Caos e i filosofi esistenzialisti contro rinascimentali
fase n. 5, azione 25

La partita di calcio mondiale fra i filosofi

Capitolo 26
Gli Dèi riflettono sui filosofi

di Claudio Simeoni

Continua dal precedente...

Sei capace di giocare a calcio?

La nebbia continuava ad avvolgere il campo di calcio sospendendo ogni movimento ed ogni trasformazione. Nell'attimo in cui la nebbia sembrava fermare il mondo, generò un'indicibile angoscia fra gli arbitri. Costoro avevano acceso un fuoco al centro del campo di calcio e in quel momento sedevano attorno alle fiamme con una paura che solcava le loro fronti.

"Io sono il Dio che creò l'uomo a sua immagine e somiglianza" disse Yahweh, mentre Allahu Akbar annuiva. "Io sono colui che vi ha creato entrambi" disse Beppi da Lusiana "Ad immagine e somiglianza dell'uomo, vi ho creati!". "Voi create, voi create..." intervenne Fanete "io sono l'intelligenza della materia, trasformazione di qualche cosa che era per qualche cosa che sarà!". Borbottavano in questo modo gli Dèi arbitri del grande gioco, ma le loro parole erano incerte, consapevoli che c'era un inganno in quanto dicevano. Eppure, la loro realtà era in quelle parole.

Improvvisamente la nebbia che li circondava prese vita, ogni frammento di nebbia diventò luminoso e una luce gialla ricoprì tutto il campo da gioco. Chi era quel Dio che si presentava in maniera così strana, privo di forma ma apparentemente onnipresente? Fu la trasformazione, il mutamento, a fermarsi perché quella nebbia luminosa sembrava assorbire il mutamento e la trasformazione come una spugna assorbe l'acqua.

"Io sono come il vostro campo di calcio, eterno e posto fuori dal tempo. Sono posto fuori dalla vostra percezione, chiunque voi siate e qualunque potere esercitiate per analizzare e comprendere il mondo. Io sono l'eterno, io sono Caos. Sono ciò che voi non comprendete perché io sono ogni possibilità, prima, durante e dopo di ogni possibilità di mutare e di trasformarsi." Così parlò la nebbia rivolgendosi ad arbitri sbigottiti mentre la nebbia sembrava deriderli continuando "Io non ho coscienza, non ho realtà, solo materia senza forma che si muove in uno spazio di forze che ne condizionano direzione e movimento. Tuttavia, infinite sono le intelligenze che abitano questo Caos e sono queste intelligenze che si presentano a voi per spiegarvi ciò a cui avete assistito."

"L'insieme delle considerazioni precedenti conduce naturalmente l'esame del concetto fondamentale proprio della sociologia dinamica ad un ultimo aspetto fondamentale, molto più idoneo di qualsiasi altro a manifestare direttamente, in pratica, il vero carattere filosofico della politica positiva. Si tratta del principio ei limiti generali di qualunque azione politica, il cui concetto razionale deve soprattutto dissipare immediatamente oggi lo spirito ideale, assoluto e illimitato, il quale, sotto l'influenza preponderante della filosofia metafisica, domina ancora abitualmente il sistema delle speculazioni sociali, come ho spiegato all'inizio di questa lezione. Nessun uomo sensato potrebbe ormai riconoscere innanzitutto l'esistenza necessaria di simili limiti, astraendo dalla loro effettiva determinazione, a meno di continuare un uso serio dell'antica ipotesi teologica, che rappresenta il legislatore come il semplice organo d'una provvidenza diretta e continua, all'influenza della quale non si potrebbe, in effetti, ammettere alcun limite."

Comte, Corso di filosofia positiva, Mondadori, 2009, p. 253-254

"Il concetto di illimitato" iniziò il suo discorso Caos "è un concetto che nella realtà appartiene solo a me perché io mi estendo oltre ogni limite raggiungibile da ogni coscienza che dentro me germina. Eppure, io non ho coscienza. Io sono! E se oggi posso iniziare a dichiarare di "essere", lo posso fare soltanto perché in me, materia infinita dello spazio, un infinito numero di coscienze sono diventate consapevoli iniziando a dar vita ad un mio pensiero che manca di fine e di scopo perché rivolto in me stesso. Nessuna coscienza che io contengo può parlare di illimitato se non fantasticando. Ogni coscienza in me è limitata per quanto immensa e questo limite è un limite di spazio e di tempo. La metafisica di ogni coscienza riguarda la qualità della sua vita. Come quella coscienza decide di impiegare lo spazio che occupa e il tempo, le trasformazioni, che il suo divenuto specifico le consente. La metafisica è la definizione ideologica del suo essere nel mondo e degli intenti in cui veicola la sua volontà d'esistenza al di là della forma della materia in cui quella coscienza è definita. E tu" continua Caos osservando gli arbitri "uomo o Dio, quali sono i tuoi intenti? Il tuo obbiettivo, i tuoi intenti le trasformazioni alle quali aneli usando la tua volontà? Perché gli uomini, troppi uomini ammettono "... di continuare un uso serio dell'antica ipotesi teologica, che rappresenta il legislatore come il semplice organo d'una provvidenza diretta e continua, all'influenza della quale non si potrebbe, in effetti, ammettere alcun limite."? Perché troppe coscienze che chiamiamo uomini e donne hanno delegato il controllo della loro vita ad una potenza esterna e anche quando negano questa potenza esterna, che controlla la loro vita, di fatto non alterano i meccanismi con cui viene controllata la loro vita."

"Per la coscienza la compensazione per la perdita del dio che non doveva esistere e che perciò regredisce dall'essere nel non-essere, può darsi solo nel dio che è destinato ad esistere, a cui spetta l'essere. Questo dio non può essere colui che fin qui abbiamo chiamato Dioniso, infatti questi non è che la mediazione del dio destinato ad esistere con la negazione di quello che non deve esistere. Non è dio in sé, ma solo actu, che si dimostra quale dio solo in quanto nega colui che non deve esistere."

Schelling, Filosofia della mitologia, Mursia, 1990, p. 378

"Schelling non è Caos" continuò Caos "è la prospettiva che Schelling non è in grado di cogliere. Dioniso è diverso da Schelling perché Schelling non è in grado di essere un Dioniso. Non è in grado di trasformarsi e vive in una dimensione di un eterno presente in cui ha fissato la sua esistenza privandola del mutamento. Dioniso è il mutamento. E' il Dio che è, il Dio che diviene e che fonda il Dio che sarà, nascita dopo nascita. Schelling ha rinunciato al mutamento. Vive bloccato nel suo presente e pensa Dioniso come un oggetto diverso da sé. Dioniso non regredisce dall'Essere al non Essere. Dioniso progredisce esaurendo i mutamenti nel suo essere, nel mondo in cui agisce, finché gli rimane un solo mutamento possibile, la distruzione di sé stesso per accedere ad un mondo diverso nel quale continuare le trasformazioni. Continua queste trasformazioni fintanto che non esaurisce le possibilità del proprio divenire. Continua le trasformazioni finché non gli resta che cessare di esistere in quel mondo. L'Essere, ogni Essere della Natura, ogni essere della materia-energia, al culmine della sua esistenza non resta che il nulla e il nulla è il mondo in cui esiste, il nulla della sua stessa esistenza in quel mondo. E' questo che fa Dioniso e ogni Essere che si fa Dioniso. Non nasce il bambino dalla madre, ma muore il feto che viveva nell'utero della madre. Il feto, alla fine della gestazione, diventa il nulla. Proprio perché il feto si annulla nasce il bambino. E così per il fanciullo che muore consentendo la nascita dell'adulto. E così l'adulto che muore consentendo, se può, la nascita del proprio corpo luminoso. Schelling non è mai riuscito ad essere Dioniso. Dioniso è solo un estraneo che lui guarda all'alto della sua vita priva di mutamento e di trasformazione."

"Tutti i modi per i quali un corpo è affètto da un altro corpo dipendono dalla natura del corpo affètto e insieme alla natura del corpo efficiente; di guisa che uno stesso corpo si muove diversamente secondo la diversità della natura dei corpi moventi, e, al contrario, diversi corpi sono da uno stesso corpo mossi diversamente."

Spinoza, Etica, Fratelli Melita editori, 1990, p. 129

"Corpi che entrano in relazione interferiscono l'uno con l'altro a seconda della qualità dei corpi e della qualità della relazione." Sta ridendo Caos mentre pronuncia queste parole "Se così fosse, tutto sarebbe prevedibile. Corpi che muovono altri corpi che muovono altri corpi. Ma non è così che funziona. Se così fosse io, Caos, non potrei mai esistere. No, i corpi si muovono esercitando la loro volontà, sempre. Gli uomini possono vedere i corpi in movimento e immaginare le cause dei loro spostamenti, ma i corpi hanno una loro volontà che dirige una loro forza. Questo gli uomini non lo vedono. Per cui, date delle condizioni oggettive di forze che si intrecciano, si intersecano, influiscono a vicenda, ogni singolo soggetto esercita la sua volontà. Sceglie e modifica l'intensità e la qualità della risposta. Resiste, si oppone, oppure si fa trasportare a seconda della sua volontà della sua forza, delle sue condizioni soggettive che si rappresentano nell'oggettività, a seconda dei propri desideri e della sua intelligenza. Tu osservi il soggetto muoversi, ma non scorgi la sua volontà, il suo intento, la sua intelligenza, la sua forza e, detto fra noi, non scorgi nemmeno l'intelligenza la forza, la volontà o l'intento di ogni altro soggetto che non sia te stesso. E' Caos che persiste in ogni presente pur modificando continuamente la propria qualità interna come espressione della volontà d'azione dei soggetti che abitano il caos dell'esistenza. Gli Dèi mi abitano, ma nessuno distrusse Caos che persiste uguale nelle dinamiche, oscure alle coscienze, e diverso per le volontà che, emergendo dalla materia, affermano sé stesse. Io sono Caos l'inconoscibile di ogni ragione."

"Tutti gli scettici sostengono che, se si considera la ragione in modo astratto, essa fornisce argomenti inoppugnabili contro sé medesima, e noi non riusciremmo mai a mantenere una convinzione o una sicurezza su qualsiasi argomento, se i ragionamenti scettici non fossero così sottili e raffinati da non poter controbilanciare gli argomenti più solidi e più naturali derivati dai sensi e dall'esperienza."

David Hume, Dialoghi sulla religione naturale, BUR, 2013, p. 137

"Nello scetticismo di Hume regna il caos perché tutto è illusorio e nulla mai perfettamente definito senza contraddizioni." Continua Caos "Gli oggetti, come le descrizioni soggettive o le percezioni, si spostano in un universo materiale composto da spazio e tempo dove lo spazio è occupato da soggetti che si muovono nello spazio e il tempo è misurato dalle continue trasformazioni dei soggetti che lo abitano. Spostarsi nello spazio e nel tempo significa che la percezione di un oggetto perde di senso perché l'oggetto, sia materiale che astratto, si modifica continuamente sia in sé stesso sia nello spostarsi nello spazio o vivendo una modificazione continua dell'oggettività in cui abita. La stessa cosa è per le definizioni razionali che non sono mai razionali in quanto frutto di mediazione fra la capacità di percezione di un soggetto e la realtà dell'oggetto percepito. Lo scetticismo di Hume vive un caos di interpretazioni soggettive che appartengono più al mondo delle opinioni che non alla realtà oggettiva. Di reale c'è l'Intento nel quale l'individuo riversa le sue azioni finalizzate a soddisfare il desiderio. Reale è l'Intento attraverso il quale l'individuo si emoziona ed agisce, ma l'individuo stesso non conosce il proprio Intento per il quale si emoziona ed agisce e, dal momento che non lo conosce, immagina motivazioni che appaiono logiche, alla ragione in quel momento, ma lasciano il tempo che trovano finendo nell'oblio dell'irreale. Ragionamenti sottili o arrampicatura sugli specchi? Lasciate perdere le giustificazioni e afferrate l'Intento dell'azione, chiamate quell'azione col suo Intento e le giustificazioni crollano da sole. Il caos è alimentato da ragioni arroganti che pensano di mettere ordine nell'intero universo."

"Ma per questa via, a prescindere dal problema specifico del mondo, è possibile accedere ontologicamente all'essere di ciò che si incontra innanzi tutto nel mondo? Non succede piuttosto che con la cosità materiale si introduce implicitamente un essere, la semplice presenza persistente della cosa, per la quale la successiva dotazione di predicati di valore non costituisce affatto un'integrazione ontologica, dato che tali attributi di valore sono anch'essi soltanto determinazioni ontiche di un ente che continua a conservare il modo di essere della cosa?"

Heidegger, Essere e tempo, Longanesi, 2011, p. 126

"L'opinione diventa guardiana della mente dell'uomo diventando caos di una ragione smarrita in un mondo che non domina né padroneggia." Riprende Caos "La ragione si erge a guardiana di una realtà che immagina non potendo comprendere trasformando in un oggetto reale il suo pensare. La ragione pensa un mondo e, dunque, quel mondo pensato deve necessariamente esistere perché la ragione si pensa creatrice del mondo. "La parola crea il mondo" perché la ragione è fatta di parole e di quantità e senza una parola e un aggettivo la ragione non è in grado di padroneggiare il mondo. Le parole diventano oggetti in sé. Le parole annullano i loro stessi significati che un soggetto attribuisce loro. Annullare i significati alle parole significa liberare le parole dalla loro funzione di mezzi con i quali un soggetto si serve. Le parole diventano oggetti in sé, si impadroniscono dell'individuo e lo dominano. Le parole diventano padrone dell'individuo che viene costretto a vivere descrivendo un mondo che tende a fuggire dalla realtà per conchiudersi nella sua mente. Mentre il soggetto si allontana dall'analisi del reale, le parole lo chiudono in sé stesso, ne limitano le relazioni con il mondo esterno e le parole diventano tutto il suo mondo mentale dove l'irreale si presenta in tutta la sua potenza di un desiderio che non si esprime più nelle azioni nel mondo ma dentro una mente che diventa l'assoluto esistenziale del soggetto. Il soggetto si è ritirato dalla realtà abitata dal suo corpo e si rinchiude nella realtà della sua mente. La sua produzione letteraria attira altri soggetti a partecipare al suo stesso delirio separandoli un po' alla volta dal mondo reale per abitare un mondo mentale che sollecita mediante l'immaginifico, il meraviglioso in cui riversa le emozioni di un corpo desiderante incapace di soddisfare i propri desideri. La visione ontologica di una realtà immaginata è la visione patologica della mente di un soggetto incapace di affrontare la realtà del mondo."

"Tutta la bellezza e la magnificenza che abbiamo conferito alle cose reali e immaginarie, voglio reclamarla come proprietà e produzione dell'uomo: come la sua più bella apologia. L'uomo come poeta, come pensatore, come Dio, come amore, come potenza, - ; oh! La regale liberalità con la quale ha donato alle cose, per immiserirsi e sentirsi meschino! Finora il suo più grande disinteresse è stato che egli ha ammirato e adorato e ha saputo nascondersi, che è stato lui che ha prodotto ciò che ha ammirato."

Nietzsche, La volontà di potenza, Newton, 1984, p. 52

"Io sono Caos" continua Caos "Io domino la realtà perché io sono l'unica cosa reale di ogni esistenza. Sono l'unica cosa reale di ogni coscienza che vive in un caos nell'illusione di costruire un ordine, ma l'unico ordine che una coscienza è in grado di costruire è una interpretazione di sé stessa ritagliando parte dei fenomeni del caos e adattandoli alla propria comprensione del mondo al solo fine di vivere, esistere e, possibilmente, di espandersi. Ma io, Caos, comprendo tutto e in me tutto si trasforma in un'illusione di ordine che altro non è che una nuova forma di Caos. Io sono Caos, ma se volete chiamatemi anche "brodo primordiale", chiamatemi come volete e con nomi che definiscono forme e rappresentazioni specifiche, io sono ogni cosa da cui una coscienza emerge e tenta di costruire una forma di sé stessa. "Tutta la bellezza e la magnificenza che abbiamo conferito alle cose reali e immaginarie, voglio reclamarla come proprietà e produzione dell'uomo: come la sua più bella apologia." E' produzione dell'immaginazione dell'uomo, è interpretazione soggettiva di una realtà percepita. Poi, l'interpretazione di una realtà percepita entra così profondamente nell'uomo da proiettarsi, attraverso l'uomo, sulla realtà vissuta. In questo modo l'interpretazione diventa immaginazione e l'immaginazione prende vita in sé trasformandosi in un'interpretazione ontologica di una realtà che esiste solo nella mente dell'uomo. L'uomo espande sé stesso mediante la sua mente e crea un Dio padrone e assoluto nel quale si identifica piegando tutto sé stesso a quell'assoluto che presenta al mondo con tutta la violenza di imposizione di cui è soggettivamente capace. Lui, l'assoluto, che adora sé stesso e costringe gli uomini a mettersi in ginocchio davanti a sé stesso che devono riconoscerlo come l'assoluto di loro stessi. E' l'ontologia che priva l'uomo del reale dell'oggettività per trasformarlo in un assoluto padrone dell'oggettività al fine di sfuggire al suo Caos dell'esistenza che non è in grado di padroneggiare."

"Quando innanzi al tribunale del supremo sacrificatore egli confessa, con un modesto giro di parole, che è il figlio di Dio, il sommo sacerdote si strappa le vesti e grida alla bestemmia. Prima della discesa dello Spirito Santo, gli apostoli nemmeno sospettano la divinità del loro maestro; egli li interroga su ciò che il popolo pensa di lui; rispondono che alcuni lo prendono per Elia, altri per Geremia, o per qualche altro profeta. San Pietro ha bisogno di una rivelazione particolare per riconoscere che Gesù è il Cristo, il figlio del Dio vivente. Gli ebrei, ribellatisi contro la divinità di Gesù Cristo, hanno fatto ricorso ad ogni sorta di mezzi per distruggere quel grande mistero; sviano il significato dei loro oracoli, o non li applicano al Messia; sostengono che il nome di Dio, Eloi, non è specifico della divinità, ma che sia attribuito dagli autori sacri ai giudici, ai magistrati, in generale a coloro che rivestono un'alta autorità; citano in effetti un grandissimo numero di passi delle sacre scritture che giustificano questa osservazione, ma che non intaccano minimamente i termini espliciti degli antichi oracoli riguardanti il Messia."

Voltaire, Tutti i romanzi e i racconti, il Dizionario Filosofico, Newton, 1995, p. 639 - 640

"Il caos del presente alimenta sempre e costantemente il delirio di una ragione che pretende di dominare, comprendere e descrivere Caos." Afferma Caos "Ulisse intraprese il suo viaggio in un mondo sconosciuto esplorandolo giorno dopo giorno. Non dominava il mondo, lo visse per come si presentava alla sua esistenza, isola dopo isola. Il delirante impone allo sconosciuto la forma che si adatta alla sua immaginazione. Così Voltaire non vede nel tribunale uomini che chiedono spiegazioni, ma vede il "tribunale del supremo sacrificatore". Non vede un ente, vede un verdetto che anticipa l'analisi. Quando il farneticante afferma "Io sono il vostro padrone" a Voltaire appare normale, logico che il padrone affermi sé stesso al di sopra del tribunale e trova immorale che i giudici di quel tribunale non si mettano in ginocchio davanti a lui che ha proclamato di essere il loro padrone in quanto figlio del loro Dio padrone. Tutti i giorni nei tribunali l'imputato afferma di essere il padrone dei magistrati che chiedono conto delle sue azioni. Tutti i giorni i magistrati si mettono in ginocchio davanti all'imputato che dichiara di essere il loro padrone in quanto figlio del loro Dio padrone. Perché, secondo alcuni, gli uomini non sono tutti "figli di Dio"? E' il caos dell'esistente che si è impossessato della mente di Voltaire. In Voltaire l'immaginazione sostituisce l'analisi del vero e immagina Elia su un carro di fuoco trovando legittimo, rispetto al suo trattato sulla tolleranza, che Elia sgozzi i sacerdoti di Baal e poi si stupisce se i cristiani bruciano gli eretici. Immagina ebrei che combattono Gesù negandone la divinità e non si chiede dov'è il confine fra analisi del reale e delirio finendo per condannare gli ebrei che diventano colpevoli per non aver riconosciuto la divinità di Gesù. E di tutta questa storia raccontata da Voltaire rimane soltanto il disprezzo nei confronti degli ebrei per non aver voluto accettare Gesù come figlio del loro Dio padrone. Questo è il prodotto della farneticazione quando non si vuole vivere Caos come realtà del proprio esistente, ma si preferisce usare l'immaginazione per farneticare di una realtà costruita dal proprio delirio."

"Fuggite dove volete" disse Caos guardando gli arbitri "ma l'universo continua ad essere Caos dove lo sconosciuto e l'inconoscibile sarà sempre infinitamente maggiore di quanto la vostra ragione, per quanto analitica, sarà in grado di osservare e descrivere. Lo sconosciuto e l'inconoscibile vi circondano e dallo sconosciuto e dall'inconoscibile un numero infinito di fenomeni giungeranno a voi. La vostra ragione non conoscerà quei fenomeni, ma il corpo fisico degli Esseri della Natura da centinaia di milioni di anni si adattano anche a quei fenomeni trasformandosi continuamente. Io sono Caos e dentro di me potete solo navigare in mari sconosciuti irti di pericoli fra Sirene, Scilla e Cariddi, e maghe Circe che imprigionano i naviganti in deliri senza fine. Io sono Caos; che voi siate animali, piante, uomini o Dèi, alzate le vele e navigate. Forse potete sperare in venti propizi, ma a volte è bonaccia e a volte è tempesta in una vita che, comunque, si concluderà nel caos."

Infine Caos osservò gli arbitri e disse loro: "Alzate le vostre vele e navigate perché anche la vostra fine è prossima."

Un po' alla volta i filamenti di nebbia si spensero e ritornò ad essere una nebbia fitta, priva di luce che con la sua umidità avvolgeva il mondo.

 

Continua...

Il significato della partita di calcio della filosofia spiegate dagli Dèi.

 

Marghera, 25 luglio 2020

 

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