Discordia e i filosofi fondamentalisti contro rinascimentali
fase n. 5, azione 23

La partita di calcio mondiale fra i filosofi

Capitolo 24
Gli Dèi riflettono sui filosofi

di Claudio Simeoni

Continua dal precedente...

Sei capace di giocare a calcio?

Dopo la partenza di Latona la nebbia nel campo di calcio tornò ad infittirsi mentre gli arbitri, guardandosi l'un l'altro, iniziarono a misurarselo. Ognuno di loro affermava di essere più importante dell'altro e di aver maggiormente condizionato la storia degli uomini. Una storia che si leggeva nella filosofia e in ogni azione di quella Partita Universale di Calcio che si era svolta su questo campo fuori dal tempo.

Come troppo spesso accadeva, fu Yahweh che iniziò dicendo: "Tutta la filosofia degli uomini parla di me. Di come io ho creato il mondo e di come io ho infuso il primo pensiero. Da allora l'uomo ha iniziato a pensare e, pensando, ha elaborato il pensiero della filosofia. Come artefice del mondo, sono artefice della filosofia e del pensiero umano."

"In effetti" gli fece eco Allahu Akbar "Dio è il primo pensiero dell'uomo e solo pensando Dio l'uomo può pensare al mondo e alla vita come ho disposto che sia e debba essere. Senza l'uomo che pensa Dio la vita non potrebbe pesare sé stessa, perché da Dio la vita dipende per tutte le sue necessità in ogni eternità."

"La vita pensa sé stessa perché la vita è" fece eco Fanes dispiegando le sue ali d'oro in tutta la sua meraviglia "la vita pensa sé stessa prima di pensare a qualche cosa di diverso da sé. Solo in un secondo tempo la vita pensa all'altro, diverso da sé, in cui prova a divenire e ad espandersi. Solo una parte della vita, l'uomo, che vive più per modificare l'ambiente che modificando sé stesso per adattarsi all'ambiente, elabora l'idea di un essere assoluto che come lui manipola il proprio ambiente a proprio uso e consumo. Mentre io sono il prodotto dell'idea della materia vivente che si espande nell'universo, voi siete il prodotto di un uomo che si eleva a manipolatore di tutto l'universo e, come tali, prendete vita."

"Ho sbagliato molto" disse Beppi da Lusiana "sono uscito dal brodo primordiale e mi sono modificato giorno dopo giorno e mentre mi modificavo, modificavo il mondo in cui sono emerso. Gli errori hanno prodotto ciò che sono e ciò che io sono è ciò che è ogni singolo Essere di ogni specie della Natura. Io sono importante perché io sono l'uomo fatto di emozione, che rende vivente la materia, e di verbo, logos, che descrive un mondo con gli occhi bendati di una ragione infantile. Le mie emozioni sono figlie di Fanes e il mio verbo ha generato Allahu Akbar e Yahweh. Mentre Fanes rende vivente la materia, Allahu Akbar e Yahweh vivono o muoiono a seconda di come gli uomini decidono di affrontare la loro vita."

Mentre gli arbitri così stavano parlando, una mela d'oro rotolò ai loro piedi. Allahu Akbar la raccolse e vide che sulla mela c'era una scritta che diceva "All'arbitro più importante della filosofia". Gli arbitri iniziarono a guardarsi con espressioni interrogative mentre la nebbia intorno a loro iniziò a vorticare e a fremere mentre una voce disse: "Io sono Discordia, colei che rompe le armonie. Colei che crea squilibrio là dove gli equilibri fanno stagnare le trasformazioni dell'esistente. Non desideravo incontrarvi, ma mia madre, Nera Notte, ha insistito affermando che voi avevate bisogno del mio aiuto. Purtroppo io sono triste. Fra voi non vedo un Paride capace di decidere, vedo solo degli zotici che si contendono il dominio della filosofia e degli uomini."

"Se Dio o le divinità secondarie creano l'uomo maschio e femmina a loro somiglianza, sembra in questo caso che gli ebrei credessero Dio e le divinità maschi e femmine. Non si sa d'altronde se l'autore vuol dire che l'uomo aveva in principio entrambi i sessi, o se intende che Dio fece Adamo ed Eva nello stesso giorno. Il senso più naturale è che Dio formò Adamo ed Eva contemporaneamente; ma questo significato contraddirebbe assolutamente la formazione della donna, fatta da una costola dell'uomo molto dopo i sette giorni."

Voltaire, Tutti i romanzi e i racconti e Dizionario Filosofico, Newton, 1995, p. 577

"Il dubbio, generato dalla logica del vivere quotidiano, si insinua incrinando una verità che pareva assoluta ed incontestabile" dice Discordia osservando gli arbitri "Tutte le affermazioni di verità che non procedono dall'esperienza del vivere, appartengono al mondo dell'immaginazione che spesso diventa delirio. Quanto procede dal delirio è alimentato solo dal delirante che lo può imporre agli uomini mediante la violenza per un certo tempo e per un certo spazio, ma non a tutti e non per sempre. Poi inizia il dubbio che incrina quella verità " Se Dio o le divinità secondarie creano l'uomo maschio e femmina a loro somiglianza, sembra in questo caso che gli ebrei credessero Dio e le divinità maschi e femmine. Non si sa d'altronde se l'autore vuol dire che l'uomo aveva in principio entrambi i sessi, o se intende che Dio fece Adamo ed Eva nello stesso giorno." All'inizio violare la verità mette paura, timore, apprensione. Poi, la riflessione che manifesta il dubbio viene accettata, diventa parte del discutere e la crepa nella "verità imposta" si allarga. Molte persone iniziano a riflettere, in questo caso, sulla creazione di Dio "Sarà davvero così o è necessario interpretare?". Interpretare diventa un modo per "spiegare" ciò che l'affermazione non è in grado di far comprendere immediatamente. L'equilibrio imposto dalla verità inizia a squilibrarsi, a rompersi, vacillando ed oscillando "paurosamente" fra l'accettazione assoluta e letterale della "verità", i dubbi che la pervadono e la negazione di quella "verità" che appare fastidiosa e stridente per la vita dell'uomo. Sono io Discordia che ripristino equilibrio creando squilibrio là dove una pretesa di assoluto pretende di dominare il mondo."

"Dunque il moto animale, non venendo dal corpo, che è per sua natura pigro, né dal solo composto nel quale non vi sarà nessuna capacità di muovere, se è costituito di parti nelle quali non vi è alcuna capacità di movimento, necessariamente viene dall'anima la quale, se da all'animale la capacità di passare dall'inattività all'azione, a maggior ragione e prima di tutto la conferisce a sé stessa. Infatti, tutto ciò che di buono e di vitale la causa trasmette all'effetto, in primo luogo si realizza nella causa. Così infatti il calore brucia e ferve in sé stesso prima di scaldare una materia estranea; e i corpi inanimati si rigonfiano di semi e concepiscono i feti in sé stessi prima di darli alla luce."

Marsilio Ficino, Teologia platonica, Bompiani, 2011, p. 501

"La verità è la risultante di un insieme di verità che articolano la verità risultante da quell'insieme." Continua Discordia senza distogliere lo sguardo dagli arbitri "Quando una verità, che forma l'insieme da cui la verità emerge inizia a vacillare, non vacilla solo lei, ma modifica la verità risultante dall'insieme delle verità. Lo stesso vale per il suo opposto, ogni volta che una verità dell'insieme delle verità viene riaffermata, riempita di argomenti o articolata, la verità, come risultante di quell'insieme, ne risulta rafforzata. In questo modo Ficino riafferma il concetto di anima estraneo ai corpi. Riafferma il concetto di corpi che non si possono muovere senza un'anima. Riafferma il concetto del controllo sull'uomo mediante il controllo della sua anima. I corpi vengono estraniati dalla vita, puri mezzi di cui l'anima si serve. In questo modo Dio controlla gli uomini mediante il controllo della loro anima e impone i comportamenti che ritiene consoni agli uomini. Chi rappresenta Dio controlla gli uomini imponendo agli uomini ciò che Dio vuole dagli uomini traendo, da questo, un profitto. Il profitto è l'obbiettivo dell'idea di anima imposto sull'uomo mediante il "volere di Dio" che favorisce coloro che parlano "in nome di Dio". Squilibrare, rendendo precario questo equilibrio, significa squilibrare l'intero complesso di verità di cui questa verità è parte."

"La semplice coscienza, ma empiricamente determinata, della mia propria esistenza dimostra l'esistenza degli oggetti nello spazio fuori di me."

Kant, Critica della ragion pura, Laterza, 1987, p. 230

"La coscienza dell'uomo individua la verità della presenza di oggetti" continua Discordia "nello spazio fuori di sé. Ma l'uomo non si accontenta dell'oggetto diverso da sé che individua, vuole attribuire a quell'oggetto un significato che sia in sintonia con la sua ragione. Un significato e una finalità che risponda alle sue aspettative. In questo modo la verità dell'oggetto viene violentata. L'oggetto ha una forma, e questo rientra nell'esperienza empirica, ma la finalità, la causa o l'effetto a cui quell'oggetto partecipa quando non sono effetto dell'esperienza empirica (scienza) diventano un prodotto dell'immaginazione dell'individuo che si sostituisce all'esperienza. Ne segue che una volta che l'immaginazione spiega il "perché delle cose" prosegue immaginando cose per giustificare le spiegazioni immaginate. L'esperienza empirica non è più la guida che permette all'uomo di individuare oggetti del mondo fuori di sé, ma viene sostituita dall'immaginazione che immagina oggetti fuori di sé e che influiscono sulle proprie scelte esistenziali. Alla fine del processo molti oggetti vengono immaginati, nella forma e nella qualità, e finiscono per diventare elementi apriori che determinano e condizionano l'azione dell'uomo e, dunque, anche la sua ulteriore esperienza empirica. I prodotti dell'immaginazione, col tempo finiscono con lo scontrarsi con i prodotti dell'esperienza empirica creando quello squilibrio nella credenza dell'uomo che lo porta ad essere in conflitto con sé stesso."

"Siamo sbattuti dai flutti e ci attacchiamo ad un rottame dopo l'altro, abbandoniamo quello che avevamo cercato, torniamo a cercare quel che avevamo buttato: tutto, in noi, è un avvicendarsi di brame e di pentimenti. Il fatto è che dipendiamo totalmente dai giudizi altrui, ci sembra sia migliore ciò che ha molti pretendenti e lodatori, non ciò che merita elogi e candidature, e giudichiamo buona o cattiva una strada non in sé, ma in base alla quantità delle orme, nessuna delle quali torna indietro."

Seneca, Tutti gli scritti, Rusconi, 1994, p. 249

"Il conflitto con sé stessi genera angoscia." continua Discordia "L'uomo che vive il conflitto fra prodotti dell'immaginazione e prodotti dell'esperienza empirica desiderando che i prodotti dell'immaginazione guidino la formazione della sua esperienza empirica è travolto da angoscia perché l'immaginazione è frustrata dalla realtà. Quest'uomo si sente " Siamo sbattuti dai flutti e ci attacchiamo ad un rottame dopo l'altro, abbandoniamo quello che avevamo cercato, torniamo a cercare quel che avevamo buttato: tutto, in noi, è un avvicendarsi di brame e di pentimenti." E l'angoscia persiste. Persiste la frustrazione per l'impossibilità di corrispondere agli imperativi morali immaginati in una realtà che richiede azioni e decisioni reali nella veicolazione dei propri desideri. Quest'uomo non è più in grado di cogliere da sé stesso. Non è più in grado di manifestare i propri desideri. E' sottoposto a giudizio. Deve aderire ad un modello imposto e se non aderisce a quel modello imposto va incontro alla censura morale di chi domina la società in cui vive. Questo stridere è lo squilibrio che io, Discordia, creo nell'uomo per costringerlo a cercare nuovi equilibri fra ciò che desidera e il mezzo con cui veicolare il suo desiderio nel mondo."

"La quarta ed ultima ipotesi è la peggiore. I demoni avrebbero annunciato agli Dèi le invenzioni delittuose dei poeti attorno a loro, le indegne sconcezze del teatro, la propria ardente passione e il più delizioso piacere che essi provano in tutte le cose, e poi avrebbero taciuto il pensiero di Platone, che con la serietà di un filosofo volle allontanare tutte queste cose dal migliore degli Stati. Se questo è vero, come accettare che ormai gli Dèi buoni si vedano costretti a conoscere per mezzo di tali messaggeri le cattive azioni dei più malvagi, cioè non di altri uomini, ma di loro stessi, e, al contrario, non sia loro concesso di conoscere le buone azioni dei filosofi, pur essendo le prime un oltraggio, le seconde un onore?"

Agostino d'Ippona, La città di Dio, Bompiani, 2015, p. 413

"Per generare il conflitto, Discordia, dentro al singolo uomo" continua Discordia "è necessario generare il conflitto morale all'interno della società, dove il più forte violenta il più debole, affinché il più debole aderisca ai modelli morali da lui imposti. La violenza sociale viene sempre preceduta dalla violenza culturale che indica la persona o i modelli culturali da criminalizzare, da condannare, in quanto non conformi ai nuovi modelli che devono essere imposti. Agostino d'Ippona riprende l'odio per i poeti che ne aveva Platone. Il poeta parla alle emozioni dell'uomo perché le emozioni dell'uomo esprimono gli Dèi; il Dio di Agostino è il Dio che si esprime mediante la parola. Non ci sono emozioni nel Dio di Agostino. Non ci sono emozioni in Gesù, solo soddisfazione per essere riuscito a sottomettere qualcuno o disprezzo per chi non si sottomette. Il linguaggio emotivo è il linguaggio degli Dèi e i poeti sono coloro che parlano alle emozioni dell'uomo. Abbandonare "queste cose", come dice Platone, non costruisce il migliore degli Stati, ma il miglior campo di concentramento di cittadini ridotti alla schiavitù. Sono le emozioni a generare conflitto, la Discordia, nella coscienza sottomessa alla razionalità che esalta una ragione priva di scienza. " I demoni avrebbero annunciato agli Dèi le invenzioni delittuose dei poeti attorno a loro, le indegne sconcezze del teatro, la propria ardente passione e il più delizioso piacere che essi provano in tutte le cose, e poi avrebbero taciuto il pensiero di Platone, che con la serietà di un filosofo volle allontanare tutte queste cose dal migliore degli Stati." Chi conosce solo la parola con cui descrivere il mondo, ignora la vita. La sua parola è la verità che non può essere né discussa né argomentata e per questo crea conflitto perché l'uomo è emozione che spinge la ragione a modificare continuamente la sua verità del mondo."

...Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il Sommo Sacerdote lo interrogò: "Sei tu il Cristo, Figlio del Benedetto?". Gesù gli rispose: "Io lo sono, e voi vedrete il Figlio dell'uomo assiso alla destra dell'Onnipotente e venire con le nubi dal Cielo". Allora il Sommo Sacerdote, strappandosi le vesti, esclamò: "Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete inteso la bestemmia! Che ve ne pare?". E tutti sentenziarono che era reo di morte. Allora alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il viso, a dargli schiaffi e a dirgli: "Indovina!". E i servi lo percuotevano.

Vangelo di Marco 14, 61-65

"Quando si esprime nell'uomo, Discordia alimenta lo stridere fra ciò che si è e il proprio desiderio di essere ciò che si immagina di essere." Continua Discordia "Ma non sono io che costruisco il conflitto. Il conflitto è costruito dall'uomo che ha imprigionato sé stesso in un mondo immaginario nel quale recita un ruolo che gli è negato nella vita quotidiana. Quando il giudice chiede, " Sei tu il Cristo, Figlio del Benedetto?", l'uomo rimane prigioniero nel suo ruolo immaginario: " Io lo sono, e voi vedrete il Figlio dell'uomo assiso alla destra dell'Onnipotente e venire con le nubi dal Cielo". Il giudice non appartiene al mondo immaginato, appartiene al mondo dell'esperienza empirica e la reazione che sopraggiunge non appartiene al mondo immaginato in cui Gesù si ritiene il padrone del mondo in quanto figlio dell'Onnipotente. Proviene dal mondo quotidiano dell'esperienza empirica che non accetta di sottomettersi ad un'affermazione priva di dimostrazione e di argomentazioni. Chi afferma una verità, afferma un oggetto e desidera che l'oggetto affermato venga riconosciuto solo perché lui lo afferma e non si ritiene in dovere di dimostrarlo. Gesù si ritiene "la verità" e per affermare sé stesso, in quanto verità, ha affermato una serie di verità che producono l'insieme Gesù: l'insieme della verità. Quando una sola di queste verità entra in conflitto con l'esperienza empirica, non è solo quella verità specifica ad essere incrinata, ma Gesù stesso in quanto ha affermato la propria infallibilità come opera di Dio, suo padre. In questo modo io, Discordia, opero affinché gli uomini escano dalla prigionia morale che è stata loro imposta."

"Diciamo dunque che, essendo ogni anima, almeno quella perfetta, indivisibile per essenza - dico 'indivisibile' non come il punto nella linea, ma come privazione del genere della quantità, nel modo in cui diciamo che è indivisibile il suono - tale indivisibilità si accorda soprattutto con l'anima umana, la quale è vicinissima alle Intelligenze ed è intermedia tra il materiale e l'immateriale. Dunque in ragione della comunanza di genere con gli enti materiali, pur essendo indivisibile per la sostanza, l'anima ha tuttavia tutte quelle facoltà estese e organiche che sono utili alla vegetativa e alla sensitiva."

Pietro Pomponazzi, Tutti i trattati peripatetici, Bompiani, 2013, p. 1241

"Ed io, Discordia, opero nella storia del pensiero. Ogni volta che il dubbio mina una verità che pretende di essere rivelata e che sussiste ferma e immobile come Vesta al centro del pensiero umano è una mia azione nel cuore degli uomini." Continua a parlare Discordia "La verità dubitata necessita di essere riaffermata per poter continuare a controllare gli uomini. In questo modo Pomponazzi cerca delle soluzioni che legittimano la verità dell'anima con delle similitudini che però ignorano la realtà dell'oggetto. Non esiste una verità dell'anima che possa essere distinta da un corpo, ma, immaginando la realtà dell'anima, si ignora l'identità del corpo con quanto lo anima nel suo abitare il mondo e si procede nel discorso come se la realtà dell'anima fosse accettata a prescindere. Pomponazzi riprende lo schema usato da Gesù nei vangeli. Del tipo "Il regno di Dio è come un seme di sesamo..." dove il seme di sesamo è la realtà, la verità, che ricade sotto i sensi mentre "il regno di Dio" appartiene ad un immaginario privo di realtà, contenuti e argomentazioni. Lo stesso fa Pomponazzi quando argomenta attorno all'indivisibilità dell'anima affermando " dico 'indivisibile' non come il punto nella linea, ma come privazione del genere della quantità, nel modo in cui diciamo che è indivisibile il suono". Lo sforzo di Pomponazzi nel trovare una qualità in un oggetto immaginato è un tentativo di ricomporre un concetto, quello dell'anima, che il dubbio sta demolendo nella sua verità immobile."

"Il dubbio è conflitto" continua Discordia "è manifestazione di una contraddizione nell'accettazione soggettiva di un concetto filosofico. Il dubbio si risolve mediante il conflitto che avviene mediante l'analisi della ragione oppure, quando la ragione non è in grado di mettere in atto un'analisi sufficientemente in grado di spiegare, la sospensione del giudizio con cui l'individuo si rifiuta di far proprie spiegazioni della realtà che potrebbero appesantire le condizioni della propria esistenza."

"Io Discordia agisco "continua Discordia fissando più intensamente gli arbitri "quando voi esaltate il "grande guerriero della fede". Vi piace vedere il vostro paladino ammazzare gli uomini in vostro nome e per vostro conto. Vi identificate con chi uccide, ma ignorate che altri potrebbero anelare alla stessa "gloria" e trasformare voi e i vostri servi in cadaveri per la sua gloria. Io costruisco discordia perché io sono Discordia, a voi ripristinare armonia se siete in grado di evocare Armonia dentro di voi."

Un ghigno infranse la coltre di nebbia e dal ghigno una frase: "Ditemi, chi è il più potente Dio della filosofia fra voi?". Poi, una risata emersa dall'oscura nebbia, scosse i presenti.

 

Continua...

Il significato della partita di calcio della filosofia spiegate dagli Dèi.

 

Marghera, 7 giugno 2020

 

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