Baal e i filosofi esistenzialisti contro rinascimentali
fase n. 10, azione 50

Capitolo 51 della seconda fase

La partita di calcio mondiale fra i filosofi

di Claudio Simeoni

Continua dal precedente...

Sei capace di giocare a calcio?

La terra aveva inghiottito Peckols.

Gli arbitri non ebbero tempo di considerare l'accaduto perché dalla terra stessa si elevarono canti, inni e storie che l'uomo aveva dimenticato da lungo tempo.

... poiché è morto il Potente Baal,
poiché è perito il Principe, Signore della terra!

Ma se fosse vivo il Potente Baal,
se fosse in vita il Principe, Signore della terra,
in un sogno del Benigno El, il Misericordioso,
in una visione del Creatore delle creature,
i cieli olio pioverebbero,
i torrenti scorrerebbero con miele:
allora saprei che è vivo il Potente Baal,
che è in vita il Principe, Signore della terra.

In un sogno del Benigno El, il Misericordioso,
in una visione del Creatore delle creature,
i cieli piovevano olio,
i torrenti scorrevano con miele!

Si rallegrò il Benigno EI, il Misericordioso.
I suoi piedi sullo sgabello poggiò,
distese la fronte corrucciata e sorrise,
alzò la sua voce ed esclamò:
- Ora potrò sedermi e riposare,
e riposerà nel petto l'anima mia!
Infatti è vivo il Potente Baal,
è in vita il Principe, Signore della terra!

Ad alta voce apostrofò la Vergine Anat:
- Ascolta, o Vergine Anat!
Di' all'Illuminatrice divina, Shapash:
- Scruta i solchi dei campi, o Shapash,
scruta i solchi dei campi di El:
renderà fertili Baal i solchi seminati?
Dov'è il Potente Baal?
Dov'è il Principe, Signore della terra? -

Andò la Vergine Anat,
subito si diresse
verso l'Illuminatrice divina, Shapash.
Alzò la sua voce e disse:
- Messaggio del Toro EI, tuo padre,
parola del Benigno, tuo progenitore!
Scruta i solchi dei campi, o Shapash,
scruta i solchi dei campi di EI:
renderà fertili Baal i solchi seminati?
Dov'è il Potente Baal?
Dov'è il Principe, Signore della terra?

(tratto da: Paolo Xella, Gli antenati di Dio, Editore Essedue, 1982, p. 141 - 142)

"Io sono qui! Qui dove sempre sono stato. Io sono il cuore stesso degli uomini. Le loro emozioni, il loro sentimento, io sono Baal colui che alimenta i legami fra i viventi. Io sono gli stessi legami fra tutti i viventi e anche se il nome di Baal può essere cancellato dalla memoria degli uomini, i legami che fra ogni singolo uomo, con i suoi simili e con tutte le specie dell'universo, sono vivi perché sono espressione di Baal con qualunque nome lo volete chiamare."

"Io muoio e risorgo continuamente nella memoria degli uomini. Risorgendo porto nuova vita là dove qualcuno vorrebbe portare la distruzione e la morte."

Così iniziò a parlare Baal fra un tuono ed un fulmine che avevano iniziato a dardeggiare modificando la luce degli Dèi che aveva reso luminoso il campo di calcio.

"C'è un luogo pieno di nulla che inghiotte ogni oggetto trasformandolo in un ricordo privato di determinazioni e di trasformazioni. Una volta inghiottito nel nulla, quell'oggetto diventa un fantasma che si aggira fra i ricordi dimenticati. E questo luogo vi sta aspettando." Dice Baal rivolgendosi agli arbitri "Avreste potuto evitare quel luogo se voi foste stati partecipi al gioco della vita che su questo campo di calcio si è giocata. Ma vi siete limitati ad osservare gli uomini che combattevano una battaglia in vostro favore. Gli uomini combattevano, voi avete osservato senza partecipare. La vostra sconfitta è questa: avete guardato, anziché partecipare e mentre guardavate non avete capito perché non avete impegnato il vostro intento nel gioco."

Mentre Baal stava dicendo questo, fuori dal suo campo visivo, Fanes si stava contorcendo le budella dalle risate. Yahweh e Allahu Akbar guardavano perplessi Baal mentre Beppi di (o da) Lusiana sembrava perplesso non sapendo come reagire a quel discorso.

"La prova ontologica dell'esistenza di Dio mediante il concetto di un essere originario o è quella che da predicati ontologici, che soli fanno pensare questo essere come completamente determinato, conclude all'esistenza assolutamente necessaria, o è quella che conclude ai predicati dell'essere originario dall'assoluta necessità dell'esistenza di qualche cosa, qualunque essa sia: perché, difatti, al concetto di un essere originario appartiene (affinché non sia derivato) la necessità incondizionata della sua esistenza, e (affinché questa ce la possiamo rappresentare) la determinazione completa dell'essere stesso per mezzo del suo concetto. Entrambe le condizioni si credette di trovarle nel concetto dell'idea ontologica di un essere reale in grado supremo: e così sorsero due prove metafisiche. La prova fondata su di un concetto della natura puramente metafisico (la prova ontologica propriamente detta) conclude dal concetto dell'essere reale in grado supremo alla sua esistenza assolutamente necessaria; perché (si dice) se esso non esistesse, gli mancherebbe una realtà, cioè l'esistenza. - L'altra (che è detta pure prova metafisico-cosmologica) conclude dalla necessità dell'esistenza di qualche cosa (il che si deve ammettere, poiché nella coscienza di noi stessi ci è data una esistenza) alla determinazione completa di quell'essere, in quanto reale in grado supremo: perché tutto ciò che esiste dev'essere completamente determinato, ma ciò che è assolutamente necessario (vale a dire ciò che dobbiamo riconoscere come tale, e quindi a priori) deve essere determinato completamente mediante il proprio concetto: il che si può trovare soltanto nel concetto di una cosa reale in grado supremo. Qui non è necessario scoprire il carattere sofistico delle due conclusioni, cosa che abbiamo fatto altrove; ma è necessario soltanto notare che, se tali prove si possono difendere con ogni sorta di sottigliezze dialettiche, esse non potrebbero mai passare dalla scuola al pubblico, e avere il minimo influsso sul semplice senso comune."

Immanuel Kant, Critica del giudizio, CDE (licenza Laterza), 1990, p. 360

"E cominciamo con questo" inizia il suo discorso Baal "Se fosse possibile che un concetto, spacciato come definizione di una condizione reale, potesse essere circoscritto nell'immaginario di scuole sofistiche senza intervenire nella vita e nella realtà degli uomini, gli uomini non avrebbero mai adottato né Yahweh né Allahu Akbar in quanto prodotti della loro immaginazione e privi di un corpo e di una realtà in essere. Le prove della reale esistenza di Yahweh e Allahu Akbar, come oggetti e soggetti distinti dall'immaginazione umana, non esiste. Questo perché non esiste una separazione fra l'immaginazione umana nel suo desiderio di onnipotenza e la definizione di Yahweh e Allahu Akbar. L'immaginazione dell'onnipotenza umana è il corpo e la psiche di Yahweh e Allahu Akbar che si nutrono del profumo dell'olocausto di uomini che, alimentandoli con la loro immaginazione, sacrificano sé stessi, la loro vita e i loro figli, per la gloria di Yahweh e Allahu Akbar. Noi" continua Baal "possiamo discutere su ogni descrizione che i deliri umani presentano sui lettini degli psichiatri, ma non possiamo, in nessun caso, dare una patente di realtà a tali deliri nella misura in cui li riconosciamo come deliri. Affermare l'esistenza di un Dio creatore al di fuori della realtà in essere e creatore della realtà in essere, è una soluzione dell'immaginazione umana che delira sentendosi essa stessa quel Dio creatore e padrone della realtà. Quella mente può immaginare il Dio creatore e può anche credere nella sua esistenza identificandosi in esso con tutte le sue emozioni e con tutta la sua psiche, ma rimane un fatto soggettivo, conchiuso in una soggettività che si è ritirata dalla realtà. Una soggettività delirante che viene coltivata proprio negando alla realtà sociale il diritto di esistere al di fuori della sua soggettiva immaginazione. Il delirio può diventare collettivo quando il delirio giustifica interessi collettivi. In quel caso, il delirio viene "razionalizzato", riempito di aggettivi e trasmesso mediante enfasi che richiede adattamento dell'ascoltatore al messaggio trasmesso. In questo modo, l'ascoltatore aderisce all'enfasi, si discosta dalla realtà che vive e trasferisce le sue emozioni sugli oggetti descritti, attraverso il vagheggiamento, sottraendole al coinvolgimento nella realtà vissuta. Tutto diventa apparentemente magico perché privo di un dato reale. Tutto il delirio diventa reale quando il gruppo, che fa dell'enfasi nella credenza il suo punto di forza aggregativa, agisce militarmente in una realtà che ne tollera le differenze senza combatterlo sia nelle espressioni dei deliri ideologici che nelle pretese di dominio fisiche della società stessa. In questo modo il Dio padrone e creatore dell'universo prende sostanza nella violenza del gruppo che, identificandosi in lui, pretende di possedere la società ed imporre quel Dio, quella morale, quelle leggi e quegli obblighi alla società intera. Come direbbe qualcuno, il medium prodotto dal delirio, è il contenuto che si riversa nella società e che costringe la società umana a far proprio quel delirio per poter sopravvivere. Non basta dire che le prove ontologiche dell'esistenza di Dio o dell'Essere Assolutamente Necessario sono sofismi che vendono inganno all'uomo. E' necessario comprendere che quei sofismi sono il nemico che, manipolando la struttura emotiva dell'uomo, rubano la sua vita costringendolo alla fede e alla sottomissione fin dalla primissima infanzia."

"Egli non può rinunciare a nulla di tutto questo, né al dolore più forte, né alle fatiche più gravi; eppure l'espressione di questa lotta, di questa conquista è il pentimento. Col pentimento ritorna in se stesso, ritorna nella famiglia, ritorna nella stirpe, finché trova se stesso in Dio. Sceglie se stesso mentre si rinnega, rinnega se stesso mentre si sceglie. Solo a questa condizione egli può scegliere se stesso; e questa è l'unica condizione che egli vuole, perché solo così può scegliere se stesso in modo assoluto. Cosa è mai l'uomo senza amore? Ma vi sono molte qualità di amore; amo mio padre diversamente da mia madre, mia moglie diversamente ancora, ed ogni diverso amore ha una sua diversa espressione; ma vi è anche un amore col quale amo Dio, e questo ha un'espressione sola nella lingua: il pentimento. Se non l'amo cosi, non lo amo in modo assoluto con tutto il mio essere più profondo. Ogni amore diverso per l'assoluto è un malinteso. Quando io tento di cogliere l'assoluto con la passione del pensiero (anche questo è un amore per l'assoluto, che io lodo), non è più 1'assoluto che io amo, non amo in modo assoluto. Questo amore per Dio è infatti necessario. Ma non appena amo liberamente, e amo Dio, non posso far altro che pentirmi. E se non vi fosse nessun'altra ragione perché l'espressione del mio amore per Dio fosse pentimento, basterebbe il fatto che egli mi ha amato per primo. Ma anche questa è una definizione imperfetta, poiché solo quando scelgo me stesso come colpevole scelgo me stesso in modo assoluto, se la mia scelta deve essere una scelta e non coincidere con una creazione. Anche se fosse il peccato del padre ad andare in eredità al figlio, egli si pente anche di quello, perché soltanto così può scegliere se stesso, scegliersi in modo assoluto; e anche se le lacrime dovessero quasi distruggerlo, egli continua a pentirsi, poiché solo cosi sceglie se stesso. E come se il suo io fosse fuori di lui e dovesse essere conquistato, il pentimento è il suo amore per esso, perché lo sceglie in modo assoluto dalla mano del Dio eterno. Quello che ho esposto fin qui non è sapienza cattedratica: è cosa che ciascuno può capire sol che lo voglia e ognuno può volerlo, se veramente vuole. Non l'ho imparato nelle sale delle conferenze, l'ho imparato nella mia stanza di soggiorno, o se vuoi, nella camera dei bambini, poiché quando vedo il mio figlioletto correre per terra, tanto allegro, tanto contento, penso: chissà se non ho avuto una influenza dannosa su lui. Dio sa che ho ogni cura per lui, ma questo pensiero non mi tranquillizza. Allora dico a me stesso che verrà un momento nella sua vita, in cui anche il suo spirito si maturerà nel momento della scelta; allora sceglierà se stesso e si pentirà anche di quelle colpe che da me possono pesare su di lui. Ed è assai bello che un figlio si penta delle colpe del padre, eppure non lo farà per amor mio, ma solo perché così può scegliere se stesso."

Soren Kierkegaard, Aut-aut, Edizione CDE (concessione Mondadori), 1990, p. 93 - 94

"Il gioco del pentimento" sussurra Baal "il rimorso dell'uomo per essere uscito dalla propria condizione patologica e aver, in qualche modo o per qualche cosa, affrontato il mondo e costruito una qualche forma di relazione con il mondo esterno, è un peso enorme. Essersi preso una responsabilità, senza attendere l'intervento del suo Dio, per l'uomo sottomesso a Dio è una colpa che crea un dolore immenso nella propria psiche. Il pentimento di non essersi fermato nella sua dimensione patologica di amore per sé stesso, in sé stesso, che chiama "amore per Dio" e che ritiene di essere contraccambiato da sé stesso (che chiama Dio) necessita di espiazione. L'immenso amore che il narcisista ha di sé stesso lo porta a pentirsi ogni volta che il suo orecchio sente la voce di Eco che lo chiama. Il solo sentire la voce di Eco lo allontana dall'amore di Dio e così nega il mondo, condanna Eco a ripetere sé stessa in sé stessa per poter riaffermare l'amore di Dio, di sé stesso, per sé stesso. Il narcisista non può fare a meno di amare Dio perché Dio è fatto a sua immagine e somiglianza e conchiude in sé stesso tutto l'amore per sé stesso. E il mondo? Il narcisista ritiene che il mondo debba funzionare solo per sé. Il mondo non può chiedergli nulla come non può chiedere nulla a Dio, ma il mondo può solo amare Dio e pentirsi di non amare abbastanza Dio, cioè sé stesso. L'amore per Dio del narcisista non è sapienza cattedratica, è necessità dello spirito che, una volta separatosi dal mondo, si eleva al di sopra del mondo ritenendo il mondo un ambiente indegno di contenere tanta grandezza "spirituale". Ed è una grandezza che non ha imparato mediante conferenze. L'ha imparata nell'intimità della sua stanza di soggiorno, lontano dal mondo, lontano dagli uomini, dove da solo meditava sulla sua grandezza che si specchiava in Dio. Il narciso ha ogni cura per il narciso, Dio, dal quale riceve la conferma della giustezza delle proprie osservazioni. Cosa volete che ne capisca il gregge, che si affanna a risolvere le condizioni e le contraddizioni della propria vita anziché amare e perdersi in Dio. In Dio, in lui, il narciso, che nel suo delirio psichico si erge a Dio e che dovrebbe essere amato in quanto Dio lo ama. E' la malattia mentale del fallito nell'esistenza che eleva il proprio fallimento esistenziale a modello morale della vita degli uomini. Come Paolo di Tarso elevò a modello la sua impotenza sessuale rendendo gli uomini sessualmente impotenti per la gloria di Dio. Così Kierkegaard eleva il suo delirio ad amore per Dio proponendolo come modello affinché gli uomini vi si adattino."

"Dato che un agnostico non crede in Dio, non può nemmeno credere che Gesù fosse Dio. La maggior parte degli agnostici ammira la vita e gli insegnamenti di Gesù riportati nel Vangelo, ma non più di quanto ammiri quelli di certi altri uomini. Alcuni lo pongono allo stesso livello di Buddha, altri a quello di Socrate, altri ancora a quello di Abraham Lincoln. Non pensano neppure che sia' indiscutibile ciò che Egli ha detto, dato che non accettano alcuna autorità come assoluta. Gli agnostici considerano l'Immacolata Concezione come una dottrina ripresa dalla mitologia pagana, dove fenomeni del genere non erano affatto inusuali. (Si racconta che Zoroastro fosse nato da una vergine; e Ishtar, la dea babilonese, è chiamata la Santa Vergine.) Gli agnostici non possono dare credito né a questa dottrina né a quella della Trinità, poiché ambedue appaiono del tutto infondate se non si crede in Dio."

Bertrand Russell, Dio e la religione, Newton, 1994, p. 67

"Russell riprende gli argomenti ottocenteschi affermando che Dio, il Dio creatore dei cristiani, non esiste e, come conseguenza, non esiste nemmeno la divinità di Gesù e di quant'altro ne consegue." Riprende il discorso Baal "Solo che Russell nega l'ovvio razionale che si presenta sotto i suoi occhi. Può negare l'oggettività del Dio creatore, ma non può negare che il Dio creatore è stato creato dall'uomo per potersi identificare e legittimare il proprio delirio di dominio e di possesso. Si nega una realtà come oggetto, ma non si affronta la soggettività umana che produce l'esistenza del Dio creatore finendo per affrontare un etereo fantasma anziché la realtà oggettiva che quel fantasma determina nella vita degli uomini. Il Dio creatore dei cristiani è reale perché è creato dagli uomini ad immagine e somiglianza della volontà del loro dominio di alcuni uomini su tutti gli altri uomini. Una volontà di dominio che Russell non nega, ma riafferma in quella visione "liberale" che a Dio sostituisce l'uomo che possiede altri uomini al di là, sia Dio o altri, di chi legittima il diritto di possedere e di disporre di altri uomini. Per questo l'agnostico, negando il Dio padrone cristiano, riafferma il dominio del Dio padrone cristiano trovando in Gesù, il padrone di uomini per volontà e discendenza del Dio padrone, il modello del padrone di uomini a cui tutti si devono sottomettere. Russell, negando la realtà oggettiva del Dio dei cristiani, riafferma il diritto dei cristiani di possedere gli uomini anche senza dover far discendere questo diritto di possesso dalla volontà di Dio. Per Russell, Dio diventa un fardello che potrebbe essere usato dalla concorrenza per contendergli il possesso degli uomini. Infatti, per Russell l'uomo non è divenuto nel mondo, non scorge gli Dèi del mondo, non scorge le emozioni che hanno spinto l'uomo ad uscire dal brodo primordiale e non vede le emozioni nei "suoi" schiavi sottomessi e posseduti. Il Dio che non esiste, per l'agnostico, sono le emozioni degli uomini che non esistono e che non devono esistere affinché gli uomini siano macchine, senza sentimento, a disposizione dei loro utilizzatori."

"Un comune modo di parlare: il nazionalsocialismo non si è formato in primo luogo come "teoria", bensì è incominciato con l'azione. Bene. Ma allora da ciò segue forse che la "teoria" è un che di superfluo? Ne consegue addirittura che" altrimenti", "d'altra parte", ci si adorna di cattive teorie e "filosofie"? Non ci si rende conto che qui "teorie" è inteso in modo ambiguo - a seconda dell'occorrenza - e che dunque, proprio nell'interpretare le proprie azioni, "teoreticamente" si prende un granchio; perché: se i molti "discorsi" in campo non fossero "teorie" - che cos'altro si farebbe se non questo? Rieducare ad altre visioni gli uomini e i compatrioti (Volksgenossen), per esempio quella del lavoratore e dei lavoratori, dell'economia, della società, dello stato - della comunità nazionale - dell'onore - della storia. "Teoria" come mero pensiero distaccato, che viene solo pensato, e teoria in quanto precorritrice richiesta di conoscenze non devono essere accomunate; a seconda dei casi anche il senso della prassi è un altro; mobilitazione non è mera prassi e il mero scatenarsi e partire all'attacco non è mera mobilitazione. Il concetto distorto di "teoria" può avere le più insidiose conseguenze pratiche; perché allora prassi diventa nient'altro che attività = "organizzazione" mal compresa. Questa di adesso non è però una condizione finale - e nemmeno semplicemente la sezione di un mero diffondersi di tale condizione tra il popolo al di là del partito - bensì proprio la mobilitazione in questa dimensione che si presume meramente teoretica, perché è là che si radicano gli stati d'animo fondamentali e in base a questi il mondo storico deve essere creato. Quanto più originari e forti sono la forza simbolica del movimento e il suo lavoro, tanto più necessario è il sapere. Ma questo non inteso in senso grammaticale nella sua logica e calcolo bensì come potenza determinante lo stato d'animo fondamentale della superiorità del mondo."

Martin Heidegger, Quaderni neri, Bompiani, 2015, p. 176 - 177

"Il delirio di superiorità dell'uomo, o di gruppi di uomini, nel mondo è espressione di un'ideologia che non necessariamente viene espressa e definita perché, lo stesso agire, è un agire spinto da un bisogno che si può definire solo ideologicamente." Riprende il discorso Baal "L'idea che gli uomini non abbiano bisogno di un'ideologia è sempre stata un'idea imposta da un potere di dominio che voleva far accettare dagli uomini la sua ideologia come un'ideologia naturale. Impulsi come sottomissione, obbedienza, superiorità, ecc., come gli impulsi di libertà, rifiuto, disobbedienza e altro, non sono avulsi da un'ideologia. Sono espressione di un'ideologia che ha un fine e una logica al di là che l'uomo sappia o meno individuarne l'origine, le condizioni e la definizione dei suoi postulati. Non esiste un agire umano che non sia conchiuso in un'ideologia. Se così fosse, l'agire umano sarebbe al di fuori di ogni ragione che lo possa definire e descrivere. Lo stesso agire che viene, in qualche caso, attribuito agli effetti di una qualche patologia psichiatrica viene definito e si tenta di capirlo mediante le "analisi comportamentali" perché, comunque, necessita di una spiegazione che, qualunque essa sia, esprime un contesto ideologico anche se prodotto dalla malattia. Anche la più spontanea delle azioni umane, nel momento stesso in cui è finalizzata e nel momento in cui viene "spiegata", è espressione di una ideologia. Poi, l'ideologia della superiorità che porta alla violenza per sottomettere le persone è ben rintracciabile nell'educazione che gli individui hanno subito e che imponeva loro, fin dalla più tenera età, di sottomettersi e di obbedire dietro minaccia di ritorsioni e percosse. La supremazia di razza del nazionalsocialismo è rintracciabile nella violenza con cui i cristiani sottomettono l'infanzia e nell'abitudine a dividere gli uomini per categorie (bene e male) attribuendo privilegi agli uni e doveri di obbedienza e sottomissione agli altri. L'ideologia non è puro pensiero distaccato dalla realtà e conchiuso nell'immaginario. L'ideologia è la lettura astratta dei dati di realtà, sia quando questi si presentano sotto forma di emozioni, sia quando si presentano sotto forma di azioni spinte dai bisogni. Se in un dato momento della storia umana si presenta un insieme ideale, ideologico, capace di spingere gli uomini all'azione, è solo perché quell'ideale ideologico riassume le necessità e i bisogni di quegli uomini; per contro, le necessità e i bisogni degli uomini spingono all'elaborazione dell'ideologia come lettura astratta delle necessità di quegli uomini. Per Heidegger, il problema col nazismo è molto complesso. Da un lato sa benissimo che l'ideologia del nazismo è cristianesimo che giustifica la supremazia del popolo eletto, la razza ariana, dall'altro lato vuole far apparire il suprematismo nazista come una cosa diversa dal cristianesimo per non dover combattere il cristianesimo in nuove e diverse eresie. Ogni volta che assistiamo ad una lotta fra mafie (nazismo e cristianesimo in questo caso) si vuole far credere che sia una "guerra contro la mafia" per poter arruolare sostenitori e costringere gli spettatori neutrali a schierarsi con una mafia contro l'altra. "Ti schieri col nazismo o col cristianesimo?" Perché? Non sono forse due organizzazioni razziste che si contendono la supremazia e il dominio sugli uomini? Perché mi devo schierare con l'una o con l'altra? Che si ammazzino a vicenda, io cercherò di sopravvivere mentre loro si buttano bombe addosso. Heidegger desiderava un nazismo più definito ideologicamente mentre Hitler preferiva il nazismo dello sterminio per lo sterminio, ma si trattava della stessa ideologia, sia che venisse definita sia che non venisse definita."

"Se, poi, coloro che detengono il supremo potere sono pagani, allora: o non si doveva stipulare con essi alcun patto, ma, piuttosto che trasferire a loro il proprio diritto, bisognava risolversi a sopportare tutto; oppure, una volta stipulato il patto e trasferito a loro il proprio diritto (poiché per ciò stesso ci si è privati del diritto di difendere se stessi e la religione), si è tenuti ad ubbidire a loro e a mantenere la promessa o, almeno, ad esservi costretti, ad eccezione di colui al quale Dio con una rivelazione certa abbia promesso un particolare aiuto contro il tiranno o abbia voluto che fosse espressamente esentato.
Così, vediamo che di tanti Giudei che erano a Babilonia soltanto tre giovani, che non dubitavano dell'aiuto di Dio, non vollero ubbidire a Nabucodonosor; ma tutti gli altri senza dubbio, accetto soltanto Daniele, che lo stesso re prediligeva, lo ubbidirono costretti dalla legge, pensando forse in cuor loro che per decreto di Dio erano soggetti al re e che il re deteneva il supremo potere e lo conservava per disposizione divina.
Eleazaro, invece, poiché in qualche modo sussisteva ancora la patria, volle dare ai suoi un esempio di fermezza, affinché, seguendolo, sopportassero tutto piuttosto che accettare che il loro diritto e la loro potestà fossero trasferiti ai Greci, e affinché facessero ogni tentativo per non giurare fedeltà ai pagani; cosa che è confermata anche dall'esperienza quotidiana.
Le potenze cristiane, infatti, non esitano, per la propria maggior sicurezza, a stringere patti con i Turchi e i pagani e a ordinare ai propri sudditi, che vanno a stabilirsi da loro, di non prendersi, nell'esercizio di qualcosa di umano o divino, maggior libertà di quella che hanno espressamente pattuito o di quella che quel potere concede, come è evidente dal contratto stipulato dagli Olandesi con i Giapponesi, del quale abbiamo parlato in precedenza."

Spinoza, Trattato teologico-politico, Bompiani, 2001, p. 547

Prima che Baal parlasse, risuonarono echi di una storia antica. Erano echi di un'antica battaglia di Dèi. Una battaglia di quando Baal combatté contro il fratello, signore dei mondi oscuri e divoratore di corpi vitali che non avevano forza per nascere in quei mondi. Era il tempo in cui Mot voleva il controllo della vita sulla Terra per poter cibarsene, stanco di dover mangiare solo gli avanzi di uomini falliti che avevano gettato via la loro esistenza. Mot voleva tutto, ma Baal voleva preservare le strade che portano gli uomini a diventare Dèi. Echi lontani, cancellati dal tempo e semidimenticati, ma che d'incanto si erano messi a risuonare.

Esclamò allora il divino Mot:

- Guardate! I miei stessi fratelli mi ha dato Baal da divorare,
i figli di mia madre da consumare!
Ritornò da Baal, sui recessi del Safon,
alzò la sua voce ed esclamò:
- I miei stessi fratelli mi hai dato, Baal, da divorare,
i figli di mia madre da consumare!

Essi si fissarono come due fiere:

Mot era forte, Baal era forte!
S'incarnarono come due bufali selvaggi:

Mot era forte, Baal era forte!
Si morsero come due serpenti:

Mot era forte, Baal era forte!
Si scaldarono come due corsieri:
Mot cadde, Baal cadde!

In alto Shapash [il Sole] gridò a Mot:
- Ascolta, ti prego, o divino Mot!
Come osi batterti col Potente Baal?
Come potrebbe assecondarti il Toro El, tuo padre?
Di certo egli toglierebbe via il sostegno del tuo seggio,
di certo egli rovescerebbe il trono della tua regalità,
di certo spezzerebbe lo scettro della tua sovranità! -

Ebbe paura il divino Mot,
temette davvero l'amato di El, il Forte!
Tremò Mot alla sua voce,
si umiliò (?) ... davanti a Baal,
che fu installato nel suo trono reale,
nella sedia, nel seggio del suo potere,

(tratto da: Paolo Xella, Gli antenati di Dio, Editore Essedue, 1982, p. 144 - 145)

"Perché mai queste parole" parlarono all'unisono gli arbitri rivolti verso Baal.

"Avete dimenticato!" Esclamò triste Baal "ci fu un tempo in cui gli uomini e le donne erano uomini e donne. Ognuno col proprio valore. Poi, qualcuno di voi arrivò e divise gli uomini per razza. Dopo, qualcuno di voi proclamò la razza superiore col diritto di sterminare tutti gli altri uomini. "Se, poi, coloro che detengono il supremo potere sono pagani, allora: o non si doveva stipulare con essi alcun patto, ma, piuttosto che trasferire a loro il proprio diritto, bisognava risolversi a sopportare tutto..."" Baal ripeté le parole di Spinoza e poi continuò "Spinoza non sa nemmeno di che cosa sta parlando. Quando quelle popolazioni furono portate a Babilonia, Anat era il loro modello divino. Mia sorella Anat, figlia di El, la guerriera indomita che come una furia emotiva sorge nel cuore degli uomini per alimentare il loro coraggio. Anat, la vergine che molti amarono ma nessuno mai possedette, madre dei miei figli che fece invaghire Yahweh. Molti Dèi erano amati dagli ebrei quando giunsero a Babilonia. E poi, alcuni ebrei furono presi da delirio di onnipotenza, non vollero che i loro connazionali partecipassero alla fondazione della città e alla loro ricchezza. Così iniziarono ad accumulare oro e per assicurarsi che gli altri ebrei non si unissero agli altri cittadini di Babilonia, li circoncisero marchiandoli col simbolo dell'infamità. Continuarono ad accumulare oro per i loro padroni ebrei che sognavano di abbandonare Babilonia per fondare il loro regno e macellare gli altri popoli. Spinoza ignora il rispetto che si deve agli uomini. Lui lo ha dimenticato. Lui che è fuggito dalla Spagna mentre bruciavano e perseguivano i suoi correligionari. Si, i Giapponesi dettero una dura lezione ai Portoghesi: per commerciare serve il rispetto nella diversità. Lo insegnarono i veneziani che commerciavano con i turchi e i giapponesi preferirono commerciare con gli olandesi che offrivano merci in cambio di merci e non imponevano battesimi."

"Il peso più grande. Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: "Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!". Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: "Tu sei un dio e mai intesi cosa più divina?". Se quel pensiero ti prendesse in suo potere, a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti stritolerebbe; la domanda per qualsiasi cosa: "Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?" graverebbe sul tuo agire come il peso più grande! Oppure, quanto dovresti amare te stesso e la vita, per non desiderare più alcun'altra cosa che questa ultima eterna sanzione, questo suggello?"

Friedrich Nietzsche, La gaia scienza, Adelphi, 1984, p. 201 - 202

"L'attesa della rivelazione di un mondo immaginario e di una condizione sublime capace di elevarlo a Dio, a profeta, capace di annunciare una nuova condizione dell'umanità." Riprende il discorso Baal con una sorta di disgusto "Il fallito che non ha fallito perché ha fatto scelte fallimentari, ma perché destinato al fallimento in una continua ripetizione delle medesime scelte attraverso un processo reincarnazionista che lo costringe alla ripetizione. Un irresponsabile davanti alla vita. Un irresponsabile che si è separato dalla società e si è rinchiuso in un mondo immaginario in cui lui, nuovo profeta, nuovo Gesù, va alla ricerca di Dio fra gli uomini trovando solo uomini che, anziché elevarsi alla sua altezza, faticano, mettendo insieme il pranzo con la cena, in condizioni esistenziali che sembrano immodificabili. Il demone della follia, alimentato dalla cocaina e dall'eroina, è l'anima del delirio di Nietzsche che sogna un'altra vita, un'altra occasione nella quale riparare ai propri fallimenti esistenziali. Nietzsche immagina un demone che gli dice... Nietzsche non si chiede: ma chi ha programmato quel demone? Da che mondo è uscito quel demone? Chi ha organizzato una vita in un'eterna ripetizione del già vissuto? Il demone che dice a Nietzsche "tu sei un Dio!". "Sei!" Perché? Da dove? Ogni uomo è un Dio o solo Nietzsche ha la rivelazione di essere un Dio? La malattia mentale è una brutta bestia. Il malato vagheggia fra immagini e desideri tutti conchiusi nella sua mente in un'assoluta separazione dal mondo e ogni persona che vive una condizione di sofferenza o di inadeguatezza nel mondo reale sogna che quei vagheggiamenti abbiano un fondo di realtà perché gli consentono, anche a lui, di uscire dal suo vissuto e vivere, almeno per un attimo, in quel mondo immaginario. Un mondo in cui il re domina e possiede gli uomini. Un mondo in cui gli uomini sono costretti alla sottomissione e desiderano condizioni di vita diverse. Questo mondo non produce solo uomini intenzionati a cambiare il presente vissuto, ma produce molta sofferenza fra uomini che possono sopravvivere in quella sofferenza rifugiandosi in vagheggiamenti deliranti in cui i loro desideri, in qualche modo, possono ricevere un po' di conforto."

"Sulla base di tutti gli argomenti precedenti, è possibile concludere che la ragione umana, nel considerare l'ordine delle cose, si volge sempre alla ragione divina, che ordina ogni cosa, nello stesso modo in cui le sfere cosmiche si volgono intorno al centro dell'universo. E se è eterno il movimento di rivoluzione che per sé in modo naturale e continuo si svolge intorno ad un centro eterno, allora deve essere eterna anche la nostra ragione. Poiché quando compie l'atto intellettivo in virtù di Dio e in Dio ritorna a Dio senza intermediari, dimostra in modo chiaro di procedere direttamente da lui senza intermediari. D'altronde, chi può negare che ciò che proviene direttamente dall'eternità è destinato a essere in eterno? Inoltre, la nostra ragione contempla in Dio l'idea eterna, in quanto è eterna, quando, sulla base di una ragione inoppugnabile, conclude che essa è eterna. Ma essa la contempla così come la riceve da Dio, segue dunque che la riceve in un modo eterno. E dal momento che il modo in cui la riceve dipende da come essa stessa è, in quanto riceve secondo la propria natura, segue che essa stessa è eterna, poiché riceve in modo eterno. Ma questa nostra ragione non è altro che vita intellettuale. Dunque, essa vivrà per sempre, anzi per sempre avrà anche intelligenza, se esisterà per sempre."

Marsilio Ficino, Teologia Platonica, Bompiani, 2011, p. 1153

"Nel vagheggiamento a Ficino appare Cosimo De' Medici in tutta la sua divinità di Dio attorno al quale ruotano tutti gli interessi di Firenze." Continua sarcastico Baal "Peccato per lui che mio fratello Mot lo stava aspettando per ospitarlo nel regno del nulla masticato dalle sue voraci fauci. La ragione umana non è diversa da qualunque altra prerogativa con cui ogni animale ha le sue specificità e le sue specializzazioni attraverso le quali ha potuto adattarsi e sopravvivere per milioni di anni senza dover cambiare forma. L'uomo ritorna alla sua patologia delirante nella quale egli vive la condizione di Dio e, come un novello Nietzsche, sogna un eterno ritorno nella carne per poter sperimentare, ancora una volta, la vita fisica. Quando l'uomo procede dalla sua malattia delirante verso il delirio di Dio senza intermediari dimostrerebbe in modo chiaro, secondo Ficino, di procedere senza intermediari. Questa logica non fa assolutamente una piega: perfetta! La ragione di Ficino contempla Cosimo De' Medici che per lui è sicuramente il Dio benefattore e, sulla base di una ragione inoppugnabile e conclude che "l'idea di Dio, che è eterna, quando sulla base di una ragione inoppugnabile, conclude che essa è eterna". E la ragione di Ficino altro non è che la sua natura intellettuale. Una natura intellettuale con la quale contempla un Dio prodotto dalla propria immaginazione e dal proprio desiderio. Ed è comica la conclusione di questa citazione di Ficino che manifesta il desiderio di eternità di una ragione che è consapevole di morire con la morte del corpo fisico, ma si aggrappata alle illusioni che ha prodotto ed alimentato. Così Ficino proclama che "la ragione vivrà per sempre". Poi, aggiunge proclamando, "anzi per sempre avrà anche intelligenza". A questo punto Ficino si rende conto di aver detto una stupidaggine e, anziché rettificare, introduce il dubitativo " se esisterà per sempre". Certo che, come logica siamo molto ferrati, ma che ti vuoi aspettare da uno che si rinchiude nella propria immaginazione, si stacca dal mondo e tesse le lodi del suo onnipotente padrone, Cosimo De' Medici, che necessitava di costruire un "potere altro" rispetto ai cattolici di Roma?"

A questo punto Baal tacque. Poi riprese: "Io sono la luce, la vita fisica che sgorga e che si trasforma. Io non sono Mot, ma Mot freme per masticarvi e condurvi nel nulla dentro di sé. Vorrei chiedervi una cosa: qual era la posta in gioco in questa partita mondiale della filosofia? Io sono stato costretto a commentare affermazioni senza senso. Affermazioni che non capisco anche se le loro finalità erano chiare. Ma voi, davvero pensate che l'uomo sia un giocattolo su cui potete esercitare il vostro potere? E' l'uomo che vi ha "creati". Creandovi l'uomo ha seminato il suo futuro di cadaveri dei suoi simili; saccheggerà la Natura; trasformerà un infinito numero di vite in polvere con cui allargherà il deserto. Alla fine, non sopravvive l'uomo che costruisce altari per farvi inebriare del profumo degli olocausti. Alla fine vince l'uomo che ara e che semina preoccupandosi del domani. E' questo tipo di uomo che sopravvive anche quando un vulcano esplode e la tempesta spazza via la vita, quest'uomo ricomincia perché agisce senza contare sul vostro aiuto. Voi avete perso. Potete innalzare chiese per mille o diecimila anni, ma sarete spazzati via perché nulla avete portato all'uomo. Avete solo alimentato la sua sofferenza e la sua sottomissione."

Poi Baal tacque e aggiunse: "Ricordate, Mot vi sta aspettando!"

Baal si apprestava a sparire quando apparve una forma umana, non tanto alta, non troppo massiccia. Aveva nella mani una cetra, cantava e molti animali lo seguivano. Quando lo sguardo di quella forma umana incrociò gli occhi con Baal, un sussurro uscì dalle sue labbra; "Padre!" e con la testa fece un cenno di saluto. Baal sorrise e sparì nella luce.

 

Continua...

Il significato delle azioni della partita di calcio della filosofia spiegate dagli Dèi.

 

Marghera, 22 aprile 2022

 

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Ultima formattazione 26 gennaio 2022

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