma e tutto muore per continuare nuove e diverse trasformazioni.

Scrive il Diels-kranz:

40. HIPPOL. ref. I 13 p. 16, 24 [Dox. 565]. Democrito è scolaro di Leucippo. Democrito di Abdera, figlio di Damasippo, venne a contatto con parecchi Gimnosofisti nell'India, con sacerdoti in Egitto e con astrologi e magi in Babilonia. Si esprime come Leucippo riguardo agli elementi, che sono il pieno e il vuoto [67 A 6], ritenendo come essere il pieno, non essere il vuoto; per lui, le sostanze sono in eterno movimento nel vuoto. I mondi sono infiniti e sono differenti per grandezza: in taluni non vi è né sole né luna, in altri invece sono più grandi che nel nostro mondo, in altri ancora ci sono più soli e più lune. Le distanze tra i mondi sono disuguali, sicché in una parte ci sono più mondi, in un'altra meno, alcuni sono in via di accrescimento, altri al culmine del loro sviluppo, altri ancora in via di disfacimento, e in una parte nascono mondi, in un'altra ne scompaiono. La distruzione di un mondo avviene per opera di un altro che si abbatte su di esso. Alcuni mondi sono privi di esseri viventi e di piante e di ogni umidità. E nel nostro mondo la terra si è formata prima degli astri: la luna si trova nella parte più bassa [del cielo], più su c'è il sole, più in alto ancora le stelle fisse. I pianeti neppur essi si trovano tutti alla medesima altezza. Un mondo si sviluppa sino a quando non può più ricevere nessun incremento dall'esterno.

Hermann Diels e Walter Kranz, I Presocratici – testimonianze e frammenti, Laterza, 1990, p. 685

Una simile disquisizione potrebbe essere fatta al giorno d'oggi con poche variabili il che dimostra che la capacità di osservare e di dedurre di Democrito era notevole, come notevole la sua capacità deduttiva dall'osservazione priva di ossessioni dogmatiche alla base del suo pensiero.

Capire che l'universo è un immenso vuoto fu una delle comprensioni maggiori della filosofia. Una comprensione che, vedremo in seguito, sarà messa in discussione dalla filosofia Platonica e Aristotelica.

Scrive il Diels-kranz:

74. AET. I 7, 16 [Dox. 302]. Per Democrito dio è una mente che ha sede in un fuoco di forma sferica. TERTULL. ad nato II 2. Democrito suppone che gli dèi abbiano avuto origine insieme con la rimanente parte del fuoco, quella superiore alla cui natura è somigliante la loro anche per Zenone [fr. 171 Arnim]. CICER. de nato d. I 12, 29. Non si trova forse in errore grandissimo Democrito, il quale ora colloca nel novero degli dèi le immagini coi loro esili contorni, ora quella natura da cui le immagini emanano, ora la nostra stessa scienza e intelligenza? E quando egli, d'altro lato, afferma che non vi è nulla che sia eterno, poiché nulla rimane stabilmente nel medesimo stato, non viene forse a negare l'esistenza di dio in modo così completo da non lasciar sussistere più nessuna idea di lui? CICER. de nato d. I 43, 120. A dir vero anche Democrito, uomo tra i più grandi che vi siano stati, fonte a cui attinse acqua Epicuro per irrigare i suoi giardini, mi pare tentennante a proposito della natura degli dèi. Ora egli giudica che nell'universo vi siano delle immagini dotate di aspetto divino; ora dice che sono divinità quegli atomi dell'anima che si trovano sparsi nell'universo stesso; ora pensa a delle immagini animate solite a giovarci o a nuocerei, ora a immagini enormi e addirittura di grandezza tale da abbracciare dal di fuori l'intero universo: tutte supposizioni che, per vero, più che di Democrito, sono degne della patria di Democrito!

Hermann Diels e Walter Kranz, I Presocratici – testimonianze e frammenti, Laterza, 1990, p.696 – 697

Democrito definisce la natura degli Dèi come la necessità di un mondo in cui la nascita degli Dèi è una costante come è una costante il loro divenire, la loro trasformazione continua che include anche la disgregazione e la morte intese come ulteriore trasformazione.

Gli Dèi non sono come in Platone i padrone degli uomini perché hanno creato gli uomini, per Democrito sono le coscienze che si muovono nel nostro presente al di là della qualità e della forma. Coscienze con un corpo materiale che hanno la capacità di agire sul nostro presente esattamente come ognuno di noi agisce nel proprio presente modificandolo continuamente e costringendolo ad adattarsi per cercare il proprio benessere.

E ancora:

102. AET. IV 3,5 [Dox. 388; sull'anima]. Democrito dice che l'anima è un composto di elementi percepibili solo con la ragione, aventi forma sferica e carattere igneo, giacché essa è corporea. AET. IV 5,5 [Dox. 391]. Parmenide ed Empedocle e Democrito identificano l'intelletto e l'anima, talché secondo loro non potrebbe esistere un animale che fosse irragionevole in senso assoluto [cfr. 28 A 45].

Hermann Diels e Walter Kranz, I Presocratici – testimonianze e frammenti, Laterza, 1990, p. 707

Il fatto che le emozioni, che abitano un corpo, siano corporee, mi sembra che oggi come oggi non ci siano dubbi a meno che qualcuno non testimoni di aver visto delle emozioni separate da un corpo agire nell'oggettività abitata da corpi.

Scrive il Diels-Kranz:

105. AET. IV 4,6 [Dox. 390; verosimilmente da una fonte epicurea]. Democrito ed Epicuro ritengono l'anima composta di due parti: una, razionale, situata nel petto; una, irrazionale, diffusa per tutto l'organismo corporeo. AET. IV 5, 1 [Dox. 391 n.; cfr. Teodoreto]. Infatti Ippocrate, Democrito e Platone [Tim. 69 c] ritengono che essa [la parte razionale dell'anima] abbia sede nel cervello. PHILOP. de ano 35, 12. Democrito afferma che essa [l'anima] non è divisa in parti e non ha facoltà diverse, perché per lui il pensare è la stessa cosa del sentire e cioè l'uno e l'altro provengono dalla medesima facoltà.

Hermann Diels e Walter Kranz, I Presocratici – testimonianze e frammenti, Laterza, 1990, p. 708

Possiamo continuare per decine e decine di citazioni portando meraviglia per la precisione o per le soluzioni razionali e logiche con le quali Democrito racconta la realtà nella quale vive, dalla Via Lattea che altro non è che un insieme di stelle alla compartecipazione femminile alla formazione del feto, alla differenziazione del sesso nel grembo materno nei primi giorni di gestazione.

Alla base del pensiero di Democrito c'è Necessità, uno stato soggettivo per il quale il soggetto si adatta alle condizioni che incontra perché in quelle condizioni deve vivere e trasformarsi. Il concetto di Necessità di Democrito è un concetto impersonale perché Democrito non è in grado di distinguere una Necessità prodotta dalle condizioni oggettive distinguendola da una Necessità soggettiva di scegliere o discriminare fra le condizioni oggettive alle quali adattarsi e come adattarsi. Democrito non distingue le diverse forme con cui si presenta Necessità e questo non è un oggetto della sua ricerca. Vede l'adattamento soggettivo come stato di Necessità. La qualità per come quella Necessità è espressa è dato dalla condizione soggettiva del divenuto di ogni concentrazione di materia.

Il pensiero di Democrito, per quanto è rimasto, si trova ne "I presocratici" di Herman Diels e Walter Kranz pubblicato in varie edizioni oppure, in "Democrito – raccolta di frammenti" di Salomon Luria edito da Bompiani pubblicato nel 2007. Da questi testi sono tratti gli elementi biografici di Democrito. Sono testi a cui fa riferimento ogni studioso di filosofia antica.

Democrito è stato cancellato nella storia della filosofia. E' stato cancellato volutamente e fisicamente.

Riporta il Diels-Kranz:

81. CICER. ac. Pr. II 17, 55. E allora ti rifugi presso quei fisici che principalmente nell'Accademia sono oggetto di derisione, e neppure tu ormai ti asterrai dal citarli, e dici che Democrito afferma che esistono mondi innumerevoli ed inoltre alcuni di questi tanto simili tra loro non solo, ma così perfettamente e assolutamente uguali sotto ogni rispetto, che non c'è tra essi proprio alcuna differenza; e, come pei mondi, così per gli uomini.

Hermann Diels e Walter Kranz, I Presocratici – testimonianze e frammenti, Laterza, 1990, p. 699

Cicerone partecipa alla derisione di Democrito e, partecipando alla derisione di Democrito, partecipa alla distruzione del pensiero democriteo. Che Cicerone partecipi alla distruzione del pensiero democriteo dato il suo modo di pensare il mondo è, per quel che mi riguarda, abbastanza indifferente, ma che lo facciano i "filosofi" moderni per difendere il pensiero farneticante di Platone e di Aristotele oltre i dati con cui la realtà si presenta e viene analizzata dai fisici moderni, questo mi lascia perplesso.

Dice il Diels – Kranz:

82. SIMPLIC. de cael. 310,5. La disgregazione e la distruzione del mondo non riconduce questo - dice Alessandro [di Afrodisia] - alla pura materia che aveva la potenza di dare origine a un mondo, ma porta alla formazione di un altro mondo, poiché, essendo i mondi infiniti e succedendo gli uni agli altri, non è necessario che si abbia il ritorno del medesimo mondo di prima. Questa fu l'opinione di Leucippo e di Democrito ... ma i mondi di Democrito si trasformano in altri mondi che son costituiti dai medesimi atomi; sicché essi sono gli stessi quanto alla forma, ma non pel numero che rappresentano.

Hermann Diels e Walter Kranz, I Presocratici – testimonianze e frammenti, Laterza, 1990, p. 699 – 700

Ora, davanti a questa concezione del mondo di Democrito che è la medesima concezione del mondo scientificamente misurata dai fisici di oggi e dalle esperienze sociali, anatomiche e mediche, che senso ha voler a tutti i costi dare dignità a visioni del mondo fantasiose e prive di riscontri come quella di Platone o di Aristotele?

Il senso c'è nella necessità del controllo militare degli uomini.

La filosofia di Democrito non domina l'uomo, non legittima la schiavitù e la sottomissione, non legittima la proprietà dell'uomo sull'uomo. La filosofia di Democrito legge la realtà ma non impone all'uomo di sottomettersi alla realtà descritta. Piuttosto lo sollecita ad usare la sua volontà per modificare la realtà che è stata descritta.

Scrive il Diesl – Kranz:

251. La povertà sotto un governo democratico è tanto preferibile al così detto benessere che offrono i governi tirannici, quanto è da preferirsi la libertà alla servitù.

Hermann Diels e Walter Kranz, I Presocratici – testimonianze e frammenti, Laterza, 1990, p. 797

Possiamo dire che Democrito è l'anti-Platone o, se preferiamo, Democrito è la democrazia che si oppone alla dittatura di Platone. Dal momento che il potere di dominio dell'umo sull'uomo ha la necessità di giustificare ideologicamente il proprio dominio, ecco apparire sempre qualcuno che anche se non può negare le affermazioni di Democrito tende a limitarle, a circoscriverle, a sminuirle in funzione di un Platone e di un Aristotele che pensano sé stessi come i padroni degli uomini.

Prendiamo un libro di filosofia per le scuole superiori in Italia edito nel 1982 – 1985 e osserviamo che cosa viene detto della relazione fra Democrito e gli accademici. Proviamo ad analizzare le varie osservazioni in questo modo possiamo capire perché Democrito è stato cancellato dagli accademici.

La guerra di Platone e dell'Accademia a Democrito inizia con la nascita del razzismo in Grecia. Mentre Democrito, legato non solo alla democrazia Ateniese, ma viaggiatore e conoscitore di popoli afferma:

Scrive Diesl – Kranz:

247. Ogni paese della terra è aperto all'uomo saggio: perché la patria dell'animo virtuoso è l'intero universo.

Hermann Diels e Walter Kranz, I Presocratici – testimonianze e frammenti, Laterza, 1990, p. 797

Platone è legato all'aristocrazia e ai dittatori come Crizia affermando la superiorità dei greci sui barbari. Una posizione che Sparta impone ad Atene dopo la sconfitta nelle guerre del Peloporneso.

Per Platone è necessario costruire l'ideologia assolutista da contrapporre all'ideologia della democrazia. Per evidenziare alcuni aspetti della contraddizione fra Democrito, da un lato, e Platone e Aristotele dall'altro, mi servirò del commento ad alcune pagine de "Storia delle filosofie" di Casertano, Montano, Tortora, Volume I, editore Il Tripode, 1982-85.

Scrive "Storia delle filosofie":

Ma dove la distanza di Platone dalle riflessioni scientifiche dei presocratici appare maggiormente evidente, dove più forte è il suo distacco dallo stesso spirito di osservazione scientifica che aveva guidato un Anassagora o un Democrito, è nella considerazione della terza disciplina, l'astronomia. Platone stesso è pienamente cosciente di questo distacco: «bisogna imparare l'astronomia in maniera diversa da quella in uso oggidì »: nello studiare i corpi celesti:
[Platone] bisogna giudicarli si i più belli e considerarli i più regolari tra simili oggetti, ma molto inferiori ai veri,... ossia agli oggetti che si possono cogliere con la ragione e con il pensiero, diano eticamente, ma non con la vista ... Perciò gli ornamenti del cielo devono servire da esempio per poter studiare quegli altri oggetti. (Repubblica 529 d)
L'omogeneità del mondo terrestre e di quello celeste, che era stata una tesi fondamentale, da Talete a Democrito, dell'affermarsi di una nuova forma di mentalità scientifica contro il pensiero mitico e religioso tradizionale che vedeva negli astri delle divinità, viene qui da Platone di nuovo spezzata, a favore di un ritorno proprio a quelle antiche concezioni e con parole molto dure nei confronti dei nuovi sapienti. Che questa convinzione, espressa nella Repubblica, sia profondamente radicata nella mente di Platone, è provato da quest'altro passo, preso dal suo ultimo dialogo:
[Platone] Noi ora dobbiamo accusare le opere dei nostri moderni sapienti, in quanto sono causa di mali. E' questo dunque ciò che fanno i discorsi di uomini come costoro: quando tu ed io portiamo le prove dell'esistenza degli dei, e proponiamo proprio cose come queste, il sole, la luna, le stelle, la terra come dèi e cose divine esistenti, allora coloro che si sono lasciati convincere da questi uomini sapienti direbbero che tutte queste cose non sono altro che terra e pietre, incapaci di pensare nessuna delle cose umane, e queste loro opinioni essi presentano in certo modo ben cucinato e rivestite nei loro discorsi fino ad essere persuasive" Platone, (leggi 886 d-e)

Casertano, Montano, Tortora, Storia delle filosofie, Il tripode, 1982-1985, p. 131 – 132

Democrito non ha mai detto che la Terra, il Sole o la Luna non sono Dèi, ma ha detto che questi Dèi hanno un corpo fatto di terra. Gli Dèi hanno un corpo. Come hanno un corpo tutto quanto dal mondo giunge a noi. Corpo è quella che Platone chiama anima, corpo è l'intelletto, corpo sono le emozioni.

Non è vero, come affermano gli estensori di questa parte della "Storie delle filosofie" che il pensiero di Democrito è "contro le antiche concezioni", al contrario, il pensiero di Democrito porta il pensiero delle antiche concezioni nel vissuto della razionalità. I poeti raccontano delle storie e queste storie possono essere raccontate solo se i protagonisti sono umanizzati. L'Atmosfera della Terra è Zeus. Provate voi a raccontare una storia in cui l'Atmosfera terrestre interferisce nelle azioni umane. E' più facile umanizzare l'Atmosfera e trasformarla in un uomo che agisce e che manifesta principi e virtù morali. Ma questo significa solo che i poeti usavano in quel modo gli Dèi, non che i poeti credessero che quella fosse la natura degli Dèi.

La natura degli Dèi è costituita da corpi che entrano in relazione con altri corpi. Corpi viventi, pieni di emozioni che veicolano quelle emozioni a seconda della natura, della forma e del divenuto di quei corpi.

Platone deve costruire l'assolutismo e non può ammettere l'esistenza di corpi materiali che costituiscono gli Dèi. A lui va benissimo pensare come Dèi personali la luce delle stelle. E' lontana, irraggiungibile, indefinibile. Ognuno può dire che sia ciò che vuole che sia. Per Platone è importante che gli uomini si sottomettano, siano obbedienti al suo dominio sull'uomo. Avere degli "Dèi padroni" isolati nel sidereo di cui egli può raccontare le imprese e attribuire a loro la sua etica morale di dominio è funzionale ai suoi progetti. Mentre, le affermazioni di Democrito secondo cui quelli sono corpi fatti di terra e fuoco, inficiano l'aspetto misterico che Platone vuole imporre sulla realtà vissuta dagli uomini.

Platone non porta la concezione degli Dèi agli antichi, ma distrugge il pensiero mitico spacciando per oggetto reale ciò che per i poeti antichi era solo simbolico. Gli Dèi che combattevano con gli uomini sulle mura di Troia e che potevano essere feriti, Platone li isola nel profondo dell'universo e lui si fa il portatore della volontà di quegli Dèi fra gli uomini.

Gli Dèi potevano essere feriti perché avevano corpi materiali esattamente come gli uomini possono essere feriti nelle loro emozioni.

Democrito è il continuatore del mito, Platone è il fondatore sofista di una superstizione che deve essere creduta per fede e non per analisi dell'esistente.

Scrive "Storia delle filosofie":

L'anima, parte divina dell'uomo: è questa un'altra tesi platonica che rompeva chiaramente con la tradizione propria dei presocratici. Se per questi l'uomo costituiva una «unità» indissolubile di mente e corpo, di anima e corpo, tale che non poteva concepirsi l'un termine separatamente dall'altro, per Platone invece l'anima è ben distinta dal corpo, vive in esso momentaneamente la sua avventura umana, ma aspira a separarsi da esso ed a ricongiungersi con gli elementi a lei simili. Se per nessuno dei presocratici - da Parmenide a Empedocle, da Anassagora a Democrito ai sofisti - era possibile parlare di un'anima «separata» dal corpo ed immortale, Platone, riprendendo le antiche dottrine religiose e, in parte, la tradizione pitagorica, afferma decisamente l'estraneità dell'anima al mondo delle cose che nascono e muoiono. La «novità» di Platone consiste invece nell'aver fondato questa vecchia tesi su delle nuove argomentazioni filosofiche, costruendo una teoria originale e complessa, che viene comunemente chiamata «dottrina delle idee »,

Casertano, Montano, Tortora, Storia delle filosofie, Il tripode, 1982-1985, p. 138

Sarebbe interessante sapere chi "sosteneva quelle vecchie dottrine religiose" che Platone ha riformulato separando l'anima dal corpo. Una cosa del genere è attribuita ai pitagorici, ma la cosa in sé è piuttosto dubbia mentre è certa la fondazione dell'idea di reincarnazione inventata da Platone per controllare l'uomo.

L'operazione di Platone di separare l'anima dal corpo, non ha scopo di conoscenza o di elaborazione filosofica che consiste nell'interpretazione di una realtà, ma ha il solo scopo di dominare l'uomo.

E' l'idea di Platone di dominare il singolo uomo mediante il controllo della sua anima. Un'anima che non vive più in quanto l'uomo vive, ma essendo di proprietà del dio creatore che l'ha mandata ad abitare un corpo, quel corpo deve obbedire al sistema morale e comportamentale imposto da quel dio creatore.

L'anima cessa di essere la manifestazione del corpo vivente. Per Platone il corpo diventa la manifestazione dell'anima che lo abita. Solo che il controllo dell'anima ce l'ha Platone, non ce l'ha l'uomo abitato dall'anima. E si crea l'assurdo dell'ideologia platonica secondo cui l'anima che abita il corpo e induce l'individuo al crimine, il tribunale non condanna l'anima o il dio che domina l'uomo mediante l'anima, ma condanna il corpo dell'uomo. In questo modo l'assolutismo platonico controlla sia la struttura psichica dell'uomo sia la struttura fisica dell'uomo in funzione di bisogni estranei all'uomo stesso.

Platone inventa la reincarnazione come mezzo per controllare l'uomo.

Si tratta dell'ideologia assolutista o, se preferite, dell'ideologia nazista. Questa idea Platonica si contrappone all'idea di Democrito che essendo i corpi viventi composti di materia e di "ciò che li anima" sono Dèi perché hanno un corpo ed esercitano le loro determinazioni nel mondo in cui vivono.

Scrive "Storia delle filosofie":

Fuoco e aria muovono dunque verso l'alto, terra e acqua verso il basso: con questa teoria Aristotele rompeva una tradizione scientifica particolarmente viva nell'età dei presocratici ed assegnava un ordine all'universo che non era più l'ordine delle sue strutture dinamiche, ma l'ordine della sua costituzione fissa e stabile:
[Aristotele] E' assurdo, come alcuni credono, che nell'universo non ci sia l'alto e il basso. Essi dicono che non c'è alto e basso perché l'universo è del tutto simile a se stesso in ogni sua parte e perché chiunque, procedendo verso qualsiasi parte, può raggiungere un punto che è agli antipodi di quello di partenza. Noi diciamo che l'alto è costituito dal confine del tutto, confine che per la sua posizione è in alto ed è primo per natura. Poiché c'è un confine ed un centro dell'universo, è chiaro che ci saranno anche un alto e un basso. (Sul cielo 308 a 17-23)
Sulla base di questi principi, Aristotele prendeva posizione contro la fisica meccanicistica di Democrito e degli atomisti, e in particolare contro il vuoto da essi postulato. Se il movimento locale può essere distinto in violento o naturale (al primo tipo appartiene, per esempio, il moto di una pietra scagliata verso l'alto, al secondo il moto di un fiume verso il basso),
[Aristotele] come vi potrà essere un movimento naturale lungo il vuoto e l'infinito, se in questi non persiste alcuna differenza? Infatti nel primo, in quanto infinito, non ci saranno né l'alto né il basso né il mediano, e nel il secondo, in quanto vuoto, l'alto non differisce affatto dal basso ... Lo spostamento naturale, invece, ha le sue differenze ... Dunque, o non c'è per natura alcuno spostamento in nessun luogo e per nessuna cosa, oppure, se questo c'è, non c'è affatto un vuoto. Inoltre, i proiettili si muovono ancora, benché non li tocchi più colui che li ha lanciati, perché l'aria, spinta, spinge a sua volta con un moto più veloce di quello spostamento del corpo spinto, in virtù del quale il corpo stesso viene spostato verso il suo proprio luogo. Nessuna di queste cose può verificarsi nel vuoto. (Fisica 215 a 6-18)
Con questa teoria dei luoghi naturali, comunque, Aristotele rinnegava la formidabile intuizione scientifica dei presocratici (per esempio, di Parmenide e di Democrito) della continuità, omogeneità ed isotropia dell'universo: se i corpi misti si muovono di movimenti misti, questi sono però riconducibili ai movimenti semplici degli elementi, che sono sempre finalizzati al raggiungimento da parte di ciascuno di essi del proprio luogo naturale. E se l'universo ha un alto un basso e un centro, è ovvio che sarà finito: Aristotele è cosciente della sua opposizione - anche su questo punto - alle dottrine dei presocratici:
[Aristotele] Bisogna anche indagare in primo luogo se c'è un corpo infinito, come credeva la maggior parte degli antichi filosofi, o se questa è una cosa impossibile ... Ma è chiaro che ciò che è composto di elementi finiti per numero e grandezza è finito per numero e grandezza, perché la natura del composto dipende da quella dei componenti. (Sul cielo 271 b 2-23)
Un universo quindi finito, naturalmente «segnato» e «connotato» in tutti i suoi luoghi, nel quale ad ogni elemento e ad ogni corpo è assegnato il suo posto preciò: ma anche un universo caratterizzato da un netto dualismo al suo interno. Se da un lato c'è il regno dei quattro elementi e dei loro movimenti semplici rettilinei, che è il mondo terrestre o sublunare, e
[Aristotele] se il movimento circolare è un movimento semplice, e se un corpo, semplice ha un movimento semplice: è necessario che ci sia un corpo semplice che di sua propria natura si muova di moto circolare ... Perciò, poiché c'è un corpo primo oltre il fuoco, la terra, l'aria e l'acqua, il luogo più alto fu chiamato etere, dal fatto che esso corre sempre per tutta l'eternità. (Sul cielo 269 a 3 270 b 21) 3)
Da un lato dunque il mondo sublunare, composto dai quattro elementi, e dall'altro il mondo sopralunare, o celeste, composto da un quinto elemento, l'etere, e caratterizzato dal moto perfetto per definizione, il moto circolare, proprio di tutti gli astri. Anche qui è evidente, in Aristotele, l'influenza del platonismo; anche se gli astri non sono divinità nel senso platonico o in quello della religione popolare, essi non sono più nemmeno corpi in tutto e per tutto simili alla nostra terra, come avevano sostenuto Ionici, Anassagora e Democrito: la loro superiorità rispetto al mondo terrestre era garantita non solo dalla maggiore nobiltà della «quinta essenza» che li compone, ma anche dal movimento circolare perfetto che li contraddistingue. Ma tutto ciò che si muove, nel mondo sublunare come nel mondo sopralunare, non ha in se stesso il principio del movimento: un'altra grande conquista della fisica preplatonica, che il movimento ha in se stesso le sue ragioni e bisogna trovarne i ritmi e le misure e non i perché, veniva abbandonata a favore di una visione teleologica (da telos = fine, scopo) dell'universo. Tutto ciò che si muove, si muove in vista del raggiungimento di un fine: così si spiega il passaggio dalla potenza all'atto, così si spiega il movimento fisico con la teoria dei luoghi naturali; ma tutto ciò che si muove è mosso da qualche cosa che a sua volta è mossa: non però in un processo all'infinito, perché deve esserci necessariamente un termine alla serie dei mossi-motori.

Casertano, Montano, Tortora, Storia delle filosofie, Il tripode, 1982-1985, p. 186 – 188

A differenza di quanto affermano Casertano, Montano e Tortora, non esiste una fisica meccanicistica in Democrito, ma c'è la constatazione di una realtà che viene analizzata ed interpretata. Non è Democrito che parla meccanicisticamente dell'universo, ma gli si vuole attribuire un'interpretazione meccanicistica al fine di inserirlo in un modello che permette un'aggressione aprioristica.

Aristotele trasforma l'universo abitato dall'uomo, dalle stelle e dai pianeti, nel "regno di dio". Una forma statica, priva di mutamento perché priva di stimoli soggettivi, priva di desideri e priva di necessità. Pertanto, i soggetti che si muovono nell'universo aristotelico sono privi di volontà. Puri oggetti obbedienti che si muovono per un fine.

Per Democrito nell'universo non c'è né un sopra né un sotto. Non c'è un alto o un basso. L'universo è del tutto simile in tutte le sue parti. Questa idea disturba Aristotele che volendo dominare il mondo, tenterà di farlo attraverso Alessandro Magno, lo può fare solo se il mondo ha una gerarchia, un alto e un basso. Questo è il motivo per cui la visione della realtà di Democrito disturba grandemente Aristotele.

Ad Aristotele appare assurdo il movimento nel vuoto e nell'infinito. Dice. "come vi potrà essere un movimento naturale lungo il vuoto e l'infinito, se in questi non esiste nessuna differenza?". Certo, non c'è differenza nel vuoto e nell'infinito, ma c'è differenza fra gli oggetti che percorrono il vuoto indefinitivamente. Il fatto che io muovendomi rinnovo l'orizzonte verso cui guardo, non è lo stesso Io che si è mosso da un orizzonte ad un altro.

Per Aristotele un corpo non si sposta da un luogo ad un altro, ma "viene spostato verso il proprio luogo". Nemmeno lo spostamento è vissuto dal corpo, ma è un ente esterno che impone lo spostamento al corpo.

Dice Aristotele che è necessario indagare se c'è un corpo infinito. Ma un corpo infinito è indagabile solo da chi è infinito. Chi è finito è contenuto nell'infinito e può dire di essere nell'infinito perché, per quanto percorra l'infinito, finisce prima la sua vita che non l'orizzonte verso il quale si muove.

In questo modo, per combattere la democrazia democritea del mondo, Aristotele si inventa il paradiso dei cristiani dividendo il mondo in mondo sublunare e in mondo sopralunare o celeste.

In questo modo Aristotele cambia le priorità degli oggetti nel mondo. Questi non hanno il movimento in sé stessi, cioè la loro volontà di adattamento soggettivo alle variazioni oggettive, ma tutto si muove in funzione di un fine. Il grande fine voluto da "Dio", dal padrone, che nell'immaginario Aristotelico era Alessandro Magno ma che nel cristianesimo diventerà "Dio".

"Dio" il tessitore delle vicende umane che per i propri fini determina i "destini" e le azioni degli oggetti nell'universo. Questa idea aristotelica si trasferisce nel cristianesimo e diventerà il movimento nell'attesa della fine del mondo. Il termine dei motori-mossi.

La contrapposizione fra Democrito e Platone è la contrapposizione fra democrazia e dittatura. Dove la dittatura si nutre di farneticazioni promettendo luminosi avvenire mentre la democrazia si nutre di analisi della realtà in cui l'uomo vive.

 

Marghera, 10 marzo 2019

 

 

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Claudio Simeoni

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