Paolo di Tarso

Sesta parte

Prima lettera ai Tessalonicesi

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Capitolo 138-6

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Claudio Simeoni

 

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La biografia di Paolo di Tarso
Sesta parte - Prima lettera ai Tessalonicesi

 

La prima lettera di Paolo di Tarso ai Tessalonicesi inizia con l'elogio di Paolo ai suoi adepti. Il padrone che con la mano fa "pat, pat" sulla testa dei suoi cagnolini ubbidienti che gli portano le pantofole e lo gratificano col loro scodinzolare.

Scrive Paolo di Tarso:

[6]E voi siete diventati imitatori nostri e del Signore, avendo accolto la parola con la gioia dello Spirito Santo anche in mezzo a grande tribolazione, [7]così da diventare modello a tutti i credenti che sono nella Macedonia e nell'Acaia. [8]Infatti la parola del Signore riecheggia per mezzo vostro non soltanto in Macedonia e nell'Acaia, ma la fama della vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, di modo che non abbiamo più bisogno di parlarne. [9]Sono loro infatti a parlare di noi, dicendo come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti a Dio, allontanandovi dagli idoli, per servire al Dio vivo e vero [10]e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, che ci libera dall'ira ventura.

Paolo di Tarso, Prima Lettera ai Tessalonicesi 1, 6 – 10

Noi, dice Paolo di Tarso, siamo venuti in mezzo a voi e voi vi siete convertiti a Dio allontanandovi dagli "idoli" e iniziando a servire Dio e attendendo la venuta di Gesù dai cieli.

Qui simo davanti ad un gioco di parole. Prima i Tessalonicesi erano "vicini agli idoli". Gli "idoli" non dicevano loro come comportarsi o come vivere ora, dopo la venuta di Paolo di Tarso, quei tessalonicesi servono Dio che dice loro come comportarsi, cosa fare e che cosa non fare anche nella loro vita privata.

Gli "idoli" non venivano serviti e nemmeno ordinavano agli uomini che cosa fare, ora gli uomini hanno un padrone, Dio che parla per bocca di Paolo di Tarso.

E mentre servono Dio che parla per bocca di Paolo di Tarso, attendono la fine del mondo con la venuta di Gesù dal cielo.

Scrive ancora Paolo di Tarso:

[5]Mai infatti abbiamo pronunziato parole di adulazione, come sapete, né avuto pensieri di cupidigia: Dio ne è testimone. [6]E neppure abbiamo cercato la gloria umana, né da voi né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo. [7]Invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre nutre e ha cura delle proprie creature. [8]Così affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari.
[9]Voi ricordate infatti, fratelli, la nostra fatica e il nostro travaglio: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno vi abbiamo annunziato il vangelo di Dio. [10]Voi siete testimoni, e Dio stesso è testimone, come è stato santo, giusto, irreprensibile il nostro comportamento verso di voi credenti; [11]e sapete anche che, come fa un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi, [12]incoraggiandovi e scongiurandovi a comportarvi in maniera degna di quel Dio che vi chiama al suo regno e alla sua gloria.

Paolo di Tarso, Prima Lettera ai Tessalonicesi 2, 5 – 12

Se qualcuno provasse a chiedersi in che cosa consiste il pensiero religioso di Paolo di Tarso al di fuori dell'incessante affermazione della necessità di sottomettersi a tale "Dio" e a tale "Gesù" che è risorto da morti, nessuno troverebbe un concetto religioso che varrebbe la pena di essere discusso.

Forse è per questo che nessuno ha mai messo in discussione le farneticazioni deliranti da desiderio di onnipotenza di Paolo di Tarso.

Sta di fatto che i Tessalonicesi non si sono "convertiti" per le ragioni che Paolo di Tarso ha esposto loro, ma per le paure che Paolo di Tarso ha suscitato in loro. Ha usato una chiave psicologica per indurli a credere in un assurdo che Paolo di Tarso presentava, ma che non dimostrava.

Paolo di Tarso dice che avrebbe potuto agire "potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo", ma non l'ha fatto. Ma, quale autorità? Non esisteva nessuna legge sociale e nessuna norma giuridica che conferisse una qualche forma di autorità agli "apostoli di Cristo". Costoro si comportavano come degli accattoni che terrorizzavano le persone affinché si mettessero in ginocchio davanti al loro Dio e ne rispettassero le norme morali che loro imponevano a nome del loro Dio.

Paolo di Tarso dice una menzogna: non aveva nessuna autorità. Disponeva solo di forza finanziaria con la quale ha ingannato, rubando la buonafede di persone ingenue che hanno barattato la loro libertà sancita dagli "idoli" per diventare servi e schiavi del Dio che parla per bocca o volontà di Paolo di Tarso. Un Dio che attraverso Paolo di Tarso non manifesta una dottrina, ma solo una volontà di sottomettere le persone più deboli e fragili.

Le persone socialmente più deboli sono state irretite da Paolo di Tarso con atteggiamenti viscidi: "come una madre nutre e ha cura delle proprie creature". Il padrone che si fa madre per rapinare i suoi schiavi del loro affetto. La capacità di affetto emotivo è l'unica cosa che lo schiavo conserva per sé anche quando è in catene e Paolo di Tarso, a quegli uomini, ha rubato anche questo.

Paolo di Tarso, il padrone, che ai suoi schiavi "come fa un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi, incoraggiandovi e scongiurandovi a comportarvi in maniera degna di quel Dio che vi chiama al suo regno e alla sua gloria". Li ha incoraggiati frustandoli o bastonandoli?

Scrive Paolo di Tarso:

[13]Proprio per questo anche noi ringraziamo Dio continuamente, perché, avendo ricevuto da noi la parola divina della predicazione, l'avete accolta non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete. [14]Voi infatti, fratelli, siete diventati imitatori delle Chiese di Dio in Gesù Cristo, che sono nella Giudea, perché avete sofferto anche voi da parte dei vostri connazionali come loro da parte dei Giudei, [15]i quali hanno perfino messo a morte il Signore Gesù e i profeti e hanno perseguitato anche noi; essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini, [16]impedendo a noi di predicare ai pagani perché possano essere salvati. In tal modo essi colmano la misura dei loro peccati! Ma ormai l'ira è arrivata al colmo sul loro capo.

Paolo di Tarso, Prima Lettera ai Tessalonicesi 2, 13 – 16

E' la logica con cui la chiesa cattolica offende le persone.

Noi, dice Paolo di Tarso, ringraziamo Dio continuamente perché VOI avendo ricevuto da NOI la parola divina della predicazione, l'avete accolta non come una parola di uomini, ma come parola di Dio. In sostanza, VOI avete riconosciuto che Paolo di Tarso è un inviato di Dio.

Voi, dice Paolo di Tarso, vi siete messi in ginocchio davanti a me riconoscendo che io sono l'inviato di Dio. Siete diventati imitatori dei sottomessi delle chiese di Giudea. Voi, dice Paolo di Tarso, per mettervi in ginocchio davanti a me avete sofferto della derisione dei vostri connazionali come gli adepti di Gesù in Galilea. Persecutori che hanno messo a morte "perfino" Gesù. Veramente, lo hanno condannato a morte per delitto dopo un processo nel quale è stato invitato a discolparsi pubblicamente dalle accuse, cosa che non sarà più possibile nei procedimenti penali istruiti dai cristiani spesso preceduti dalla tortura.

In queste frasi Paolo di Tarso, come la chiesa cattolica e le altre chiese cristiane, si congratula con sé stesso per aver raggirato i tessalonicesi e averli separati dalla società civile e si lamenta perché gli viene impedito di aggredire gli uomini e di separarli dalla società civile per renderli suoi schiavi in nome di Dio.

Scrive Paolo di Tarso

[1]Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù: avete appreso da noi come comportarvi in modo da piacere a Dio, e così gia vi comportate; cercate di agire sempre così per distinguervi ancora di più. [2]Voi conoscete infatti quali norme vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù. [3]Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dalla impudicizia, [4]che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto, [5]non come oggetto di passioni e libidine, come i pagani che non conoscono Dio; [6]che nessuno offenda e inganni in questa materia il proprio fratello, perché il Signore è vindice di tutte queste cose, come gia vi abbiamo detto e attestato. [7]Dio non ci ha chiamati all'impurità, ma alla santificazione. [8]Perciò chi disprezza queste norme non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo Santo Spirito.

Paolo di Tarso, Prima Lettera ai Tessalonicesi 4, 1 – 8

La guerra contro la sessualità è il chiodo fisso di Paolo di Tarso. Per sottomettere gli uomini, "con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima" è necessario impedire loro di veicolare la loro libido. Renderli ossessionati in deliri di onnipotenza, di eternità e di superiorità rispetto a qualcuno che sottomettono e contro il quale si dilettano in atti di sadismo privandolo dall'essere un soggetto con dei diritti sociali.

Paolo di Tarso è sessualmente impotente e odia tuti coloro che, al contrario di lui, trovano nel sesso il loro piacere. Per questo riesce a mettere assieme un manipolo di falliti esistenziali e dare loro uno scopo: il potere sociale col premio della vita eterna.

Oggetto di disprezzo da parte di Paolo di Tarso sono i Pagani i quali, godendo dei rapporti interpersonali e sessuali, alimentano in Paolo di Tarso il senso di invidia e di odio. In questo modo la sessualità diventa il male. Il male da reprimere che, una volta repressa, si veicolerà in tutte le perversioni legate al dominio e al possesso di individui fino ad alimentare pratiche di pedofilia e pederastia infantile.

L'obbiettivo di Paolo di Tarso non è "mantenere il proprio corpo con santità e rispetto", ma è quello di violentare il corpo di altri producendo una libido perversa e violenta che necessita di essere veicolata nel dominio e nella produzione di sofferenza anziché di piacere. Questo è ciò che vuole il Dio di Paolo di Tarso: produrre sofferenza affinché gli uomini lo supplichino di intervenire per eliminare le loro sofferenze.

Cosa ha venduto Paolo di Tarso ai tessalonicesi perché questi passassero dalla libertà che avevano con gli "idoli" ad essere degli schiavi di Paolo di Tarso costretti a rinunciare alla loro sessualità e alla loro libido separandosi dalla società civile in cui vivevano?

Scrive Paolo di Tarso

[13]Non vogliamo poi lasciarvi nell'ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza. [14]Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui. [15]Questo vi diciamo sulla parola del Signore: noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti. [16]Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; [17]quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell'aria, e così saremo sempre con il Signore. [18]Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.

Paolo di Tarso, Prima Lettera ai Tessalonicesi 4, 13 – 18

In che cosa consiste l'ignoranza dei tessalonicesi alla quale Paolo di Tarso ha posto rimedio?

Dio radunerà per mezzo di Gesù tutti quelli che sono morti. Questa è l'insegnamento di Paolo di Tarso ai Tessalonicesi. Continua Paolo di Tarso affermando che lui, che sarà ancora vivo alla venuta di Dio in terra. Prima risorgeranno i morti in Cristo, quindi, Paolo di Tarso e i tessalonicesi che seguono Paolo di Tarso saranno rapiti insieme con i morti risorti tra le nuvole per andare incontro a Dio nell'aria.

Ammettiamo che qualche idiota tessalonicese volle credere a questa panzana e abbandonare gli "idoli" per diventare schiavo di Dio e rinunciare alla veicolazione della propria libido, ma noi chiamiamo questo, mentire, truffare, raggirare, con la finalità di rubare la vita alle persone che vengono raggirate, truffate.

Quel Paolo di Tarso, sempre che si tratti di una persona, è morto. Non è salito in cielo e Dio non è sceso dal cielo per resuscitare i morti. Nessuno di loro era vivo. Nessuno di loro è resuscitato come non è resuscitato un Gesù. Nessuno di loro era superstite. La vita ha concluso i suoi cicli senza che nulla, della fine del mondo tanto agognata dai cristiani, si realizzasse.

Scrive Paolo di Tarso:

[1]Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; [2]infatti voi ben sapete che come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore. [3]E quando si dirà: «Pace e sicurezza», allora d'improvviso li colpirà la rovina, come le doglie una donna incinta; e nessuno scamperà. [4]Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro: [5]voi tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte, né delle tenebre. [6]Non dormiamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobrii.
[7]Quelli che dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si ubriacano, sono ubriachi di notte. [8]Noi invece, che siamo del giorno, dobbiamo essere sobrii, rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza. [9]Poiché Dio non ci ha destinati alla sua collera ma all'acquisto della salvezza per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo, [10]il quale è morto per noi, perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. [11]Perciò confortatevi a vicenda edificandovi gli uni gli altri, come già fate.

Paolo di Tarso, Prima Lettera ai Tessalonicesi 5, 1 – 10

Una volta che Paolo di Tarso ha truffato i tessalonicesi rendendoli servi sottomessi a quanto lui va farneticando, è necessario sospendere la promessa affinché il truffato non possa sapere quando scade la truffa. La truffa, l'inganno di Paolo di Tarso, deve restare sospeso sulla testa degli uomini, inchiodare le loro emozioni, giorno dopo giorno, in un tempo apparentemente senza fine anche se non si tratta di un tempo infinito, ma di un tempo legato alla vita di quei tessalonicesi che dovranno aspettarsi la fine del mondo, giorno dopo giorno, obbedendo alle regole morali che sadicamente Paolo di Tarso ha imposto loro.

Il Dio dei cristiani si presenta come un ladro nella notte. Se fa le cose che fa il ladro nella notte, rubare la vita alle persone, il dio dei cristiani è un volgare ladro che persegue gli stessi obbiettivi di un ladro: ruba la vita alle persone.

Quelli che dormono non sempre dormono di notte e quelli che si ubriacano non sempre si ubriacano di notte, tuttavia difficilmente chi regola la sua giornata, conoscendo il momento di dormire e il momento più opportuno per ubriacarsi, vive nella "fede" di un indistinto e diventa un oggetto di carità ricattabile con la speranza della vita eterna.

Paolo di Tarso non può che concludere la sua prima lettera ai tessalonicesi con la raccomandazione di essere sottomessi e servili a chi impone loro la sottomissione a Dio.

Scrive Paolo di Tarso:

[12]Vi preghiamo poi, fratelli, di aver riguardo per quelli che faticano tra di voi, che vi sono preposti nel Signore e vi ammoniscono; [13]trattateli con molto rispetto e carità, a motivo del loro lavoro. Vivete in pace tra voi. [14]Vi esortiamo, fratelli: correggete gli indisciplinati, confortate i pusillanimi, sostenete i deboli, siate pazienti con tutti. [15]Guardatevi dal rendere male per male ad alcuno; ma cercate sempre il bene tra voi e con tutti. [16]State sempre lieti, [17]pregate incessantemente, [18]in ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. [19]Non spegnete lo Spirito, [20]non disprezzate le profezie; [21]esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono. [22]Astenetevi da ogni specie di male.

Paolo di Tarso, Prima Lettera ai Tessalonicesi 5, 12 – 22

Chiede ai suoi adepti la sottomissione a tutti coloro che sono i loro padroni e che "vi sono preposti nel signore" divertendosi a torturarvi per ammonirvi. Ordina ai suoi adepti Tessalonicesi di sottomettersi a loro "trattandoli con rispetto". Sottomissione, perché non ha detto che tutte le persone vanno trattate con rispetto, ma solo coloro che "sono preposti nel Signore".

Le affermazioni che seguono sono proprie della banda mafiosa. Il capomafia dice ai suoi picciotti: "Vivete in pace fra voi!" la guerra la facciamo alla gente per avere la tangente. E' sempre il capomafia che corregge gli indisciplinati della sua banda, fa coraggio ai vigliacchi che non vogliono intraprendere azioni delittuose, sostiene i mafiosi deboli quando sono detenuti ed è paziente rispetto alle richieste dei picciotti.

Paolo di Tarso invita i suoi schiavi in nome di Dio ad essere sempre contenti della loro condizione di schiavitù e di pregare il loro padrone incessantemente.

Infine, a Paolo di Tarso interessa rubare agli uomini l'orgoglio per il coraggio e per le azioni con le quali affrontano la vita. Così il contadino che ha seminato e mietuto non dice grazie a coloro che hanno lavorato con lui o non deve essere orgoglioso per il lavoro fatto, ma deve umiliarsi e ringraziare Dio. Quando mangi non devi ringraziare chi ha cucinato il cibo, ma Dio perché quel cibo te lo ha dato Dio. A Paolo di Tarso interessa ridurre l'uomo ad una merda, misero, incapace e impotente, in una società misera. Ma quando hai ridotto gli uomini in queste condizioni, per soddisfare i loro bisogni primari, quegli uomini possono solo rubare, uccidere e rapinare, magari in nome di Dio e dopo il furto, l'omicidio e la rapina ringraziano Dio per aver portato a compimento quell'impresa che senza l'aiuto di Dio non sarebbe mai riuscita.

 

Nota: il testo della prima Lettera ai Tessalonicesi di Paolo di Tarso è stato prelevato da un sito cattolico di Internet.

 

Capitolo 138 La biografia di Paolo di Tarso - Cinquantacinquesima biografia

 

Marghera, 29 luglio 2019

 

 

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Claudio Simeoni

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