Tritone e i filosofi fondamentalisti contro rinascimentali
fase n. 8, azione 38

La partita di calcio mondiale fra i filosofi

Capitolo 39
Gli Dèi riflettono sui filosofi

di Claudio Simeoni

Continua dal precedente...

Sei capace di giocare a calcio?

Dopo che Medusa si dissolse, gli arbitri Yahweh, Fanes, Beppi di (o da) Lusiana e Allahu Akbar, si ricomposero. Le loro emozioni si ritirarono dentro di loro e, come sempre avviene dopo che un Dio li lasciava, seguiva quel silenzio nel mondo pieno di domande che si muovevano nelle loro teste.

Per questi arbitri era una situazione sconcertante. Ognuno di loro scopriva un mondo sconosciuto. Yahweh e Allahu Akbar scoprivano che il mondo non è parola, ma la parola è parte del mondo. La parola che "crea", crea solo nella loro testa formulando idee di presenti separati dai presenti reali da cui i presenti pensati emergevano afferrando la loro attenzione e costringendoli ad ignorare la realtà da cui la loro "creazione" era emersa. Fanes, il signore del tempo e delle trasformazioni mediante l'intento dell'esistenza, scoprì la limitatezza della propria rappresentazione in uomini che vivono in insiemi di presenti che si susseguono, l'un l'altro, ignorando i presenti che li hanno preceduti. Beppi di (o da) Lusiana scoprì che non basta alzarsi la mattina e lavorare la terra con passione se la parola non scorre fra gli uomini e la parola non è in grado di attivare le loro emozioni.

Ogni arbitro scopriva un mondo nascosto alla propria vista e questo mondo si svelava ogni volta che un Dio arrivava a spiegare loro una partita di calcio in cui le parole volavano come fogli portati dal vento, ma che giungevano sulle società degli uomini come missili atomici che squartavano il loro presente aprendo ad un futuro che spesso gli uomini non desideravano.

"Teti l'amabile mi ha chiesto di essere qui ad usare parole come fossero onde armoniose capaci di descrivere un mondo che i filosofi hanno voluto dominare e controllare in nome e per conto di poteri che abitavano le loro fantasie." Così si presentò Tritone cavalcando le alte onde che si infrangevano sulle scogliere, "Io non sono venuto a dirvi cose nuove o diverse da quelle che vi dissero gli Dèi che mi hanno preceduto. Sono venuto a riflettere e a far sì che le mie riflessioni possano far riflettere anche voi. Ricordate che prima che io fossi partorito Nettuno il mare infecondo Ponto sbatteva furioso su rive senza vita. Poi io fui partorito e divenni consapevole della necessità che la vita germinasse nel mare."

Tacque per un attimo Tritone mentre le onde sembravano fermarono il loro sguardo su Fanes. "Padre!" sussurrarono.

"No stemo far scherzi!" intervenne Beppi di (o da) Lusiana. "Stemo boni; fermi qua, non steme cambiar el mondo che go ancora da finir de cavar l'erba in meso ai fasoi". Risero all'unisono Yahweh e Allahu Akbar mentre Beppi di (o da) Lusiana, guardandoli come farebbe un gabbiano che osserva di lato chi si avvicina disse: "Vedé de no romper i cojoni. Se mi no metto via i fasoi, stinverno no majo, mi go da pensar al futuro, miga solo all'ancò."

"Io sono la vita che germina nel mare e che Poseidone ha cullato fra le sue braccia. Io sono le grandi balene, i veloci squali e le sardine che popolano mari densi di vita." Disse Tritone.

"Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, i Gentili i Giudei, Dio che li ha da sempre conosciuti e predestinati ad essere conforme all'immagine del Figlio suo, affinché confusi dall'amarezza del dolore per la propria infedeltà e convertiti nella fede alla dolcezza della misericordia di Dio, gridassero le parole del salmo: "Quanto è grande la tua bontà, Signore! La riservi per coloro che ti temono, ne ricolmi chi in te si rifugia"; e non in loro! Pertanto egli proverà misericordia di tutti i vasi di misericordia; ma che vuol dire di tutti? Evidentemente quelli che, fra i Gentili e fra i Giudei, Egli ha predestinato, chiamato, giustificato, glorificato; non sarà condannato nessuno fra questi, e non fra tutti gli uomini!"

Agostino d'Ippona, La città di Dio, Bompiani, 2015, p. 1105

Tritone fissò il suo sguardo su Yahweh e iniziò dicendo: "Questo sta parlando di te. Avevi la necessità di costringere le persone ad obbedirti? E perché costringere i Gentili ed i Giudei a farlo dal momento che i Giudei ti obbedivano e tu li hai costretti a disobbedirti? Non sei in grado di affascinare gli uomini e ti riduci a terrorizzarli ammazzando "tuo figlio" per ricattare gli uomini costringendoli ad identificarsi nel dolore affinché riproducano altro dolore. Agostino d'Ippona chiama la diffusione del dolore nella società degli uomini "convertiti nella fede alla dolcezza della misericordia di Dio". Io," Continuò Tritone "lo chiamo sadismo. I Gentili avevano i loro Dèi e tu li hai violentati affinché disconoscessero i loro Dèi e per farlo hai ammazzato tuo figlio, come se fosse una bestia da portare al macello, affinché i Gentili, di nome e di fatto, fossero compassionevoli con tuo figlio e fosse concesso a te e alla tua marmaglia di imporre loro mille volte più dolore dal quale trarre beneficio e piacere. Un "Dio" che diffonde paura e terrore per alimentare il dolore, non è un "Dio", ma un despota sadico che ruba la felicità agli uomini per trarre beneficio dal loro dolore. Diciamocelo, gli uomini, ridotti a vaso che non hanno il diritto di dire qualche cosa al vasaio (Paolo di Tarso) hanno il diritto di vivere la loro vita senza che qualcuno, facendo prigioniera la loro compassione, possa sacrificarli in olocausto in tuo onore. Hai ammazzato tuo figlio per garantirti un futuro! Ma che "merda" di padre sei? I padri veri sacrificano sé stessi per i figli!"

"Io spenderò ben volentieri del mio ed anche tutto me stesso spenderò per le anime vostre. Ma poiché vi dimostro maggior amore, devo proprio essere meno amato da voi? E sia pure: io non vi sono stato d'aggravio: ma da furbo qual sono, v'ho presi con l'inganno. Vi ho forse sfruttati per mezzo di qualcuno di quelli che vi ho mandato?"

Paolo di Tarso, 2 Corinti 12, 15 - 17

"Sconvolgente" ebbe a dire Tritone "pensare agli uomini come oggetti da prendere. "v'ho presi" perché voi siete oggetti. Non dice: "Ci siamo mesi insieme!". Dice: "mi sono appropriato di voi". Poi continua dicendo che, siccome siete roba mia, voi dovete amare me che vi possiedo come oggetto e che, come padrone che capitalizza oggetti, ama i suoi oggetti che sono roba sua. Continua esaltando la propria furbizia con cui ha ingannato le persone trasformate in oggetto e "prese", fatti schiavi, con l'inganno, il raggiro, la truffa. E di quale truffa sta parlando Paolo di Tarso? Dice di non averli sfruttati per mezzo di qualcuno che ha mandato loro. Li ha ingannati affermando l'esistenza di Dio, l'esistenza di Gesù, l'esistenza di una vita eterna e dell'assunzione in cielo con tutto il corpo. Li ha ingannati affermando l'assurdo e trasformandoli in schiavi nell'attesa della realizzazione di quell'assurdo. Dice Paolo di Tarso che "Io spenderò ben volentieri del mio ed anche tutto me stesso spenderò per le anime vostre". Paolo di Tarso ingannerà imbroglierà le persone per assicurarsi di poterle possedere come oggetti controllando il loro corpo e la loro "anima". Uomini comperati e venduti, oggetti di possesso, da sacrificare nei campi di concentramento e da bruciare nei forni crematori. In fondo, non sono uomini come Paolo di Tarso, sono solo oggetti che lui possiede a maggior gloria del Dio dei cristiani. Non deve rispetto a ciò che possiede, ma pretende, da ciò che possiede, sottomissione, che chiama amore, in nome e per conto del "suo amore" finalizzato alla depersonalizzazione degli uomini in funzione dell'oggetto-uomo che lui possiede mediante l'inganno e a truffa che da furbo ha messo in atto contro gli ingenui."

"Se uno sarà affetto da tristezza o da Gioia per opera d'un altro della stessa classe o di nazione diversa dalla propria, e ciò accompagnato con l'idea di costui, sotto il nome universale della sua classe o della sua nazione, come causa, egli amerà o pure odierà non solo quello, ma anche tutti della sua classe o della sua nazione."

Spinoza, Etica, Fratelli Melita, 1990, p. 220

"Se un individuo sarà affetto da tristezza o da gioia" continua Tritone fra rumori di marosi che si abbattono su una terra silenziosa "per causa di qualcuno è educato ad attribuire ad altri uomini la sua condizione di tristezza e a ringraziare "Dio" per la sua gioia anche quando la causa della sua tristezza e della sua sofferenza sta nei principi morali ed etici imposti da Dio all'uomo. Ciò che colpisce è la tendenza dell'uomo a generalizzare cercando dei nemici contro i quali gridare al linciaggio. Non trovi lavoro? Hai problemi familiari? Hai problemi finanziari? Potresti cercare le cause nell'educazione che hai ricevuto e nelle relazioni che hai costruito nel mondo in cui vivi e chiedere a questo mondo di cambiare o, meglio ancora, di cambiare tu per adattarti al mondo anche senza dover tradire i tuoi principi morali o etici. E, invece, scegli il linciaggio. E non trovi lavoro è perché ci sono gli extracomunitari e allora invochi provvedimenti giuridici contro di loro ottenendo un doppio risultato. Tu continui a rimanere senza lavoro e sarai costretto a vivere in una società in conflitto che ti emarginerà ulteriormente. Hai problemi familiari perché la moglie ti tradisce? Invochi il linciaggio delle mogli fedifraghe e quando la moglie chiede il divorzio, dal momento che non si è sottomessa, provvedi ad accoltellarla. Non rifletti sull'inadeguatezza dei tuoi principi morali di possesso dell'altro che "Dio" ti ha imposto. Lei ha violato i principi morali e tu ti senti in diritto di ripristinare la legge divina che lei ha violato. E chi è che ti procura i problemi finanziari se non le banche? Le banche sono i nemici dell'uomo, ma tu, che scelte hai fatto nella tua vita? Perché dei tuoi fallimenti non accusi "Dio" che ti ha imposto di credere nel principio speranza e che ti ha indotto a sperare nell'intervento divino anziché organizzarti nei confronti della società nella quale stai vivendo? Buffo è vedere tutti gli uomini del mondo travolti dalla pandemia da covid-19 e cercare un nemico da accusare anziché unire le loro forze per sconfiggere la pandemia. Cercare un nemico contro il quale invocare un linciaggio anziché affrontare il problema che ci affligge. O pensi che, una volta messi in volo i bombardieri, il problema si risolva da solo?"

"Ecco: Dio vi ha portato soccorso in molte zone di guerra e soprattutto nella giornata di Hunayn. Eravate orgogliosi della vostra potenza numerica ma questo non vi è servito per nulla. Il terreno che vi pareva assai ampio vi è poi apparso assai stretto, voi siete scappati al galoppo.
Ma in seguito il Dio fece scender la sua sakina sul rasoi e sopra i credenti, fece planare su voi invisibili armate e castigò coloro che non avevano creduto. Eccola, la ricompensa dei kàfirùna!"

Maometto, Corano, IX Tawbat: immunità o pentimento, versetti 25 e 25, Oscar Mondadori, 1980, p. 273

"Nella disperazione hai guardato il cielo sperando nei soccorsi mentre in guerra soffrivi." Continua Tritone "E che cosa hai visto nel cielo? Hai visto la potenza dei tuoi nemici che sganciavano bombe e che costringeva gli adoratori di Allahu Akbar a fuggire e a trasformarsi in profughi disperati. Non c'era la potenza di Allahu Akbar a soccorrere i combattenti in Algeria; Non c'era la potenza di Allahu Akbar a soccorrere i popoli che lo adoravano mentre l'Inghilterra li trasformava in colonie; Non c'era la potenza di Allahu Akbar mentre gli adoratori di Yahweh rubavano le terre e le case ai seguaci di Allahu Akbar trasformandoli in pezzenti e scacciandoli dalla terra dei loro padri; Non c'era la potenza di Allahu Akbar quando i bombardieri USA distrussero l'Iraq, la Siria. Dov'erano le "invisibili armate" di Allahu Akbar? Armate capaci solo di essere violenti con i deboli e incapaci di difendere i popoli a cui Allahu Akbar ha promesso sostegno e assistenza. Di disastro in disastro, un giorno quei popoli risorgeranno e troveranno il loro posto dignitoso fra i popoli della terra. Ma non sarà perché Allahu Akbar li ha assistiti, ma perché molti figli di quei popoli romperanno la prigione morale in cui Allahu Akbar li ha rinchiusi e cercheranno strade diverse con cui affrontare la loro vita assicurando un futuro ai loro figli. Questo è il regalo dei Kàfirùna, gli infedeli, i pagani, agli adoratori di Allahu Akbar dopo che gli adoratori di Yahweh avranno reso povera e marginale la loro esistenza."

"Noi possiamo avere anche un'idea chiara e distinta di una sostanza increata che pensa e che è indipendente, cioè di un Dio, purché non pensiamo che questa idea ci rappresenti tutto quello che è in lui, e non vi mescoliamo nulla con una finzione del nostro intelletto; ma prestiamo attenzione solamente a quello che è compreso veramente nella nozione distinta che abbiamo di lui, e che sappiamo appartenere alla natura di un essere perfettissimo. Poiché non v'è nessuno che possa negare che una tale idea di Dio sia in noi, se non vuole credere senza ragione che l'intelletto umano non potrebbe avere niuna conoscenza della Divinità."

Cartesio, I principii della filosofia, Libritalia, 1996, p. 113

"Non esiste in natura un essere della natura che non sia perfettissimo." Continua quasi ridendo Tritone "Tutti gli Esseri della Natura sono divenuti, si sono adattati e si sono trasformati. Ne consegue che, se ora esistono, sono perfetti nel loro abitare il mondo e nel vivere le relazioni che loro hanno con il mondo. Se non fossero perfetti nelle relazioni con il mondo, scomparirebbero dalla faccia della terra perché ad ogni modificazione della terra corrisponde una necessità di adattamento soggettivo che solo la perfezione permette la sopravvivenza degli Esseri della Natura. Molte specie di Esseri della Natura hanno calpestato la Terra, ma non erano perfetti oppure le nuove condizioni li ha colti non perfetti, non adeguati, cessando di esistere. Cartesio è l'uomo che vive esclusivamente nella ragione e attraverso la ragione tutto misura e tutto considera mediante la forma che deve ricadere sotto i sensi eppure cede davanti alla sua "idea di onnipotenza". Eppure, Cartesio anticipa l'idea dell'esistenza di Dio. Lo pensa "perfettissimo". Ma questa sua "ipotesi" non la sottopone a verifica, la tiene come verità dentro di sé dicendo che "Poiché non v'è nessuno che possa negare che una tale idea di Dio sia in noi, se non vuole credere senza ragione che l'intelletto umano non potrebbe avere niuna conoscenza della Divinità" afferma, di fatto che non gli importa della realtà dell'oggetto Dio perché, avendo lui l'idea di Dio agisce in conseguenza di tale idea. Non lo misuri, non lo pesi, non lo incontri nelle azioni del mondo ma vuoi credere che le azioni che vedi abbiano una qualche relazione con Dio, Dio è la tua idea apriori che guida ogni tuo giudizio nel mondo. La ragione è Dio, il verbo, la parola che chiude la ricerca nel reale in Dio. Dio è la risposta a tutto ciò a cui non sai dare una risposta. Dio diventa la tua stessa ragione che per esaltare sé stessa come padrona di te deve legittimare l'essere padrona di te immaginando una ragione assoluta a cui tende e alla quale poter fare rifermento."

"Poiché un massimo della serie di condizioni in un mondo sensibile come cosa in sé non è posto dal principio cosmologico della totalità, ma può solamente essere imposto nel regresso di essa serie, questo principio della ragion pura, nel suo significato per tal modo legittimo, conserva tuttavia il suo buon valore, ma non come assioma per pensar la totalità nell'oggetto come reale, sì come problema per l'intelletto, quindi pel soggetto al fine di instaurare e continuare, secondo la completezza nell'idea, il regresso lungo la serie delle condizioni di un dato condizionato. Infatti, nella sensibilità, cioè nello spazio e nel tempo, ogni condizione a cui noi possiamo giungere nell'esposizione di fenomeni dati, è, a sua volta, condizionata: perché questi fenomeni non sono oggetti in sé, in cui possa in ogni caso aver luogo l'assolutamente incondizionato, ma semplici rappresentazioni empiriche, che devono sempre trovare nella intuizione la loro condizione, che li determini rispetto allo spazio e al tempo."

Kant, Critica alla ragion pura, Laterza, 1987, p. 412

"Ogni Essere della Natura, come ogni Essere abitatore del cosmo, vive e si trasforma adattandosi nelle condizioni in cui è venuto in essere." In questo modo Tritone continua il suo discorso. "Può esserci la vita senza lo spazio? Lo spazio è una realtà oggettiva per ogni vita e per ogni trasformazione della vita. Non è importante come ognuno di noi pensa lo spazio. Il pesce pensa allo spazio immerso nelle acque; io che sono Tritone penso ad uno spazio che l'acqua occupa. Il Sole pensa ad uno spazio diverso mentre lo percorre e il fotone occupa uno spazio che nessun Essere della Natura potrebbe pensare o occupare. Ogni Essere vive nelle condizioni e il suo stesso essere è una condizione che si adatta a condizioni. Chiedere "chi ha posto le condizioni" significa negare i processi adattativi degli oggetti nell'universo, le loro interazioni reciproche, la loro capacità di adattarsi a nuove e diverse condizioni e le condizioni che essi stessi determinano mediante la propria esistenza che vengono percepite come oggettività da altre e diverse intelligenze. I fenomeni che formano le condizioni alle quali noi ci adattiamo sono oggetti in sé. Il nostro corpo li pensa e li vive in quanto tali che poi questi singoli fenomeni altro non siamo che espressione di un insieme di condizioni dalle quel il fenomeno ce giunge a noi si è separato, questo è un altro discorso. Nessuna intelligenza, qualunque sia la sua natura, sarà mai in grado di comprendere la totalità dei fenomeni e la totalità delle condizioni dalle quali i fenomeni si separano. L'uomo e la sua comprensione è compresa nei fenomeni e nelle condizioni. Ne è parte. Questo è il motivo per il quale, una ragione sconfitta davanti alla comprensione del mondo e dell'universo, vuole immaginare una ragione assoluta che chiama "Dio", "Essere", "Ente", "Essere assolutamente necessario", "Uno", ecc. capace di comprendere tutto l'universo (onnisciente). Sono i limiti della ragione umana che immaginano una ragione assoluta."

"Ma questa opinione [sulla natura divina dell'Anima] avrebbe potuto nascere anche dalla somiglianza che l'anima nostra ha con Dio. Infatti l'intellezione, che è considerata la prerogativa più propria di Dio, non si riscontra sulla terra altro che nell'uomo, per la sua anima. Ecco perché poteva sembrare che l'anima appartenesse alla natura di Dio. Soprattutto presso gli uomini i quali erano convinti che l'anima fosse immortale."

Tommaso d'Aquino, Somma contro i gentili, Mondadori, 2009, p. 499

"Intellezione è l'atto o processo di adeguazione conoscitiva da parte dell'intelletto." Riprende il discorso Tritone "In Dio dei cristiani non modifica sé stesso. Non vive le trasformazioni. Non acquisisce conoscenza. Per i cristiani l'anima è immortale e l'anima stessa non si modifica se non nella caduta del "peccato". Inoltre, sempre per i cristiani ritengono che l'anima sia "l'agire di Dio" attraverso l'uomo. Ora, come può il Dio dei cristiani adeguare la sua conoscenza e modificare il proprio intelletto quando lui è onnisciente e perfettissimo? La perfezione assoluta non è suscettibile di modificazioni. Ma che cos'è l'anima se non l'intelletto, la volontà e le pulsioni emotive proprie dell'uomo? E a cosa servono l'intelletto e le pulsioni emotive dell'uomo se non per garantire all'uomo i migliori adattamenti possibili alle variabili oggettive, ai fenomeni, che incontra durante la sua esistenza? Se noi osserviamo ogni Essere Animale e ogni Essere Vegetale pratica i suoi adattamenti soggettivi alle variabili oggettive incontrate e, dunque, ogni Essere Animale o Vegetale è portatore di intelligenza progettuale, di volontà d'esistenza e di pulsioni emotive (portatore di bisogni e di desideri). Ne consegue che ogni Essere Vegetale o Animale è dotato della stessa qualità di anima che ha l'uomo. Stando a questo i cristiani dovrebbero affermare che il loro Dio opera attraverso Esseri Animali ed Esseri Vegetali. Ora noi gli Esseri Umani sanno che questo è vero. La teoria della diversificazione delle specie, stando alla presenza di un antenato comune, ci spiega che dal momento che l'uomo, il topo e lo scarafaggio hanno un antenato comune che avendo generato l'uomo deve essere considerato, dal punto di vista di quanto viene definito "anima", un uomo a tutti gli effetti, un topo a tutti gli effetti, uno scarafaggio a tutti gli effetti, la stessa anima dell'uomo è la stessa anima che abita il topo e lo scarafaggio. Se così non fosse l'uomo sarebbe divenuto da un non-uomo o, se preferite, creato ad immagine e somiglianza di Dio. Il grande problema di tutto questo è la fantasia che vuole porre Dio al di fuori della vita e artefice della vita. Una fantasia di un soggetto delirante che vuole spiegare una realtà alla quale è estraneo."

Poi, Tritone tacque. Rimase solo il suono delle onde che si infrangevano su scogli invisibili. Tritone aveva detto quanto voleva dire. Filosofia è l'arte di leggere in astratto la realtà. L'arte di interpretare la realtà. Una volta interpretata soggettivamente la realtà, l'interpretazione ritorna agli uomini sotto forma di concetti, teorie, ipotesi nelle quali si intreccia la realtà percepita e la realtà soggettivamente desiderata dal filosofo.

Spesso la realtà immaginata soffoca la realtà vissuta. Il filosofo prova dolore nei confronti di una realtà che non riesce a comprendere e alla realtà vissuta sostituisce la sua immaginazione che diventa la verità filosofica. La verità filosofica diventa "teoria", "progetto" e si preoccupa di sottomettere l'uomo affinché il progetto teorizzato dal filosofo si realizzi.

Onda dopo onda, sul campo di calcio la nebbia si infittì e il silenzio avvolse gli arbitri.

 

Continua...

Il significato delle azioni della partita di calcio della filosofia spiegate dagli Dèi.

 

Marghera, 01 giugno 2021

 

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