Là nel tumulto sibilano spade e lance mentre Atena affronta il possente Ares. Paride incocca la freccia per colpire Achille che nella polvere trascina Ettore.
Vedete? Trump avanza potente con i suoi dazi, Von der Leyen balbetta incerta, Mark Carney ostacola l'avanzata di Trump mentre Macron e Starmer si nascondono per non essere coinvolti. Verso Trump si dirige Xi Jinping. E' la nuova "Guerra di Troia".
Maggio 2025: la filosofia metafisica della Religione Pagana.
31 maggio 2025
Cosa dice il Daimon dell'uomo agli Dèi?
Cosa dice il Daimon degli Dèi agli uomini?
Gli Dèi e gli uomini (e tutti gli Esseri della Natura, di qualunque specie) sono Daimon che si muovono nel tempo e nelle emozioni; costruiscono relazioni; aprono a chiavi di lettura del presente vissuto dagli individui che la ragione, padrona della coscienza degli individui, ignora.
Non esiste, nella teologia cristiana, quanto afferma Agostino d'Ippona quando dice: "l'uomo per la bontà della sua anima" in quanto l'anima, secondo la teologia cristiana, è creata buona da Dio, semmai il corpo dell'uomo "insozza" quell'anima attraverso il "peccato". Pertanto, secondo la teologia cristiana, la bontà dell'anima è scontata, quella che non è scontata è la bontà dell'uomo.
E' indubbio che per i platonici la contraddizione, sottolineata da Agostino d'Ippona, costituisce un problema logico difficilmente risolvibile.
Quando Agostino d'Ippona dice:
"Se con la loro anima libera da ogni impaccio corporale gli dèi possono vedere la nostra anima, non hanno bisogno a tale scopo della mediazione dei demoni; se invece gli dèi dell'etere per mezzo del loro corpo percepiscono le manifestazioni corporali dell'anima, come un discorso, un'espressione del volto, un gesto, e da qui raccolgono le informazioni dei demoni, possono anche venire ingannati dalle menzogne di questi."
Tratto da Agostino d'Ippona, La città di Dio contro i Pagani, Editore Bompiani, 2015, pag. 412
Gli Dèi, che piaccia o meno a Agostino d'Ippona o ai medio platonici, sono Daimon che abitano il mondo e, a differenza degli Esseri della Natura, non sono divisibili fra corpo fisico o corpo di energia (neutra, priva di coscienza di sé) e struttura emotiva che forma il Daimon. Sono unici in un corpo di energia emotiva, un Daimon.
Le relazioni che costruiscono sono relazioni con i Daimon degli Esseri della Natura (riferendoli al nostro caso).
La difficoltà di Agostino d'Ippona è quella di voler considerare come reali le forme degli Dèi come descritte dai poeti, uomini divinizzati, o qualche cosa di simile. Non è in grado di superare la forma attraverso la quale i poeti scrivono le loro storie, dalla rappresentazione simbolica della storia. E' come se effettivamente Agostino d'Ippona credesse che davvero gli antichi pensavano che Atena fosse nata dalla testa di un corpo fisico di un Dio che si chiamava Zeus.
Gli Dèi, Daimon, si relazionano col Daimon degli Esseri della natura.
Ho detto che il Daimon viene costruito e forgiato dai singoli Esseri della Natura attraverso le azioni che intraprendono con i loro corpi nel vivere quotidiano. Il Daimon di ogni singolo Essere si trasforma giorno dopo giorno, esattamente come il Daimon degli Dèi. Le azioni del corpo trasformano il Daimon e il Daimon, che si relaziona con il Daimon degli Dèi, è ogni giorno diverso. Come è diverso il Daimon di ogni singolo Dio che si trasforma a sua volta nelle relazioni che mette in atto nella propria esistenza.
Pertanto, non esistono relazioni fra i corpi degli uomini e gli Dèi, ma esistono solo relazioni fra Daimon. Gli Dèi non giudicano le azioni dei corpi, ma solo le trasformazione dei Daimon dei soggetti che possono essere a loro favorevoli o meno. Possono favorire alcuni Dèi e non altri, o possono presentarsi anche con manifestazioni che gli Dèi possono ritenere necessario combattere.
Un Daimon non inganna mai un altro Daimon. Chiunque esso sia. La ragione, con la sua descrizione e la sua forma, ha in sé anche il concetto di inganno, ma il Daimon è emozione, plasmata e compattata, e l'emozione plasmata è sempre sé stessa.
Scrive Agostino d'Ippona:
Inoltre, mi piacerebbe sapere da costoro: i demoni hanno annunciato agli dèi che le invenzioni poetiche di crimini divini non piacevano a Platone, e hanno nascosto che invece piacevano a loro? O l'hanno celato, preferendo lasciare gli dèi all'oscuro di tutta la faccenda? Ancora: hanno rivelato tutto, la religiosa prudenza di Platone verso gli dèi e la irriverente dissolutezza di quelli? O infine hanno voluto nascondere agli dèi il pensiero di Platone, secondo cui egli non volle che gli dèi fossero diffamati con falsi crimini da una sfrenata empietà, e non si sono vergognati o non hanno temuto di manifestare la malvagità con cui amano i ludi scenici, che celebrano quelle ignominie divine?
Tratto da Agostino d'Ippona, La città di Dio contro i Pagani, Editore Bompiani, 2015, pag. 412
Le domande che si pone Agostino d'Ippona non sono solo esercizio di retorica in un ambito ontologico in cui Agostino d'Ippona impone come oggettive le proprie categorie soggettive di giudizio, ma partono dal presupposto che ciò che Agostino immagina sia una realtà oggettiva del divino condivisa da tutti i suoi ascoltatori.
La realtà degli Dèi non è quella che la superstizione, ferma nella forma antropomorfica dei poeti, vuole definire. La morale degli Dèi e del divino non è la morale del possesso e della sottomissione che Agostino d'Ippona vuole affermare come oggetto. La trasformazione degli uomini in oggetti da possedere, concetto propro dell'ideologia platonica, è una cosa che gli Dèi aborrano perché la qualità del Daimon degli uomini, che hanno soggettivato la sottomissione, è un Daimon povero e miserabile incapace di abitare il mondo. Platone non è "timoroso nei confronti degli Dèi", Platone è un "teorico della dittatura del più forte sul più debole" e, come tale, un saccheggiatore della religiosità delle persone.
Il pensiero di Platone non è nascosto agli Dèi perché il Daimon degli Dèi afferra gli effetti sul Daimon degli Esseri Umani che si sottomettono al pensiero di Platone. Sia quando pensano sé stessi come padroni di uomini, sia quando pensano sé stessi come schiavi sottomessi ad altri uomini.
Una cosa va detta sul corpo luminoso che gli uomini e le donne costruiscono e che gli antichi chiamavano Daimon: quanto, dell'azione e della conoscenza costruita indipendentemente dal corpo fisico mediante la percezione soggettiva nel mondo in cui il Daimon abita è in grado di superare la barriera della ragione e di giungere alla coscienza trasformandosi in informazione utile agli uomini e alle donne per affrontare le proprie condizioni di vita nel loto quotidiano?
C'è una condizione, che chiamiamo "potere" dell'individuo, quando mediante le sue azioni costruisce il proprio Daimon; c'è un grado di crescita del Daimon, che chiamiamo "potere", dato dalla capacià dell'individuo di dirigere la direzione della costruzione e lo sviluppo del proprio Daimon facendo affluire alla propria coscienza razionale le intuizioni forgiate dal propri Daimon affinché contribuisca ad alimentare le proprie strategie d'esistenza nella propria quotidianità.
La vita razionale, quotidiana, degli Esseri Umani è diversa dalla vita del proprio Daimon. Le due vite viaggiano su binari paralleli, ma non possono essere separate perché l'una si riversa nell'altra e viceversa.
Esiste un modo per abitare il mondo nella dimensione razionale che aiuta il Daimon e la comunicazione emotiva fra la consapevolezza del Daimon e la coscienza razionale. Esiste un modo (esaltazione di sé stessi, arroganza, negazione dell'altro) che nega e blocca la comunicazione della consapevolezza del Daimon con la propria coscienza.
La morale di Agostino d'Ippona non è la morale degli uomini, è la morale dello schiavista che cerca di legittimare il proprio possesso delle persone e questa morale non ha diritti nel mondo degli Dèi o nel mondo dei Daimon.
Scrive Agostino d'Ippona:
A queste quattro domande che ho posto, scelgano la risposta che preferiscono e, quale che sia la loro scelta, considerino in che cattiva luce vengono a trovarsi gli dèi buoni. Se infatti scelgono il primo caso, dovranno riconoscere che non è stato possibile agli dèi buoni stare dalla parte del buon Platone, quand'egli rifiutava le offese contro di loro, mentre sono stati con i demoni malvagi quando essi esultavano per quelle offese gli dèi buoni infatti conoscevano un galantuomo posto lontano da loro solo tramite i demoni malvagi, mentre non conoscevano questi ultimi, pur essendo vicini. Nella seconda ipotesi, si afferma che i demoni nascosero completamente agli dei e la religiosissima legge di Platone e il loro piacere sacrilego; ma che utilità possono trarre gli dèi dalla mediazione dei demoni per quanto riguarda la vita umana, se non conoscono le scelte della religione degli uomini buoni contro la dissolutezza dei malvagi demoni?
Tratto da Agostino d'Ippona, La città di Dio contro i Pagani, Editore Bompiani, 2015, pag. 412-413
Le soluzioni fantasiose di realtà fantasticate portano con sé molte ambiguità. Al giorno d'oggi diremmo che "il cinema è magia" e con questa frase tolleriamo discrepanze e ambiguità della rappresentazione cinematografica rispetto alle dinamiche logiche della realtà che viviamo. Quando viene elaborata un'idea fantastica, come quella di una relazione fra Demoni e Dèi che esula da ogni dato reale della vita degli uomini, si è costretti ad adattamenti illogici che si prestano ad osservazioni e a critiche. Solo che, anziché criticare le dinamiche interne di un fantastico che non rispecchia la realtà, si deve opporre la realtà a quel fantastico sempre e solo se si è in grado di definire una realtà alternativa al fantastico proposto. Cosa che Agostino d'Ippona non è proprio in grado di fare.
Gli Dèi non sono buoni: gli Dèi vivono. Solo gli uomini possono essere, o sono, malvagi, perché la loro violenza non soddisfa i loro bisogni esistenziali, ma i loro bisogni di dominio. La malvagità si misura dalla necessità di dominare, di possedere contro la volontà dell'altro di non essere posseduto o di possedere a sua volta.
Dire che Platone è buono è solo un fantasticare. E' come dire che è buono colui che aziona il gas nelle camere a gas per sterminare le persone. E' la stessa cosa.
Dire che i Daimon esultano per le offese agli Dèi è solo un fantasticare: le parole non toccano gli Dèi. Solo nel cristianesimo e nell'ebraismo il loro Dio è parola, logos, verbo. Questo perché cristianesimo ed ebraismo non nascono come relazioni fra l'uomo e il divino in cui l'uomo vive, Al di là di come lo si possa pensare o descrivere, ma nascono come sistemi di dominio delle società degli uomini che sono regolate dalla parola con cui controllare morale e sentimenti.
Platone rifiutava le offese contro gli Dèi? Ma se ne aveva distrutto la percezione del loro essere nella realtà vissuta in nome della sottomissione della realtà all'azione di un "Artefice", di un Dio assoluto, trasformando gli uomini in schiavi, sottomettendo la donna considerandola malvagia, manipolando l'infanzia in nome dell'obbedienza, inventando l'eugenetica malvagia per allevare uomini come bestiame, negava la sessualità umana in nome d una "castità" che ne uccideva le emozioni. Tutte azioni che rendevano debole e malato il Daimon dei singoli individui.
L'azione dello schiavista, Agostino d'Ippona, lo chiama "buono", l'azione dello schiavo che rivendica i diritti di Essere Umano vengono chiamati "malvagi" perché si ribella alla volontà di Dio che lo vuole schiavo.
Scrive Agostino d'Ippona:
Se scelgono la terza ipotesi e rispondono che non solo gli dèi hanno conosciuto tramite il messaggio dei demoni il pensiero di Platone contro le offese rivolte agli dèi, ma pure la loro malvagia esultanza per queste offese, ci si può domandare: questo è un annuncio o un insulto? Gli dèi, venendo a conoscenza di entrambi i fatti, non solo non allontanano da sé i demoni malvagi, che bramano e compiono azioni contrarie alla dignità divina ed alla religione di Platone, ma arrivano al punto di trasmettere i propri doni al buono e lontano Platone proprio per mezzo di quelli, cattivi e vicini. Infatti l'ordine degli elementi presenta in certo senso una concatenazione tale che gli dèi possono essere in contatto con coloro dai quali vengono ingiuriati e non con colui dal quale sono difesi e, pur essendo a conoscenza di entrambi, non riescono a spostare le masse dell'aria e della terra.
Tratto da Agostino d'Ippona, La città di Dio contro i Pagani, Editore Bompiani, 2015, pag. 413
Il pensiero schiavista di Platone è un'offesa per gli uomini, non per gli Dèi. Il pensiero, manifestato mediante parole, coinvolge esclusivamente la società umana dove le parole offendono e sono premessa e conseguenza delle aggressioni. Aggressioni che vengono legittimate mediante parole.
Per un cristiano dire al suo Dio: "Dio porco"; viene percepita dal cristiano come un'offesa al suo Dio. In realtà, per essere un'offesa al suo Dio, il suo Dio dovrebbe esistere e il cristiano non dimostra l'esistenza del suo Dio, ma dimostra solo che lui "crede" che il suo Dio esista. Solo che esiste la sottomissione e le offese fatte dalla credenza dell'esistenza del suo Dio che giustificano la violenza sugli uomini ad opera dei cristiani. Dunque, il "porco Dio" non è rivolto ad un'entità che non esiste, ma alla volontà d'odio del cristiano che il cristiano giustifica con la "volontà del suo Dio" che abita nei suoi deliri.
Gli antichi dicevano che "le offese fatte agli Dèi, riguardano gli Dèi" proprio per allontanare la sopraffazione umana su uomini che manifestavano i loro sentimenti in contrapposizione a sentimenti diversi.
Agostino d'Ippona non considera sé stesso malvagio nell'affermare "buono Platone". Eppure, Agostino d'Ippona sta manifestando tutta la sua malvagità in quanto, chiamando buona la malvagità di Platone, manifesta lo scopo di "essere in continuità ideologica con Platone" e di proseguire la sua malvagità, magari chiamando buono il Macellaio di Sodoma e Gomorra o quell'assassino che si vanta di aver macellato l'umanità col diluvio universale. Un individuo che Agostino d'Ippona chiama Dio e al quale vuole costringere gli uomini ad avere paura e sottomettersi.
Scrive Agostino d'Ippona:
La quarta ed ultima ipotesi è la peggiore. I demoni avrebbero annunciato agli dèi le invenzioni delittuose dei poeti intorno a loro, le indegne sconcezze del teatro, la propria ardente passione e il più delizioso piacere che essi provano in tutte le cose, e poi avrebbero taciuto il pensiero di Platone, che con la serietà di un filosofo volle allontanare tutte queste cose dal migliore degli Stati. Se questo è vero, come accettare che ormai gli dèi buoni si vedano costretti a conoscere per mezzo di tali messaggeri le cattive azioni dei più malvagi, cioè non di altri uomini, ma di loro stessi, e, al contrario, non sia loro concesso di conoscere le buone azioni dei filosofi, pur essendo le prime un oltraggio, le seconde un onore?
Tratto da Agostino d'Ippona, La città di Dio contro i Pagani, Editore Bompiani, 2015, pag. 413
La farneticazione delirante. La sconcezza di Zeus che amando Latona genera nella vita degli Esseri il principio femminile, Artemide saettatrice, e il principio maschile, Apollo Arciere. O la sconcezza di Zeus che amando Temi genera Dike, la giustizia fra gli uomini, Eunomia, la legge che libera anziché la legge che imprigiona, Irene, la pace. O la sconcezza di Hera che da sola partorisce Efesto per opporre un'uguale forza devastatrice all'intelligenza progettuale che Zeus ha partorito dalla sua testa.
I poeti hanno raccontato la vita che si è dispiegata da quando dal Caos si è dischiuso l'uovo ed Eros ha dispiegato le sue ali permettendo alla materia di diventare cosciente di sé, trasformarsi e portare alla nascita della vita.
E l'emozione, Urano Stellato, alimenta la coscienza nella materia inconsapevole e la coscienza manifesta la propria volontà d'esistenza.
Raccontare non è la stessa cosa che abitare. Per raccontare servono forme comuni a chi parla e a chi ascolta. Così nell'immaginario fantastico Zeus generatore viene descritto come un uomo possente ed Hera, la Natura, con i caratteri di "madre" generatrice.
Si ascoltano storie e racconti che trasmettono modelli attraverso i quali il presente è venuto in essere, ma nessuna persona, delle antiche religioni, ha mai pensato che Zeus fosse un uomo o Hera una donna. Questo immaginario, costruito nella superstizione di filosofi che ignorano i fondamenti del pensiero simbolico e anelano a dominare gli uomini, si è trasformata nell'idea infantile del Dio dei cristiani "creato ad immagine e somiglianza dell'uomo".
Nessun delitto fu mai commesso dagli Dèi perché nessun essere più debole fu fatto schiavo dagli Dèi. Dal Dio degli ebrei e dei cristiani sì, ma non dagli Dèi. Da Platone sì! (sembra che sia stato anche venduto come schiavo, non si è ribellato, ha accettato la logica schiavista fintanto che non è stato comperato). Platone, che voleva costruire società in cui gli uomini fossero costretti a vivere nella condizione della loro nascita, è stato un individuo malvagio.
Detto questo, effettivamente i medio platonici avevano molti problemi nel presentare il loro universo religioso tripartito in Dèi, Demoni e Uomini. Avevano molti problemi nel voler attribuire una funzione agli Dèi, una funzione ai Demoni e una funzione agli uomini. Costruire ideologie finalizzate al dominio dell'uomo sull'uomo implica sempre un numero infinito di contraddizioni. Ne sanno qualche cosa gli stoici quando furono costretti a modificare il loro pensiero per effetto della critica degli scettici di Carneade.
Ogni vivente costruisce il proprio corpo luminoso, il daimon che è e che diventerà trasformandolo.
Se vedessimo il mondo attraverso i soli "occhi" del Daimon che siamo, noi non saremo una forma umana, ma una sorta di palla più luminosa di quanto ci circonda. Il mondo sarebbe formato da "palle luminose" un infinito numero di altri Daimon. Quella palla luminosa, quel Daimon, che costruiamo nel coro della nostra vita, è l'unica forza che ha la possibilità di sopravvivere alla morte del nostro corpo fisico (il mondo del tempo e dell'emozione si percepiscono anche attraverso altre strutture, ma qui basta questo).
Il Daimon di ogni uomo porta con sé la volontà d'esistenza di ogni uomo e di ogni donna. Il Daimon negli Esseri Umani può essere ucciso solo dalla sottomissione. Solo dalla fede nella provvidenza di un soggetto esterno. Viene ucciso ogni volta che un essere umano prega qualche cosa che ritiene superiore.
L'uomo buono, per Agostino d'Ippona, è colui che uccide il Daimon dentro di sé e si prostra davanti al suo Dio. L'uomo buon di Agostino d'Ippona non ha futuro oltre la morte del corpo fisico. Per questo, quando è vicino alla morte, disperato, supplica il suo Dio di dargli una seconda possibilità dopo aver sprecato la propria vita.
L'uomo buono, per i poeti e per gli Dèi, è l'uomo che cerca giustizia, che disprezza la violenza sui più deboli e disprezza la violenza delle persone che giustificano la violenza con il "diritto" all'obbedienza.
Il mondo è fatto di Daimon. Pochi, fra gli Esseri Umani, sono coloro che hanno educato la loro coscienza ad aprirsi all'intuizione e alle sensazioni con cui il loro Daimon interviene nella loro quotidianità.
Tutti i testi del mese di maggio 2025 in un'unica pagina
Indice pagine mensili di cronache Pagane
Torna agli argomenti del sito Religione Pagana
Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo
Membro fondatore
della Federazione Pagana
Piaz.le Parmesan, 8
30175 Marghera - Venezia
Tel. 3277862784
e-mail: claudiosimeoni@libero.it
Iside con bambino - Museo di Napoli prestata a Torino!
Questo sito non usa cookie. Questo sito non traccia i visitatori. Questo sito non chiede dati personali. Questo sito non tratta denaro.