Iperione e i filosofi fondamentalisti contro rinascimentali
fase n. 9, azione 43

La partita di calcio mondiale fra i filosofi

Capitolo 44
Gli Dèi riflettono sui filosofi

di Claudio Simeoni

Continua dal precedente...

Sei capace di giocare a calcio?

Il silenzio avvolgeva la nebbia abbandonata da Kreios e gli arbitri sembravano riprendere le loro attività consuete, Yahweh e Allahu Akbar continuavano a predicare lo sterminio degli infedeli mentre Fanes adattava il divenire delle specie della natura ad ogni contraddizione che incontrava. A volte risolveva la contraddizione modificando i soggetti che partecipavano alla contraddizione, a volte sottraeva i soggetti alla contraddizione variando gli interessi dei soggetti che partecipavano alla contraddizione. Beppi di (o da) Lusiana continuava a zappare la terra, raccogliere i prodotti, metterli nel cesto e distribuirli fra gli amici che, di tanto in tanto, venivano a trovare questo "vecchio" che ripeteva sempre le stesse storie e ricordava sempre gli stessi aneddoti della sua vita.

Gli arbitri erano così intenti nelle loro attività attorno a quel piccolo fuoco che ardeva al centro del campo di calcio dove i filosofi avevano disputato la loro partita nel tentativo di coinvolgere l'umanità che non si resero conto che la nebbia iniziava ad alzarsi. La nebbia non si dissolveva, si alzava. Gli oggetti, ai margini del campo, apparvero più chiari e la forma del campo ora era più distinta anche se quel campo fluttuava nel tempo e in uno spazio indistinto attorniato da strane e assurde costellazioni.

"Secondo voi" chiese Allahu Akbar "chi sta arrivando?"

Ora avevano capito che la modificazione dell'ambiente poteva avvenire solo come annuncio dell'imminente arrivo di un nuovo Dio pronto a raccontare il significato delle azioni filosofiche di calcio a cui avevano assistito.

"Qualcosa che arriva in alto o che porta in alto anche se non capisco bene" ebbe a dire Yahweh "dove sia l'alto o il basso, il prima o il dopo, in questo mondo assurdo dove tutto è uguale senza ripetersi e tutto è diverso in un conflitto fra forma e sostanza, rappresentazione e realtà, desiderio e necessità, percezione soggettiva ed oggetto in sé."

Beppi di (o da) Lusiana appoggiò la zappa, depose il cesto delle mele a terra e guardando il nuovo spettacolo che si presentava ai suoi occhi disse: "Tutto cambia, tutto si modifica. Io non sono più colui che viveva nella nebbia di quell'antico brodo primordiale, ma non sono nemmeno colui che è giunto alla luce della conoscenza. Io raccolgo le mele, le patate e i pomodori in un mondo in perenne modificazione. Un mondo che io stesso contribuisco, per il suo bene o per il suo male, a cambiare ogni volta che la mia zappa entra nella terra. Io non sono nella luce della conoscenza, ma ogni volta che vedo più chiaramente nell'indistinto della vita, mi congratulo con me stesso, perché la vita è migliorata."

Fanes, silenzioso, si guardava attorno. I suoi occhi si muovevano veloci come se volesse cogliere qualche cosa che continuamente gli sfuggiva. Eppure, sapeva, qualcuno era arrivato e fra poco avrebbe parlato. Fanes prese alcuni pezzi di legna, li gettò nel fuoco e si sedette guardandosi distrattamente attorno come fa un paziente in sala d'attesa dal dentista.

"L'indistinto si illumina non perché sia più chiaro di come noi guardiamo, ma perché noi aumentiamo gli angoli e la prospettiva da cui guardarlo. L'uomo osserva le azioni che giungono a lui, le interpreta, e a quelle azioni risponde adattandosi. Quanto è chiara l'azione o il fenomeno che giunge a lui? L'uomo percepisce la sollecitazione dell'azione, ma l'oscuro che avvolge l'azione, il fenomeno, non consiste nella sollecitazione che l'uomo subisce, ma nella comprensione delle qualità e degli intenti dell'azione che percepisce. L'azione percepita è un oggetto la cui qualità, per il soggetto, sono le qualità percepite dal soggetto. Ora, se una zanzara mi punge sulla fronte, alzo una mano e la schiaccio. Non mi chiedo "perché la zanzara mi punge", non mi chiedo nemmeno se quel fastidio che sentivo sulla fronte fosse l'effetto di una zanzara. Alzo la mano ed elimino quel fastidio. Alzando una mano, il fenomeno, rappresentato dal fastidio, riceve un adattamento soggettivo che elimina il fastidio. Il fastidio appartiene ad un indistinto a cui mi sono adattato. Solo che ci si può elevare dalla condizione dell'indistinto scoprendo un effetto più ampio del fenomeno: la zanzara pungendomi produce il fastidio. Per questo non attendo il fastidio per schiacciare la zanzara, ma se posso intervengo sulla zanzara che si avvicina prima che questa sia in grado di produrre il fastidio. Agisco sulla presenza di un fenomeno prima che l'azione di questo fenomeno mi costringa ad un adattamento per eliminare il fastidio. Ma anche la presenza della zanzare è un fenomeno. Un fenomeno di cui, prima, non ero consapevole perché, per agire nei confronti della zanzara, aspettavo il fastidio sulla pelle. Dunque, il fenomeno in sé "fastidio", ora diventa il fenomeno in sé "presenza della zanzara". La zanzara da dove veniva? Quando mi pongo questa domanda io mi sto elevando, divento me stesso, Iperione, mi stacco dal piano della relazione fra me e la zanzara e cerco di individuare il fenomeno che, manifestando il fenomeno zanzara, manifesta il fenomeno prurito capace di farmi alzare una mano e di agire per adattarmi soggettivamente. Magari, alzando un po' il mio sguardo scopro che i sottovasi delle mie piante da fiore che tengo sul terrazzo sono dei veri e propri allevamenti di larve di zanzara e, svuotandoli, allontano la presenza delle zanzare. Il fenomeno, presenza delle larve di zanzara nei sottovasi, manifesta il fenomeno della zanzara che manifesta il fenomeno del prurito sulla mia fronte che richiede un'azione di adattamento soggettivo mediante l'alzare della mano, schiacciare la zanzara ed eliminare il prurito che è l'unica manifestazione fenomenologica che mi interessa perché interferisce con la mia persona. Questo elevarsi, che permette di cogliere un fenomeno come manifestazione di altri fenomeni e elevarsi per cogliere l'insieme dei fenomeni che a loro volta generano i fenomeni, è ciò che io sono: Iperione!"

Poi, per un attimo la voce tacque per poi riprendere:

"Il volo del conoscere di Iperione va dall'ambito personale, in cui un individuo conosce solo il suo esistere perché non può fare a meno d'esistere, all'universo in cui un individuo esiste perché l'universo si è trasformato forgiando la sua stessa esistenza. Il conoscere è sempre un volo di Iperione che si eleva dalla condizione di ogni "venir in essere" anche in sistemi sociali che spezzano ali e gambe ai bambini affinché non siano in grado di volare o camminare da soli nella propria vita. Iperione è necessità soggettiva della coscienza che dalla Terra ammira il cielo e dal cielo prende coscienza degli infiniti spazi dell'esistenza."

"Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: "Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?". Egli rispose: "Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti". Ed egli chiese: "Quali?". Gesù rispose: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso". Il giovane gli disse: "Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?". Gli disse Gesù: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi". Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze. Gesù allora disse ai suoi discepoli: "In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli". A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: "Chi si potrà dunque salvare?". E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: "Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile". Allora Pietro prendendo la parola disse: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?". E Gesù disse loro: "In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi"."

Vangelo di Matteo 19, 16 - 30

"Tu vuoi sapere che cosa devi fare?" Inizia il discorso sulle azioni dei filosofi Iperione "Perché, al contrario, non chiedi a te stesso cosa tu devi fare? Cosa tu hai bisogno di fare? Cosa tu puoi fare nell'oggettività in cui vivi al fine di assicurarti il benessere nella tua esistenza? Perché non ti chiedi, visto che lo puoi, cosa gli altri hanno bisogno affinché anche loro stiano meglio e nel loro stare meglio possano arricchirti ulteriormente? E' una malattia dell'uomo. Se tu cerchi di ingraziarti qualcuno chiedendogli che cosa tu devi fare per entrare nelle sue grazie, quel qualcuno non chiede qualche cosa a te, ma chiede tutto te stesso. Tu diventi un suo oggetto d'uso perché, anziché rivolgere le domande a te stesso, ti sei dimesso da te stesso per entrare al servizio di altri. Se ti metti a disposizione di qualcuno, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, tu non avrai più cuore e non avrai più anime per te stesso. E' la tua coscienza che decide che cosa fare e tu sei ricco fintanto che la tua coscienza continuerà a guidare le tue azioni che si trasformeranno in esperienza che modificheranno la tua coscienza. Nel momento stesso in cui chiedi ad un altro, diverso da te, di imporre obblighi o regole alla tua coscienza, tu ti sei dimesso da te stesso. Ti sei alienato dal tuo divenuto e hai impedito la realizzazione del tuo divenire mediante la trasformazione della tua coscienza. Gesù afferma che difficilmente "un ricco entrerà nel regno dei cieli", ma intende dire che la ricchezza non riguarda il denaro, ma la ricchezza della coscienza di un individuo perché una coscienza ricca è capace di dettare regole a sé stessa e non accetta di sottomettersi acriticamente a chi vuole dettargli regole senza che lei le condivida. Dunque, chi entrerà nel "regno dei cieli", nel "gregge di Gesù"? Coloro che rinunceranno alla ricchezza della loro coscienza, della loro consapevolezza, delle determinazioni con cui alimenteranno la loro esperienza esistenziale. Entreranno coloro che uccideranno la loro capacità di percezione della realtà nella quale vivono. Entreranno i complottisti, i diffusori di fake news, coloro che fanno della miseria della loro esistenza una necessità che li costringe a cercare un padrone, un'autorità capace di definire regole "morali" entro le quali legittimare le fake news o i deliri complottisti. Questo è il regno che promette Gesù. Un regno divino come premio a chi ha costruito l'inferno in terra per gli uomini che cercano di costruire il loro futuro."

"Poiché l'uomo non può farsi una idea del grado e dell'intensità qual è quella di un'intenzione morale, se non quando egli se la figura alle prese con ostacoli e ciò nondimeno trionfante in mezzo ai grandi assalti. Nella fede pratica in questo figlio di Dio (in quanto è rappresentato come chi ha adottato la natura umana) l'uomo può dunque sperare di rendersi gradito a Dio (e con ciò anche beato); cioè colui che è consapevole di un'intenzione morale tale da poter credere, e da avere, in se stesso, sicura fiducia di restare, in mezzo ad uguali tentazioni e sofferenze (tali, quali vengono assunte a pietra di paragone di questa idea), invariabilmente attaccato a questo modello dell'umanità e di restare simile al suo esempio in fedele imitazione, un tale uomo e proprio lui solo è autorizzato a considerarsi come un essere che non è oggetto indegno della compiacenza divina."

Immanuel Kant, La religione entro i limiti della sola ragione, Editori Laterza, 2019, p. 64

"In questo, Kant è preciso nella rinuncia a sé stesso in nome di Dio del quale si fa servo, seguace e si ritiene moralmente obbediente." Continua Iperione "La coscienza è quella condizione del corpo che permette al corpo di volare alto come se si staccasse dal corpo. Una volta che la coscienza ha preso a volare può scegliere se seguire una rotta che porti ad una meta o nessuna rotta ignorando la meta in un eterno vagare. Ma la coscienza non può distruggere sé stessa imponendosi regole morali, etiche e comportamentali che non siano relative alla relazione con altre coscienze. Quando una coscienza si impone regole morali, al di fuori delle necessità di relazioni con corpi che abitano il mondo, sta usando la volontà del proprio corpo per limitare e soffocare i bisogni e i desideri che hanno portato il corpo, di cui quella coscienza è parte, a pensare sé stesso come ente che necessiti di condizioni morali. La condizione morale, al di fuori della relazione con altri corpi, nega la libertà del corpo perché ne conchiude i comportamenti entro una dimensione che non è manifestata dal corpo, ma da un ente esterno che controlla quel corpo. La volontà dell'uomo non è più la spinta all'agire nel mondo, ma è la spinta che l'uomo impone a sé stesso per annientare i desideri e imprigionare le sue pulsioni entro i limiti morali che, imposti a lui dall'esterno, vengono calati nella sua struttura psico-emotiva generando i complessi di colpa per lo stridere delle necessità dei desideri e i limiti morali che soffocano i desideri dentro di lui. Kant chiama i limiti morali "Gesù" nella speranza di rendersi gradito al padrone Dio. Per farlo deve uccidere il proprio desiderio e lo può fare solo rivolgendo la volontà dentro sé stesso per imitare un modello in mezzo alle sofferenze. Quell'uomo non combatte ciò che lo fa soffrire. Non usa la propria volontà per modificare l'oggettività che gli procura sofferenza. La sua coscienza non analizza il mondo e le condizioni in cui sta vivendo. Il soffrire diventa la condizione sublime che lo avvicina a Dio. L'uomo che soffre vuole condividere la "bellezza dell'essere vicino a Dio" e per farlo deve imporre le sofferenze ad altri uomini affinché anche loro colgano la bellezza di essere vicini a Dio imitando le sofferenze di Cristo. E mentre l'uomo anela alla benevolenza di Dio perde la propria vita in un olocausto dove il fuoco che lo brucia è la sua volontà che, incapace di aprirsi al mondo, lo chiude in sé stesso consumandolo."

"Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: "Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona. Poiché come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione. La regina del sud sorgerà nel giudizio insieme con gli uomini di questa generazione e li condannerà; perché essa venne dalle estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, ben più di Salomone c'è qui. Quelli di Nìnive sorgeranno nel giudizio insieme con questa generazione e la condanneranno; perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, ben più di Giona c'è qui".

Vangelo di Luca 11, 29 - 32

"Quando l'uomo fugge dalla prigione in cui la morale comportamentale lo ha chiuso perché la sua volontà ha reagito aprendo varchi nella barriera che collega l'uomo al mondo in cui vive" Continua Iperione "Viene imposto il terrore. Non è importante se il terrore imposto è reale o meno. L'importante è che il terrorizzato immagini che quel terrore è reale, ne abbia paura e tremi all'idea che quel terrore si realizzi nella propria vita. In questa condizione psicologica il terrore ripristina le mura, le barriere che separano la sfera psico-emotiva dell'uomo dal mondo psico-emotivo nel quale vive. Quel "se non mi ascoltate morirete tutti di tormenti" appare come una frase vuota armata solo dell'enfasi fanatica di chi la pronuncia. Un'affermazione teatrale che vuole impossessarsi delle emozioni del lettore, entrare nella sua psiche, piegarla su sé stessa e riempire le sue emozioni di paura. Una paura che ferma ogni reazione. Una paura che ingigantisce un inesistente pericolo che si presenta come un mostro divoratore alla sua immaginazione. L'enfasi di Gesù manifesta il vuoto di Gesù. L'impotenza che necessita di paura per sottomettere. Sarà il modo col quale decine di migliaia di predicatori gireranno per la terra portando al macello e alla distruzione milioni di persone che, esistenzialmente disperate, alimenteranno la loro paura con ulteriore disperazione. Eppure sarebbe bastato far uscire la propria volontà. Fermare il dialogo interno che alimenta la paura cortocircuitandola volontà in sé stesso, aprirla al mondo e tutta la farneticazione di Gesù sarebbe apparsa per quello che è, l'espressione di un uomo vuoto che si ciba della paura perché incapace di abitare il mondo nel quale vive. Sarebbe stato sufficiente che l'uomo avesse reagito come Obelix che teme solo che il cielo gli cada in testa, ma è convinto che non cadrà certo domani e le enfatizzazioni dei deliranti sarebbero state trattate per quello che sono, deliri di individui sconfitti dalla vita."

"La frase: "l'uomo è cattivo per natura" significa solo che tale qualità viene riferita all'uomo considerato nella sua specie: non nel senso che la cattiveria possa essere dedotta dal concetto della specie umana (dal concetto di uomo in generale, poiché allora sarebbe necessaria); ma nel senso che, secondo quel che di lui si sa per esperienza, l'uomo non può essere giudicato diversamente, o, in altre parole, che si può presupporre la tendenza al male come soggettivamente necessaria in ogni uomo, anche nel migliore. Ora, questa tendenza bisogna considerarla essa stessa come moralmente cattiva, e perciò non come una disposizione naturale, ma come qualche cosa che possa essere imputato all'uomo, e bisogna quindi che essa consista in massime dell'arbitrio contrarie alla legge. "

Immanuel Kant, La religione entro i limiti della sola ragione, Editori Laterza, 2019, p. 32 - 33

"La visione soggettiva della realtà piega l'interpretazione della realtà alla propria dimensione concettuale" continua Iperione osservando la nuova azione "La misura soggettiva di ciò che mi danneggia è la cattiveria, cioè l'attribuzione di una volontà ad un fenomeno, o a chi attribuisco il fenomeno, in opposizione ai miei bisogni esistenziali. Iperione è colui la cui coscienza vola alto e la cattiveria, il nemico, è colui che vuole impedire che la coscienza voli alto. Il nemico è colui che vuole imprigionare la coscienza entro limiti di spazio e tempo che, relativi alla coscienza, sono limiti di comprensione di sé stessa in un mondo di coscienze che comprendono la realtà di cui quella coscienza vive. Il male e la cattiveria sono espresse attraverso le azioni ed affermare che "l'uomo è cattivo per natura" significa voler aggredire l'uomo impedendo alla coscienza dell'uomo di espandersi in un mondo di coscienze ponendo all'uomo limiti etici e morali che la sua coscienza non "dovrebbe" valicare perché ritenuti dannosi da uomini che vogliono il controllo delle coscienze dell'uomo. L'uomo determina il principio, la legge, a cui la propria coscienza deve attenersi nei confronti di altri uomini o delle coscienze del mondo, o una coscienza esterna dice all'uomo come l'uomo deve essere in funzione di sé stessa? Perché l'uomo non può imporre a questa "coscienza esterna" le proprie regole morali costringendo questa coscienza ad agire in funzione dell'uomo? Iperione vola alto. Volando alto, la coscienza che si fa Iperione cerca la reciprocità nelle relazioni perché la relazione modifica la qualità del volo della coscienza. Dove non c'è reciprocità c'è sottomissione e schiavitù e dove c'è schiavitù non ci sono coscienze che volano alte, ma solo volontà che uccidono la coscienza dei corpi per rendere quei corpi schiavi ed adatti alla schiavitù. Una schiavitù dei corpi che è anche una schiavitù della coscienza; una schiavitù della coscienza che diventa anche una schiavitù dei corpi."

"Ricompenseremo le azioni compiute qui in terra da quelli che amavano la vita presente e i suoi ornamenti, nessuna ingiustizia avranno a soffrire; quelli, in vita futura, altro mai troveranno che il fuoco. Ciò che avranno compiuto qui in terra sarà destinato alla distruzione, e ciò che avranno fatto anche sarà vano."

Maometto, Corano, cap. XI Hud, versetto 15 - 16, Volume 1, Editore Mondadori, 1980, pag. 311

"Dove, l'azione stessa di una coscienza viene condannata per non essersi sottomessa alle restrizioni imposte come se la vita si fosse sviluppata tenendo conto di restrizioni e barriere etico-morali a prescindere dalla necessità di relazione reciproca fra coscienze." Riprende il discorso Iperione "La minaccia alimenta la paura. La paura necessita di minacce affinché l'impaurito alimenti di mostri paurosi e di ansia la propria immaginazione. In questo modo la coscienza dell'uomo ha paura di volare. Ha paura di innalzarsi al di sopra di imposizioni il cui scopo è contenerla. Eppure la volontà dell'uomo spinge la coscienza oltre i limiti imposti e, allora, il fuoco che minaccia la "vita futura" viene portato per bruciare i corpi e diffondere orrore e paura nel momento presente. "Avete lavorato per costruire un futuro per gli uomini?" dice Maometto, proverete il fuoco dell'eterna dannazione e, tanto per fornirvi un'anticipazione, un po' di fuoco affinché i corpi brucino ora e voi potete così alimentare la paura e astenervi dalle opere vane nel tentativo di modificare un presente voluto da Dio. La paura, il timore del cambiamento blocca il volo della coscienza dell'uomo che, impossibilitata a rompere le catene di una schiavitù morale imposta, striscia sulla terra priva di dignità sognando voli in cieli immaginari di cui il Dio, che chiede obbedienza e sottomissione, rifiuta di aprire le porte."

"Ma, per concludere: la vostra argomentazione ha in sé un difetto, per cui si ritorce contro di voi. E cioè che la cura e il progresso, al modo vostro, degli interessi spirituali ed eterni delle anime, non è un beneficio per la società; e perciò, sulla base della vostra ipotesi, "la cura e il progresso degli interessi spirituali della anime, in qualunque modo, non può essere uno dei fini della società civile", a meno che la cura e il progresso degli interessi spirituali delle anime, in un modo suscettibile di fare più male che bene rispetto alla salvezza delle anime, debba essere tenuto in conto di beneficio, sì da essere uno dei fini delle società civili. Che infatti il vostro sia un tale modo, l'ho già dimostrato. Sicché, se anche fosse difficile dimostrare che il governo politico, il cui unico strumento è la forza, non potrebbe in alcun modo far progredire con la forza, comunque adoperata, l'interesse spirituale ed eterno degli uomini, più di quanto non lo ostacoli; tuttavia, dal momento che l'ho dimostrato nei confronti del vostro nuovo e particolare modo di adoperare la forza, ho difeso a sufficienza la dottrina dell'autore da tutto ciò che avete detto contro i essa."

John Looke, Scritti sulla tolleranza, UTET, 2009, p. 254

"La paura imposta all'uomo non porta beneficio all'uomo." Riprende il discorso Iperione "Porta beneficio soltanto a chi impone la paura all'uomo affinché sia costretto all'interno di regole etiche-morali imposte ed estranee ai bisogni dell'uomo. Imporre la schiavitù non porta beneficio all'uomo ridotto in schiavitù, ma solo a chi fruisce dei benefici e del lavoro dell'uomo costretto in schiavitù. Lui beneficia del lavoro dello schiavo, ma lo schiavo viene danneggiato dalla sua condizione. Qual è l'uomo con cui noi misuriamo la condizione umana? Quando parliamo di "coscienza dell'uomo, stiamo parlando della coscienza del padrone o dello schiavo? Eppure lo schiavo è considerato "non-uomo". Anche la donna era considerata "non-uomo" e "non-umana". Anche gli animali e le piante sono considerati privi di coscienza. Cosa significa "beneficio dell'umanità" se una parte dell'umanità è costretta a vivere in condizioni di sofferenza a beneficio di una piccola parte di umanità che sottrae loro il prodotto della fatica del loro lavoro? Il modo di pensare secondo cui "tutti gli uomini sono schiavi di Dio" ha sempre danneggiato la società umana. Ha privato gli uomini della ricchezza e del benessere dove i ricchi potevano disporre dei poveri perché i poveri avevano solo il loro corpo da dare in cambio della concessione del diritto a sopravvivere. Ed è la ricchezza stessa che si rende conto dei limiti della ricchezza se questa non può essere condivisa da un ampio strato di altri uomini. La presenza di una ricchezza alla quale troppi uomini non possono accedere porta alla distruzione della ricchezza stessa. E così è la coscienza. Una coscienza che voli alta ha la necessità che un infinito numero di coscienze possano volare alte altrimenti si trova a vivere in una società in cui troppe coscienze sono imprigionate dalla paura e la paura porta al rogo la coscienza che osa volare alto. Una società ricca protegge i ricchi. Una società ricca culturalmente protegge la cultura. Una società fatta di coscienze che volano alte proteggono la società, ogni singolo individuo della società, da chi vorrebbe inchiodare gli uomini con la paura e l'angoscia. Vi ho dimostrato, dice Looke, che sottomettendo l'uomo non contribuite al suo progresso spirituale e nemmeno al vostro progresso spirituale. Non contribuite al progresso sociale, ma state distruggendo le possibilità future della vostra società. La paura, l'angoscia e la sottomissione imposta all'uomo può garantire dei vantaggi a chi la impone, ma distrugge il futuro della società perché quella società sarà incapace di uscire dalle strategie di paura e angoscia che le sono state imposte e che finiranno per bloccare in essa ogni progresso sociale."

"Mosè rimase dunque il solo promulgatore e interprete delle leggi divine e, di conseguenza, anche il supremo giudice, che nessuno poteva giudicare, e colui che, da solo, tenne presso gli ebrei il posto di Dio, cioè la suprema potestà, dato che lui solo aveva il diritto di consultare Dio e di comunicare al popolo i responsi divini e di costringerlo ad eseguirli. Da solo, ripeto, perché se qualcuno, vivente Mosè, voleva predicare alcunché in nome di Dio, sebbene fosse un vero profeta, era tuttavia colpevole e usurpatore del supremo diritto. E va qui osservato che, sebbene il popolo avesse eletto Mosè, non poté tuttavia eleggere di diritto un successore al posto di Mosè: infatti, non appena trasferito a Mosè il diritto di consultare Dio e promisero di considerarlo in assoluto un oracolo divino, perdettero completamente ogni loro diritto e dovevano riconoscere come eletto da Dio colui il quale Mosè avesse eletto come suo successore."

Spinoza, Trattato teologico-politico, Bompiani, 2001, p. 565

"E la monarchia assoluta, in nome e per conto di Dio, è instaurata dall'uomo che in nome di Dio si eleva ad essere il padrone di altri uomini." Riprende il discorso Iperione "Un uomo che parla o dà ordini in nome di qualcun altro o di una "potenza" al di fuori del controllo di chi quegli ordini riceve è un uomo privo di dignità morale, un uomo privo d'onore che deve ricevere autorità da qualcuno che non è sé stesso. Si racconta del diritto di Mosè di ammazzare gli uomini per ordine di Dio. Dio ordina di ammazzare un tuo concittadino e tu obbedisci a Dio separandoti dal tuo concittadino e alienandoti dalla tua stessa società in nome e per conto di Dio. Il "popolo", per Spinoza, non è degno delle attenzioni di Dio. Dio è un estraneo al popolo e il popolo è alienato da Dio. Questa alienazione reciproca permette a Dio, raccontato più forte del popolo, di ammazzare il popolo perché non è ciò a cui Dio partecipa, ma è ciò a cui Dio è estraneo. Ora, Spinoza si fa un'altra domanda: dopo Mosè, chi parla con Dio? Certo che se qualcuno parlasse con Dio in quest'epoca storica avrebbe da Dio informazioni circa il suo agire in questo tempo, ma nello stesso tempo, le sue affermazioni sarebbero sottoposte a giudizio. Per questo è bene che nessuno parli a nome di Dio e se qualcuno lo fa, deve essere rinchiuso in un manicomio perché sicuramente è pazzo. Cosa rimane, dunque? Un Mosè che in un tempo immaginario e indefinito ha parlato con Dio e nel parlare con Dio ha determinato dei modelli comportamentali attraverso i quali, nella misura in cui ti identifichi con Dio, puoi dominare la società senza, per questo, dire che te lo ha detto Dio. Puoi fare il pazzo senza essere sottoposto a giudizio per la pazzia che esprimi. Dopo Mosè, secondo Spinoza, nessuno ha il diritto di consultare Dio perché, in quel caso, esautorerebbe Mosè dalla sua funzione di interlocutore fra Dio e le persone ridotte allo stato di "popolo". E' più conveniente praticare i modelli che Mosè ha insegnato sterminando tutti quelli che non si mettono in ginocchio davanti al loro Dio senza dire che lo ha ordinato Dio che affermare di aver avuto ordini da Dio e dover sottoporre quegli ordini a giudizio delle persone del proprio tempo. In questo modo puoi uccidere in nome di Dio senza coinvolgere Dio nella catena di delitti che intendi fare attribuendoli ad una sua volontà che, di fatto, desumi dai modelli che la bibbia ti ha imposto."

Poi anche Iperione, come fecero altri Dèi, tacque. Poi, dopo un po' riprese: "imparate a volare alto. Non solo nei cieli, ma anche nella critica. E' vero che le società mettono limiti al linguaggio, ma che li mettiate voi stessi a voi stessi è un modo per tagliare le proprie ali della conoscenza. Gli uomini hanno timori. Timore di offendere un'autorità alla quale si ritengono sottomessi. Un'autorità che chiede deferenza, obbedienza e sottomissione. Gli uomini pensano che quest'autorità abbia dei diritti nei loro confronti e, invece, al contrario, gli uomini devono imparare che l'autorità ha dei doveri nei loro confronti. L'autorità deve obbedire alle leggi, ma non alle leggi che reprimo i cittadini, ma alle leggi che eliminano i gioghi e i doveri ai cittadini. I cittadini, se vogliono volare alto, devono imparare che le autorità delle loro società hanno doveri nei loro confronti e loro, cittadini, devono riprendersi il diritto di accusare l'autorità di ogni delitto e ogni violazione che l'autorità compie in violazioni alle leggi. Avete applaudito l'autorità quando fu fatta una legge che apriva spazi di libertà e imponeva diritti ai cittadini? E ora, perché non accusate l'autorità quando questa non ottempera agli obblighi di quella legge?"

"Volate alto" termina Iperione " fatevi Iperione ed elevatevi al rango di uomini che ritengono preziosa la società nella quale vivono."

 

Continua...

Il significato delle azioni della partita di calcio della filosofia spiegate dagli Dèi.

 

Marghera, 24 ottobre 2021

 

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