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Novembre 2025: la filosofia metafisica della Religione Pagana.

09 novembre 2025 cronache della religione pagana
La metafisica e l'esistenzialismo
Seconda parte: Heidegger

Claudio Simeoni

Cronache mese di ottobre 2025

09 novembre 2025

La metafisica e l'esistenzialismo
Seconda parte: Heidegger

E' semplice comprendere la filosofia di Heidegger: "Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza" e questo viene definito da Heidegger "ente" mentre il Dio creatore è l'essere. L'essere di Heidegger, che interviene ed agisce nell'uomo, si chiama "esserci" (definizione indicata da Chiodi che ha tradotto il termine "dasein"). Questo sostituisce l'ambiguità hegeliana che distingue l'essere, Dio, dall'ente, uomo.

La polemica sull'essere è antica ed è in contrapposizione al concetto di non-essere cioè alla condizione per la quale l'essere non persiste uguale nel tempo, ma si trasforma. Si tratta della contrapposizione fra il divenire eracliteo e l'assolutismo parmenideo.

Scrive Chiodi premettendo l'arrivo della filosofia di Heidegger dopo Kierkegaard:

Alcuni motivi connessi alla situazione esistenzialistica sono riscontrabili, verso la fine del secolo, in Federico Nietzsche. Il legame fra filosofia e situazione esistenziale, la liberazione della vita concreta dagli astrattismi intellettualistici, il dialogo costante con una trascendenza negata e tuttavia drammaticamente incombente nella negazione stessa, il senso del destino e la minaccia del fallimento: sono altrettanti motivi che concorrono alla attualizzazione d'una situazione analoga a quella kierkegaardiana.

Da: Pietro Chiodi, L'esistenzialismo, Editore Loescher, 1970, pag. 39.

Nel 1855 è il momento in cui Darwin sta scrivendo la teoria dell'evoluzione che sarà pubblicata nel 1859. Tutto il creazionismo di Kierkegaard viene spazzato via e viene spazzato via anche l'esistenzialismo di Nietzsche con la sua identificazione dell'assoluto che cerca Dio in un'ossessiva idea di potenza con sui coprire la propria impotenza esistenziale.

Gli astrattismi intellettualistici, di cui parla Chiodi, sono la necessità di abitare il mondo delle trasformazioni che nella filosofia hegeliana è il non-essere in quanto l'essere, trasformandosi, cessa di esistere per continuare ad essere sempre diverso e mai uguale al precedente.

A metà degli anni '40 dell'ottocento, Marx ed Engels elaborano la teoria del "Materialismo storico e dialettico" indicando come la realtà in cui si vive è il frutto delle trasformazioni della storia e, dunque, il risultato delle scelte degli uomini.

Come l'uomo non è creato da Dio, pertanto definibile come essere, così è la realtà, non è creata da Dio. Pertanto, la realtà non è non-essere rispetto all'essere creato; ma il non-essere è la trasformazione stessa dell'essere che non è mai uguale a sé stesso. Cessa continuamente di essere ciò che è per diventare qualche cosa di diverso ad ogni esperienza.

Il trascenente è ciò che l'uomo diviene continuamente per trasformazione o è una realtà oggettiva altra, diversa dalla realtà vissuta quotidianamente, che viene circoscritta nella mente e definita in una dimensione ontologica che finisce per dominare la realtà quotidiana vissuta dall'uomo?

L'esasperata follia di onnipotenza di Nietzsche, frutto dell'educazione assolutista cristiana e alimentata dalle drohe come la cocaina e l'eroina, sembra essere, secondo Chiodi, un elemento di sopravvivenza dell'ideale esistenzialista verso la fine del 1800.

L'esistenzialismo di Kierkegaard riemerge, secondo Chiodi, fra la prima e la seconda guerra mondiale quando le società si stanno organizzando in dittature assolutiste e necessitano di una forma ideologica filosofica con cui legittimare il proprio dominio assoluto sugli uomini. Gli uomini, che dovranno essere sacrificati come Isacco, dovranno essere felici ed obbedienti all'autorità come Abramo era felice ed obbediente a Dio.

Scrive Chiodi:

La rivendicazione kierkegaardiana dell'esistenza come singolarità "formata" dal possibile conservava dunque tutto il suo valore polemico, valore tuttavia semplicemente potenziale, perché la rinascita di Kierkegaard doveva avvenire soltanto tra le due guerre mondiali.

Da: Pietro Chiodi, L'esistenzialismo, Editore Loescher, 1970, p. 39.

L'integralismo fanatico cristiano di Kierkegaard viene ripescato in chiave "anti materialista". Fra le due guerre mondiali inizia a presentarsi la fenomenologia di Husserl che separa il corpo dal mondo in cui il corpo è divenuto e, come Platone, separa anima e corpo. Separare il corpo dell'uomo dal mondo significa annullare il vissuto dei processi ditrasformazione, il suo divenuto, cancellando le possibilità di divenire. Per Husserl rimane "l'ego trascendentale" in contrapposizione all'"ego empirico", concreto, situato nel qui ed ora. La fenomenologia trascendentale diventa così lo studio delle strutture psicologiche e psichiatriche che si esprimono nella coscienza pura separata dalla vita reale. Diventa la "scienza pura degli oggetti del pensiero", immaginando che questi non siano prodotti da un corpo vivente che abita il mondo, affronta le contraddizioni della sua esistenza e non adatti il suo pensiero ai suoi desideri e alle sue necessità.

Nell'esistenzialismo di Heidegger viene usato il termine "ente". Che cosa intende Heidegger col termine "ente"?

"Ma noi diamo il nome di "ente" a molte cose e in senso diverso. Ente è tutto ciò di cui parliamo, ciò a cui pensiamo, ciàò nei cui riguardi ci comportiamo in un modo o nell'altro; Ente è anche ciò che noi siamo e come noi siamo."

Heidegger, "Essere e tempo", Editore Longanesi, 2001, pag. 18.

La distinzione che fa Heidegger fra ente, che definisce la cosa, e l'esserci che definisce l'essere nell'ente, altro non è che la distinzione fra corpo e anima di Platone. Dove l'anima diventa l'essere che, abitando nell'ente, manifesta come esserci, il suo controllare l'ente nel suo vivere nel mondo. L'ente non ha volontà, desideri o scelte perché agisce "curato" dall'essere che lo induce ad esserci.

Scrive Heidegger in Essere e Tempo:

L'Esserci non è soltanto un ente che si presenta fra altri enti. Onticamente, esso è caratterizzato piuttosto dal fatto che, per questo ente, nel suo essere, ne va di questo essere stesso. La costituzione d'essere dell'Esserci implica allora che l'Esserci, nel suo essere, abbia una relazione d'essere col proprio essere. Il che, di nuovo, significa: l'Esserci, in qualche modo e più o meno esplicitamente, si comprende nel suo essere. E proprio di questo ente che, col suo essere e mediante il suo essere, questo essere è aperto ad esso. La comprensione dell'essere è essa stessa una determinazione d'essere dell'Esserci? La peculiarità ontica dell'Esserci sta nel suo esser-ontologico.

Heidegger, "Essere e tempo", Editore Longanesi, 2001, pag. 24.

Secondo Heidegger ci sono enti che sono esserci, in quanto attraverso essi opera l'essere, Dio, ed enti che non sono esserci perché in essi l'essere non opera e, pertanto, rimangono enti, ma non sono esserci.

L'esserci, nell'essere dentro l'ente, costringe l'ente a mantenere un rapporto con l'essere. Di fatto, Heidegger giustifica la manipolazione mentale dell'infanzia operata da un ambiente che impone all'infanzia di pensare all'essere come fondamento del suo esistere.

E' il gioco dell'anima dei neoplatonici dove le anime si distaccano dall'Uno, ma mantengono la relazione con l'Uno perché esse stesse sono l'Uno dentro all'uomo.

Heidegger ha solo redefinito, con un diverso linguaggio, ciò che è stata la filosofia degli idealisti e degli spiritualisti.

In questo modo, il fallimento degli idealisti e degli spiritualisti viene rinnovato e presentato con un nuovo e diverso linguaggio.

In "Essere e tempo", Heidegger evita di usare un linguaggio già conosciuto come spirito, soggetto, anima, uomo e Dio. Evita la forma esteriore mediante un linguaggio ricercato, ma i meccanismi ideologici e gli effetti sociali dei modelli filosofici che propone non sono differenti da quelli messi in atto dagli spiritualisti e dagli idealisti.

Il fatto che Heidegger non affermi che "Dio ha creato il mondo" non toglie che tutta la logica di Heidegger parte dal presupposto che Dio ha creato il mondo. Se ciò non fosse, sarebbe tornato da Hegel dove l'essere diviene trasformandosi. Una trasformazione continua in cui ogni essere, proprio per trasformazione, annulla continuamente sé stesso per costruire nuovamente sé stesso in ogni istante della propria esistenza.

La necessità di fondare "l'ontologia" è la necessità di legittimare il delirio di ciò che viene desiderato ma che non può avere nessun riscontro con dati di realtà. In questa condizione, il filosofo ontologico eleva sé stesso a portavoce di Dio al di là del linguaggio che usa per affermare la sua verità ontologica sulla realtà di Dio.

Scrive Emanuela Severino:

Ma il rapporto all'ente è condizionato e possibilitato da una preliminare comprensione della struttura dell'essere dell'ente. La possibilizzazione della conoscenza ontica (conoscenza dell'ente e degli enti nella loro individuabilità) è data cioè dalla conoscenza ontologica (conoscenza dell'essere dell'ente). La fondazione della metafisica si specifica allora ulteriormente, attraverso il rimando al problema della possibilità della conoscenza ontica, come problema del fondamento possibilitante di quest'ultima (la conoscenza ontologica in generale, o comprensione dell'essere) e quindi come problema dell'interna possibilità dello stesso fondamento possibilitante: "Fondazione della metafisica in generale significa chiarimento dell'intera possibilità dell'ontologia" Questa proposizione racchiude, secondo Heidegger l'autentico senso della rivoluzione copernicana.

Emanuele Severino, "Heidegger e la metfisica", Editore Adelphi, 1994, pag. 45 - 46.

In sostanza, l'uomo, l'ente (che vale per indicare tutti i soggetti della natura), deve capire Dio, l'essere, e l'azione che Dio fa nell'uomo e attraverso l'uomo trasformando l'ente in esserci. L'uomo diventa veicolo dell'azione di Dio nel mondo. E' inconcepibile, per l'esistenzialismo, affermare che l'idea del Dio creatore è un'idea criminale. Eppure, sottomettere l'ente ad un ipotetico essere è un'idea propria delle ideologie schiaviste.

Scrive Galimberti in "Heidegger e il nuovo inizio":

Una volta che l'umano è riscattato dall'animalità ed è inteso come luogo della manifestazione dell'essere, il primo dovere che attende chi si incammina lungo il sentiero che conduce alla comprensione del problema dell'essere è quello di "non raccontar favole (mythón tina diegeìsthai)". Questa citazione dal Sofista (242 c) di Platone che compare nelle prime pagine di Essere e tempo significa "non pretendere di determinare l'ente attraverso un riferimento derivato da un altro ente, quasi che l'essere avesse il carattere di un possibile ente" (SZ, § 2).
Questa chiarificazione mette sotto accusa la metafisica occidentale che, come abbiamo visto, in tutte le forme assunte ha sempre preteso di spiegare un ente (sensibile, creato, mondano) sul fondamento di un altro Ente (sovrasensibile, increato, divino). Secondo Heidegger questo tentativo è destinato al naufragio. Per rendersene conto è necessario cogliere quella differenza ontologica tra ente ed essere che sta alla base di tutta la sua speculazione. "Ente (Seiende)" è il termine che indica ogni determinazione della realtà e corrisponde al greco "tò ón". "Essere (Sein)" è ciò che entifica l'ente, ciò che lo fa essere ente e non ni-ente e corrisponde al greco eìnai. Verità ontica è la verità che riguarda l'ente, verità ontologica è la verità che riguarda l'essere.

Umberto Galimberti, "Heidegger e il nuovo inizio", Editore Feltrinelli, 2020, pag. 143.

Si tratta della negazione della metafisica in funzione del desiderio riconducibile a forme patologiche di malattia psichiatrica.

L'Essere, Dio, secondo Galimberti, non è un ente, ma altro dall'ente; l'Essere che svrasta e domina l'ente al quale non resta che sottomettersi all'Essere, al suo dominatore, che trasforma l'ente, l'uomo, in uno schiavo dell'essere, di Dio. Per estensione, di ogni squallido essere umano che, identificandosi con Dio e pretendendo di parlare a nome suo, pretende di dominare l'uomo e di imporre comportamenti contrari ai desideri dell'uomo, per il suo tornaconto personale.

La metafisica mette sullo stesso piano gli oggetti e separa la fisica, per gli oggetti che ricadono sotto i sensi, e la metafisica per quanto riguarda le prospettive della trasformazione degli Esseri Umani, degli enti, che vivono nell'oggettività. Inoltre, la metafisica separa gli oggetti, che rientrano sotto i sensi, dalla produzione psicologica in cui l'uomo riversa le sue emozioni e costruisce, attraverso le emozioni, i legami con i soggetti del mondo al di là di come il suo pensiero razionale elabora la forma di tali legami e di tali presenze percepite.

Scrive Emanuela Severino:

Ma perché la fondazione della metafisica, cioè la condizione della possibilità dell'ontologia si pone come critica della ragion pura? La conoscenza ontologica come condizionante la conoscenza ontica è necessariamente indipendente dall'esperienza, e quindi è a priori. La facoltà di riferirsi a priori agli oggetti è chiamata da Kant " ragion pura ". Fondazione della possibilità della ontologia non è altro, allora, che critica della pura ragione.

Emanuele Severino, "Heidegger e la metfisica", Editore Adelphi, 1994, pag. 46.

La guerra che l'ontologia sta facendo alla metafisica consiste nella legittimazione del delirio psichiatrico da anteporre alla conoscenza emotiva dell'individuo e alla sua conoscenza fisiologica, che non rientrano nei parametri della ragione, per trasformarla in una condizione ontica (conoscenza empirica) con cui legittimare una realtà immaginaria definita ontologia.

Di fatto, la filosofia si distacca dall'uomo, lo ignora in quanto soggetto in trasformazione in nome di un ente, creato da Dio e che Dio, l'essere, lo trasforma, preferendolo ad altri enti, in esserci attraverso la sua volontà condannando il processo di negazione dell'essere che, di negazione in negazione del suo esistere nella realtà nel presente costruisce sé stesso in un percorso esperienziale. La costruzione della coscienza dell'uomo mediante le relazioni dell'uomo con il mondo, viene di fatto negata all'uomo stesso. Viene attribuita a Dio come attività di essere nell'ente uomo.

Hedegger e Severino non fanno altro che riprendere l'imbecillità di Platone nella sua teoria della reminiscenza secondo cui l'uomo non impara, ma ricorda esperienze di vite passate. In questo caso, l'uomo vive attraverso l'essere che lo ha trasformato in esserci.

Platone si chiedeva: "come doveva essere organizzata la Repubblica"? Platone si chiedeva: "come doveva essere l'uomo e la donna nella Repubblica e come i "guardiani" dovevano sorvegliarli"? Platone si chiedeva: qual era il ruolo del Dio creatore, del Demiurgo, rispetto all'uomo?

Gli esistenzialisti riprendono questo schema di Platone, che sta alla base del nazismo, lo attualizzano e dalla pratica del nazismo rievono le risposte.

Scrive Emanuele Severino:

Le tre domande della "metaphysica specialis" si determinano come un interrogare sulle tre preminenti regioni dell'ente: Mondo, Uomo, Dio. Per la soluzione di una tale problematica è necessaria un'elaborazione della scienza dell'ente come tale (ens qua ens). Questa scienza è la metaphysica generalis o ontologia.

Emanuele Severino, "Heidegger e la metfisica", Editore Adelphi, 1994, pag. 45.

In sostanza: scienza del delirio. O scienza del drogato che, dopo essere stato manipolato nell'infanzia dal cristianesimo, delira di onnipotenza.

Un'ultima riflessione sull'esistenzialismo heideggeriano.

Heidegger introduce nell'esistenzialismo il concetto di "cura", riprendendo la parabola dei vangeli sul "Buon samaritano", storpiando la pulsione di espansione della coscienza dell'ente nel suo esistere. La coscienza, aggredita dai banditi, riceve soccorso e viene curata da una diversa coscienza che riceverà la gratitudine per il suo intervento. Ciò che a quella coscienza non hanno rubato i banditi, verrà dato come dono alla coscienza soccorritrice. La Cura altro non è che l'azione dell'essere nell'ente, l'uomo, che priva l'uomo delle proprie pulsioni per soddisfare i propri desideri in funzione della morale e dei comportamenti che l'essere, attraverso il suo esserci, impone all'ente, all'uomo. Necessità è la forza che trasforma la materia "inconsapevole" in materia consapevole che manifesta coscienza di sé. Nel momento stesso che quella frazione di materia diventa consapevole, emerge la volontà d'esistenza che si trasforma in necessità di espansione come perpetuazione di sé stessa.

Scrive Heidegger sulla cura:

L'essere-nel-mondo il cui mondo è originariamente progettato come mondo di desideri si è irrimediabilmente abbandonato a ciò che è disponibile, in modo tale, però, che il solo disponibile, in confronto al desiderato, non basta mai. li desiderare è una modificazione esistenziale della progettazione di sé comprendente, la quale, deietta nell'esser-gettato, è solo un vagheggiamento di possibilità. Un tale vagheggiamento chiude le possibilità. Ciò che "c'è" nel vagheggiare del desiderio diviene "mondo reale". li desiderio presuppone ontologicamente la Cura.

deietto = umiliato, disprezzato

Heidegger, "Essere e tempo", Editore Longanesi, 2001, pag. 238.

Heidegger nel mondo il cui mondo è progettato come mondo di desideri si è irrimediabilmente abbandonato a ciò che è disponibile in modo tale che il solo disponibile, in confronto a quanto Heidegger desidera è una modificazione esistenziale della modificazione di sé comprendente umiliazione e disprezzo nell'essere gettato, è solo un vagheggiamento di possibilità. Un tale vagheggiamento chiude le possibilità. Ciò che c'è nel vagheggiare del desiderio diventa "mondo reale". Il desiderio presuppone ontologicamente la cura.

Parafrasando quanto Heidegger afferma, permette di comprendere il discorso ontologico di Heidegger che vuole far passare come un discorso metafisico mentre è solo un discorso attinente al desiderio che diventa delirio da curare in psichiatria.

Dice Heidegger che: "desiderare è una modificazione esistenziale della progettazione di sé comprendente, la quale, deietta nell' esser-gettato, è solo un vagheggiamento di possibilità. Un tale vagheggiamento chiude le possibilità."

Proviamo a riflettere un attimo. Il desiderio è quanto manifesta una coscienza non appena viene in essere: desidera vivere ed esistere. Ogni atro desiderio che hanno gli uomini deriva dal desiderio di vivere e di esistere veicolato dagli uomini nell'oggettività nella quale gli uomini vivono. L'uomo desidera accoppiarsi. E' una veicolazione specifica del desiderio d'esistenza, del desiderio di vivere.

Heidegger afferma che "desiderare è una modificazione esistenziale della progettazione di sé". Questa affermazione si interpreta in questo modo: "Dal momento che Dio ti ha progettato, quando tu desideri modifichi la progettazione di te fatta da Dio". Per questo, secondo Heidegger interviene la cura come limitazione o eliminazione dei desideri nell'uomo attraverso l'esserci.

Scrive Heidegger:

L'impulso "alla vita" è invece un "in-per" che porta già in se stesso la spinta. Esso è "in-per ad ogni costo". L'impulso cerca di togliere di mezzo altre possibilità. Anche qui l'essere-avanti-a-sé è inautentico, benché la spinta impulsiva provenga da colui stesso che impelle. L'impulso può invadere la rispettiva situazione emotiva e la comprensione. Ma anche in questo caso l'Esserci non è mai un "semplice impulso" a cui si sovrapporrebbero saltuariamente altri atteggiamenti volti a dominarlo e a guidarlo; in quanto modificazione dell'intero essere-nel-mondo, l'Esserci è già sempre Cura.
Nell'impulso puro la Cura non si è ancora resa libera, benché sia essa a rendere ontologicamente possibile il sottostare dell'Esserci a impulsi provenienti da esso stesso. Nell'inclinazione, invece, la Cura è già sempre fissata. Inclinazione e impulso sono possibilità radicate nell'esser-gettato dell'Esserci. L'impulso "alla vita" non deve essere distrutto, l'inclinazione a lasciarsi "vivere" nel mondo non dev'essere estirpata. Ma l'uno e l'altra, in quanto e solo in quanto si fondano ontologicamente nella Cura, debbono esser modificati, in sede ontico-esistentiva, dalla Cura autentica.

Heidegger, "Essere e tempo", Editore Longanesi, 2001, pag. 238-239.

Il desiderio d'esistenza spinge ogni soggetto della natura a scegliere per sopravvivere. La scelta apre una via e ne chiude altre che sarebbero aperte da scelte diverse. E' sempre il desiderio soggettivo, che si riempie di emozione, l'impulso che spinge il soggetto a vivere. Questo impulso appartiene al soggetto, all'ente, e non ha nulla a che vedere con quella dimensione immaginaria che Hedegger indica come "l'essere".

L'impulso che impelle non invade "la rispettiva situazione emotiva"; è emozione che insorge nell'individuo in quanto individuo vivente.

Heidegger si preoccupa che l'individuo, l'ente, venga privato della capacità d'azione, della sua volontà, della sua capacità di scegliere nella propria oggettività, così lo trasforma in "esserci". Il soggetto, abitato da Dio, l'essere, che funge da cura contro la volontà d'esistenza del soggetto; contro i suoi desideri.

La Cura, in questo contesto, appare come l'azione dell'essere, di Dio, nel soggetto finalizzata a distruggere la volontà d'esistenza dell'individuo che si manifesta per azione e per scelte operate dal soggetto nell'oggettività.

La volontà di vivere, dice Heidegger, non deve essere estirpata. Ma chi la estirpa? La estirpa l'essere che deve sottomettere la volontà a Dio, "in quanto si fondono ontologicamente nella Cura e devono essere modificati in funzione della Cura".

Scrive Heidegger:

E' allora cosi stabilito che l'esserci umano voglia ad ogni costo imparare a conoscere la verità? O non si trova nell'esserci umano il fatto di andare fuori dal percorso della verità e illudersi di un fantasma in luogo di essa? La questione non è risolta e dev'essere condotta a decisione, o, se indecidibile, allora anche esser tenuta così aperta. Soltanto nell'esplorazione dell' essere dell' esserci umano può venir stabilito qualcosa riguardo a ciò. E se si dovesse mettere in luce che noi al giorno d'oggi, proprio sulla base della filosofia tradizionale, non siamo ancora in condizione di tematizzare ontologicamente l'esserci umano? Sussiste in genere la possibilità di inoltrarsi fino all'esserci?

Heidegger, "Introduzione all'indagine fenomenologica", Editore Bompiani, 2001, pag. 217/219.

Soltanto nell'esplorazione di Dio, l'essere, nell'esserci, Dio che agisce nell'ente, uomo, l'uomo può conoscere la verità. Ci si riempie la bocca con la verità, frutto di immaginazione, mentre si farnetica sulla presenza di un essere che, non esistendo, non è oggetto di dimostrazione, ma solo di farneticazione. La verità porta ai campi di sterminio perché solo con lo sterminio si può imporre una verità.

Se non è chiaro, qui si parla di campi di concentramento che rappresentano la cura contro la volontà d'esistenza delle persone. Si deve annientare la specificità delle persone affinché si sottomettano all'essere, strumenti nelle mani di Dio.

Perché il "buon Samaritano" soccorre la persona percossa dai briganti? Per solidarietà? No! La soccorre per averne la gratitudine e nel soccorrerla, per averne la gratitudine, lascia inalterata la situazione nella quale i briganti aggrediscono altre persone. Non si affronta il problema che ha portato all'aggressione della persona, si cura la persona "sperando" che altre persone vengano aggredite da quegli stessi briganti.

Questa idea del "buon Samaritano" è la base dell'idea della Cura che, trasferita nell'intervento di Dio nell'uomo, in quell'esserci, che unisce l'azione dell'essere all'interno dell'ente, costringerebbe il soggetto, che deve subire la Cura dell'esere a cessare di essere un individuo desiderante per seguire le disposizioni dell'essere. Il brigante è l'essere che ruba all'uomo il fondamento della vita: il desiderio.

E' chiaro l'intento di queste idee espresso da Heidegger nei "Quaderni neri", il suo diario personale:

Un comune modo di parlare: il nazionalsocialismo non si è formato in primo luogo come "teoria", bensì è incominciato con l'azione. Bene. Ma allora da ciò segue forse che la "teoria" è un che di superfluo? Ne consegue addirittura che "altrimenti", "d'altra parte", ci si adorna di cattive teorie e "filosofie"? Non ci si rende conto che qui "teorie" è inteso in modo ambiguo - a seconda dell' occorrenza - e che dunque, proprio nell'interpretare le proprie azioni, "teoreticamente" si prende un granchio; perché: se i molti "discorsi" in campo non fossero "teorie" - che cos'altro si farebbe se non questo? Rieducare ad altre visioni gli uomini e i compatrioti (Volksgenossen), per esempio quella del lavoratore e dei lavoratori, deiI'economia, della società, dello stato - della comunità nazionale - dell'onore - della storia. "Teoria" come mero pensiero distaccato, che viene solo pensato, e teoria in quanto precorritrice richiesta di conoscenze non devono essere accomunate; a seconda dei casi anche il senso della prassi è un altro; mobilitazione non è mera prassi e il mero scatenarsi e partire all' attacco non è mera mobilitazione. Il concetto distorto di "teoria" può avere le più insidiose conseguenze pratiche; perché allora

Heidegger, Quaderni neri 1931/1938, Editore Bompiani, 2015, pag. 175 - 176

E ancora:

Non vogliamo puntellare teoreticamente il nazionalismo, costruendo al di sotto di esso un sostegno "teoretico", magari per renderlo così, presumibilmente, solido e sostenibile. Vogliamo però costruire, dinanzi al movimento e alla sua forza direttiva, possibilità di configurare il mondo e di dispiegarsi, sebbene sappiamo che simili progetti in quanto tali, vale a dire falsificati sotto forma di "idee", non possiedono alcuna forza di impatto; sono invece efficaci eccome se sono gettati nella forza del movimento se scaturiscono dal suo campo e in esso si conservano come atteggiamento interrogativo e linguaggio.

Heidegger, Quaderni neri 1931/1938, Editore Bompiani, 2015, pag. 177.

La cura dell'essere nell'esserci ha prodotto i campi di sterminio come cura.

Non si gioca con le idee filosofiche, il pensiero è una cosa seria e il pensiero che genera la distruzione della società umana è sempre e comunque un pensiero criminale al di là di come lo si vuole presentare.

Queste poche riflessioni su Heidegger servono per riflettere sull'esistenzialismo e sulla portata criminale dell'uso di Dio per legittimare il dominio dell'uomo sull'uomo. Chimatelo come volete, ma vi riferite sempre al Macellaio di Sodoma e Gomorra e ogni volta che pronunciate termini come Dio, Creatore, Demiurgo, Artefice, Essere, Essere assolutamente necessario, Tutto, vi riferite sempre al Macellaio di Sodoma e Gomorra e ne state legittimando il diritto al genocidio e a tutta la violenza per la sopraffazione che viene messa in atto contro l'uomo.

 

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