Estia e i filosofi fondamentalisti contro rinascimentali
fase n. 4, azione 18

La partita di calcio mondiale fra i filosofi

Capitolo 19
Gli Dèi riflettono sui filosofi

di Claudio Simeoni

Continua dal precedente...

Sei capace di giocare a calcio?

Sul campo di calcio la nebbia continuava ad avvolgere ogni cosa. Ogni Dio che da quella nebbia emergeva sembrava renderla ogni volta più fitta. Ogni Dio che da essa si faceva inghiottire sparendo modificava la luce, l'intensità ed il colore della nebbia.

Gli arbitri, Yahweh, Allahu Akbar, Fanes e Beppi di Lusiana si erano rassegnati nel loro nuovo ruolo di spettatori che ascoltavano il racconto delle varie fasi della partita di calcio raccontate da antichi Dèi.

Mentre gli arbitri attendevano il prossimo Dio, questi si annunciò con una piccola fiamma che sembrava immobile. Da questa fiamma sorse una voce: "Io sono Estia, la fiamma perenne che brucia nel cuore della casa. Una fiamma che riscalda, una fiamma che cuoce, una fiamma che rischiara il cammino di ogni abitante della casa. Io sono immobile nella casa. Brucio perennemente nel cuore degli uomini, alimento la loro vita e continuo a bruciare fintanto che il cuore di uomini e donne abitando quella casa la riempiono del fuoco delle loro emozioni. Io sono il fuoco che si alimenta con le scelte e con le intenzioni. Io sono il fuoco che scaturisce dalle azioni e abita ogni vivente della natura."

"Il fuoco che brucia" continua Estia "è la vita che si trasforma, la vita che diviene, la vita che si adatta alle condizioni che incontra. Il mio stesso pensiero è fuoco emotivo che spinge a divenire, che spinge a trasformarsi, che alimenta la necessità di conoscere e di interpretare le relazioni nel mondo."

"Doppio è il movimento delle cose: naturale e preternaturale; il naturale viene da principio intrinseco, il preternaturale da principio estrinseco; e il naturale è in accordo con la natura, la costituzione, la generazione, mentre non lo è il preternaturale. Il quale, pure, è doppio: violento, che è contro natura; e ordinato e coordinabile, che non contrasta a natura. Quanto al moto naturale, comunemente parlando esso ha luogo secondo tutti i generi e tutte le categorie, non facendosi distinzione fra moto e mutamento."

Giordano Bruno, De magia de vinculis in genere, biblioteca dell'immagine, 1992, p. 39

"Il movimento delle cose" iniziò a riflettere Estia "è azione. L'azione è portatrice di volontà? Se non lo fosse, l'azione non avverrebbe. L'azione è portatrice di intento? Se non lo fosse, perché l'azione? L'azione è portatrice di necessità? Se non lo fosse, perché l'azione? L'azione ha uno scopo? Lo spettatore osserva l'azione, non osserva l'emozione che conduce l'azione. Dunque, l'azione è manifestazione di intelligenza. Gli uomini non sono in grado di percepire il fuoco dentro gli oggetti del mondo. Gli uomini si limitano ad osservare le azioni, le modificazioni degli oggetti del mondo, il loro agire. Eppure, anziché cercare l'intelligenza che spinge l'azione in quella direzione, preferiscono ignorarla. Preferiscono ignorare il fuoco emotivo che arde dentro gli oggetti come se il fuoco che arde dentro ogni singolo uomo fosse unico. Per questo Giordano Bruno dichiara che " Doppio è il movimento delle cose: naturale e preternaturale". Secondo Giordano Bruno ci sarebbe un movimento delle cose che trascende la cosa stessa, fuori della natura di cui è composta la cosa. Egli ignorò che il fuoco permane nelle cose, come io, Estia, permango dentro gli Esseri della Natura, dentro gli uomini, nella casa degli uomini e nelle tane degli animali. E' il fuoco che si modifica permanendo in sé stesso e la modificazione del fuoco che permane in sé stesso è chiamata: vita! La vita non è né naturale né preternaturale, ma è espressione dell'individuo che partecipa alla formazione della natura. Senza il fuoco nel singolo, in ogni singola unità di materia, la natura non è, come senza il fuoco del focolare quell'unità degli uomini, chiamata impropriamente "famiglia", non sarebbe."

"La vostra avvertenza, disse Filone, di abituare fin dall'inizio le menti dei vostri figli alla pietà è sicuramente assai ragionevole e altresì necessaria in un'età profana e irreligiosa come la nostra. Ma ciò che soprattutto ammiro nel vostro programma educativo è il metodo di trarre profitto proprio dai principi di filosofia e di cultura che, ispirando orgoglio e autonomia, si sono dimostrati comunemente, in tutte le età, tanto rovinosi per i capisaldi della religione. In realtà, possiamo notare che la gente comune, non informata di scienza e di ricerca approfondita, constatando le incessanti dispute degli uomini colti, matura di solito un completo disprezzo per la filosofia, e proprio per questa ragione si aggrappa tanto più saldamente ai punti fondamentali della teologia in cui è stata istruita."

David Hume, Dialoghi sulla religione naturale, BUR, 2013, p. 123 e 125

"Filosofia e teologia" continua Estia "sono la stessa cosa, chiamata con nomi diversi a seconda delle convenienze di chi le definisce. Quando il presupposto del ragionamento è " abituare fin dall'inizio le menti dei vostri figli" presuppone l'idea che il figlio è una proprietà privata di chi lo ha "partorito" o che ha contribuito a "generare" e manifesta l'idea secondo cui il figlio è la "bestia" da educare e modellare secondo le esigenze di qualcuno diverso da lui. Questa idea di società è un'idea sia teologica che filosofica. Un'idea di una determinata teologia e di una determinata filosofia che impone all'uomo sottomissione ad idee preconcette. E' difficile pensare che la gente comune possa sviluppare un assoluto disprezzo per la filosofia, mi sembra più corretto dire che molte persone maturano un assoluto disprezzo per quella filosofia che giustifica l'odio sociale, l'ideologia della sottomissione e del possesso degli uomini da parte di altri uomini in nome di Dio. Questa è teologia e filosofia nel medesimo tempo. Una filosofia e una teologia che possono essere affrontate e modificate con teologie e filosofie antagoniste capaci di individuare il principale, nella vita e nei bisogni degli uomini, separandolo dal secondario che funge da sovrastruttura con la funzione di deviare l'attenzione del soggetto che potrebbe sviluppare una critica."

"Differisce, dunque, la Superbia dalla Esaltazione, perché questa si riferisce ad un obietto esterno, la Superbia, invece, allo stesso uomo che di sé sente più del giusto. Del resto, come la Esaltazione è effetto o proprietà dell'Amore, così la Superbia, dell'Amor proprio (Filautia); ed essa, perciò può anche definirsi l'Amore di sé, ossia l'appagamento intimo, in quanto impressiona così l'uomo, ch'egli senta di sé, più del giusto."

Spinoza, Etica, F.lli Melita, 1990, p. 246

"Cosa sente l'uomo di sé stesso?" si chiede come riflettendo Estia "Un uomo pensa tutto il meglio di sé. Come tutto il meglio di sé pensa ogni Essere della Natura. Perché un uomo dovrebbe pensare "il giusto di sé"? Egli è il suo stesso divenuto. Egli è il suo stesso fuoco che si è adattato alle tempeste dell'esistenza e ha conservato nel suo cuore l'Estia della vita. Tu, invece, Spinoza, che ti ergi ad uomo al di fuori della vita, tu giudichi chi di sé non si pensa in quello che tu consideri il "giusto del suo sentirsi". Ma il soggetto che vive non pensa di limitare sé stesso. Egli è nato, si è adattato alle avversità, ha affrontato i suoi problemi ed è orgoglioso tanto da ergersi come un gigante davanti alla vita. Tu lo puoi pensare "superbo", ma la superbia abita il tuo pensiero che pretende di giudicare una vita senza averla vissuta. E' il padrone che giudica superbo il suo schiavo quando vanta le proprie prodezze davanti al padrone e chiede al padrone di riconoscere il suo valore. Allora il padrone deve umiliarlo perché nessuno "deve vantarsi davanti a Dio". Ogni Essere della Natura ama sé stesso perché è proprio della vita alimentare il bisogno di espansione di ogni Essere nell'oggettività in cui è nato. Ogni Essere ama l'espansione, il mio fuoco che arde dentro di lui. Un fuoco che dice ad ogni vivente "la vita va avanti, si espande, non torna mai indietro e nemmeno ripiega su sé stessa". L'uomo deve essere orgoglioso dei risultati raggiunti nella sua vita perché le trasformazioni che ha messo in essere attraverso le sue scelte lo hanno costruito e trasformato giorno dopo giorno e lui, davanti alla vita, si presenta come un eroe che ha attraversato le sue contraddizioni. Amate voi stessi" termina questo discorso Estia "perché solo amando voi stessi potrete costruire delle relazioni profonde e proficue non solo con gli altri uomini, ma con tutta la vita."

"Ora la mente è mossa dall'intellegibile e intellegibile per sé è un termine della [suprema] coppia di contrari (essere-non essere) e [cioè il termine dell'essere] di cui è propria la sostanza prima e [propriamente] quello che è [sempre] in atto. Invero, uno e semplice non sono lo stesso; infatti, l'uno designa una misura, e l'altro un carattere [intrinseco] della cosa. Orbene, anche il bello per sé e il desiderabile per sé sono nella stessa serie [positiva] dei contrari, e costituiscono sempre ciò che è ottimo o perlomeno ciò che è primo rispetto [agli altri beni]."

Aristotele, La metafisica, Fabbri, 2004, p. 644

"Intelligibile o intellegibile, ciò che può essere compreso solo con l'intelletto." Mormora e sospira Estia "Se un oggetto può essere compreso solo con l'intelletto senza poter avere un riscontro mediante il corpo, è un puro prodotto della fantasia. Una costruzione fantastica che, eccitando le emozioni e le aspettative di un soggetto, si pone a guardia di ogni costruzione logica che quella mente produce anche quando l'oggetto immaginato è estraneo alla realtà vissuta. La malattia mentale esprime sempre "ciò che può essere compreso solo con l'intelletto". Nella malattia mentale tutto è chiaro per il soggetto che mediante il suo intelletto immagina oggetti irreali che popolano la sua mente. Si tratta del combustibile con cui ogni individuo alimenta il suo fuoco dentro di sé. Quando l'immaginario viene assunto dall'individuo come reale, è l'immaginario che si nutre del fuoco dell'individuo e l'individuo si spegne alla sua realtà della quale diventa un estraneo. Ogni uomo è l'Essere; ogni ambiente in cui l'uomo vive è il non-essere nel quale l'uomo si espande. Questo vale per ogni Essere della Natura. Ognuno di noi si pensa di essere l'uomo che vive e chiama sé stesso "l'Essere" mentre chiama "non-essere" ciò che è diverso da lui. Ed è ottimo ciò che favorisce il mio sviluppo e la mia crescita, che definisco la crescita dell'Essere, ed è Male quanto ostacola la mia crescita. Ogni fuoco dentro ad ogni Essere è il metro con cui ogni Essere misura il mondo e la vita."

"Orbene, è necessario - disse -, in base a queste cose, che nei veri filosofi si formi un'opinione di questo tipo, di guisa che, ragionando fra loro, dicano all'incirca quanto segue. "Sembra che ci sia un sentiero" che ci porta, mediante il ragionamento direttamente a questa considerazione: fino a quando noi possediamo il corpo e la nostra anima resta invischiata in un male siffatto, noi non raggiungeremo mai in modo adeguato quello che ardentemente desideriamo, vale a dire la verità. Infatti, il corpo ci procura innumerevoli preoccupazioni per la necessità del nutrimento; e poi le malattie, quando ci piombano addosso, ci impediscono la ricerca dell'essere. Inoltre, esso ci riempie di amori, di passioni, di paure, di fantasmi di ogni genere e di molte vanità, di guisa che, come suol dirsi, veramente, per colpa sua, non ci è neppure possibile pensare in modo sicuro alcuna cosa. In effetti, guerre, tumulti e battaglie non sono prodotti da null'altro se non dal corpo e dalle sue passioni. Tutte le guerre si originano per brama di ricchezze, e le ricchezze noi dobbiamo di necessità procacciarcele a causa del corpo, in quanto siamo asserviti alla cura del corpo. E così noi non troviamo il tempo per occuparci della filosofia, per tutte queste ragioni. E la cosa peggiore di tutte è che, se riusciamo ad avere dal corpo un momento di tregua e riusciamo a rivolgerei alla ricerca di qualche cosa, ecco che, improvvisamente, esso si caccia in mezzo alle nostre ricerche e, dovunque, provoca turbamento e confusione e ci stordisce, sì che, per colpa sua, noi non possiamo vedere il vero. Ma risulta veramente chiaro che, se mai vogliamo vedere qualcosa nella sua purezza, dobbiamo staccarci dal corpo e guardare con la sola anima le cose in se medesime. E allora soltanto, come sembra, ci sarà dato di raggiungere ciò che vivamente desideriamo e di cui ci diciamo amanti, vale a dire la saggezza: cioè quando noi saremo morti, come dimostra il ragionamento, e non fin che siamo vivi. Infatti, se non è possibile conoscere alcunché nella sua purezza mediante il corpo, delle due l'una: o non è possibile raggiungere il sapere, o sarà possibile solo quando si sarà morti; infatti, solamente allora l'anima sarà sola per se stessa e separata dal corpo, prima no. E nel tempo in cui siamo in vita, come sembra noi ci avvicineremo tanto più al sapere quanto meno avremo relazioni col corpo e comunione con esso, se non nella stretta misura in cui vi sia piena necessità, e non ci lasceremo contaminare dalla natura del corpo, ma dal corpo ci manterremo puri, fino a quando il dio stesso non ci abbia sciolti da esso. E, così puri, liberati dalla stoltezza che ci viene dal corpo, come è verosimile, ci troveremo con esseri puri come noi, e conosceremo da noi stessi tutto ciò che è semplice: questa è forse la verità. Infatti, a chi è impuro non è lecito accostarsi a ciò che è puro."

Platone, Tutti gli scritti, Fedone, Bompiani, 2014, p. 78

"La tragedia dell'umanità inizia quando il fuoco della vita viene separato dalla materia. Quando la fiamma è separata dalla materia." Continua la sua riflessione Estia "La materia che vive e che si infiamma, chiamata dagli Esseri della Natura "corpi viventi", viene umiliata negandogli l'unità di materia e fuoco. L'immaginazione si sostituisce alla realtà del vissuto. Corpi malati immaginano l'onnipotenza della loro mente, del loro pensiero triste e disperato, che ora abiterebbe in un corpo vecchio e stanco che cammina verso il tramonto della vita. I disperati sognano di volare nei cieli abbandonando un corpo che hanno trascurato nelle contraddizioni della vita. Il vecchio, disperato, guarda il giovane davanti al quale ci sono tutte le possibilità della sua vita. Il vecchio desidera essere di nuovo giovane. Desidera una nuova possibilità di vita per ovviare a tutti gli errori che ha commesso nella sua vita. Ma non c'è un'altra possibilità dopo che hai percorso lo spazio che va dalla tua nascita al momento della morte del corpo fisico. Il tuo fuoco della vita lo hai alimentato mediante le tue azioni, mediante le tue scelte. Le tue scelte sono la legna che ha alimentato quel fuoco e con quel fuoco affronti la morte del tuo corpo fisico. Il vecchio non ha più fiamme dentro di lui e le sue braci della vita si spengono a poco a poco. Le braci che si spengono lo inducono a rubare le fiamme della vita ai giovani. Sono i giovani che devono provvedere al vecchio e per farlo il vecchio ruba ai giovani il loro fuoco. Non devono vivere per sé stessi alimentando il loro fuoco, ma devono vivere in funzione del vecchio perché il vecchio si è impossessato del loro fuoco, chiamandolo "anima", e separandolo dalla materia del loro corpo. Ed ecco la disperazione del vecchio che ha fallito nella sua esistenza: " E allora soltanto, come sembra, ci sarà dato di raggiungere ciò che vivamente desideriamo e di cui ci diciamo amanti, vale a dire la saggezza: cioè quando noi saremo morti, come dimostra il ragionamento, e non fin che siamo vivi.". Con questa violenza i vecchi rubano la conoscenza e la vita dei loro stessi figli. Hanno dimenticato il corpo con cui abitare il mondo. Hanno dimenticato che infiniti corpi, arsi dal fuoco che io sono, abitano il mondo, entrano in relazione, si trasformano e si distruggono. I vecchi hanno implorato la propria distruzione quando hanno affermato "E, così puri, liberati dalla stoltezza che ci viene dal corpo, come è verosimile, ci troveremo con esseri puri come noi, e conosceremo da noi stessi tutto ciò che è semplice: questa è forse la verità. Infatti, a chi è impuro non è lecito accostarsi a ciò che è puro.". Nella loro disperazione si pensano puri, anziché pensarsi falliti e regalare ai loro figli gli errori del loro fallimento affinché i loro figli riescano là dove loro sono falliti."

"La mia vita, infatti è Cristo, e morire mi è un guadagno. Ma se vivere ancora quaggiù significa per me frutti di apostolato, allora non so cosa preferire. Sono preso, infatti, fra queste due brame: desidero morire per essere con Cristo, cosa di gran lunga migliore, ma d'altra parte è necessario ch'io rimanga ancora nella carne, perché lo richiede il vostro bene. Per ora sono persuaso che rimarrò e dimorerò di nuovo in mezzo a voi tutti, per il vostro progresso e la gioia della vostra fede, affinché col mio ritorno in mezzo a voi abbiate in me una maggior ragione di gloriarvi in Cristo Gesù."

Paolo di Tarso, Lettera ai Filippesi 1, 21-26

"Il vecchio" continua Estia mentre inizia a guardare gli arbitri col fuoco che esce dal suo sguardo "afferma che la morte è il suo vantaggio, ma, anziché morire preferisce vivere per agire come un vampiro di vita e nutrirsi dell'esistenza dei giovani. Il suo unico piacere è distruggere la vita a chi potrebbe usare il suo fuoco per diventare eterno perché ha ancora molte scelte da compiere e molte sfide esistenziali da vivere. Il fallito, verso la fine della sua esistenza, afferma " morire mi è un guadagno". Il giovane dovrebbe rispondergli: "Prenditi il tuo guadagno e togliti dal mio orizzonte!". Ma il giovane lo guarda con con-passione perché si specchia in lui e mentre tende ad imitarlo, il vecchio gli sta rubando la vita. Infatti, il vecchio, pur di rubargli la vita, afferma " Sono preso, infatti, fra queste due brame: desidero morire per essere con Cristo, cosa di gran lunga migliore, ma d'altra parte è necessario ch'io rimanga ancora nella carne, perché lo richiede il vostro bene.". Io vi succhio il fuoco della vostra vita, dice il vecchio, per il vostro bene. Come il ladro priva delle proprietà per il bene del derubato affinché il derubato non si affezioni eccessivamente ai propri beni terreni. In questo modo il ladro, per poter continuare a rubare, dice: " Per ora sono persuaso che rimarrò e dimorerò di nuovo in mezzo a voi tutti, per il vostro progresso e la gioia della vostra fede, affinché col mio ritorno in mezzo a voi abbiate in me una maggior ragione di gloriarvi in Cristo Gesù."

"Guai se coloro che sono prevaricatori possedessero quanto è sulla terra tutta e anche il doppio, tenterebbero di riscattarsi con quello, dalla pena terribile nel giorno della resurrezione. Ma ciò che essi mai si immaginavano apparirà agli occhi loro, venuto da Dio."

Maometto, Corano, Sura XXXIX, versetto 47, Oscar Mondadori, 1980, p. 643

"In fondo" chiede Estia agli arbitri "che cosa vuole il vecchio che si fa ladro nei confronti delle giovani generazioni? Non vuole appropriarsi dei beni materiali e " Guai se coloro che sono prevaricatori possedessero quanto è sulla terra tutta e anche il doppio, tenterebbero di riscattarsi con quello", ma si appropria della loro vita appropriandosi del fuoco della loro esistenza. Il vecchio spaccia speranza per alleviare l'arsura della sua disperazione e costringe il giovane a nutrirsi di speranza ed illusione per allontanarlo dalla realtà. Il vecchio impone la morte della vita al giovane quando afferma che " Ma ciò che essi mai si immaginavano apparirà agli occhi loro, venuto da Dio". Mentre attendono ciò che immaginano e desiderano, la vita sfugge dalle loro mani e il loro fuoco si spegne perché non è più alimentato dalle loro scelte."

Estia come fuoco illumina e riscalda la fitta nebbia calata su un campo da gioco dove gli stessi arbitri non hanno compreso lo svolgimento della partita di calcio a cui hanno assistito. "Non è che voi non comprendete quello che avete visto" conclude amareggiata Estia "lo avete visto estraneo alla vostra esistenza, non lo avete vissuto, non ha coinvolto le vostre emozioni. Preparatevi perché anche la vostra vita sta per giungere al termine anche se come vecchi e falliti continuate a succhiare la vita degli uomini per poter sopravvivere."

A poco a poco il fuoco svanì e la nebbia avvolse ogni cosa col suo silenzio.

 

Continua...

Il significato della partita di calcio della filosofia spiegate dagli Dèi.

 

Marghera, 17 marzo 2020

 

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