Paolo di Tarso

Quinta parte

Lettera ai Filippesi

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Capitolo 138-5

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Claudio Simeoni

 

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La biografia di Paolo di Tarso
Quinta parte - Lettera ai Filippesi

 

Nella lettera ai Filippesi Paolo di Tarso si presenta come:

[1]Paolo e Timoteo, servi di Cristo Gesù, a tutti i santi in Cristo Gesù che sono a Filippi, con i vescovi e i diaconi. [2]Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.

Paolo di Tarso, Lettera ai Filippesi 1, 1 – 2

Nella Lettera ai Romani Paolo di Tarso si era presentato in questo modo.

Scrive Paolo di Tarso nell'introduzione alla lettera ai Romani:

Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il vangelo di Dio, [2]che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture, [3]riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, [4]costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti, Gesù Cristo, nostro Signore. [5]Per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia dell'apostolato per ottenere l'obbedienza alla fede da parte di tutte le genti, a gloria del suo nome; [6]e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo. [7]A quanti sono in Roma diletti da Dio e santi per vocazione, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.

Paolo di Tarso, Lettera ai Romani 1, 1 – 7

Nella prima lettera ai Corinti Paolo di Tarso si era presentato in questo modo:

[1]Paolo, chiamato ad essere apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, [2]alla Chiesa di Dio che è in Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: [3]grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.

Paolo di Tarso, prima Lettera ai Corinti 1, 1 – 3

Nella seconda Lettera ai Corinti Paolo di Tarso si presenta in questo modo:

[1]Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, e il fratello Timoteo, alla chiesa di Dio che è in Corinto e a tutti i santi dell'intera Acaia: [2]grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.

Paolo di Tarso, seconda Lettera ai Corinti 1, 1 – 2

L'introduzione alle lettere non rappresentano un "cambio di tono", ma una strategia di rappresentazione soggettiva ben precisa: è arrogante là dove può essere arrogante e dimesso là dove l'arroganza gli potrebbe ritorcersi contro. Un comportamento elevato ad ideologia nella chiesa cattolica che è sempre arrogante con le persone sottomesse che chiedono alla chiesa cattolica meno sottomissione e un atteggiamento dimesso quando la chiesa cattolica è costretta a subire l'atteggiamento di chi è sufficientemente forte, dal punto di vista sociale, per criticare i suoi fondamenti dottrinali.

L'introduzione alle lettere delinea una vera e propria strategia militare di intervento e di espansione ideologica nel sistema sociale che Paolo di Tarso intende destabilizzare.

Nei confronti dei Filippesi Paolo di Tarso si presenta dimesso, quasi umile, mentre con i Corinti e con i Romani si presenta arrogante, Dio stesso che parla.

Scrive Paolo di Tarso:

[12]Desidero che sappiate, fratelli, che le mie vicende si sono volte piuttosto a vantaggio del vangelo, [13]al punto che in tutto il pretorio e dovunque si sa che sono in catene per Cristo; [14]in tal modo la maggior parte dei fratelli, incoraggiati nel Signore dalle mie catene, ardiscono annunziare la parola di Dio con maggior zelo e senza timore alcuno. [15]Alcuni, è vero, predicano Cristo anche per invidia e spirito di contesa, ma altri con buoni sentimenti. [16]Questi lo fanno per amore, sapendo che sono stato posto per la difesa del vangelo; [17]quelli invece predicano Cristo con spirito di rivalità, con intenzioni non pure, pensando di aggiungere dolore alle mie catene. [18]Ma questo che importa? Purché in ogni maniera, per ipocrisia o per sincerità, Cristo venga annunziato, io me ne rallegro e continuerò a rallegrarmene. [19]So infatti che tutto questo servirà alla mia salvezza, grazie alla vostra preghiera e all'aiuto dello Spirito di Gesù Cristo, [20]secondo la mia ardente attesa e speranza che in nulla rimarrò confuso; anzi nella piena fiducia che, come sempre, anche ora Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia.

Paolo di Tarso, Lettera ai Filippesi 1, 12 – 20

Paolo di Tarso è in piena guerra su due fronti. Da un lato contro un mondo ostile che deve distruggere in nome di Cristo e dall'altro lato contro tutti coloro che "predicano Cristo" e che, essendo in concorrenza, tendono a fare proseliti dove lui ha predicato o lui tende a fare proseliti dove altri hanno messo in atto una predicazione simile. Due fronti, uno interno e uno esterno. Una guerra combattuta con "in verità, in verità io sono più figo degli altri….".

Questo modo di porsi davanti agli altri con arroganza e con un atteggiamento di complicità emotiva mista ad altezzoso distacco di superiorità è costruito ideologicamente dalla chiesa cattolica e imposto mediante l'educazione a tutti coloro che prepara per essere "pastori di uomini che devono essere ridotti a bestiame".

La premessa affinché questo atteggiamento abbia successo è che il cristiano, che pratica questo atteggiamento, non stia soffrendo di malattie e sia economicamente più benestante delle persone che deve trasformare in bestiame umano. Se colui che è addestrato a praticare questo atteggiamento dovesse ammalarsi o essere in difficoltà economica, cadrebbe in depressione perché passerebbe dalla condizione di superiorità arrogante alla condizione di soggetto bisognoso di carità.

Questa condizione esistenziale si verifica sia al variare delle condizioni fisiche che al variare delle condizioni emotive. L'arroganza è possibile sia quando le condizioni materiali sono favorevoli all'arrogante sia quando gli sono favorevoli le condizioni psico-emotive (specialmente quando ricopre un qualche ruolo come autorità civile). Un individuo che pratica la superiorità arrogante e che viene scoperto ad aver "fatto qualche cosa di immorale" o "qualche cosa contrario a ciò che ci si attendeva" ed è diventato "pietra dello scandalo", passa da una condizione di esaltazione psichica di superiorità ad uno stato depressivo di prostrazione psicologica.

Lo stato di prostrazione di Paolo di Tarso è ben evidente. Imprigionato per i delitti commessi, sottoposto a giudizio, è costretto rinunciare alla propria arroganza al punto tale da osservare che:

[15]Alcuni, è vero, predicano Cristo anche per invidia e spirito di contesa, ma altri con buoni sentimenti. [16]Questi lo fanno per amore, sapendo che sono stato posto per la difesa del vangelo; [17]quelli invece predicano Cristo con spirito di rivalità, con intenzioni non pure, pensando di aggiungere dolore alle mie catene. [18]Ma questo che importa? Purché in ogni maniera, per ipocrisia o per sincerità, Cristo venga annunziato, io me ne rallegro e continuerò a rallegrarmene.

Paolo di Tarso, Lettera ai Filippesi 1, 15 – 18

Paolo di Tarso sente la sconfitta personale e questa sconfitta personale è il sentimento ideologico ostentato dalla chiesa cattolica che domina la società ma che vive una condizione di "precario dominio". Un dominio precario perché fondato sull'inganno e sulla menzogna in una perenne condizione in cui gli uomini, scoprendo il suo inganno e la sua menzogna, possono decidere di togliergli il potere di dominio sulla società.

Un precariato psicologico che diventa ideologia nella quale elaborare il concetto di "potere nella debolezza". Come si elabora il "potere nella debolezza"? Articolando e facendo nascere più interpretazioni cristologiche della realtà tutte volte ad esaltare il cristianesimo sia pur in aspetti diversi, per fini diversi e spesso in conflitto fra di loro. Un esempio estremo lo abbiamo oggi con i due papi cattolici attualmente in carica. Uno, il papa di paglia che incita a "aiutare i poveri" e che è fonte di benefici economici e l'altro, il papa reale, l'ideologo, che guida la chiesa padrona senza apparire pubblicamente.

E' quanto dice Paolo di Tarso quando afferma che "Alcuni, è vero, predicano Cristo anche per invidia e spirito di contesa, ma altri con buoni sentimenti. Questi lo fanno per amore, sapendo che sono stato posto per la difesa del vangelo; quelli invece predicano Cristo con spirito di rivalità, con intenzioni non pure, pensando di aggiungere dolore alle mie catene". Questa è la condizione psicologica soggettiva che la chiesa cattolica proietta nel mondo per conservare il potere assoluto. Un potere assoluto che vuole apparire in precario equilibrio, sempre sul punto di crollare, mentre la sua struttura finanziaria domina il mondo appropriandosi di risorse economiche e di controllo politico delle società. La chiesa cattolica è come quel Paolo di Tarso prigioniero che per i suoi delitti sa che sarà condannato nel processo istruito contro di lui, ma ha alimentato altri, persone e interessi, che alimenteranno ancora la chiesa cattolica. Quelli lo faranno per i loro interessi, altri per malignità, altri perché forse davvero pensano alla resurrezione dei corpi, tuttavia, l'insieme delle motivazioni rivitalizzano la vita precaria che la chiesa cattolica sta vivendo.

Dice la chiesa cattolica: "Ma questo che importa? Purché in ogni maniera, per ipocrisia o per sincerità, Cristo venga annunziato, io me ne rallegro e continuerò a rallegrarmene". Purché tutto si conchiuda in Cristo e nel potere della chiesa cattolica di controllare le società civili. Poi, questo e quello può essere sacrificato e, magari, gli si attribuisce la responsabilità degli "scandali" commessi per imporre Cristo, dal genocidio di popoli allo stupro di popoli e bambini.

Scrive Paolo di Tarso:

[21]Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. [22]Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa debba scegliere. [23]Sono messo alle strette infatti tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; [24]d'altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne. [25]Per conto mio, sono convinto che resterò e continuerò a essere d'aiuto a voi tutti, per il progresso e la gioia della vostra fede, [26]perché il vostro vanto nei miei riguardi cresca sempre più in Cristo, con la mia nuova venuta tra voi.

Paolo di Tarso, Lettera ai Filippesi 1, 21 – 26

E' la chiesa cattolica che induce i suoi adepti a dire: "Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno, ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa debba scegliere. Sono messa alle strette infatti tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolta dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; d'altra parte, è più necessario per voi, miei sottomessi, che io rimanga nella carne. Per conto mio, sono convinta che resterò e continuerò a essere d'aiuto a voi tutti (a dominare voi tutti), per il progresso e la gioia della vostra fede (e del mio piacere), perché il vostro vanto nei miei riguardi cresca sempre più in Cristo, con la mia nuova venuta tra voi".

E' un atteggiamento ideologico che partendo da Paolo di Tarso è elevato a norma comportamentale finalizzata ad alimentare il potere della chiesa cattolica nella società civile.

Scrive Paolo di Tarso:

[12]Quindi, miei cari, obbedendo come sempre, non solo come quando ero presente, ma molto più ora che sono lontano, attendete alla vostra salvezza con timore e tremore. [13]E' Dio infatti che suscita in voi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni. [14]Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche, [15]perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo, [16]tenendo alta la parola di vita. Allora nel giorno di Cristo, io potrò vantarmi di non aver corso invano né invano faticato. [17]E anche se il mio sangue deve essere versato in libagione sul sacrificio e sull'offerta della vostra fede, sono contento, e ne godo con tutti voi. [18]Allo stesso modo anche voi godetene e rallegratevi con me.

Paolo di Tarso, Lettera ai Filippesi 2, 12 – 18

La volontà di Paolo di Tarso di imporre sottomissione è il fine assoluto della sua azione. Una sottomissione che è finalizzata solo per sottomettere e non per raggiungere fini diversi dal sottomettere. Una sottomissione che porta alla distruzione degli uomini sottomessi come metodo per distruggere la società civile in cui quegli uomini sono nati e vivono.

Attendete, dice Paolo di Tarso, alla vostra salvezza con timore e tremore. Mentre il timore e il tremore del loro essere nel mondo è una condizione reale che agisce sulla loro psiche, la salvezza è un elemento aleatorio che viene immaginato sempre più spostato nel tempo per dare modo al timore e al tremore di condizionare la propria struttura emotiva.

Sottomettere per il piacere di sottomettere e distruggere la vita delle persone.

Sottomettere le persone rende felice Paolo di Tarso perché, nel distruggere la vita delle persone, guadagna la gloria di Dio. Proprio per aver distrutto la vostra vita io, dice Paolo di Tarso, godrò del trionfo: "Allora nel giorno di Cristo, io potrò vantarmi di non aver corso invano né invano faticato".

Lo stesso elemento ideologico viene espresso dalla chiesa cattolica che distruggendo la vita di milioni di persone in nome di Dio e di Cristo costruisce il proprio trionfo su una montagna di cadaveri che ha posto a fondamento del proprio dominio sull'uomo.

Partendo da questa riflessione è facile immaginare come tutta la filosofia espressa dalla chiesa cattolica mediante i filosofi che ne propagandano i principi ideologici altro non è che truffa e inganno che alimenta truffa e inganno che alimenta truffa e inganno. Una sorta di scatole cinesi dell'inganno o, se preferite, delle matriosca dell'inganno dove, ogni volta che si svela un inganno, una truffa ideologica nei confronti degli uomini, si arriva ad un altro inganno e ad un'altra truffa ideologica.

E' la responsabilità colpevole dei filosofi che si sono prestati ad ingannare gli uomini "per un piatto di lenticchie" nel loro presente. Filosofi che meritano di essere trattati come dei criminali perché la loro attività è volta solo a legittimare i crimini contro l'umanità in nome di Dio.

Scrive Paolo di Tarso:

[1]Per il resto, fratelli mei, state lieti nel Signore. A me non pesa e a voi è utile che vi scriva le stesse cose: [2]guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quelli che si fanno circoncidere! [3]Siamo infatti noi i veri circoncisi, noi che rendiamo il culto mossi dallo Spirito di Dio e ci gloriamo in Cristo Gesù, senza avere fiducia nella carne, [4]sebbene io possa vantarmi anche nella carne. Se alcuno ritiene di poter confidare nella carne, io più di lui: [5]circonciso l'ottavo giorno, della stirpe d'Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da Ebrei, fariseo quanto alla legge; [6]quanto a zelo, persecutore della Chiesa; irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dall'osservanza della legge.

Paolo di Tarso, Lettera ai Filippesi 3, 1 – 6

Paolo di Tarso fa commercio di uomini, non di idee. Il Cristo non è espresso mediante idee di Paolo di Tarso o di Gesù. Cristo è espresso come un'immagine, priva di contenuti, alla quale le persone si devono sottomettere riempendo l'immagine stessa di tutte le loro aspettative e di tutti i loro desideri.

E' un commercio di uomini del quale Paolo di Tarso si vanta diventando tutto quello che può essere d'aiuto al suo commercio e, nello stesso tempo, condannando le medesime cose nel momento stesso in cui quelle cose possono essere d'ostacolo per il suo commercio.

Esattamente come la chiesa cattolica che adatta la sua ideologia di dominio alle culture che incontra per poter stuprare quelle culture. Come Paolo di Tarso si vanta di essere un circonciso in contrapposizione ai "pagani" così la chiesa cattolica scrive l'Edda Poetico per conciliare le popolazioni del nord-Europa col vangelo. Come Paolo di Tarso si fa fariseo fra i farisei per propaganda, la chiesa cattolica si allea all'imperatore Costantino per imporre il cristianesimo. In questo modo la chiesa cattolica, in ogni cultura che incontra e che deve distruggere in nome di Cristo, fa propri alcuni aspetti formali di quella cultura per distruggere la sostanza culturale della popolazione e ridurla alla miseria economica e sociale come fece con le "religioni del cargo".

Scrive Paolo di Tarso:

[17]Fatevi miei imitatori, fratelli, e guardate a quelli che si comportano secondo l'esempio che avete in noi. [18]Perché molti, ve l'ho già detto più volte e ora con le lacrime agli occhi ve lo ripeto, si comportano da nemici della croce di Cristo: [19]la perdizione però sarà la loro fine, perché essi, che hanno come dio il loro ventre, si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi, tutti intenti alle cose della terra. [20]La nostra patria invece è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, [21]il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose.

Paolo di Tarso, Lettera ai Filippesi 3, 17 – 21

Imitate me, dice Paolo di Tarso. Lo si deve imitare nel sottomettere gli uomini e, nello stesso tempo, nell'essere sottomessi a Paolo di Tarso.

Paolo di Tarso ha paura di coloro che, magari predicando Cristo come lui, sono più attenti ai bisogni materiali ed esistenziali degli uomini anziché costringerli a sacrificare la loro quotidianità in funzione del regno dei cieli.

La contrapposizione fra Paolo di Tarso, che vuole portare le persone alla morte per la gloria di Cristo e altri, che la "gloria di Cristo" la vogliono coniugare alla vita quotidiana, viene vissuta da Paolo di Tarso in maniera angosciosa. Loro, dice Paolo di Tarso, si occupano della pancia e dovrebbero vergognarsi perché intenti alle cose della terra mentre, al contrario, noi pensiamo alla morte e alla futura vita in cielo per la gloria di Cristo.

Là, morti, aspettano la salvezza da Gesù che "sicuramente" trasformerà il loro misero corpo conformandolo al suo corpo glorioso perché lui ha il potere di sottomettere a sé tutte le cose.

Sottomissione che porta alla "salvezza". Se ci si sottomette si raggiunge la salvezza. Ma se ci si sottomette si distrugge sé stessi e la distruzione di sé stessi, mediante la sottomissione, è un dato reale mentre la "salvezza" promessa è l'inganno che garantisce di distruggere l'uomo sottomesso per la gloria di Dio e di Paolo di Tarso.

 

Nota: il testo della Lettera ai Filippesi di Paolo di Tarso è stato prelevato da un sito cattolico di Internet.

 

Capitolo 138 La biografia di Paolo di Tarso - Cinquantacinquesima biografia

 

Marghera, 28 luglio 2019

 

 

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Claudio Simeoni

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