Vladimir Ilyich Ulyanov detto Lenin

Le biografie dei giocatori - venticinquesima biografia

Capitolo 108

La partita di calcio mondiale fra i filosofi

Claudio Simeoni

 

Le biografie dei filosofi che partecipano alla partita di calcio

 

La biografia di Vladimir Ilyich Ulyanov detto Lenin

 

Vladimir Lenin nasce nel 1870 a Simbirsk. Il padre era laureato in matematica e insegnò matematica fin dal 1855 diventando ispettore scolastico per il governo zarista. Vladimir aveva due fratelli più grandi di lui, Anna (1864-1935) e Aleksandr (1866-1887). Il padre era di religione ortodossa mentre la madre proveniva da una famiglia ebrea convertita diventando cristiana ortodossa.

Lenin imparò a leggere e a scrivere molto presto, all'età di cinque anni, e frequentò studi privati per nove anni.

Nel 1879 si iscrisse alla prima classe ginnasiale.

Nel 1883 il fratello Aleksandr frequentò l'università di Pietroburgo studiando scienze naturali. La stessa università era frequentata dalla sorella Anna.

Nel 1886 muore il padre di Lenin e la famiglia visse di pensione e dei ricavati degli affitti delle terre.

Nel 1887 la polizia cristiana ortodossa dello Zar arresta Aleksandr e la sorella Anna a San Pietroburgo accusandoli di cospirazione. Aleksandr era affiliato alla Narodnaja Volja (Volontà del popolo) che nel 1881 aveva ucciso lo zar Alessandro II. Anna fu rilasciata dopo qualche giorno mentre Aleksandr che aveva confezionato le bombe per l'attentato allo zar fu condannato a morte. Si rifiutò di presentare la domanda di grazia e fu impiccato con altre quattro persone.

Lenin consegue il titolo di studio del ginnasio e viene definito dal preside, intelligente, ma poco socievole con i compagni e scostante anche rispetto a persone che conosce. La morte del fratello lo ha colpito molto. L'esecuzione di Aleksandr ha isolato la famiglia Ul'janov. Per questo si trasferiscono a Kazan' e Lenin si iscrive a quella università studiando legge.

Nel 1887 gli studenti di Kazan' tennero un'assemblea nell'università. Questo atto sovversivo venne represso dalla polizia cristiano-ortodossa dello Zar che arrestò una quarantina di studenti fra cui Lenin. Lenin non subì nessuna accusa, solo atti repressivi con l'espulsione dall'università e col confino a Kokuskino. Lenin aveva 17 anni e poté rientrare in famiglia a Kazan' solo nell'autunno 1888.

Costretto a rinunciare allo studio universitario, prese a frequentare i circoli studenteschi di Kazan'. Circoli populisti, come quello di Marija Cetvergova, oppure circoli marxisti come quello organizzato dal marxista Fedoseev. Lenin studiava il Capitale e altri testi, ma non sembra che in quel periodo abbia rotto con le idee dei populisti.

Nel 1889 la famiglia Ul'janov andarono in vacanza d'estate a Alakaevka nella provincia di Samara dove la madre aveva acquistato una piccola proprietà agricola dopo aver vendutole sue proprietà. Fu una fortuna per Lenin, perché nel luglio di quell'anno fu chiuso dalla polizia cristiano-ortodossa dello Zar il circolo Fedoseev e tutti i membri arrestati. L'inverno successivo fu trascorso in una casa presa in affitto a Samara che, oltre alla famiglia di Lenin, ospitò una nutrita schiera di populisti come Nikolaj Dolgov, seguace di Necaev, i coniugi Livanov e Marija Golubeva.

Nel 1890 Lenin poté sostenere gli esami all'Università di San Pietroburgo come studente esterno. Iniziò a studiare sia Engels che Marx leggendo "L'Anti During", "Miseria della filosofia", "Il Capitale", "Le nostre divergenze" di Plecanov.

Nel 1891 Lenin dette tutti gli esami di laurea dei quattro anni previsti di corso in un anno e mezzo laureandosi a pieni voti in giurisprudenza. Poi fece il tirocinio con l'avvocato Chardin e ottenne l'iscrizione all'albo degli avvocati.

Nel 1891 e il 1892 le scelte della chiesa ortodossa Russa e dello Zar produssero una grave carestia che alimentò la povertà e la carenza alimentare. Lenin frequentava dei populisti come Aleksej Skljarenko e Semenov che diffondevano volantini di propaganda dell'organizzazione populista Narodnaja Volja. In quegli anni maturò la convinzione di rompere con il populismo. La questione era abbastanza semplice: l'idea politica doveva modificare le condizioni in cui viveva l'uomo o doveva soccorrere l'uomo nelle difficoltà affinché continuasse a vivere in quelle condizioni? L'una può non escludere l'altra, ma sta di fatto che a seconda di che cosa metti a fondamento dell'agire politico, così trasformi l'uomo politico che agisce nella società.

Nel 1893 Lenin si trasferisce a San Pietroburgo. Diventa assistente dell'avvocato Folkenstein e si impegna politicamente nel circolo dei social-democratici organizzato da Michail Brusnev che già aveva subito repressione da parte della polizia ortodossa dello Zar. Il circolo si dette una strategia per allargare la propria base di consenso e di discussione sia fondendosi con altri circoli, sia mettendo in atto azioni di diffusione delle idee nelle fabbriche.

Fondamentale è la rottura di Lenin col populismo. Il populismo presenta la speranza, l'attesa illusoria nell'evento salvifico, e fa leva sull'educazione cristiana-ortodossa imposta nell'infanzia mediante l'idea della provvidenza divina. Il populista non analizza la realtà nella quale vive, si limita ad alimentare le illusioni per attrarre l'attenzione di chi spera in un cambiamento fondamentale nella sua esistenza. A differenza del populista, Lenin indica nell'analisi della realtà vissuta il metodo per cercare le soluzioni ai problemi sociali. Ne segue che i problemi sociali hanno delle ragioni, sono costruiti per dei fini sociali. Riconoscere la fonte che genera i problemi sociali e i loro fini permette di individuare gli strumenti con cui affrontarli e risolverli.

Nel 1894 Lenin scrive il saggio "Che cosa sono gli "amici del popolo" e come lottano contro i socialdemocratici?".

Scrive Lenin in "Che cosa sono gli "amici del popolo" e come lottano contro i socialdemocratici?".

La Russkoie Bogatstuo ha iniziato una campagna contro i socialdemocratici. Già nel n. 10 dello scorso anno, uno dei dirigenti di questa rivista, il signor N. Mikhailovski, aveva annunciato prossima la «polemica» contro «i nostri cosiddetti marxisti o socialdemocratici». In seguito comparvero gli articoli del signor S. Krivenko, A proposito degli intellettuali isolati (n. 12), e del signor N. Mikhailovski, La letteratura e la vita (nn. 1 e 2 della Russkoie Bogatstvo del 1894). Quanto alle idee proprie della rivista sulla nostra realtà economica, esse sono state esposte nel modo più completo dal signor S. Iugiakov nell 'articolo Problemi dello sviluppo economico della Russia (nei nn. 11 e 12). Questi signori, che nella loro rivista pretendono in generale di rappresentare le idee e la tattica dei veri «amici del popolo», sono nemici acerrimi della socialdemocrazia. Proviamo dunque ad esaminare più da vicino questi «amici del popolo», la loro critica del marxismo, le loro idee, la loro tattica.

Lenin, Opere scelte in 6 volumi, "Che cosa sono gli "amici del popolo" e come lottano contro i socialdemocratici?", Editori Riuniti – Edizione Progress, 1972, p. 47

Nel 1894 Lenin conosce Nadezda Konstantinovna Krupskaja che diventerà sua moglie e sarà l'artefice della rivoluzione pedagogica delle scuole dell'Unione Sovietica tentando di sottrarre, almeno in parte, il controllo dei bambini alla chiesa ortodossa.

Nel 1895 Lenin parte per la Svizzera per prendere contatti con Georgij Plechanov. Si accordò per pubblicare un giornale con gli esuli russi. Dopo un mese Lenin partì per Parigi dove incontra Paul Lafargue, genero di Marx e dirigente del Partito Operaio Francese. Rientrò in Russia passando per Berlino nel settembre dello stesso anno. Lenin dal suo viaggio portò in Russia tutta una serie di libri marxisti.

Nel dicembre del 1895 Lenin fu arrestato. L'arresto impedì l'uscita della rivista "La causa operaia".

Nel 1896 quando veniva incoronato lo Zar cristiano-ortodosso Nicola II, l'associazione di Lenin, "Unione di lotta" organizzò scioperi a San Pietroburgo per la riduzione dell'orario di lavoro.

Nel frattempo Lenin fu condannato a tre anni di deportazione in Siberia e là sposò Nadezda Konstantinovna Krupskaja deportata in Siberia per aver partecipato ad uno sciopero.

1900 liberato dal confino Lenin chiede di poter espatriare. Cosa che gli fu permessa. Abitò a Zurigo, Ginevra e Parigi vivendo a Monaco di Baviera dove fu raggiunto dalla moglie (1901) anche lei uscita dal confino in Siberia. A Monaco fondò la rivista "La scintilla", insieme a Plechanov e a Martov, che veniva diffuso clandestinamente in Russia.

Nel 1902 iniziarono i contrasti fra Lenin e Plechanov sui principi e le tesi con cui i partito doveva agire in Russia. Lenin pubblicò il "Che fare" in cui tende a contrastare i "revisionisti" di Bernstein e gli "economicisti" per i quali i marxisti dovevano essere al servizio dei liberali e limitarsi alle questioni economiche dei proletari.

Scrive Lenin nel "Che fare":

Ma il mezzo male diventa un male effettivo quando questa coscienza comincia ad oscurarsi (ed essa era vivissima nei militanti dei gruppi menzionati), quando c'è della gente - e persino dei giornali socialdemocratici - che è pronta a presentare le deficienze come virtù e persino a tentar di giustificare teoricamente la propria sottomissione servile alla spontaneità. E' tempo di fare il bilancio di questa tendenza, molto inesattamente definita col termine di «economismo», che è troppo ristretto per esprimerne tutto il contenuto. Prima di passare alle manifestazioni letterarie di questa sottomissione alla spontaneità, segnaleremo un fatto caratteristico (corniciatoci dalla fonte già citata), che getta una certa luce sul modo come tra i compagni attivi di Pietroburgo era sorto e si era sviluppato il dissenso tra le due future tendenze della socialdemocrazia russa. All'inizio del 1897, A. A. Vaneiev ed alcuni suoi compagni, prima di essere deportati, parteciparono a una riunione privata dove s'incontrarono dei membri «vecchi» e «giovani» dell '«Unione di lotta per l'emancipazione della classe operaia». La conversazione verté principalmente sull'organizzazione e, in particolare, su quello «Statuto della cassa operaia» che venne pubblicato nella sua forma definitiva nel n. 9-10 del Listok «Rabotnika» (p. 46). Fra i «vecchi» (i «decabristi», come li chiamavano per scherzo i socialdemocratici pietroburghesi) e alcuni dei «giovani» (i quali, in seguito, collaborarono attivamente alla Rabociaia Mysl) si manifestò subito un dissenso nettissimo e si impegnò un 'accanita discussione. I «giovani» difendevano i punti principali dello statuto così com'era stato pubblicato. I «vecchi» dicevano che non da ciò bisognava cominciare, ma che si doveva prima di tutto consolidare l'«Unione di lotta», farne un'organizzazione di rivoluzionari alla quale fossero subordinate le diverse casse operaie, i circoli di propaganda fra la gioventù studentesca, ecc. Gli avversari erano certamente lontani dall'indovinare in questo dissenso il germe di una divisione; lo consideravano al contrario come accidentale ed isolato. Ma l'episodio dimostra che il sorgere e l'estendersi dell'«economismo» in Russia non furono disgiunti dalla lotta contro i «vecchi» socialdemocratici (cosa che spesso dimenticano gli «economisti» dei nostri giorni). E se questa lotta non ha, in generale, lasciato tracce «documentarie», lo si deve unicamente al fatto che i membri dei circoli operai cambiavano con inverosimile rapidità, che non si creava nessuna continuità e che, perciò, i punti di vista divergenti non venivano fissati in nessun documento. La pubblicazione della Rabociaia Mysl portò l'«economismo» alla luce del sole, ma non di colpo. Bisogna rappresentarsi concretamente le condizioni di lavoro e l'effimera esistenza degli innumerevoli circoli russi (cosa possibile soltanto a chi vi è passato) per comprendere quanto vi fosse di fortuito nel successo o nell'insuccesso della nuova tendenza nelle diverse città e l'assoluta impossibilità nella quale si trovarono per lungo tempo, sia i partigiani che gli avversari di questa (muova» tendenza, di determinare se essa era effettivamente una tendenza definita o semplicemente il prodotto dell'impreparazione di singole perone. Per esempio, i primi numeri poligrafati della Habociaia Mysl rimasero completamente sconosciuti alla immensa maggioranza dei socialdemocratici, e noi abbiamo ora la possibilità di richiamarci all'editoriale del primo numero, unicamente perché esso è stato riprodotto nell'articolo di V. I. (Listok «Rabotnika», n. 9-10, p. 47 e sgg.), il quale, con uno zelo per lui eccessivo, porta alle stelle il nuovo giornale, così diverso dai giornali e progetti già citati. Vale la pena di arrestarsi un po' su questo editoriale, che esprime con tanto rilievo tutto lo spirito della Rabociaia Mysl e dell'«economismo» in generale. Dopo aver detto che le uniformi azzurre non arresteranno mai i progressi del movimento operaio, l'editoriale continua: « ... 11 movimento operaio deve questa sua vitalità al fatto che l'operaio ha preso finalmente nelle sue mani la propria sorte, strappandola dalle mani dei suoi dirigenti». Questa tesi fondamentale è poi svolta in seguito particolareggiatamente. In realtà, i dirigenti (cioè i socialdemocratici, fondatori dell'«Unione di lotta») erano stati strappati, si può dire, alle mani degli operai dalla polizia mentre ci si vuol far credere che gli operai lottavano contro questi dirigenti e si erano liberati dal loro giogo! Invece di esortarli ad andare avanti. a consolidare l'organizzazione rivoluzionaria e ad estendere l'attività politica, si esortano gli operai ad andare indietro, a ritornare alla pura lotta tradunionista. Si proclama che «la base economica del movimento è oscurata dall'aspirazione a non dimenticare mai l'ideale politico», che la parola d'ordine del movimento operaio è: «Lotta per le condizioni economiche» (!), oppure meglio ancora: «Gli operai per gli operai»; si dichiara che le casse di sciopero «hanno per il movimento più valore di un centinaio di altre organizzazioni» (si confronti questa affermazione, che risale all' ottobre 1897, con la disputa fra «decabristii e «giovani» agli inizi del 1897), ecc. Le formule come quella che la chiave di volta della situazione deve essere non il «fiore» degli operai, ma l'operaio «medio», l'operaio di massa, o come: «La politica segue sempre docilmente l'economia», ecc. ecc., acquistarono gran voga ed ebbero un'influenza irresistibile sulla massa dei giovani venuti al movimento alla vigilia e che, per la maggior parte, conoscevano soltanto frammenti del marxismo attraverso l'esposizione che ne facevano le pubblicazioni legali. Così la coscienza era completamente soffocata dalla spontaneità, dalla spontaneità di quei «socialdemocratici» che ripetevano le «idee» del signor V.V., dalla spontaneità degli operai che erano stati sedotti dall'argomento che un copeco su di un rublo valeva molto più di ogni socialismo e di ogni politica, che essi dovevano «lottare sapendo che lottavano non per delle ignote generazioni future, ma per sé e per i propri figli» (editoriale del n. 1 della Rabociaia Mysl). Le frasi di questo genere sono sempre state l'arma preferita di quei borghesi dell'Europa occidentale i quali, odiando il socialismo, lavoravano essi stessi (come il «sozial poli tiker» tedesco Hirsch) a trapiantare nel loro paese il tradunionismo inglese, ed affermavano agli operai che la lotta esclusivamente sindacale è· precisamente una lotta per sé e per i propri figli, e non per una qualche generazione futura, per un qualche socialismo futuro. E ora «i V. V. della socialdemocrazia russa» si mettono a ripetere queste frasi borghesi. E importante rilevare qui tre punti che ci saranno di grande aiuto nella nostra analisi dei dissensi attuali ... * *. In primo luogo, il soffocamento della coscienza da parte della spontaneità, da noi indicato, è avvenuto anch'esso in modo spontaneo. Sembra un gioco di parole, ma è purtroppo l'amara verità. Esso non è avvenuto attraverso la lotta dichiarata fra due concezioni diametralmente opposte e la vittoria dell'una sull'altra, ma perché in numero sempre maggiore i «vecchi» rivoluzionari sono stati «prelevati» dalla polizia e sostituiti gradualmente dai «giovani» (N. V. della socialdemocrazia russa». Tutti coloro che hanno, non dico, partecipato al movimento russo· contemporaneo, ma ne hanno semplicemente respirato l'aria, sanno perfettamente che le cose stanno così.

Tratto da Lenin, Che fare,

Lenin, Opere scelte in 6 volumi, "Che fare", Editori Riuniti – Edizione Progress, 1972, p. 270 - 273

L'obbiettivo di Lenin erano i populisti che anziché agire in una prospettiva di costruzione di un possibile futuro, inchiodavano l'attenzione degli operai al momento presente in una forma di "privilegio egoistico" che li separava dall'insieme della società civile. La condizione l'abbiamo vista anche nell'ultimo decennio del XX secolo e nei primi 18 anni del XXI secolo con la contrapposizione fra operai con diritti riconosciuti dalla legge e il precariato che con i lavoratori interinali stava diventando una nuova struttura economica che fungeva da cuscinetto fra operai, dipendenti con contratto definitivo, e la struttura economica di emarginati fra i quali si muove il sottobosco dello spaccio di droga e del traffico di esseri umani. I populisti dissero agli operari garantiti, "fatevi gli affari vostri" e in questo modo finirono per indebolire gli operai garantiti spingendoli sempre più nella precarietà. Se avessero agito considerando che la stabilità economica dei precari consentiva una maggior forza di contrattazione degli operai garantiti, non si sarebbero imboccate molte vie di emarginazione che il capitale ha messo in atto.

Il partito di Lenin doveva essere il partito politico degli operai che, garantendo gli interessi degli operai, garantiva gli interessi di tutto il sistema sociale e di tutti i cittadini. La centralità dell'operaio non era la centralità del "nuovo despota", ma era la cartina di tornasole che misurava l'intera società civile. La società a misura dell'operaio era la società che garantiva le condizioni economiche di tutto il paese che oggi definiremo come "classe media".

La questione delle minoranze sotto lo zar.

Sotto lo zar, le minoranze dell'Impero Russo dovevano assimilare lingua e cultura russa e rinunciare alla propria identità etnica. Pobedonoscev, procuratore del Sinodo dei cristiani-ortodossi che guidava le azioni dello zar Nicola II, violò l'autonomia della Finlandia garantita dal momento in cui la Finlandia divenne parte dell'Impero Russo. Nel 1899 lo zar Nicola II sospese la Costituzione e impose alla Finlandia le leggi dell'Impero senza che queste potessero essere discusse dal parlamento locale. Ci furono delle sommosse alle quali il cristiano-ortodosso Nicola II rispose sospendendo la Costituzione e dando il potere assoluto al governatore Bobrikov. Un anno dopo Bobrikov fu assassinato.

L'Armenia era usata come stato-vassallo contro la Turchia. Per questo erano consentite scuole e teatri in lingua armena e la cultura armena tollerata. Nel 1897 furono chiuse le scuole armene per procedere alla russificazione della regione. Nel 1903 furono sequestrati i beni della chiesa locale e la rivolta si estese per tutto il Caucaso.

La minoranza più perseguitata era quella ebrea. Agli ebrei era vietato risiedere nei villaggi e per risiedere nelle città serviva un permesso speciale come per le prostitute. Lo Zar ricorreva spesso ai pogrom. Il pogrom era letteralmente «devastazione». E' il termine con cui vengono indicate le sommosse popolari antisemite istigate dalla chiesa cristiano-ortodossa e dai cattolici con massacri degli ebrei e saccheggio dei loro beni. Quando i governatori scrissero al primo ministro che molti ebrei si stavano alleando con i rivoluzionari, il primo ministro nel 1904 acconsentì affinché gli ebrei, che avevano combattuto nella guerra russo-giapponese, potessero stabilirsi nei villaggi.

La situazione contadina non era migliore. In seguito al controllo delle terre dei nobili e della servitù della gleba imposta si annoverano una serie di rivolte spesso alimentate dalle frequenti carestie come quella del 1897 e del 1899. Si calcola che ci furono 48 villaggi in rivolta nel 1900, 50 nel 1901, 340 nel 1902, 141 nel 1903 e 91 nel 1904.

A queste rivolte lo zar Nicola II, parlando a Kursk, ammonì i contadini a "ubbidire ai rappresentanti della nobiltà" e a dedicarsi a una vita "parsimoniosa e ossequiente ai comandamenti divini".

Nel 1901-1902 nel tentativo di fermare le dinamiche sociali la polizia cristiano –ortodossa zarista costruisce i "Protocolli di Sion" una "fake new", come si direbbe oggi, o un falso che serviva per screditare gli ebrei dal momento che la polizia cristiano-ortodossa pensava che emarginando e criminalizzando gli ebrei avrebbe potuto fermare o, quanto meno, contenere il malcontento popolare per la condizione di servitù della gleba imposta alla popolazione dai cristiani-ortodossi.

Nel 1903 si tenne a Bruxelles il II Congresso del Partito Operaio Socialdemocratico Russo (POSDR) in cui iniziarono i contrasti fra i seguaci di Lenin e quelli di Martov e Aksel'rod. L'oggetto del contendere era che, mentre Lenin voleva far iscrivere al partito solo individui che avevano una capacità critica rispetto all'esistente, Martov voleva far iscrivere chiunque al partito. Lenin aveva in testa un partito di avanguardie politiche e consapevoli, Martov aveva in mente un movimento populista.

Lo stesso Trotskij appoggiò Martov.

Al congresso la redazione di Iskra, Lenin Plechanov e Martov, furono eletti al Comitato centrale assieme a Krzizanovskij e Lengnik, vicini alle posizioni di Lenin e Noskov. Fu da allora che si distinsero chi aderiva alle posizioni di Lenin chiamandolo bolscevico e chi aderiva alle posizioni di Martov chiamato menscevico. Martov si rifiutò di far parte della redazione di Iskra. Martov si rifece a Ginevra durante il Congresso della Lega estera della socialdemocrazia rivoluzionaria russa. Si tratta di un'organizzazione fondata da Plechanov che impose alla redazione di Iskra di accogliere altri tre membri tutti di ispirazione menscevita. Lenin, a quel punto, abbandonò la rivista Iskra pur rimanendo nel Comitato centrale del partito.

Sull'opportunismo, scrive Lenin in "Un passo avanti e due indietro":

Quando si parla della lotta contro l'opportunismo non bisogna mai dimenticare il tratto caratteristico di tutto l'opportunismo contemporaneo nei più diversi campi: la sua indeterminatezza, il suo carattere amorfo, la sua impalpabilità. Per la sua stessa natura, l'opportunista evita sempre di porre le questioni in maniera chiara e precisa, cerca una risultante, sguscia come un'anguilla tra posizioni che si escludono a vicenda, tentando di «essere d'accordo» con l'una e l'altra, riducendo le proprie divergenze a piccoli emendamenti, a dubbi, a pii e innocenti desideri, ecc. ecc. Il compagno Ed. Bernstein, opportunista nelle questioni programmatiche, «è d'accordo» col programma rivoluzionario del partito, e, benché ne auspichi verosimilmente una «riforma radicale», ritiene tuttavia che ciò sia intempestivo, inopportuno, non sia altrettanto importante quanto la spiegazione dei «princìpi generali» della «critica» (che consistono principalmente nell'adottare acritica mente i principi e le formule della democrazia borghese). Il compagno von Vollmar, opportunista nei problemi tattici, è parimenti d'accordo con la vecchia tattica della socialdemocrazia rivoluzionaria e si limita più che altro alla declamazione, ai piccoli emendamenti, ai motteggi, senza formulare in alcun modo una precisa tattica «ministeriale». I compagni Martov e Axelrod, opportunisti nelle questioni organizzative, non hanno sinora formulato neanch'essi, nonostante gli aperti inviti, una concreta tesi teorica che possa essere «fissata statutariamente»; anch'essi desidererebbero, desidererebbero incondizionatamente, una «riforma radicale» del nostro statuto organizzativo (Iskra, n. 58 p. 2, colonna 3), ma preferirebbero occuparsi preventivamente delle «questioni generali dell'organizzazione» (perché una riforma veramente radicale del nostro statuto, che, nonostante il 1, è pur sempre centralistico, porterebbe inevitabilmente, se attuata nello spirito della nuova Iskra, all'autonomia, mentre il compagno Martov non vuole ammettere, nemmeno di fronte a se stesso, la sua tendenza di principio verso l'autonomia). La posizione «di principio» di questi compagni nella questione organizzativa brilla perciò di tutti i colori dell'arcobaleno: predominano le innocenti declamazioni patetiche sull'autocrazia e sul burocratismo, sull'obbedienza cieca, sulle viti e rotelline, declamazioni tanto innocenti che è tuttora molto, ma molto difficile distinguervi il senso veramente di principio da quello veramente cooptazionale. Ma più si va avanti nel bosco, più legna si trova: i tentativi di analizzare e definire con precisione l'odioso «burocratismo» portano inevitabilmente all'autonomia, i tentativi di «approfondire» e motivare portano ineluttabilmente a giustificare l'arretratezza, al codismo, alla fraseologia girondina. Infine, come unico principio, come principio veramente preciso, e che perciò si manifesta nella pratica con particolare evidenza (la pratica precede sempre la teoria), appare il principio dell'anarchia. Derisione della disciplina - autonomia - anarchia: ecco la scala sulla quale, ora scendendo, ora salendo, si muove il nostro opportunismo organizzativo, saltando da un gradino all'altro e sfuggendo ad arte ogni formulazione precisa dei propri princìpi *.

Lenin, Opere scelte in 6 volumi, "Un passo avanti e due indietro", Editori Riuniti – Edizione Progress, 1972, p. 536 - 537

Martov commentò, sulla nuova Iskra di cui ora aveva il controllo, lo scritto di Lenin affermando che Lenin era finito.

Nel 1904 a Ginevra il partito ha deciso di respingere la richiesta di un nuovo congresso e i bolscevichi all'interno del Comitato Centrale si schierarono con i menscevichi tranne Lengnik. Lenin, per tutta risposta, lascia ogni carica nel Partito e se ne va in vacanza, in montagna, a Losanna. Dopo due mesi Lenin riprende i contatti con i compagni che operano in Russia e che fanno parte dell'"Ufficio dei comitati bolscevichi".

Nel 1905 esce il giornale bolscevico "Avanti" con l'intento di riprendere la linea della vecchia Iskra e di appoggiare la lotta dei bolscevichi contro i menscevichi.

Nel 1900 Sergej Zubatov della polizia segreta cristiano-ortodossa zarista espose ai suoi superiori dell'Ochrana l'idea di costituire un sindacato con membri fedeli al regime zarista che presentassero le istanze degli operai per alimentare rivendicazioni innocue per il regime. La proposta fu accettata dalla polizia segreta zarista e società di sindacati operai controllati dalla polizia zarista furono organizzati in tutte le città russe. A San Pietroburgo Zubatov incontrò il prete ortodosso Georgij Gapon e lo convinse a partecipare a questo sindacato zarista. Georgij Gapon fondò l'Assemblea degli Operai Russi e nello statuto si rivendicavano diritti culturali da consumarsi nel tempo libero. Georgij Gapon lavorava a stretto contatto con la polizia zarista. L'Ochrana e il governo finanziavano Georgij Gapon e quando, in seguito ad uno sciopero generale per il licenziamento di alcuni lavoratori nel dicembre del 1904, i lavoratori si riunirono in assemblea, Georgij Gapon propose di scrivere una petizione da consegnare allo zar Nicola II.

Il 22 gennaio 1905 Georgij Gapon e altri dirigenti dell'organizzazione sindacale legata alla polizia segreta zarista si incamminarono verso il palazzo d'Inverno. Georgij Gapon era preceduto da commissari di polizia e da operai che reggevano i ritratti dello Zar e della Zarina e portava una grande croce. Dai manifestanti si alzavano canti religiosi e lodi allo Zar.

Lo Zar dette ordine di ammazzarli.

Fu un genocidio. Quanti furono i morti? La polizia segreta zarista preparò fosse comuni nelle quali nascondere centinaia di cadaveri. Qualcuno parlò di diecimila morti. Ma la fonte più attendibile fu tra gli 800 e i 1200 morti. Uomini, donne e qualche bambino del quale non conosceremo nemmeno il nome. Il bestiame umano apparteneva allo Zar e in quanto bestiame era nel diritto dello Zar portarlo al macello della vita.

Lenin spinse i bolscevichi ad intervenire incitando all'insurrezione armata contro il dispotismo zarista. I menscevichi accusarono i bolscevichi di aver deviato dal marxismo e Lenin, per tutta risposta, spinse i bolscevichi a rompere definitivamente le relazioni politiche e organizzative con i menscevichi. L'appello non fu accolto.

Il III Congresso del POSDR si tenne a Londra e in quell'occasione Lenin presentò le sue idee in un opuscolo dal titolo "Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica".

Scrive Lenin:

In poche parole, perché il proletariato non si trovi ad avere le mani legate nella lotta contro la democrazia borghese inconseguente, deve essere abbastanza cosciente e forte per elevare i contadini alla coscienza rivoluzionaria, per dirigere la loro offensiva e attuare così di propria iniziativa una democrazia proletaria conseguente. Ecco come si pone la questione, risolta in modo così infelice dai neoiskristi, del pericolo di trovarsi ad avere le mani legate nella lotta contro la borghesia inconseguente. La borghesia sarà sempre inconseguente. Nulla di più ingenuo e di più sterile che il voler presentare delle condizioni o delle clausole che, una volta soddisfatte, permetterebbero di considerare la democrazia borghese come un'amica sincera del popolo. Solo il proletariato può combattere in modo conseguente per la democrazia. Ma potrà vincere soltanto se le masse contadine si uniranno alla sua lotta rivoluzionaria. Se il proletariato non avrà forze sufficienti, la borghesia si troverà alla testa della rivoluzione democratica e le darà un carattere inconseguente ed interessato. Per impedirlo non vi è altro mezzo all'infuori della dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini.

Lenin, Opere scelte in 6 volumi, "Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica", Editori Riuniti – Edizione Progress, 1972, p. 593

Nel 1905 lo zar Nicola II accettò qualche timida riforma liberale in seguito al disastro della guerra russo-nipponica. Il Giappone attaccò la Russia con l'aiuto dell'Inghilterra. Il Giappone e lo zar si contendevano il controllo della Manciuria e della Corea. Lo Zar non volle trattare pensando di poter schiacciare il Giappone. Il disastro economico in Russia provocato dalla guerra portò prima all'uccisione del ministro Pleve e poi costrinse lo zar a cedere verso un moderato parlamentarismo.

Nel 1905 Lenin fece ritorno a Pietroburgo sotto il nome falso di Karpov. Lenin spronò i bolscevichi a mantenere azioni sempre più incisive nel contesto violento in cui stava sprofondando la società russa.

Nel 1906 al IV congresso del partito che si tenne a Stoccolma, i menscevichi condannarono Lenin per la pratica delle rapine in banca con cui i bolscevichi finanziavano la loro attività politica.

Poco dopo il governo zarista si rimangiò le riforme parlamentari e restaurò l'assolutismo ordinando alla polizia segreta zarista, la Ochrana, di arrestare i rivoluzionari. Lenin fuggì prima in Finlandia e poi, dalla Finlandia passò in Svizzara.

Nel 1908 Aleksandr Bogdanov e gli altri bolscevichi decisero di spostare la loro sede a Parigi e Lenin li raggiunse a Parigi. Presto Lenin ruppe anche con Bogdanov. L'oggetto della contesa era il significato di avanguardia politica nel partito. Bogdanov aveva posizioni operaiste secondo cui "l'operaio andava politicizzato, ma rimaneva operaio" mentre Lenin considerava come avanguardia politica l'intellettuale che si faceva proletario, operaio. La questione apriva a due strategie politiche differenti e inconciliabili.

Sia nei confronti di Martov che nei confronti Bogdanov, Lenin antepose l'ideale, le idee politiche e filosofiche, al compromesso che gli avrebbe fruttato un immediato successo. Non scese a compromessi se non sul campo di battaglia. Questo atteggiamento, che in campo cristiano viene definito come "intransigente", fu sfruttato dalla polizia segreta zarista, Ochrana, per inviare un agente che fingendosi consenziente affiancasse Lenin sostenendolo nell'intransigenza e spiandolo. L'agente dell'Ochrana era Roman Malinovsky, ma sembra che Lenin lo avesse capito e se ne servisse per mandare false informazioni alla polizia cristiana-ortodossa dello zar.

Nel 1910 Lenin è a Copenaghen all'VIII Congresso della Seconda Internazionale per il POSDR. Dopo il congresso fece una vacanza a Stoccolma per approdare poi a Parigi con madre, sorelle e la moglie. A Parigi strinse amicizia con Inessa Armand. Si dice che potesse aver avuto con lei una relazione extraconiugale, ma le dicerie lasciano il tempo che trovano e appaiono più come un tentativo di discredito che non come fatti biografici. La frequentazione continuò fino al 1912.

Nel 1911 la Commissione centrale del POSDR decise di tornare in Russia e chiuse la sede a Parigi.

Nel 1912 Lenin organizzò una conferenza a Praga. Anche se i partecipanti erano quasi tutti bolscevichi, Lenin fu pesantemente attaccato ed accusato di estremismo. Nello stesso anno Lenin si trasferì a Cracovia. Là frequentò la biblioteca dell'Università Jagellonica per le sue ricerche. In contatto con il partito, Lenin convinse i bolscevichi della Duma a rompere con i menscevichi.

Nel 1913 Lenin incontra Iosif Stalin con cui discute del ruolo delle minoranze etniche. Nello stesso anno Lenin si reca a Berna dove la moglie viene operata alla tiroide.

Nel 1914 Lenin nomina Inessa Armand come rappresentante dei bolscevichi a Bruxelles per la riunione del partito in luglio. La mandò ad affrontare Kautsky, Vandervelde, Huysmans, Luxemburg, Plekhanov, Trotsky e Martov. Confidava nella sua forza ideale e nella chiarezza con cui sapeva esporre le sue idee.

Nel 1915 Inessa Armand in Svizzera organizzò la Conferenza Internazionale contro la guerra delle donne socialiste.

Nel 1915 e nel 1916 si tennero le conferenze di Zimmerwald e di Kienthal. Il ragionamento di Lenin era abbastanza semplice: "Se Germania, Francia, Inghilterra, Russia, Giappone e Italia, vogliono farsi la guerra fra di loro per rapinarsi a vicenda, la facciano senza coinvolgere gli operai, i contadini e i settori sociali sfruttati. Operai, contadini e settori sociali sfruttati o emarginati devono uscire dallo sfruttamento e dall'emarginazione e non diventare carne da macello di imperialisti come Germania, Francia, Inghilterra, Russia, Giappone e Italia."

In sostanza Lenin proponeva una separazione fra il "noi", intesi come soggetti sfruttati ed emarginati nella società, e "loro" intesi come soggetti che vivevano sugli emarginati e sugli sfruttati. L'assolutismo non è una nazione, un popolo o dei cittadini. L'assolutismo è una società asservita a chi detiene il potere assoluto e a chi alimenta i simboli che quel potere assoluto legittima. Mentre la borghesia divideva gli uomini orizzontalmente limitandoli in recinti chiamati "nazioni"; Lenin pensava gli uomini in maniera verticale. Gli operai, i contadini, i commercianti, i borghesi, sono tali al di là del recinto-nazione in cui vengono suddivisi.

Al contrario di Lenin, i partiti socialisti francesi e tedeschi votarono a favore del proprio assolutismo per favorire la sua guerra contro un altro assolutismo. Il tradimento non consiste nell'aver votato a favore del proprio assolutismo, ma di non aver nemmeno contrattato la diminuzione (o qualche diritto sociale) dell'assolutismo in cambio del voto favorevole.

Il concetto di guerra giusta e di guerra ingiusta è chiaro. La guerra è giusta quando aumenta la libertà nella società civile, è ingiusta quando diminuisce o restringe la libertà dei cittadini nella società. Una guerra è sempre fatta da un insieme di delitti e di atrocità. Ciò è proprio della guerra. La guerra, giusta o ingiusta, si definisce per i fini che persegue in relazione ai soggetti che nella guerra sono coinvolti. Poi, subentra il discorso della "propaganda", ma questo è un altro discorso.

Nel 1917 con i lavoratori delle industrie in sciopero, la Duma prese il controllo dello Stato. Lo zar Nicola II abdica, viene istituito un governo provvisorio e l'Impero Russo si trasforma nella Repubblica Russa.

Il ritorno in Russia di Lenin fu favorito dal governo Tedesco che sperava di alleggerire il fronte orientale. Ai bolscevichi che erano contro la guerra serviva una guida ideologica, alla Germania serviva l'alleggerimento del fronte orientale. Su un vagone blindato i tedeschi fecero arrivare Lenin in Russia.

Il treno partì da Zurigo il 09 aprile 1917, arrivò alla stazione di Gottmadigen e continuò fino a Sassnitz. Da lì il traghetto "Queen Victoria" lo portò a Trelleborg in Svezia da dove proseguì per Melmoe e Stoccolma. Il treno passò la frontiera e giunse ad Helsinki prima di arrivare a Pietrogrado.

Nel 1917 a capo del governo Russo c'era Aleksandr Kerenskij che alleato alla Francia, all'Inghilterra e all'Italia decide di partire per una guerra di conquista facendo ordinando un'offensiva condotta dal generale Brosilov contro la Germania. In Galiza i russi attaccano l'esercito austro-ungarico e tedesco. L'operazione militare non considerò il desiderio dei soldati russi di mettere fine alla guerra e per Aleksandr Kerenskij si risolse in una disfatta.

Nel luglio del 1917 a Vyborg, a Pietrogrado, c'è una manifestazione spontanea di operai e di soldati. Ci sono sparatorie fra cosacchi fedeli al governo e i soldati che aderiscono alla manifestazione. Si contano decine di morti. I manifestanti vengono dispersi; i bolscevichi vennero arrestati e vengono chiusi i loro giornali e le loro sedi di partito. I bolscevichi vengono messi fuorilegge. Lenin, accusato di aver organizzato la manifestazione viene ricercato dalla polizia, ma riesce a fuggire nascondendosi prima a Pietroburgo e poi in Finlandia. Lenin è accusato di essere una spia tedesca.

Aleksandr Kerenskij ha saldamente il potere nelle sue mani e in luglio firmò un decreto in cui reintroduceva la pena di morte nell'esercito in tempo di guerra. Una pena abolita solo pochi mesi prima.

Nel settembre del 1917 Aleksandr Kerenskij tentò di accordarsi col generale Lavr Kornilov per costruire una dittatura militare in funzione anti-bolscevica.

Aleksandr Kerenskij tentò in tutti i modi di fermare i bolscevichi. Dopo l'ottobre del 1917 Aleksandr Kerenskij scappò a Pskov e organizzò un esercito con cui conquistò Carskoe Selo, ma fu sconfitto, il giorno dopo a Pulkovo. Dopo di che fuggì all'estero e non tornò più in Russia morendo nel 1970.

Il tentativo di colpo di Stato del generale cristiano-ortodosso Lavr Kornilov contro il governo di Aleksandr Kerenskij portò anche i socialisti menscevichi a schierarsi con i bolscevichi.

Il 25 ottobre 1917 gli operai organizzati in milizia e in regimenti nella capitale occupano il Palazzo d'Inverno e i punti strategici della città. I ministri sono arrestati mentre Aleksandr Kerenskij fugge a Pskov.

In ottobre del 1917 il governo bolscevico approva il decreto per la pace e il decreto di confisca, in favore dei contadini e della nazione, delle terre dei proprietari fondiari e delle chiese ortodosse e cattolica. Nomina il governo a guida Lenin e vengono soppressi i giornali della destra ortodossa, dei nobili e dei possidenti. Si tratta dei quotidiani Birzevye Vedomosti (Informazioni della borsa), Den (Il Giorno), giornale menscevico finanziato dalle banche, Novoe Vremja (Il tempo nuovo) e Russkaja Volja (La volontà russa), di estrema destra, Russkie vedomosti (Informazioni russe) e Rec (Il discorso), organi dei cadetti.

Solo una minoranza di russi sono bolscevichi che hanno una visione di Stato e di società. La Russia è formata da cittadini cresciuti dai pope ortodossi e nell'idea che lo Zar fosse il "piccolo padre" e dietro a quell'idea si muovono i pastori che identificandosi nel "piccolo padre" vedono l'occasione di essere il "piccolo padre" a loro volta. La rivoluzione non è la conquista del potere, ma è la trasformazione degli uomini che da sudditi si possono trasformare in cittadini.

Si può conquistare la libertà di stampa, ma quando la stampa è uno strumento di guerra, non funziona per i cittadini, ma diventa un organo di diffamazione, discriminazione e incitamento all'odio: "i comunisti mangiano i bambini" oppure "i comunisti impediscono la religione" oppure "se vengono i comunisti ti portano via la casa".

Il generale Duchonin, destituito e sostituito con Krylenko, non solo non aveva accettato di firmare l'armistizio con i tedeschi, ma liberò i generali ortodossi e dell'aristocrazia Kornilov, Denikin, Lukomskij e Romanovskij. Duchonin è arrestato e fucilato dai suoi stessi soldati. Intanto le truppe di Krasnov sono state battute e si sbandano: Kerenskij fugge, mentre il generale Krasnov, catturato e rilasciato, va nel bacino del Don dove riorganizza un nuovo esercito di nobili, ortodossi e cattolici.

Il 10 novembre viene decretato, dal governo russo a guida Lenin, l'eliminazione di ogni forma di distinzione giuridica fra le classi sociali, l'abolizione di ogni privilegio di nobili e aristocratici, l'abolizione dei gradi gerarchici fra i civili, abolizione delle onorificenze e si affermò (per la prima volta nella storia umana degli ultimi 2000 anni) l'uguaglianza fra uomini e donne.

Inoltre, furono aboliti i tribunali zaristi e sostituiti con tribunali popolari locali. Vennero abolite tutte le leggi che garantivano diritti e privilegi ai nobili e alle chiese cristiane o che discriminavano i cittadini; vennero requisite le grandi proprietà immobiliari dei nobili e dei possidenti defenestrati e si iniziò ad armare gli operai che si organizzavano in milizie.

Si iniziò a dare forma al nuovo esercito costituendo la Ceka (Commissione straordinaria) diretta da Dzerzinskij e si nazionalizzarono tutte le banche.

Il 20 gennaio 1918 il governo di Lenin emise un decreto in cui riconosceva la libertà di coscienza di ogni cittadino, col diritto di non veder violata la propria coscienza dalle chiese e dai nobili, per quanto riguarda la religione. Proprio per garantire la libertà di coscienza dei cittadini il governo di Lenin procedette ad eliminare i privilegi residuali di cui ancora le chiese godevano (sussidi statali) e abolì l'insegnamento della religione cristiano-ortodossa che ancora era in vigore nelle scuole statali.

Il 3 marzo del 1918 la Russia firma il trattato di pace con la Germania accettando condizioni capestro. La Russia cede la Polonia, la Lituania, l'Estonia, la Lettonia, la Finlandia, parte della Bielorussia, alcuni territori deve cederli alla Turchia e deve riconoscere il potere della Rada in Ucraina. Oltre a questo la Russia accetta di versare sei miliardi di marchi e di sciogliere la marina e l'esercito.

Il Comitato Esecutivo Centrale Russo (VCIK) espulse i menscevichi e i socialisti di destra quando l'ambasciatore tedesco è ucciso su mandato di Marija Spiridonova del partito Socialista Rivoluzionario che non accettava le condizioni di resa. Arrestata, assieme a molti membri della sua formazione politica, fu rilasciata in quanto riconosciuta "inferma di mente".

L'11 novembre 1918 si conclude la prima guerra mondiale. La Germania fu l'ultimo impero a deporre le armi. Sparirono l'Impero Austro-Ungarico, l'Impero Ottomano e l'Impero Russo. Nulla fu più come prima.

La prima guerra mondiale ha fatto venticinque milioni di morti senza contare i morti sconosciuti e non considerati perché troppo poveri o troppo isolati per entrare nel novero delle persone da contare come morti. Questa immensa strage cambiò il punto di vista sulla vita e sulle relazioni fra l'uomo, il governo e il mondo in modo talmente profondo da determinare le scelte che saranno fatte in tutto il XX secolo e oltre.

Nel 1918 entrò in vigore la Costituzione Russa. Vale la pena di riprodurne alcuni articoli con cui si regola la società sovietica:

Articolo 3
Allo scopo fondamentale si sopprimere qualsiasi sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo, di abolire per sempre la divisione della società in classi, di reprimere senza pietà gli sfruttatori e di stabilire l'organizzazione socialista della società, nonché di garantire la vittoria del socialismo in tutti i paesi, Il III Congresso panrusso dei Soviet decreta inoltre quanto segue:
a) in vista della realizzazione della socializzazione della terra, la proprietà privata della terra è abolita e tutte le terre sono dichiarate proprietà nazionale e consegnate ai lavoratori, senza indennizzo, in base ad un pari godimento del terreno.
b) Tutte le foreste, le ricchezze del sottosuolo e le acque di importanza nazionale, tutto le soccide e le pertinenze, nonché tutte le fattorie modello e i moderni allevamenti sono dichiarati proprietà pubbliche.
c) Come un primo passo verso il trasferimento totale delle fabbriche, officine, miniere, ferrovie e altri mezzi di produzione e di trasporto nelle mani della Repubblica socialista operaia e contadina, è ratificata la legge sovietica sul controllo operaio e il Consiglio superiore dell'economia nazionale, al fine di garantire il potere dei lavoratori sui loro sfruttatori.
d) Il III congresso panrusso dei Soviet considera la legge che ripudia i debiti contratti dal governo dello zar, dei feudatari e della borghesia come un colpo inferto al capitale finanziario internazionale e proclama la certezza che il potere sovietico marcerà risolutamente in questa direzione fino alla completa vittoria del proletariato internazionale contro il giogo del capitale.
[...]
Articolo 5
Per lo stesso scopo, il III Congresso panrusso dei Soviet insiste sulla necessità di una completa rottura con la politica barbarica della civiltà borghese che ha costruito il benessere degli sfruttatori di un piccolo numero di nazioni sulla schiavitù di centinaia di milioni di lavoratori in Asia, nelle colonie e in generale nei piccoli paesi.
Articolo 6
Il III Congresso panrusso dei Soviet approva vivamente la politica del consiglio dei Commissari del Popolo che ha proclamato l'indipendenza totale della Finlandia, ha avviato il ritiro delle truppe Russe di stanza in Persia e accordato all'Armenia il diritto di autodeterminazione.
Articolo 13
Al fine di garantire ai lavoratori la vera libertà di coscienza, la Chiesa è separata dallo Stato e la scuola dalla Chiesa, e la libertà di propaganda religiosa e anti-religiosa è riconosciuta a tutti i cittadini.
Articolo 14
Al fine di garantire a ai lavoratori la vera libertà di esprimere le proprie opinioni, la RSFSR elimina la dipendenza della stampa dal capitale, rimette nelle mani ella classe operaia e dei contadini poveri tutte le risorse tecniche e materiali necessarie per la pubblicazione dei giornali, libri e altri prodotti a stampa, e ne garantisce la libera diffusione in tutto il paese.
Articolo 15
Al fine di garantire la vera libertà di riunione, la RSFSR garantisce ai cittadini della Repubblica Sovietica il diritto di organizzare liberamente riunioni, incontri, cortei, ecc. e mette a disposizione della classe operaia dei contadini poveri tutti i locali adatti per l'organizzazione delle riunioni popolari, con mobili, illuminazione e riscaldamento.
Articolo 16
Al fine di garantire la vera libertà di associazione dei lavoratori, la RSFSR, che ha rotto il potere economico e politico delle classi possidenti e quindi, rimossi tutti gli ostacoli nella società borghese, che finora ha impedito ai lavoratori e ai contadini di godere delle libertà di organizzazione e di azione, sono pronti, per gli operai e i contadini poveri, tutto il suo materiale e altre forme di assistenza affinché si uniscano e si organizzino.
Articolo 17
Al fine di garantire ai lavoratori un reale accesso alla cultura, la RSFSR intende fornire l'istruzione completa, universale e gratuita agli operai e ai contadini poveri.
Articolo 18
La RSFSR dichiara il lavoro obbligatorio per tutti i cittadini della Repubblica e lancia il motto "chi non lavora, non mangia".
Articolo 19
Al fine di proteggere con tutti mezzi le conquiste della grande rivoluzione della calsse operaia e contadina, la RSFSR dichiara obbligatoria per tutti i cittadini della Repubblica la difesa della patria socialista e istituisce il servizio militare universale. Il diritto onorifico di difendere la rivoluzione con armi in mano appartiene solo ai lavoratori, le parti non laboriose della popolazione sono soggetti ad altri obblighi militari.
Articolo 20
In forza della solidarietà fra lavoratori di tutte le nazioni, la RSFSR concede tutti i diritti politici dei cittadini russi agli stranieri che risiedono sul territorio della Repubblica russa per lavorarvi e che appartengono alla classe operaia, o ai contadini che non vivono del lavoro altrui, e riconosce ai Soviet locali il diritto di accordare a tali stranieri il diritto di cittadinanza russa senza ulteriori formalità.
Articolo 21
La RSFSR concede asilo agli stranieri perseguitati a causa di delitti politici o religiosi.
Articolo 22
La RSFSR, riconoscendo l'uguaglianza dei diritti dei cittadini, indipendentemente dalla loro razza e dalla loro nazionalità, dichiara incompatibile con le leggi fondamentali della Repubblica, la tolleranza dei privilegi e di qualsiasi preferenza fondata su queste basi, così come qualsiasi tipo di oppressione di minoranze nazionali o la limitazione della loro uguaglianza giuridica.
Articolo 23
Per quanto riguarda gli interessi della classe operaia nel suo insieme, la RSFSR priva individui e gruppi specifici dei diritti che eserciterebbero a scapito degli interessi della rivoluzione socialista.

Costituzione Russa del 1918 – recuperata in internet

Nell'estate del 1918 le truppe cristiane ortodosse "cecoslovacche", armate dagli USA e agli ordini dell'Inghilterra, per combattere i bolscevichi si diressero velocemente verso Ekaterinburg dove era tenuto prigioniero lo zar Nicola II e la sua famiglia col suo seguito. Il piano era preciso, liberare lo zar per metterlo alla testa degli eserciti ortodossi anti bolscevichi. Per questo Lenin dette ordine di fucilare lo zar e tutta la sua famiglia con il suo seguito. Non a caso nel 2000, per reiterare il suo diritto a rendere schiavi i russi, la chiesa ortodossa elevò agli altari Nicola II e la sua famiglia. C'è ancora dibattito se l'esecuzione della famiglia è stata o meno ordinata da Lenin, ma non c'è dubbio che con questa azione Lenin ha privato le armate ortodosse (detti bianchi) del loro simbolo.

Nell'agosto del 1918, Fanja Kaplan, un'ex anarchica ferì gravemente Lenin e a Pietrogrado viene ucciso il dirigente della Ceka Uritskij. In quegli stessi giorni di agosto lasciavano la Russia gli ambasciatori dell'Inghilterra, della Francia e degli Stati Uniti che, con altri paesi, decisero di appoggiare direttamente la controrivoluzione: il 15 agosto 1918 truppe inglesi e statunitensi sbarcavano ad Arcangelo e a Murmansk e affiancarono l'Armata cecoslovacca.

La guerra civile organizzata dai cristiani ortodossi contro il governo di Lenin iniziò nel 1918 e finisce all'incirca il 25 ottobre 1922 con la liberazione di Vladivostok occupata dai giapponesi, ma in alcune zone i combattimenti si protrassero fino oltre il 1923.

La Legione Ceca che si stava avviando verso Vladivostok per imbarcarsi per la Francia fu armata con 50.000 fucili costruiti negli USA e inviati a Vladivostok. La Legione Ceca era il più grande esercito organizzato in Russia in quel momento e Francia, Inghilterra e USA decisero di impiegarlo contro i bolscevichi. Ordinarono alla legione di conquistare Ekaterinburg per liberare lo Zar, ma i bolscevichi prevennero facendo giustiziare lo zar e la sua famiglia.

Le armate bianche dei cristiani ortodossi iniziarono a organizzarsi nella regione del Don a novembre del 1917 con l'atamano Aleksej Kaledin, presso Novocerkassk. Il generale ortodosso al servizio degli zar, Mikhail Alekseev, costruì un esercito di "volontari ortodossi" assieme a Lavr Kornilov e Denikin. Il 9 gennaio 1918 venne creata l'Armata dei Volontari con Alekseev a capo affiancato dal generale Kornilov. Con i cosacchi comandati da Kaledin, l'Armata dei Volontari prese Rostov sul fiume Don. Lenin inviò l'Armata Rossa, ancora disorganizzata e male armata, che tuttavia sconfisse l'Armata dei Volontari. Kaledin si suicidò. Korlinov rimase ucciso e Denikin si rifugiò alla foce del Don per ricostruire l'esercito.

Frattanto, allo scopo di distruggere i bolscevichi, Francia e Inghilterra iniziarono un intervento armato occupando la parte orientale della Russia usando l'Armata cecoslovacca. L'invasione aveva lo scopo di abbattere il governo Russo e, come disse Churchill "i bolscevichi andavano strangolati nella culla". Francia Inghilterra chiesero l'aiuto degli Stati Uniti per rafforzare l'invasione e gli USA inviarono un contingente di 5000 uomini. Anche l'Italia inviò un contingente armato di alpini. Nel settembre del 1918 il corpo di invasione straniero in Russia era formato da 70.000 giapponesi, 1.400 italiani, 5.002 americani, 829 inglesi e 107 francesi.

Degli Italiani invasori si dice che combatterono insieme alla Legione Cecoslovacca e altre forze alleate. Hanno usato treni armati e armi pesanti per controllare ampie sezioni della ferrovia siberiana. Il tutto per ripristinare il diritto dello zar di ridurre gli uomini in schiavi.

Omsk fu occupata dalla Legione cecoslovacca che vi installò un "Governo provvisorio della regione autonoma" formato da menscevichi che proclamarono la "Repubblica di Siberia". Sempre con l'intervento delle forze di occupazione a Samara si costituisce il governo "Komuc".

In Ucraina Petljura, social-democratico, sconfisse il filo-tedesco Skoropad'skyj insediandosi a Kiev.

In Siberia, il 3 novembre, il generale cristiano Aleksandr Kolcak pose fine al Governo provvisorio della Siberia autonoma di Omsk e instaurò la sua dittatura benedetta dalle forze di occupazione.

Il cristiano Kolcak comandava un esercito di centomila uomini e guidò le sue armate verso ovest. Divise il suo esercito in tre armate guidate da tre generali. Gajda si dirigeva ad Arcangelo, Chanzin verso Ufa e Aleksandr Dutov, con i suoi cosacchi, verso Samara.

Le campagne erano devastate, i raccolti abbandonati e i contadini o erano optati per l'esercito o erano costretti a trascurare i campi e i raccolti.

Dopo la sconfitta della Germania i bolscevichi tentarono di riprendersi i territori ceduti col trattato di pace, ma non riuscirono a riprendere i territori del baltico mentre il cristiano Denikin, nel tentativo di reimporre la condizione di servi della gleba ai contadini, con un esercito di centomila uomini riprese l'offensiva contro i russi che reagirono anche con l'aiuto dei ceceni. Denikin per indebolire i bolscevichi decise di praticare i pogrom, il massacro e la violenza sugli ebrei. I nazionalisti cristiani ucraini legati alla Germania e supportati dall'armata cattolica polacca massacrarono dai 200.000 ai 300.000 ebrei, 200.000 furono feriti o mutilati, migliaia di donne furono violentate. 50.000 donne rimasero vedove e 300.000 bambini rimasero orfani. Nel conflitto intervenne anche Nestor Macno con un'armata di contadini anarchici antibolscevichi.

Nel frattempo, l'esercito cristiano polacco guidato da Pilsudski stava avanzando velocemente nel tentativo di formare la "grande Polonia" contro i Russi. Nel 1919 era dunque scoppiato il conflitto della Polonia contro la Russia.

La Russia, costretta dal trattato di pace con la Germania, a riconoscere la Rada Ucraina e con la distruzione dell'economia Ucraina e le armate cristiane di Denikin che volevano ripristinare i diritti feudali dei nobili e attaccavano i bolscevichi, decise di intervenire e ripristinare la l'integrità del territorio Russo. Dopo la sconfitta a Orel si recò prima in esilio in Francia e dopo la II Guerra Mondiale si recò negli USA dove morì poco dopo. Fu seppellito con tutti gli onori perché aveva tentato di ripristinare lo schiavismo zarista nella Russia sovietica.

Lenin, Trockij, Stalin, Kamenev e Krestinskij componevano l'ufficio politico. Trockij era a capo delle operazioni militari e intervenendo in Ucraina affrontò per primo Nestor Ivanovic Machno un anarchico che si era opposto all'invasione tedesca dell'Ucraina dopo il trattato di pace con la Russia e che aveva organizzato un esercito di contadini poveri che combatteva i bolscevichi. Non erano finanziati da Francia e USA anche se, dopo la sconfitta Nestor Ivanovic Machno si rifugiò a Parigi. I bolscevichi liberarono Kiev che fu occupata subito dopo dall'esercito di Petljura sostenute dagli invasori cristiani Polacchi che tentavano di costruire la "grande Polonia". Poi Kiev fu occupata da Denikin con un esercito di duecentocinquantamila uomini. Anton Ivanovic Denikin cristiano zarista fu finanziato dalla Francia e dagli USA per distruggere la Russia. Con la sua armata devastò l'Ucraina provocando anni di carestia, occupò Kiev, ma fu sconfitto nel 1919 a Orel.

Sul Baltico si stava organizzando il generale cristiano zarista Nikolaj Nikolaevic Judenic. Cristiano osservante, riteneva che gli operai e i contadini dovessero mettersi in ginocchio davanti ai nobili che erano nobili per volontà di Dio. Nikolaj Nikolaevic Judenic finanziato dall'Inghilterra, Francia e USA che vedevano nella costituzione bolscevica il pericolo che gli operai e i contadini pretendessero gli stessi diritti Costituzionali nei loro paesi, organizzò un'armata di mercenari nella zona del Baltico. Nikolaj Nikolaevic Judenic divenne membro del "Governo del Nord-ovest" con l'aiuto delle forze di invasione Inglesi che schierarono la loro flotta supportando il terrorismo in tutto il Baltico.

Sfruttando il fatto che i bolscevichi erano impegnati su più fronti, in Siberia contro Kolcak e i cosacchi, e in Ucraina, ed essendo Pietrogrado sguarnita di truppe, Nikolaj Nikolaevic Judenic decise di conquistare Pietrogrado. Nell'ottobre del 1919 Nikolaj Nikolaevic Judenic col suo esercito di mercenari raggiunse la periferia di Pietrogrado. Il Comitato Politico Russo pensò che Pietrogrado sarebbe caduta nella mani di Nikolaj Nikolaevic Judenic. Troppo esigue erano le truppe in sua difesa. Lev Trockij decise di partire per organizzare personalmente la difesa della città. Lev Trockij armò gli operai delle officine che si schierarono a fianco delle truppe della Russia. Nikolaj Nikolaevic Judenic viene sconfitto e lui, con quel che resta del suo esercito di mercenari, fugge in Estonia e dall'Estonia, dopo essere stato disarmato, viene fatto evacuare dalla flotta Britannica. Nikolaj Nikolaevic Judenic andrà in esilio in Francia.

Nel novembre del 1919 partì l'offensiva per liberare Omsk controllata dalle truppe dell'ammiraglio cristiano Aleksandr Vasilevic Kolcak legato all'Impero Inglese e ai Giapponesi. Con un colpo di "Stato" era diventato dittatore della Siberia aiutato dall'Inghilterra e dalle truppe cristiane cosacche di Krasilnikov. Quando Omsk insorse il 22 dicembre 1918 la Legione Cecoslovacca e le truppe cosacche massacrarono gli abitanti di Omsk e assassinarono più di cinquecento insorti. I sopravvissuti confluirono nelle truppe bolsceviche. Aleksandr Vasilevic Kolcak sarà fucilato il 7 febbraio 1920 quando i russi liberarono Irkutsk. Con l'offensiva dei russi, la Legione Cecoslovacca non appoggiò più Aleksandr Vasilevic Kolcak e così fecero i Giapponesi che costituirono uno Stato fantoccio con i cosacchi mentre le truppe statunitensi si ritirarono dai combattimenti.

Intanto a sud, dopo la liberazione di Orel dell'ottobre 1919, i russi inseguirono le truppe di Denikin. Una parte dei seguaci di Denikin fuggirono in Crimea e si integrarono nelle truppe dell'aristocratico cristiano di Petr Vrangel già generale dello zar e soprannominato "Il barone nero". Mentre i russi erano impegnati a fermare l'avanzata dell'esercito invasore polacco, Petr Vrangel col suo esercito di 100.000 e finanziato dagli inglesi e dai francesi, attraversò il Dnepr e occupò Ekaterinoslav. Sconfitto dai russi riparò nuovamente in Crimea da dove si imbarcò, protetto dalle navi da guerra Francesi dirigendosi in Jugoslavia. Morirà nel 1928 a Bruxelles.

A fine aprile del 1920 il governo russo mandò l'esercito a Baku per liberare la Transcaucasia (Azerbaigian, Georgia e Armenia) occupate dall'esercito Inglese e dall'esercito Turco.

Uno dei problemi maggiori che dovette affrontare la Russia fu posto dal nazional-socialista cattolico Jozef Pilsudski che giocava a combattere con lo zar contro i tedeschi e con i tedeschi contro la Russia. A capo delle divisioni Polacche e avendo ottenuto una sorta di indipendenza dalla Russia col trattato di pace con la Germania, decise di attaccare la Russia per costruire la "Grande Polonia". Quando i Russi apparivano deboli, con le divisioni polacche sferrò un'offensiva nell'aprile del 1920 che lo portò a occupare Kiev. Trockij e Kamenev raccolsero l'esercito russo disponibile, circa 200.000 uomini e si diresse in Ucraina. L'attacco ai cattolici Polacchi iniziò il 26 maggio 1920 e gli occupanti polacchi furono costretti ad arretrare di 400 chilometri rientrando in territorio polacco. Quando i russi stavano per arrivare a Varsavia, una disperata resistenza dei polacchi, con l'appoggio dei francesi, riuscì ad allontanare i russi fino al futuro confine fra Polonia a e Unione Sovietica.

Vasile Balabanov era il dittatore dell'Alash, l'attuale Kazakistan. La regione fu liberata dai russi nell'agosto del 1920 e i Russi riuscirono a congiungersi con i bolscevichi del Turkestan. L'emirato (musulmano) di Bakura venne liberato il 2 settembre 1920.

In occidente, l'Estonia e la Lettonia firmarono una pace con la Russia garantendosi l'indipendenza.

Un discorso a parte deve essere fatto in relazione all'invasione giapponese della Russia orientale. L'invasione giapponese iniziò il 3 agosto 1918. I giapponesi occuparono Vladivostok con la fanteria. Inizialmente una divisione che fu affiancata da una seconda divisione. Il generale giapponese Otani disponeva di un esercito di occupazione in territorio russo di 70.000 uomini. I giapponesi non andarono mai oltre il lago Bajkal e controllarono le ferrovie e le vie di comunicazione. I giapponesi armarono e finanziarono i cosacchi che operavano contro i Russi. Sia il generale Gregorij Semenov capo, "atamano", dei cosacchi del Transbajkal che il generale Ivan Kalmykov dei cosacchi dell'Ussuri. Ivan Kalmykov è stato premiato per i suoi servizi in combattimento contro i bolscevichi e insignito dell'Ordine di san Giorgio 4^ classe. Fece carriera velocemente e il 30 gennaio 1920 era capo delle forze degli Ussari. Ivan Kalmykov divenne famigerato per la quantità di rapine, stupri, omicidi e saccheggi sistematici che metteva in atto. Finì i suoi giorni nel 1920 prigioniero dei cinesi perché scappato in Cina davanti alle armate russe.

Grigorij Michajlovic Semenov a capo di bande di cosacchi si alleò con gli occupanti giapponesi e combatté in Mongolia con un altro alleato dei giapponesi, Roman von Ungern-Sternberg. Con l'appoggio del Giappone creò lo stato fantoccio di Transbaikalia. Quando fu sconfitto dai Russi si rifugiò in Giappone e durante la seconda guerra mondiale operò come spia giapponese in Cina. Al termine della seconda Guerra Mondiale, quando i russi invasero la Manciuria, fu arrestato, portato a Mosca e impiccato.

L'invasione Giapponese si rivelò economicamente svantaggiosa e il 20 ottobre 1922, prima che arrivassero le armate russe, i giapponesi si ritirarono.

Il 23 ottobre 1921 l'esercito russo riuscì a sconfiggere i turchi e le resistenze etniche nella zona caucasica. Così fu firmata la pace con la Turchia.

Nel 1920, nella regione centrale di Tambov, Aleksandr Antonov e Petr Tokmakov intendevano approfittare dei problemi russi e misero insieme un esercito di 40.000 uomini formando un esercito che venne chiamato "armata verde". Non si sa bene che cosa volessero al di là di migliorare le loro condizioni economiche nel disastro della guerra. Come i marinai della base navale di Kronstadt che, esasperati dalla guerra, si ammutinarono chiedendo miglioramenti delle loro condizioni di vita. I russi con Michail Tuchacevskij sconfissero l'armata verde. Sempre con il generale Tuchacevskij, i russi attaccarono l'isola-fortezza di Kronstadt dove 10.000 marinai ammutinati erano asserragliati agli ordini di Stepan Petricenko. Si sa che duemila insorti morirono e altrettanti furono fucilati come disertori, ma non si sa quanti russi morirono per sedare la rivolta. Stepan Petricenko fuggì in Finlandia che lo riconsegnò ai russi nel 1940. Imprigionato, morì in prigione nel 1947.

Le guerre dei cristiani portarono fra 4 e 11 milioni di morti. Furono i cristiani i responsabili del genocidio perché erano i cristiani che volevano ristabilire i privilegi dei nobili, la discriminazione fra gli uomini, il servaggio e la schiavitù elevata a legge. Se ai bolscevichi si può imputare di aver combattuto per l'uguaglianza fra gli uomini, la parità uomo e donna, il diritto allo studio, il diritto di espressione, ai cristiani zaristi si deve imputare la volontà di sottomettere l'uomo e di volerlo ridurre alla schiavitù. Una volontà espressa anche dalle potenze occupanti che temevano che i principi di uguaglianza sociale e di diritto dell'uomo fosse rivendicata anche dai loro operai e contadini.

La Russia era chiaramente distrutta. Le crisi economiche che con lo zarismo si presentavano ogni uno o due anni, con l'economia di guerra che i bolscevichi furono costretti ad imporre per far fronte alle aggressioni imperialiste e cristiane abbinate alle devastazioni provocate dai cristiani zaristi la situazione economica in Russia era drammatica. Si è vinto una guerra, ma il paese è semidistrutto.

Nel 1921 Lenin lancia la Nuova Politica Economica per uscire dall'economia di guerra.

La NEP (Nuova Politica Economica) riuscì a risollevare l'economia sovietica dopo la guerra con i cristiani zaristi e le forze occupanti. Aumentò enormemente la produzione agricola e rallentò la crisi economica. Avviò una concorrenza fra le industrie e impose alle industrie il concetto di autosufficienza. I contadini potevano vendere i loro prodotti sul mercato libero. Nacque una nuova classe di persone arricchite dette "gli uomini della Nep". Si erano arricchiti, ma non avevano nessun diritto politico perché, secondo la costituzione, non erano considerati lavoratori.

Lenin considerava questa soluzione un passo indietro rispetto al socialismo, ma un passo necessario date le condizioni economiche e date le persone che, secondo lui, non erano ancora mature per il socialismo. La NEP risolse i problemi economici dell'Unione Sovietica e rimase in vigore fino al 1928.

Si procedette nel 1922 a sequestrare gli oggetti preziosi appartenenti al clero e continuarono gli episodi di violenza da parte dei preti ortodossi e i tribunali socialisti decretarono la fucilazione per ventotto vescovi e 1215 preti. Alla pena della detenzione vennero condannati circa 100 vescovi e diecimila preti schierati con le armate bianche e responsabili di aver affamato la popolazione. Il 25 maggio 1922 Lenin è colpito da un ictus che gli paralizzerà tutto il lato desto del corpo. Nel dicembre si costituisce il Partito Comunista dell'Unione Sovietica e Stalin viene nominato segretario.

Dal marzo del 1923 Lenin non fu più in grado di parlare e morì il 21 gennaio 1924.

 

Marghera, 02 novembre 2018

 

Pagina tradotta in lingua Portoghese

Tradução para o português: Capítulo 108 A biografia de Vladimir Ilyich Ulyanov dito Lenin - vigésima quinta biografia

 

 

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