Come iniziò la
Partita Mondiale di Calcio della Filosofia

di Claudio Simeoni

Partita di calcio mondiale della filosofia

 

La batteria del muletto, con cui sollevava i bancali per trasportarli in un altro settore della fabbrica, iniziava a scaricarsi. Per questo fu costretto a sospendere il lavoro per raggiungere il locale di carica.

Scese dal muletto, e inserì la spina di carica. Poi, si guardò attorno controllando se un altro muletto fosse carico.

Stava facendo il turno di notte e la fabbrica era semideserta. Avrebbe potuto prendere un altro muletto e continuare il lavoro, ma colse l'occasione per riposarsi un attimo. Uscì dal capannone e per qualche istante osservò quella luna che ancora non era piena ma già splendeva.

Un piccolo topo attirò la sua attenzione. Attenzione e smarrimento quando nella sua testa suonarono parole del tipo: "E' necessario andare al porto perché è arrivato il gatto!"

Il topo sgattaiolò via dentro un buco di un vecchio muro.

Il porto. Quale porto? A Venezia ce ne sono molti di porti e di moli e poi, pensò, perché andarci per incontrare un gatto? Decise di lasciar perdere. A volte il lavoro notturno fa strani scherzi alle persone. Staccò la presa di corrente da un muletto la cui batteria era quasi carica, salì, raggiunse il suo posto di lavoro e riprese a spostare bancali di materiale da un posto all'altro della fabbrica. Stava iniziando ad albeggiare e il suo turno di lavoro stava finendo, fra poco gli avrebbero dato il cambio e avrebbe potuto dormire dimenticando quello strano topo che ogni tanto affiorava alla sua mente.

Quando uscì dalla fabbrica per tornare a casa seguiva una strada contornata da platani e fu quando passò vicino ad un platano piuttosto grande che una voce risuonò nella sua testa: "E' necessario che tu vada al porto, sta arrivando la roverella." Frenò all'improvviso e si volse a guardare il platano le cui foglie si muovevano appena mosse da un leggerissimo vento. Non fece a tempo a realizzare che un albero gli avesse parlato quando dal tappetino dell'automobile una voce, che parve stridula gli disse: " E' necessario che tu vada al porto, sta arrivando il rubivirus".

Subito pensò: "Sta diventando un'ossessione, eppure non mi sembrava che il sacchetto della mensa che mi hanno portato avesse qualche cosa di andato a male."

Rimise in moto la macchina e si avviò a casa. Come faceva ogni volta che smontava dal lavoro, aprì il frigorifero, si prese una birra e si sedette sul divano. Un po' di pausa prima di andare a letto.

Fu un sonno pieno di incubi. In lui era sorta la necessità di andare al porto, ma non sapeva quale porto. La necessità era sempre più impellente al punto che si alzò di scatto dal letto, contro tutte le sue abitudini, a mezzogiorno. Irritato prese un panino e lo riempì di salame, si versò un bicchiere abbondante di caffè freddo da moka che si era preparato il giorno prima e si vestì mentre stava mangiando.

Prese l'automobile e, non sapendo dove andare, raggiunse via Banchina dell'Azoto. Posteggiò la macchina, uscì, si guardò un po' attorno e poi camminò. Improvvisamente ebbe la sensazione di essere nel posto giusto, all'ora giusta dove una moltitudine doveva arrivare.

E arrivarono.

Soffi di vento e sussurri. Un dialogo che non era un dialogo e un'urgenza estrema come se la fine del mondo stesse per arrivare.

"Il mondo sta cambiando. Cambia troppo velocemente. La terra sembra diventare sempre più calda, sempre più arida. Tutto viene soffocato da cose nuove rispetto alle quali non riusciamo a cambiare e ad adattarci. Strani odori nell'acqua, plastica ovunque e cemento che soffoca le radici."

Cos'era arrivato?

Non lo sapeva dal momento che ogni presenza sembrava non avere forma, consistenza o dimensione. Un immenso numero di presenze che non erano presenti pur presenti e attenti ai suoi gesti.

Si rese conto di questo.

Si rese conto che le cose che suonavano come parole nella sua testa erano generate in un modo sconosciuto, quasi antico, che solo passando attraverso lui assumevano la forma delle parole.

"Sei arrivato!" dissero quelle voci. Ma il "sei arrivato!" non era pronunciato da una sola voce, ma da un infinito numero di voci che presero a suonare nella sua testa!"

"Dovevo arrivare?" chiese lui a quella sorta di vuoto nel quale cercava di distinguere forme che non erano. "Dovevo arrivare qui, sulla Banchina dell'Azoto?"

"Si! Dovevi arrivare, ma il dove non è un luogo della tua ragione; il dove è un luogo del tempo. E' un luogo in cui il tempo si ferma e i frequentatori di quel luogo appaiono per ciò che sono e non nella forma".

"Era te che aspettavamo; eri tu che dovevi arrivare perché il mondo in cui tutti noi viviamo nella forma sta cambiando troppo velocemente e noi vogliamo capirne le cause. Tu ce le puoi indicare perché le cause nascono da come la tua specie abita questo pianeta, ma non comprendiamo come possa essere accaduto che la tua specie stia distruggendo il mondo in cui vive."

Qual è il confine fra il mondo in cui vivono i sognatori e il mondo del tempo che si trasforma in mondo del sogno per proteggere i sognatori?

Ci sono soglie da varcare per passare da un mondo all'altro.

Per varcare quelle soglie devi abbandonare le vesti che metti sulla tua coscienza mentre varchi le soglie di un diverso mondo,

Se scendi dentro te stesso, partendo dalla coscienza che tu eserciti nel mondo della ragione, il mondo della forma e della quantità, per entrare nel mondo del tempo, in cui l'azione si fa oggetto e sostanza in sé, devi abbandonare le categorie della ragione.

Se scendi ancora ed entri nel mondo delle emozioni, là dove l'emozione è l'unica sostanza che si fa oggetto reale, devi spogliarti di tutte le vesti della ragione e devi spogliarti di tutte le vesti con cui hai rivestito la tua coscienza nel mondo dell'azione, del tempo.

"Eri tu che aspettavamo" dissero un infinito numero di voci all'unisono mentre quell'operaio sedeva sulla banchina dell'Azoto a Marghera in una notte priva di stelle. "Ti aspettavamo affinché tu superassi la soglia ed entrassi nel mondo del tempo a rimirar le tracce del passato attraverso il quale la tua specie ha costruito il presente e capire dove stanno le dissonanze; dove il mondo in cui viviamo ha dimesso sé stesso per delegare la tua specie ad una modificazione della realtà a livello così profondo che ogni specie della natura è sgomenta davanti a modificazioni così veloci della realtà nella quale vive."

"Eri tu che aspettavamo".

Quante voci. Quante lingue diverse e quanti diversi linguaggi stavano attraversando le sue orecchie. Il linguaggio del ratto che percorrendo veloce la panchina dell'Azoto a Marghera non è diverso dal linguaggio del cane, dello scarafaggio o delle erbe che faticosamente crescono fra i resti di diossina sparsi nella terra. Linguaggi fatti di odori, di sensazioni che formano parole. Linguaggi tattili, linguaggio di un gusto capace di trasmettere idee complesse senza usare le parole. Percezioni che precedono l'apparizione degli oggetti e lettura di una realtà che viene abitata anziché descritta.

Piano piano, una nebbia calò sulla sua coscienza.

La nebbia.

C'è sempre una nebbia che cala quando si passa da un mondo ad un altro e il corpo deve modificare la propria coscienza affinché possa abitare nel nuovo mondo senza che il vecchio mondo possa interferire.

Una nebbia che cancella il presente dalla coscienza aprendo la coscienza ad un mondo che, un momento prima appariva estraneo.

Poi la nebbia si dirada e appare il nuovo mondo che pur rappresentandosi attraverso forme ad una coscienza che è organizzata, sempre e comunque sulle forme, le forme appaiono come illusioni di una realtà che a poco a poco si dispiega prendendo senso e consentendo, per alcuni aspetti, di essere descritta a sua volta.

E la nebbia calò sulla coscienza di quell'operaio che, secondo le voci, doveva arrivare perché atteso da un tempo che a tutte quelle voci appariva come infinito.

Era arrivato.

Ora le nebbia offuscava il mondo della ragione e la sua coscienza fu proiettata nel mondo del tempo, Un mondo che aveva sempre abitato i suoi sogni, ma che ora apparve sostanziale e reale perché ogni oggetto era percepito con tutti i suoi sensi.

Oltre la soglia le immagini degli avvenimenti passati.

Gli avvenimenti, come tante vetrine su una strada, rappresentavano che cosa era avvenuto, ma non era avvenuto in tempi passati, stava avvenendo ora e ora stavano illuminando la coscienza dell'operaio che stupito guardava. Fu un topo a parlare all'operaio dicendo: "se tu vedi sette avvenimenti, io vedo sette avvenimenti in un diverso ordine e con valori diversi, vicini alla mia esistenza, e così ognuno di noi" e indicò le infinite voci che lo attorniavano " quei sette avvenimenti che tu vedi vengono vissuti in un modo diverso!"

"E' l'immenso reale e l'immenso per come viene percepito" continuò una cavalletta "l'avvenimento à un oggetto ma l'avvenimento è generato da un numero infinito di avvenimenti, di scelte e di decisioni, che sfuggono ad ogni elencazione, ma non al vissuto degli esseri."

"Quale avvenimento sta all'origine di questo presente?" Chiesero le voci e quelle voci risuonarono nella testa dell'operaio che iniziò a guardare gli avvenimenti. "

Poi l'operaio sbottò: "Ma questi avvenimenti non sono in ordine!"

"In questo mondo non c'è un ordine, in questo mondo ci sono presenze che l'attenzione dei suoi abitatori può chiamare in ogni momento e renderle presenti, sempre. Ovviamente, ciò che io chiamo come "arbusto di Biancospino" non è ciò che chiama la "rosa canina" o, ancora il "rospo delle canne". Ma gli avvenimenti sono qui, sono presenti e se a te serve, puoi miscelarli, costruire nuovi e diversi avvenimenti come un "mago" che fa apparire realtà immaginifiche con materiali rozzi."

Nebbia, ancora nebbia.

Calò su quel mondo mentre l'operaio si scosse un po'. Era rimasto seduto e un po' gli doleva la schiena. Fra un po' avrebbe dovuto riprendere il turno in fabbrica. Decise di tornare a casa, si dette una pulita e ripartì per la fabbrica. Un altro turno di notte e poi avrebbe avuto due giorni per riposarsi.

Capire che cos'era successo al mondo degli uomini che aveva indotto gli uomini a distruggere la realtà nella quale l'intero universo dei nati nella Natura stavano vivendo e boccheggiando, come pesci a cui mancava ossigeno nell'acqua.

Che cos'era successo. Che cosa avrebbe dovuto o potuto fare. Se lo stava chiedendo. Ma soprattutto, perché lui?

Quella notte le macchine per l'imballo si incepparono almeno tre volte. La resistenza fondeva la plastica e anziché sigillare i sacchetti li fondeva spandendo a terra il contenuto che doveva essere raccolto fermando la catena d'imballo.

"Vieni a Thiene questa sera?" Chiese un amico all'operaio "si parla del più e del meno in un pub, mangiando e bevendo qualche cosa."

"Domani non ho il turno, stasera vengo anche se poi torno tardi."

Al pub ordinò una birra e delle patatine e si mise a chiacchierare di stregoneria con delle persone più interessate a questioni politiche fra assolutismo, sovranismo e indipendentismo. La chiacchierata era piuttosto pedante quando una ragazza portò il discorso sulla filosofia.

Ci fu uno scambio di battute in relazione al concetto di volontà e al concetto di tempo intervallate da osservazioni sprezzanti rispetto ad un amante del calcio che tentava di inserirsi nei discorsi.

Ad un tratto la ragazza sicuramente per caso, disse: "Sarebbe interessante una storia delle idee della filosofia, come sono nate e come si sono trasformate."

I fatti sono il prodotto di idee e come le idee producono fatti nella vita degli uomini; così i fatti alimentano la fonte dalla quale sgorgano le idee. Solo che l'idea è una costante che, a seconda delle condizioni, si esprime manifestando fatti diversi attraverso i quali esprimersi in quella specificità.

"Certo" disse l'operaio "i filosofi trattati come i giocatori di calcio che, anziché esprimersi in gesti atletici, si esprimono con le idee che hanno manifestato in filosofia. Sarebbe interessante. Qualcuno ha già avuto un'idea simile, ma anziché svilupparla in funzione di uno spettacolo filmico, svilupparla in funzione della filosofia metafisica,"

Alla birra seguì una seconda birra, ad un piatto di patatine fritte seguì un panino inframezzato da battute su Crowley e su quel "solve e coagula" che sa tanto di ebraismo riciclato.

All'una di notte si uscì dal pub e ci si avviò al parcheggio per prendere l'automobile e tornare a Marghera.

Appena fuori Thiene l'operaio si rese conto che qualche cosa di strano stava succedendo dentro lui. Rallentò, cercò un luogo adatto per la sosta e si fermò.

Quante voci. Quante lingue diverse e quanti diversi linguaggi stavano attraversando le orecchie dell'operaio.

Fu un vecchio albero di tasso che parlò dicendo: "Mettere a confronto le idee dei filosofi all'interno di uno scontro "calcistico" può essere fatto solo nel mondo del tempo a condizione che gli Dèi siano presenti, si immergano nelle idee esposte e alle idee che scegli dei filosofi possano opporre le idee proprie della natura degli Dèi."

Dopo un attimo di silenzio un riccio disse: "Scrivila questa storia, potrebbe essere divertente."

"E che cosa scrivo? Da dove inizio?" Chiese l'operaio.

"Tu inizia" dissero diecimila voci insieme "inizia a scrivere e noi parleremo attraverso te. Ti faremo trovare i testi che ti servono, alimenteremo le tue sensazioni e ti condurremo per mano."

Quando le voci si zittirono l'operaio si rese conto che il freddo della notte stava diventando insistente. Riaccese il motore dell'automobile, aumentò il riscaldamento interno e imboccò l'autostrada per Venezia. Mentre guidava la sua immaginazione fu popolata da filosofi che si contrapponevano l'uno all'altro come se il loro pensiero fosse uscito dal loro tempo per abitare il tempo di altri filosofi e pensatori.

Arrivato a casa una voce che si muoveva sui muri disse: "E' arrivato! Ha già iniziato! Dopo, anche noi sapremo!"

 

Marghera, 24 ottobre 2022

 

Partita di calcio mondiale della filosofia

 

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