Là nel tumulto sibilano spade e lance mentre Atena affronta il possente Ares. Paride incocca la freccia per colpire Achille che nella polvere trascina Ettore.
Vedete? Trump avanza potente con i suoi dazi, Von der Leyen balbetta incerta, Mark Carney ostacola l'avanzata di Trump mentre Macron e Starmer si nascondono per non essere coinvolti. Verso Trump si dirige Xi Jinping. E' la nuova "Guerra di Troia".
Maggio 2025: la filosofia metafisica della Religione Pagana.
26 maggio 2025
Si chiede Agostino d'Ippona: Come è giunto Platone tanto vicino ai cristiani?
La domanda che Agostino d'Ippona si pone, se allora poteva suscitare interesse e meraviglia, oggi viene conchiusa nella banalità della psicologia delirante.
I deliranti esprimono sempre caratteri comuni e, quando i caratteri comuni dei deliranti provengono da un sostrato culturale comune, hanno fra loro moltissime analogie perché il delirio è espressione di una soggettività che si è elevata al si sopra della realtà in cui il delirante abita.
Leggendo il Parmenide di Platone avevo maturato l'idea che Platone fosse passato dall'Egitto, ma solo perché, nel leggere il Parmenide, avevo messo l'accento su una delle ultime parti secondo cui, vado a memoria, "quando c'è il tutto non ci sono gli altri; quando ci sono gli altri non c'è il tutto" che alimentava l'idea, sviluppata da Hegel, secondo cui l'Essere è il nulla perché, essendo il tutto e l'assoluto, l'unico movimento che gli sarebbe consentito è l'annientamento di sé stesso. Appunto, il non-Essere. Sembrerebbe, invece, che Platone non abbia fatto altro che elaborare idee di Parmenide di Elea che discuteva con i pitagorici a proposito dell'assoluto uno.
C'erano delle strutture culturali comuni fra l'oriente Babilonese-Iraniano e la Grecia?
Quando noi leggiamo Esiodo (VIII secolo a.c.), la Teogonia ricalca lo schema religioso degli Hittiti; la bibbia ebraica, nella sua parte della creazione, è ripresa in toto dalla mitologia Babilonese. E' difficile pensare che gli ebrei, un popolo analfabeta, quando vennero portati a Babilonia e impararono a scrivere nelle scuole babilonesi, non abbiano riscritto a modo loro la mitologia Babilonese adattandola affinché legittimasse il proprio delirio di onnipotenza. Non si tratta solo di aver copiato dalla mitologia Babilonese temi come il Diluvio Universale o quello della creazione, ma anche episodi interpretati in maniera ambigua come quello in cui si racconta della donna nata dalla costola dell'uomo. Nei Babilonesi ha il significato di guarigione con un gioco di parole sul nome di una divinità (vedi Kramer), nell'infantilismo ideologico ebreo l'episodio è appiattito su un significato verbale unico per far nascere la donna dalla costola dell''uomo rendendo, con questo, la donna sottomessa all'uomo come spiegheranno, furbescamente, gli "arguti" padri della chiesa cattolica.
Si potrebbe obbiettare che risulta facile fare queste, probabilmente anche altre, affermazioni oggi con la ricerca culturale come si è sviluppata negli ultimi 300 anni. E' vero. Agostino d'Ippona non ha nessun dubbio sulla sua bibbia, tutto è verità, tutto è assoluto, tutto è manifestazione del suo Dio assoluto e chi non si sottomette al suo Dio assoluto, che violenta e uccide gli uomini, è da condannare. In questo modo, proprio per aver affermato la verità assoluta delle manifestazioni del Dio della bibbia, Agostino d'Ippona si è reso responsabile di ogni genocidio fatto in nome di quel Dio per 2000 anni di storia dell'umanità pretendendo che la sua "filosofia" fosse universale ed eterna. Pertanto, Agostino d'Ippona non ha il diritto di dire "Io non sapevo perché non avevo le informazioni!". In realtà le informazioni le avevi, sapevi che il Dio della bibbia è un assassino, ma hai voluto chiamare buono chi ammazza gli uomini e schierarti nel continuare ad ammazzarli. Non avevi le miei informazioni, ma fra le informazioni che avevi hai fatto le tue scelte.
Scrive Agostino d'Ippona:
Alcuni, che la grazia di Cristo unisce a noi, si sorprendono quando sentono o leggono che Platone ha avuto intorno a Dio idee riconosciute in armonia con la verità della nostra religione. Di qui hanno pensato ch'egli avesse ascoltato il profeta Geremia nel suo peregrinare in Egitto o letto durante quel viaggio i libri dei profeti; ho riportato questa opinione anche in altre mie opere. Ma secondo un calcolo esatto della cronologia storica risulta che Platone sia nato all'incirca cento anni più tardi rispetto all'epoca in cui profetizzo Geremia; e poiché Geremia visse ottantun anni, corrono circa sessantanni dall'anno della sua morte fino al tempo in cui Tolomeo, re dell'Egitto, richiese alla Giudea i libri dei profeti ebrei per farli tradurre da settanta uomini ebrei, che sapevano anche la lingua greca, e tenerli presso di sé.
Tratto da Agostino d'Ippona, La città di Dio contro i Pagani, Editore Bompiani, 2015, pag. 397-398
Queste affermazioni di Agostino d'Ippona vengono precisate dallo studioso che ha curato l'opera.
Afferma lo studioso traduttore dell'opera di Agostino d'Ippona:
"Si tratta di un calcolo inesatto per ben due secoli di differenza; la vocazione di Geremia (cfr. Ger. 25,3) si colloca verso il 627 a.C., mentre Platone visse dal 427/8 al 347. Agostino si regola per queste notizie sui Chronica di Eusebio."
Scrive la bibbia:
8 Il sommo sacerdote Chelkia disse allo scriba Safàn: "Ho trovato nel tempio il libro della legge". Chelkia diede il libro a Safàn, che lo lesse. 9 Lo scriba Safàn quindi andò dal re e gli riferì: "I tuoi servitori hanno versato il denaro trovato nel tempio e l'hanno consegnato agli esecutori dei lavori, addetti al tempio". 10 Inoltre lo scriba Safàn riferì al re: "Il sacerdote Chelkia mi ha dato un libro". Safàn lo lesse davanti al re. 11 Udite le parole del libro della legge, il re si lacerò le vesti.
2 Re 22
Nel 18esimo anno del regno di Giosia qualcuno scrive i fondamenti della bibbia, probabilmente su indicazione di Giosia, il macellaio dei culti che non poteva controllare. Distrusse templi, altari, tradizioni diffondendo offese ed ingiurie (come quella del sacrificio dei bambini, cosa che agli ebrei piace fare nei confronti delle altre popolazioni, ma che guardano con orrore quando immaginano di poter essere le vittime) da parte dei religiosi di Baal.
Geremia visse in quel periodo e, nel 586, distrutta Gerusalemme, sembra sia stato deportato in Egitto dove subito dopo morì nel 587.
La prima traccia della bibbia fu scritta in quel periodo e aveva lo scopo di legittimare il potere di Giosia, in nome del suo Dio, giustificando i massacri e le distruzioni di chi non si sottometteva a Giosia.
Una volta deportati a Gerusalemme, gli ebrei deportati elaborarono l'ideologia dei fondamenti della propria onnipotenza come "popolo eletto" con un'operazione di reinterpretazione dei miti di Babilonia col delirio suprematista di Giosia.
I deliri di onnipotenza e dominio di Platone trovavano assonanze con i deliri degli ebrei di cui, certamente, si discuteva in ambienti culturali. Sarà necessario attendere l'invasione di Alessandro Magno della Palestina perché i filosofi greci (non so quali) leggessero i "libri sacri" degli ebrei e si facessero un sacco di risate, anche se in realtà non ne avevano capito il significato. Credo che da allora i sacerdoti ebrei proibirono la lettura dei loro testi agli stranieri.
Sembra logico pensare che Platone avesse informazioni sulla "superiorità della razza in nome di Dio" degli ebrei anche se non ne conosceva i contenuti dal momento che nel Timeo parlando della "grandezza di Atene prima del Diluvio Universale" si trovano assonanze con la superiorità della razza espressa dagli ebrei parlando di sé stessi.
Scrive Agostino d'Ippona:
Pertanto durante il suo viaggio Platone non poté incontrare Geremia, che era morto da tempo, né leggere le Scritture, non ancora tradotte in lingua greca, nella quale egli era maestro; a meno che, con il suo energico impegno, non abbia appreso anche queste per mezzo di un interprete, come aveva fatto per i libri egizi, senza metterne per iscritto la traduzione - che Tolomeo invece, temibile nella sua potenza regale, avrebbe ottenuto con grande beneficio -, ma cercando di conoscerne per quanto possibile il contenuto per mezzo di conversazioni. Si possono trovare indizi a sostegno di questa tesi; ad esempio il libro della Genesi si apre con queste parole: "In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque". Platone afferma invece nel Timeo, un trattato sulla costituzione del mondo, che Dio con la sua opera congiunse la terra e il fuoco. E' evidente che egli mette il fuoco al posto del cielo; questo pensiero ha quindi una qualche rassomiglianza con l'espressione:
"In principio Dio creò il cielo e la terra".
Poi afferma che l'acqua e 1'aria furono i due elementi intermedi con i quali si congiunsero quelli estremi. Questa potrebbe essere una interpretazione di ciò che la Scrittura dice: "Lo spirito di Dio aleggiava sulle acque".
Tratto da Agostino d'Ippona, La città di Dio contro i Pagani, Editore Bompiani, 2015, pag. 398-399
Il concetto è: "Il padrone crea il mondo ed essendo padrone del mondo per averlo creato può fare qualunque cosa, commettere qualunque infamità, perché lui non deve rendere conto a nessuno!"
Questa è l'idea base della bibbia che sanciva il potere di Giosia. E' anche l'idea di Platone che sancisce il proprio potere sugli uomini. Se c'è una differenza, questa consiste nel fatto che Giosia è un macellaio di uomini e società, Platone desiderava tanto imporre il proprio dominio, ma in Sicilia non erano tanto d'accordo con lui. Uno ammazzava, l'altro desiderava ammazzare.
Platone dice che il mondo è nato dalla terra e dal fuoco, ma non dice che Dio ha congiunto la terra col fuoco. E il fuoco, nella citazione del Timeo di Platone, non appare quanto afferma Agostino d'Ippona:
"Platone afferma invece nel Timeo, un trattato sulla costituzione del mondo, che Dio con la sua opera congiunse la terra e il fuoco."
Scrive Platone nel passo indicato (31b):
"Dunque, affinché questo mondo, anche nell'essere uno solo, fosse simile a quel vivente perfetto, per questo motivo Colui che fece il cosmo non ne fece due né infiniti, ma uno solo è questo cielo generato unigenito, e così sarà anche in futuro. Ciò che è generato deve essere corporeo, visibile e tangibile. Ma se fosse separato dal fuoco, nulla potrebbe essere visibile; né potrebbe essere tangibile, senza una solidità; e non potrebbe essere solido, senza terra. Di conseguenza, Dio fece il corpo dell'universo, cominciando a costruirlo di fuoco e di terra."
E ancora, scrive Platone, nella parte citata da Agostino d'Ippona:
Per questo il dio, posto acqua e aria in mezzo tra fuoco e terra, e, per quanto era possibile, proporzionatili fra di loro nella medesima proporzione, di modo che come il fuoco sta all'aria così l'aria stesse all'acqua, e come l'aria sta all'acqua così l'acqua stesse alla terra, collegò insieme e compose il mondo visibile e tangibile.
Timeo, in Platone, Tutti gli scritti, Editore Bompiani, 2014, pag. 1363-1364
L'analogia con la bibbia è colta da Agostino d'Ippona, ma la costruzione di Platone non risponde alle analogie con la bibbia. E' una risposta agli archè dei filosofi che incontrano gli elementi nella natura e ponevano gli elementi a fondamento del divenire della Natura.
In questo modo, acqua, fuoco, terra e aria non sono mezzi con cui la vita si genera, ma sono strumenti, mezzi, d'azione del Dio creatore.
E' indubbio che la necessità di sottrarre la volontà all'esistente per attribuire l'esistente alla volontà di un Dio (con cui si identificano Agostino d'Ippona e Platone) è l'elemento comune di platonismo e cristianesimo che distingue entrambe le patologie dalle scuole filosofiche che pretendono di criticare.
Scrive Agostino d'Ippona:
Naturalmente egli non pone molta attenzione al modo in cui la Scrittura designa abitualmente lo spirito di Dio; e poiché anche l'aria viene detta spirito, è possibile ch'egli abbia pensato che in quel passo si ricordavano questi quattro elementi. Platone poi afferma che vero filosofo è colui che ama Dio, e nella Sacra Scrittura non c'è affermazione più evidente di questa. Ma c'è un passo che più di tutto m'induce quasi ad accettare la tesi che Platone non fosse all'oscuro di quei libri: quando per mezzo di un angelo Mosé ricevette un messaggio di Dio e, chiedendo questi il nome di chi gli ordinava di dirigersi verso il popolo ebreo per liberarlo dall'Egitto, gli fu risposto: " Io sono colui che sono! ". Poi disse: " Dirai agli Israeliti: lo-sono mi ha mandato a voi ". Come se, raffrontate con chi veramente è perché immutabile, le cose mutabili non fossero! Platone sostenne con forza questa convinzione e la raccomandò con il massimo impegno. Io non so se nelle opere dei filosofi anteriori a Platone si trovi qualcosa di simile, all'infuori di ciò che sta scritto: Io sono colui che sono! Poi disse: Dirai agli Israeliti: lo-sono mi ha mandato a voi.
Tratto da Agostino d'Ippona, La città di Dio contro i Pagani, Editore Bompiani, 2015, pag. 399
Platone non pone attenzione alla "scrittura" di Agostino perché Platone, anche se ne aveva sentito parlare, doveva riformulare il venir in essere del mondo contro gli Orfici e i culti religiosi dal fondamento esiodeo che, a differenza di Giosia, non poteva sterminare fisicamente. Il nemico di Platone è Democrito, non solo i poeti,
Agostino d'Ippona dice che, secondo Platone, il vero filosofo è colui che ama Dio. La citazione (Timeo 90 b-c) di Platone dice:
Colui, invece, che si è dato cura dell'amore della conoscenza e dei pensieri veri, e ha esercitato in sé soprattutto queste cose, è veramente necessario che, qualora egli raggiunga la verità, [C] pensi cose immortali e divine, e che, nella misura in cui la natura umana possa aver parte dell'immortalità, non venga a mancare di nessuna parte, e, in quanto coltiva sempre il divino, e mantiene ben ordinato il dèmone che abita in lui, sia anche notevolmente felice. E la cura in ogni cosa per ogni uomo è una sola: dare a ciascuna parte dell'anima i nutrimenti e i movimenti che a loro convengono.
Timeo, in Platone, Tutti gli scritti, Editore Bompiani, 2014, pag. 1409
E' indubbio che l'affermazione di Agostino d'Ippona è più efficace, che non quella di Platone, per costringere le persone alla sottomissione. Platone si muove in un ambiente religioso ostile. Campione della propaganda a favore della tirannia, si trova a dover affrontare le rivendicazioni dei democratici. Il suo Artefice è un padrone menomato, privo di potere a differenza di Agostino d'Ippona che esalta l'assoluto del suo Dio in un ambiente favorevole alla monarchia assoluta in un impero che, ora, uccide e stermina chi non si sottomette al Dio di Agostino d'Ippona.
L'idea parmenidea del Tutto e l'idea dell'Uno pitagorico si fondono nell'idea dell'artefice di Platone che abita una dimensione delirante di onnipotenza in individui adulti che hanno vissuto i fallimenti della propria esistenza.
L'idea del Dio di Agostino d'Ippona è l'idea infantile della ricerca della figura paterna che rassicura e che crea dipendenza in cambio di obbedienza e sottomissione.
Per manipolare la struttura emotiva dell'infanzia (stuprare l'infanzia) serve il Dio di Agostino d'Ippona, ma per legittimare lo stupro e costringere lo stuprato a riprodurre lo stupro nell'infanzia dei propri figli, serve l'idea dell'Artefice, dell'Uno, del Tutto, forgiata da Parmenide, Pitagora, Platone e Plotino.
Agostino d'Ippona trova un'affermazione simile a Platone nel rendere indefinibile l'idea del Dio cristiano nell'Esodo della bibbia dove è scritto:
13 Mosè disse a Dio: "Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?". 14 Dio disse a Mosè: "Io sono colui che sono!". Poi disse: "Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi". 15 Dio aggiunse a Mosè: "Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione.
Esodo 3, 13-15
Ovviamente, per cercare di assomigliare a Platone, Agostino d'Ippona cita il 13 e il 14 omettendo il 15. Quel "Io sono colui che sono", che Agostino d'Ippona vuole assimilare a "pensi cose immortali e divine" di Platone, viene immediatamente seguito dal "Dio personale, padre e padrone" in quanto afferma "Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione".
L'unità del pensiero di Agostino d'Ippona con il pensiero di Platone è costituita dal comune denominatore della necessità di sottomettere gli uomini a sé stesso e ogni affermazione di natura ontologica, cioè delirante, è ammessa pur di ottenere la migliore sottomissione nelle condizioni soggettive che il delirante sta vivendo.
Agostino d'Ippona coniuga Platone e i medio platonici con il cristianesimo contribuendo alla nascita della scolastica.
Riporto da internet (generica risposta Google alla domanda):
"Prima della scolastica, il pensiero filosofico era dominato principalmente dalla Patristica e dalla filosofia greca classica, con particolare attenzione ai pensatori come Platone, Aristotele e i Neoplatonici. La Patristica, che abbraccia il periodo tardo-antico fino all'VIII secolo, si concentrava su come il Cristianesimo potesse essere interpretato e applicato alla vita quotidiana. La filosofia greca, con le sue scuole e pensatori, forniva un bagliore di conoscenza e una base per la riflessione filosofica"
Uno di costoro fu Severino Boezio che, ancora, non si è compresa a sua collocazione ideologica fra platonismo, neoplatonismo e cristianesimo.
Nell'XI secolo Anselmo d'Aosta, prendendo spunto dalla filosofia greca, elabora "la prova ontologica dell'esistenza di Dio" trasformando il "pensiero parlato" nel mezzo che interpreta la realtà, anche la realtà altra che non rientra sotto i sensi.
In questo modo, gli oggetti di fantasia e della malattia mentale diventano oggetti reali perché l'ontologia non è un mezzo per definire quanto i sensi non definiscono, ma per definire ciò che i sensi devono percepire: la presenza di Dio nella realtà in quanto Dio, pensato, è un oggetto reale.
L' "Io sono colui che sono" diventa il fondamento del pensiero filosofico cristiano che arriva a rifiutare il Dio personale, Zeus dei racconti mitici trasformato in superstizione nella figura di Yavé, per imporre la discussione sull'onnipotenza e l'infinitezza di Dio il Tutto, l'Uno). Per contro, ai bambini si continua ad imporre lo Yavé, come descritto Zeus nella mitologia poetica, mentre crea il mondo, uccide tutti col diluvio universale, massacra i bambini egiziani e punisce con pene eterne chi non si sottomette e non obbedisce al proprio padre e alla propria madre.
Il discorso iniziale, della relazione fra Agostino d'Ippona e Platone partendo dal quale mi ero proposto di arrivare a soluzioni che immaginavo, nel corso del lavoro ha preso una diversa piega.
Questa è conoscenza perché la conoscenza non è espressione di concetti al di fuori dall'uomo, ma risponde a ciò che per l'uomo è importante. E' l'uomo che cerca la definizione della conoscenza attraverso la cultura; la cultura non è conoscenza se non è al servizio delle necessità del vivere umano. Col medesimo ragionamento, quando le necessità dell'uomo sono quelle di sottomettere altri uomini, quell'uomo elabora una cultura che giustifica la sottomissione.
Tutti i testi del mese di maggio 2025 in un'unica pagina
Indice pagine mensili di cronache Pagane
Torna agli argomenti del sito Religione Pagana
Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo
Membro fondatore
della Federazione Pagana
Piaz.le Parmesan, 8
30175 Marghera - Venezia
Tel. 3277862784
e-mail: claudiosimeoni@libero.it
Iside con bambino - Museo di Napoli prestata a Torino!
Questo sito non usa cookie. Questo sito non traccia i visitatori. Questo sito non chiede dati personali. Questo sito non tratta denaro.