Quando si postano immagini, come quelle del genocidio di Gaza, ci sono persone solidali con i macellati e persone che si compiacciono del macellare le persone più deboli.
Identificarsi con i criminali Istituzionali è identificarsi con l'onnipotenza di Dio nella speranza di poter commettere quei crimini e di rimanere impuniti.
Settembre 2025: la filosofia metafisica della Religione Pagana.

09 settembre 2025 cronache della religione pagana
L'uso sociale del terrore della morte in Agostino d'Ippona
La morte come condanna nel cristianesimo
Terza e ultima parte

Claudio Simeoni

Cronache mese di settembre 2025

09 settembre 2025

La morte come condanna nel cristianesimo
Terza e ultima parte
L'uso sociale del terrore della morte in Agostino d'Ippona

Una volta che Agostino d'Ippona si è rifiutato, con tutta la violenza che gli è stato possibile, di dimostrare sia la presenza nel corpo di un oggetto che chiama "anima", sia la separazione di questo oggetto dall'oggetto "corpo", preferisce addentrarsi nei voli pindarici della propria fantasia e produrre tutta una serie di elucubrazioni fantastiche che, secondo la sua soggettività esaltata, dovrebbero dimostrare la relazione esistente fra anima e corpo in relazione alla morte.

Agostino d'Ippona non permette che si discuta o si sottoponga ad analisi le sue affermazioni. La realtà deve essere quella che lui afferma. Una realtà che non ammette analisi, ma che impone credenza e sottomissioni a questa cascata di farneticazioni.

Come i personaggi delle storie fantastiche affrontano le peripezie nel bosco misterioso, così Agostino d'Ippona racconta delle condizioni di quella che lui chiama "anima" imponendo al proprio ascoltatore, sotto minaccia delle armi, di non deridere le sue affermazioni. D'altro canto, secondo la folle logica cristiana, nessuno può dimostrare che le vicende dell'anima non siano così e, dal momento che nessuno può dimostrare che le cose non stanno come dice Agostino d'Ippona portando prove contrarie, ciò che dice Agostino d'Ippona deve essere necessariamente vero.

La malattia mentale, elevata a stupidità si identifica con Dio e parlando a nome e per conto della bocca di Dio afferma,senza sentirsi in dovere di giustificare o di dimostrare quelle affermazioni.

In fondo, chi sei tu per dire che Dio mente?

Che Dio menta o non menta, sono affari di Dio; che Agostino d'Ippona racconti delle baggianate per stuprare uomini, donne e bambini rubando loro la vita mentre li costringe a sottomettersi alle sue farneticazioni, questo è un altro discorso. Un discorso che, attribuito da Agostino d'Ippona al suo farneticato Dio, fa del suo Dio un soggetto socialmente criminale. Raccontare favole imponendole come dati di realtà con la violenza coercitiva imposta alle persone mettendo in pericolo la loro vita, le favole, sorte dai deliri di persone fallite nella propria esistenza, rendono reale Cappuccetto Rosso, Babbo Natale e la Fatina dei denti.

Scrive delirando Agostino d'Ippona del rapporto fra Cappuccetto Rosso (l'anima), la nonna (il corpo) e il cacciatore (Dio, il sadico):

Questa seconda morte non avviene prima che l'anima ed il corpo siano uniti in modo indissolubile; in tal caso potrebbe sorprendere l'affermazione che il corpo sia colpito da quella morte senza che l'anima lo abbandoni, ma che anzi esso subisca dei tormenti con un'anima ed una sensibilità. Infatti si può parlare a buon diritto di morte dell'anima nel caso della pena eterna, che ci sarà alla fine, della quale parleremo più diffusamente a suo tempo, poiché essa non vive di Dio; ma come si può parlare di morte del corpo, quando esso continua a vivere della sua anima? D'altra parte esso non potrebbe percepire in altro modo tutti quei tormenti fisici che ci saranno dopo la risurrezione. In tal caso si vorrà forse dire, dal momento che ogni vita è pur sempre un bene e ogni dolore un male, che il corpo non vive più, poiché in esso l'anima non è causa di vita, ma di dolore? Ma l'anima vive di Dio, quando vive bene; infatti non può vivere bene se Dio non opera in essa ciò che è bene. Il corpo invece vive dell'anima quando l'anima è nel corpo, sia che essa viva o non viva. La vita degli empi nei loro corpi, allora, è vita dei corpi, non delle anime; e le anime, anche se morte, cioè abbandonate da Dio, possono conferire a quei corpi una certa vita propria, che non viene meno e per la quale esse sono immortali. Ma nella dannazione finale, anche se l'uomo non perderà la sensibilità, dal momento che questa sensibilità non avrà più la dolcezza del piacere o il benessere del riposo, ma la pena che è propria del dolore, non è inopportuno parlare di morte, più che di vita. Si chiama infatti seconda morte, poiché segue la prima, nella quale si sciolgono delle nature che erano unite, sia nell'unione di Dio e dell'anima, sia in quella dell'anima e del corpo. Dunque si può dire che la prima morte del corpo è buona per i buoni e cattiva per i cattivi; la seconda indubbiamente, poiché non riguarda nessuno dei buoni, non è buona per nessuno.

Tratto da Agostino d'Ippona, La città di Dio contro i Pagani, XI,4,2, Editore Bompiani, 2015, pag. 604-605

L'unica concretezza in questo delirio agostiniano è la forgiatura del terrore sociale con cui imporre sottomissione e schiavitù fisica ed emotiva alle persone al fine di rubare loro la vita controllando i loro comportamenti nel loro tempo d'esistenza.

Non è la pena eterna dell'anima che sconvolge le persone, ma è il momento presente in cui si impone la violenza al corpo delle persone giustificandola con la possibilità di una pena eterna della loro anima.

"la pena eterna dell'anima" non è l'affermazione che costruisce terrore, ma è l'affermazione che giustifica colui che spande il terrore fra le persone. La possibilità della "pena eterna dell'anima" è la giustificazione ideologica con la quale il macellaio giustifica e legittima le sue azioni criminali. Milioni di uomini e donne sono stati massacrati, spesso bruciati vivi, per "salvare la loro anima dalla pena eterna".

Chi sono gli "empi" per Agostino d'Ippona?

Sono coloro che non si sottomettono ad Agostino d'Ippona e che vivono in sé e per sé abitando la loro quotidianità.

Non è l'immaginario Dio di Agostino d'Ippona che abbandona l'uomo, ma è l'uomo che rifiutandosi di sottomettersi alle farneticazioni di Agostino d'Ippona abbandona la farneticazione dell'esistenza di Dio per abitare il mondo in sé e per sé. Dal momento che la favola di Agostino d'Ippona non condiziona la vita di questi uomini, ci penseranno gli eserciti, le spade, le armi, le bombe a ridurre questi uomini all'obbedienza e alla sottomissione affinché Agostino d'Ippona possa salvare le loro anime.

La farneticazione di Agostino d'Ippona sulla "dannazione eterna" altro non è che il pensiero che consola Agostino d'Ippona per il fallimento della sua esistenza. "Io non sono un fallito" dice Agostino d'Ippona "Io avrò la felicità eterna che mi ripaga dell'angoscia che sto vivendo mentre, gli empi, quei bastardi che non vivono la mia stessa angoscia, ma che pretendono di vivere felici, saranno condannati alla pena eterna."

Ricorda bene Agostino d'Ippona:

"il padrone di quel servo verrà nel giorno che non se l'aspetta, nell'ora che non sa, e lo punirà severamente e gli assegnerà la sorte degli ipocriti. Lì ci sarà pianto e stridor di denti."

(Matteo 24, 50-51)

Condannare alla pena eterna, come piace ad Agostino d'Ippona, è il condannare all'ergastolo nelle società civili dove non si vuole vedere le condizioni che inducono la persona ad agire come hanno agito, perché queste comportano una responsabilità della società, di Dio, ma si vuole condannare la vittima delle condizioni perché a quelle condizioni non ha risposto con gli adattamenti imposti da Agostino d'Ippona, da Dio.

Dal punto di vista religioso e sociale, le affermazioni di Agostino d'Ippona sono puro terrorismo sociale volto alla distruzione delle società civili.

In Agostino d'Ippona si può leggere soltanto l'ideologia schiavista come proposta da Paolo di Tarso. Un'ideologia schiavista che si concretizza nel pensiero delle persone solo quando in esse sorge l'idea di essere loro ad occupare il ruolo di schiavista padrone degli schiavi.

Questa idea, generata dalla fonte psicologica delle persone, sorge quando le persone percepiscono, nel loro profondo emotivo, il fallimento della propria esistenza. La persona fallita tende a chiudere su sé stessa ogni forma di pensiero proiettando sé stessa come unico e assoluto dominatore del proprio personale universo. Come dominatore si relaziona con altri dominatori che si devono sottomettere al suo dominio. Nasce una gerarchia sociale di dominio in cui il fallito più grosso si fa Dio e impone l'idea di sé stesso ad altri falliti sociali che, a loro volta, si fanno Dio, ma possono esercitare il loro dominio solo sottomettendosi al più forte, che si è fatto Dio, consentendo loro di dominare i più deboli in suo nome.

Non esistono, in Agostino d'Ippona, i doveri di Dio nei confronti degli uomini perché non esiste che Agostino d'Ippona abbia qualche dovere nei confronti degli uomini.

La libertà che Agostino d'Ippona attribuisce al suo Dio, sottraendolo ad ogni dovere e ad ogni limite d'azione, è la stessa libertà che Agostino d'Ippona attribuisce al padrone, e a chiunque si fa padrone, nella società civile.

Un Dio al di fuori delle leggi e al di fuori delle regole morali costituiva un insulto e una bestemmia per la religione romana antica dove anche gli Dèi erano tenuti ad osservare regole e doveri nei confronti degli uomini.

L'odio è il contenuto delle filosofia assolutista di Agostino d'Ippona. Un odio rivolto agli uomini che affrontano la loro esistenza e che lui, in nome del suo Dio padrone, vuole condannare ad un'eterna dannazione per consolare l'angoscia del suo fallimento esistenziale.

Agostino d'Ippona teme la propria morte: sarà stato abbastanza sottomesso a Dio per ottenere un premio da Dio o Dio si comporterà come afferma Gesù:

Allora la madre dei figli di Zebedeo si avvicinò a Gesù con i suoi figli, prostrandosi e chiedendogli qualche cosa. Ed egli le domandò: "Che vuoi?". Ella gli disse: "Ordina che questi miei due figli siedano l'uno alla tua destra e l'altro alla tua sinistra, nel tuo regno". Gesù, rispondendo, disse: "Voi non sapete quello che chiedete. Potete voi bere il calice che io sto per bere?". Essi gli dissero: "Sì, lo possiamo". Egli disse loro: "Voi certo berrete il mio calice, ma quanto al sedersi a destra o a sinistra non sta a me il darlo, ma è per quelli a cui è stato preparato dal Padre mio".

Matteo 20, 20-23

In altre parole, il Dio di Agostino d'Ippona farà quello che vuole, perché nessuna azione fatta dagli uomini può condizionare i capricci del Dio di Agostino d'Ippona e la sua volontà, o sarà così permaloso da comportarsi in maniera beffarda nei confronti di Agostino d'Ippona? Sarà, Agostino d'Ippona, abbastanza furbo da piegare le decisioni del suo Dio a suo vantaggio?

E' il dilemma di Agostino d'Ippona. Se il suo Dio ha già stabilito chi occuperà un posto e chi un altro, sicuramente ha stabilito anche per Agostino d'Ippona quale posto occuperà dopo la morte. E se il suo Dio stabilisce che Agostino d'Ippona deve soffrire le pene in eterno?

L'arroganza è l'unico peccato che gli Dèi non perdonano agli uomini!

Solo che gli Dèi non perdonano l'arroganza degli uomini quando sono morti, non la perdonano mentre affrontano la loro esistenza fisica e il delirio di Agostino d'Ippona è la punizione per la sua arroganza e per i danni che nelle società la sua arroganza produrrà.

 

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Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

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