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Dicembre 2025: la filosofia metafisica della Religione Pagana.
Cronache mese di dicembre 2025
30 dicembre 2025
Il discorso sulla verità, fatto da Aristotele nella metafisica, appare ambiguo perché Aristotele non distingue sé stesso, che pensa, dall'oggetto pensato. Non si rende conto che l'oggetto pensa a sua volta che, a sua volta, può essere in grado di pensare sé stesso diversamente da come Aristotele lo pensa.
Dice Aristotele nella metafisica:
E esatto, altresì, chiamare la filosofia scienza della verità. Infatti lo scopo ultimo dell'attività teoretica è la verità, come l'azione è lo scopo dell'attività pratica, giacché gli uomini d'azione, anche quando osservano il modo in cui stanno le cose, non si mettono a contemplare la causa in se stessa, ma ne scorgono solo la relazione con uno scopo e con una circostanza determinata. Ma noi non conosciamo la verità senza conoscere la causa; e la cosa che, fra tutte le altre, possiede in modo eminente la proprietà di essere causa è proprio quella mediante la quale la determinazione comune diviene proprietà anche delle altre cose (così, ad esempio, il fuoco è caldo in modo eminente, giacché esso è la causa del calore per le altre cose); epperò è
Da: Aristotele, Metafisica, editore Hachette, 2016, pag. 54
Affermare che esiste una "scienza della verità" è come dire che l'uomo comprende la realtà in cui vive, anziché essere compreso dalla realtà in cui vive.
Non esiste una scienza della verità perché non esiste una verità. Esiste piuttosto una continua ricerca del vero dove ogni vero, cercato e scoperto, nega l'idea del vero dal quale il ricercatore ha iniziato la ricerca.
Esiste un'attività di ricerca dell'essere della realtà in cui viviamo. Questa attività non può determinare il vero se non in una pretesa di onniscienza e di onnicomprensione che può essere ricondotta nella categoria del delirio psichiatrico.
Si può affermare il vero della propria comprensione di un oggetto, di una situazione, ma non si può affermare la verità di un oggetto o di una situazione perché, sempre e comunque, ognuno di noi è spettatore dell'oggetto o della situazione e non vive l'interiorità dell'oggetto o della situazione.
Lo scopo ultimo dell'attività del filosofo è la ricerca della verità. La verità cercata e trovata dal filosofo, attraverso un percorso di disvelamento continuo, è la verità che lui elabora dell'oggetto o della situazione. Continua ad avere un carattere soggettivo e contingente anche quando tale scoperta, ritenuta una verità, diventa patrimonio culturale collettivo.
Guardando gli oggetti dal di fuori, come Dio che contempla l'uomo o come lo sperimentatore che contempla i comportamenti della cavia, si ha la propria visione degli oggetti. Si immagina uno scopo degli oggetti o delle situazioni, ma non essendo l'oggetto o non abitando la situazione, lo spettatore proietta sé stesso, lo scopo che immagina, sull'oggetto o sulla situazione.
Il rapporto verità e causa in Aristotele è un rapporto ambiguo. La verità è l'oggetto al di là che questa sia la verità dell'oggetto in sé o la verità dell'oggetto immaginata dal filosofo; la causa dell'oggetto è indipendente dalla verità dell'oggetto in sé ed è un'esigenza estranea all'oggetto perché appartiene allo spettatore. Lo spettatore si chiede: cosa ha causato l'oggetto che appare alla mia coscienza?
L'esigenza non è parte della verità dell'oggetto, ma risponde a necessità dell'osservatore.
L'oggetto, nella misura in cui pensa sé stesso, può tranquillamente affermare "io sono causa di me stesso". Il me stesso, nella misura in cui considero la coscienza, che è il me stesso, è un oggetto incausato. Potremmo chiederci: quali sono le condizioni che hanno permesso all'oggetto di manifestare una coscienza? Ma le condizioni non sono cause. Sono esse stesse oggetti che abitano il mondo.
Da qui l'idea della condizione, che determina l'oggetto, in contrapposizione all'idea della causa, che determina l'oggetto.
Aristotele porta un esempio dicendo:
"Ma noi non conosciamo la verità senza conoscere la causa; e la cosa che, fra tutte le altre, possiede in modo eminente la proprietà di essere causa è proprio quella mediante la quale la determinazione comune diviene proprietà anche delle altre cose (così, ad esempio, il fuoco è caldo in modo eminente, giacché esso è la causa del calore per le altre cose); epperò è
L'esempio che fa è quello del fuoco che, secondo lui, è la causa del calore. Anche se il calore è la causa del fuoco. Il fuoco si accende perché è stato elevato il calore della legna che sta bruciando.
Si è passati dall'enunciare il concetto della verità in filosofia, alla necessità di una dimostrazione fisica per confermare un enunciato astratto. Questo perché il concetto di verità esposto da Aristotele non è supportato da nessun argomento logico.
Infatti, partendo dal fuoco quale causa del calore Aristotele afferma "i princìpi degli enti eterni" che sarebbero sempre sommamente veri dal momento che "giacché essi non sono veri soltanto qualche volta, né la loro esistenza è causata da alcunché, ma sono essi che causano l'esistenza a tutte le altre cose".
Sono affermazioni gratuite e prive di supporto logico.
Innanzi tutto non dimostra gli "enti eterni" e i loro principi. Da qui la conclusione che nella testa di Aristotele si agitano "enti eterni" da cui egli fa derivare gli esseri e la verità degli esseri (cause di). In secondo luogo, Aristotele immagina questi "enti eterni" come "soggetti incausati ma artefici dell'esistenza di tutte le altre cose.
In queste condizioni, la filosofia di Aristotele cessa di essere la ricerca di una qualche verità degli oggetti o delle situazioni e si trasforma in un delirio in cui immagina esseri eterni quali causa del mondo e di sé stesso negando, di fatto, la ricerca dell'essere del mondo e degli oggetti che contiene perché, quanto egli percepisce dovrebbe essere la verità del percepito in quanto egli stesso è un prodotto causato dagli "enti eterni" allo stesso modo di quanto percepisce. Quanto percepisce diventa vero e non mette in atto nessuna ricerca del vero sull'oggetto perché la verità dell'oggetto è quanto appare ai suoi occhi.
In questo modo si genera il concetto di verità che uccide ogni ricerca del vero perché, affermando che ciò che si percepisce o ciò che è presentato è la verità, questa nega l'esistenza di uno sconosciuto di sé stessa che deve essere indagato.
La verità è l'oggetto che blocca i cervelli e la modificazione dei soggetti nel mondo.
La verità è ciò che noi affermiamo soggettivamente di quanto abbiamo compreso, non è l'oggettività che tentiamo di comprendere.
Non per nulla Estia è immobile nella casa. La mia verità è ciò che io sono riuscito a comprendere, ma sono consapevole che c'é un immenso da comprendere che devo esplorare e che ancora non ho compreso.
Estia, la verità è immobile e dice all'uomo: "tu da qua non torni indietro! La tua comprensione del reale può sono andare avanti, ma non puoi tornare nella condizione di “ignorare” che avevi prima!". Infatti, la sorella di Estia, Demetra, è alla perenne ricerca del vero. Rimuove uno ad uno i veli della sua non-conoscenza e percorre un sentiero "di verità in verità".
Ogni oggetto, portatore di coscienza, può dire di essere "causa di sé stesso" grazie a condizioni che gli hanno permesso di venir in essere e della sua volontà che gli ha permesso di persistere nel presente e di modificarsi.
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Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo
Membro fondatore
della Federazione Pagana
Piaz.le Parmesan, 8
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Tel. 3277862784
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