Apollo e i filosofi fondamentalisti contro dialettici
fase n. 7, azione 34

La partita di calcio mondiale fra i filosofi

Capitolo 35
Gli Dèi riflettono sui filosofi

di Claudio Simeoni

Continua dal precedente...

Sei capace di giocare a calcio?

Il vento di Afrodite aveva appena abbandonato il campo di calcio, la nebbia aveva continuato ad avvolgere gli arbitri e Fanes aveva appena ravvivato il fuoco che gli arbitri avevano acceso nel mezzo del campo di calcio nell'attesa che un nuovo Dio spiegasse loro il prossimo scontro fra filosofi.

"Non sono solo due tette e un culo" si scoprì a dire Allahu Akbar che in quel momento trasalì perché la sua stessa affermazione gli apparve immediatamente incongruente.

"Sì" colse l'espressione Beppi di (o da) Lusiana "Ma in che altro modo noi umani possiamo rappresentare quanto ci suscita emozione se non con i caratteri specifici della nostra specie?"

"La Maria non era così" ribatté secco Yahweh "Quando la misi incinta di mio figlio."

"C'è una differenza fra amare e stuprare." Interviene Fanes "Se hai potere di possesso trasformi persone in oggetti di possesso e, in quel caso, ogni relazione sessuale è uno stupro perché la persona diventa un oggetto d'uso. Ma se ami, ed hai il potere, anche di possesso, elevi la persona al tuo stesso livello di potere. Prendi l'esempio di Efesto e Afrodite. Che forse uno è superiore all'altro? O Zeus e Semele. Zeus ha elevato Semele a rango di compagna, fu Hera che tese una trappola a Semele costringendola a chiedere a Zeus qualche cosa che Zeus non poteva negarle."

"Per te, Maria, è solo una serva che si prostituisce al proprio padrone." Continua Fanes "Una serva che violenti senza chiederle il permesso, la trasformi in una "vacca che partorisce" e la "vacca che partorisce" canta la magnificenza del suo padrone che si è degnato di violentarla. Hai forse chiesto a Maria che cosa voleva? Quali erano i suoi progetti nella vita? Se era contenta di quanto stava subendo? Lei che voleva prendere il mare e solcarlo per esplorare mari sconosciuti non ha potuto farlo perché tu l'hai violentata. Hai costretto la tua schiava a fare un lavoro che non voleva. Eppure, come una brava schiava ha elogiato il suo padrone che si è degnato di violentarla. Con questo, Maria dice al mondo: "Sono stata violentata, stuprata, ma sono contenta che il mio padrone abbia stuprato me ed io sono diventata la sua prostituta favorita.". La violentata che esalta il suo stupratore è il sogno di ogni stupratore. Gli stuprati che elogiano il loro stupratore permettono allo stupratore di lavarsi da ogni colpa per la sua violenza in quanto il violentato legittima il violentatore."

"E che forse Meti ha avuto scelta quando Zeus la ingoiò?" Intervenne Allahu Akbar quasi per giustificare Yahweh.

"Ogni Essere Umano divora e mangia la piccola Meti." Intervenne Beppi di (o da) Lusiana "E' attraverso la piccola Meti che Atena, nella nostra mente, progetta città, strade, palazzi, templi e macchinari. E' l'Atena della nostra mente che progetta il futuro sia che si tratti di rapporti con gli uomini, con la natura o con un nemico. Se noi non ingurgitiamo Meti la nostra mente di esseri umani è sterile perché non nasce l'Atena con la quale noi possiamo progettare il nostro futuro. E quando Atena nasce, di una sola cosa si preoccupa: vivere. Per farlo minaccia la testa di colui nel quale nasce e punta la sua lancia alla sua gola."

"Atena punta la lancia alla gola di Zeus, ma io punto la mia freccia contro tutti gli Dèi per rivendicare il mio diritto all'esistenza".

Fu una voce che parlò mentre il campi di calcio iniziò a risplendere. "Io sono Apollo figlio di Latona e di Zeus e sono la natura maschile della vita."

Nel dire questo la luce sembrò sorridere a Beppi di (o da) Lusiana.

"La vita è il femminile che si riproduce per scissione. Il femminile riproduce sé stesso sempre uguale a sé stesso perché il sé stesso è la costante permanenza della coscienza che si espande nella materia inconsapevole. La coscienza si riproduce sempre per scissione e si adatta all'ambiente in cui nasce, si adatta e si trasforma per adattarsi in un universo di coscienze in continuo adattamento. Poi, Latona e Zeus partoriscono me, Apollo. Apollo il violento, Apollo l'irascibile, Apollo il vanaglorioso, Apollo l'invidioso, Apollo che ama il mondo ma non tollera concorrenti. Io sono Apollo pronto ad annientare Pitone pur di appropriarmi della visione del futuro possibile. E la coscienza femminile non è più uguale a sé stessa. Io ne modifico la qualità e la qualità della coscienza modificata produce una quantità di modificazioni che modificano il mondo delle coscienze, variano i fenomeni e costringono nuovi e diversi adattamenti affinché le coscienze possano espandersi nella materia inconsapevole. Io, Apollo, modifico la qualità della coscienza e, nel modificare la qualità, permetto al femminile di moltiplicare all'infinito la quantità della coscienza che trasforma la materia inconsapevole in materia consapevole."

Come ebbe detto questo, Apollo tacque. Fu un attimo di silenzio come se gli arbitri dovessero digerire quanto veniva detto loro. Tutto era luce e tutto era silenzio.

"Ma ogni religione non è altro che il fantastico riflesso nella testa degli uomini di quelle potenze esterne che dominano la sua esistenza quotidiana, riflesso nel quale le potenze terrene assumono la forma di potenze sovraterrene. Agli inizi della storia sono anzitutto le potenze della natura quelle che subiscono questo riflesso e che nello sviluppo ulteriore passano nei vari popoli per le più svariate e variopinte personificazioni. Questo primo processo è stato seguito, almeno per i popoli indoeuropei, dalla mitologia comparata, risalendo sin alle sue origini nei Veda indiani, e mostrato nel particolare il suo sviluppo presso gli indiani, i persiani, i greci, i romani, i germani, e nella misura in cui il materiale è sufficiente, anche presso i celti, i lituani e gli slavi. Ma presto, accanto a forze naturali, entrano in azione anche forze sociali, forze che si ergono di fronte agli uomini altrettanto estranee e, all'inizio altrettanto inspiegabili, e li dominano con la medesima necessità naturale delle stesse forze della natura."

Engels, Antiduhring, Editori riuniti, 1971, p. 336

"Davanti al fantasticare esiste il fantasticare che fantastica di possibilità future desiderate. Poi, arriva la tempesta. Abbatte la casa e il fantasticare svanisce perché devi mettere le mani nel fango. Il fango prende vita, sciolto si solidifica e tu devi continuare a spalare se vuoi la tua casa. Oppure, prendi le poche cose che ti sono rimaste e ti metti in viaggio verso una qualche meta. Ma che tu spali il fango o che tu ti metta in viaggio non sogni più il fantastico, ma guardi l'orizzonte per raggiungere un possibile obbiettivo. Non ci sono angeli che ti sollevano, non ci son demoni che si interessano a te: ci sono solo problemi che devi risolvere sia con la pala che con le gambe. Non c'è mai stato un "inizio della storia". Gli Esseri sono usciti dal "brodo primordiale" e si sono trasformati generazione dopo generazione. Quella che Engels chiama "inizio della storia" è un'illusione cristiana che venne imposta perché non c'erano elementi sufficienti per confutarla. Ai tempi di Engels non c'erano elementi per affermare che la vita e le specie fossero un prodotto della Natura ottenuto per trasformazioni successive, come non c'erano elementi per affermare che l'uomo stesso fosse un prodotto divenuto per trasformazione nella natura prima e per imposizione sociale poi. Per questo non c'è un inizio della storia dell'uomo se non come non-essere che diventa essere come materia che inizia ad avere coscienza e che cerca di espandere sé stessa moltiplicandosi. Non esiste un "primo processo", esiste la necessità dell'uomo di comprendere il mondo in cui vive e descriverlo. Questa descrizione ha avuto la sua più importante rappresentazione nella mitologia. Prendete me" Continua Apollo "io sono il principio maschile della vita. Io sono i virus che modificano i batteri. Sono colui che perturba il femminile: come poteva il mito descrivere questa condizione se non rappresentando me? Non sapevano dei virus, non sapevano dei batteri, non sapevano della vita senza un principio maschile. Immaginavano, ma nella loro immaginazione hanno colto il divino che abitava il loro presente e hanno descritto uno come me che non accetta di lasciare le cose come sono, ma che vive modificando continuamente il proprio presente. Il femminile conserva l'armonia, io modifico costruendo conflitto nell'armonia."

"La proposizione: l'essere e il niente sono lo stesso, sembra alla coscienza rappresentativa, o all'intelletto, così paradossale, che forse non la ritiene come detta sul serio. Ed infatti, è questa una delle parti più aspre del compito del pensiero, perché essere e niente sono l'antitesi in tutta la sua immediatezza, senza che nell'uno sia già posta una determinazione che contenga la sua relazione con l'altro. Essi però contengono questa determinazione, come è stato mostrato nel paragrafo precedente: la determinazione, che è appunto la medesima in entrambi. La deduzione della loro unità è quindi del tutto analitica: come il procedere della filosofia, essendo metodico cioè necessario, non è altro se non il porre esplicitamente ciò che è già contenuto in un concetto. - Ma non meno esatta dell'unità dell'essere e del niente è anche l'affermazione, che essi sono affatto diversi: - l'uno non è ciò che è l'altro. Se non che, non essendosi qui la differenza ancora determinata, - che essere e niente sono ancora l'immediato, - essa resta, quale è in essi, l'ineffabile, la semplice intenzione."

Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, Laterza, 1989, p. 104

"Quando io non ero" continua Apollo "io non ero. L'esistenza di una realtà era; solo che tale realtà non si presentava alla mia coscienza in quanto la mia coscienza non era e, perciò, non era in grado né di pensare me stesso in quanto coscienza né la relazione fra un inesistente me stesso e una realtà. Io e la realtà. La realtà esiste senza di me, ma io non la posso pensare. Quando la mia coscienza emerge, anche la realtà, che vive in sé, si presenta alla mia coscienza. La realtà mi appare, per come io posso interpretarla e abitarla. Ciò che ci dimentichiamo è che quando noi nasciamo e veniamo in essere, noi germiniamo in quella realtà e in quella realtà appare la nostra coscienza che prima non era in quella realtà. E quella realtà percepisce la nostra coscienza e si adatta alla nostra presenza perché quella realtà subisce le azioni del nostro abitare il mondo costringendo quella realtà a modificarsi. Io che appaio in quella realtà, che nasco in essa, sono l'Essere che abita quella realtà e in quella realtà io mi modifico crescendo e dilatandomi finché non posso più crescere né posso più dilatarmi. Inevitabilmente, prima o poi, io, l'Essere, in quella realtà devo cessare di essere. Io vengo in essere per annullare il mio venir in essere dopo essermi trasformato e modificato in quella realtà. Nel momento stesso in cui vengo in essere pongo le basi per il non-essere, per il nulla della mia esistenza in quella realtà. La mia crescita, la mia trasformazione, inevitabilmente mi porterà al nulla di ciò che sono in quella realtà. C'è un momento in cui l'unica trasformazione possibile è la fine delle trasformazioni del corpo che manifesta la mia coscienza e, con la fine del corpo, la fine della coscienza stessa. L'Essere è il nulla perché il nulla è ciò a cui tende l'Essere perché noi pensiamo e il nostro pensiero è legato e conchiuso nella realtà nella quale mettiamo in atto i nostri mutamenti. Quando cessano i mutamenti dell'Essere, qualunque Essere nell'universo, nella sua realtà, l'Essere, per quella realtà, diventa il nulla e la realtà scompare all'orizzonte dell'Essere anche se la realtà continua nelle sue trasformazioni e nel suo divenire. L'Essere, qualunque Essere, diventa il nulla scomparendo dall'orizzonte della realtà in cui è vissuto. Una realtà che continua le sue trasformazioni in cui un infinito numero di Esseri nascono e un infinito numero di Esseri si trasformano nel nulla."

"Il proseguire della pratica sociale porta a numerose ripetizioni delle cose che suscitano negli uomini percezioni e impressioni, e allora si produce nella mente umana un subitaneo cambiamento (un salto) nel processo della conoscenza e nasce il concetto. Il concetto non riflette più l'aspetto fenomenico, gli aspetti singoli e i nessi esterni delle cose, ma coglie l'essenza delle cose, il loro insieme e il loro nesso interno. La differenza fra concetto e percezione non è soltanto quantitativa ma anche qualitativa. Procedendo in questa direzione e servendosi dei metodi del giudizio e della deduzione, si può arrivare a conclusioni logiche. Quando, come in San Kuo Yen Yi, si dice: "Aggrotta le sopracciglia e ti verrà in mente uno stratagemma", o quando più comunemente si dice: "Lasciatemi riflettere", ci si riferisce al momento in cui l'uomo opera con la sua mente, servendosi dei concetti, per formare giudizi e trarre deduzioni.

Mao Tse Tung, Opere scelte, Vol. I, trattato sulla pratica, Casa editrice in lingue estere, Pechino, 1969, p. 316

"Abitare il mondo" continua Apollo "è la pratica sociale della Coscienza che abita il mondo permettendo alla coscienza di mettere in atto tutti i cambiamenti possibili, tutte le sue dilatazioni nel mondo. La materia diventa cosciente di sé stessa, separa sé stessa dal mondo e abita il mondo; mette in atto azioni, subisce fenomeni e si adatta ad essi. La coscienza riflette e alla sua volontà d'esistenza aggiunge la sua intelligenza, la sua capacità di discriminare fra i fenomeni, di valutare i fenomeni stessi, di scegliere e di mettere in atto le proprie strategie d'esistenza. I nessi fra le cose, le relazioni, le implicazioni, i significati delle cose vengono elencati da una ragione che domina la coscienza dell'uomo che nel suo crescere e nel suo trasformarsi ha selezionato i fenomeni del mondo discriminando continuamente in essi e adattandosi continuamente alle loro sollecitazioni. Un mondo è una realtà formata da un numero infinito di coscienze che dilatano sé stesse nella realtà in cui vivono e che continuano a trasformarsi in una folle corsa verso il loro nulla, verso la cessazione della coscienza nella realtà in cui stanno vivendo. Percezione dei fenomeni, analisi dei fenomeni, risposte adattative, strategie e azioni formano la vita del soggetto che dice "Io sono" in una realtà che riconosce "altra da sé" ma che è formata da u infinito numero di Esseri che riconoscono la realtà come "altra-da-sé" e che si trasformano verso il nulla della loro coscienza."

""Voglio tuttavia che sappiate questo: Cristo è il capo di ogni uomo, l'uomo è capo della donna e Dio è capo di Cristo. Ogni uomo che prega e profetizza a capo coperto, disonora il suo capo; al contrario, ogni donna che prega o profetizza a capo scoperto, disonora la sua testa, perché è come se fosse rasa. Se una donna, dunque, non vuol portare il velo, si faccia anche tagliare i capelli! Ma se è vergognoso per una donna essere rasa, si copra col velo. L'uomo, invece, non deve coprirsi la testa, perché è immagine e gloria di Dio; mentre la donna è gloria dell'uomo. Infatti, l'uomo non ebbe origine dalla donna, ma fu la donna ad esser tratta dall'uomo; né fu creato l'uomo per la donna, bensì la donna per l'uomo. Quindi la donna deve portare sul capo il segno della podestà per riguardo agli angeli."

Paolo di Tarso, 1 Corinti 11, 3-10

"Il mondo reale in cui gli uomini agiscono quando nascono" continua Apollo "è una realtà che li ha preceduti e che si è sedimentata generazione dopo generazione per un tempo infinito. La realtà era prima che il singolo individuo nascesse e come il singolo individuo nasce, la realtà parentale agisce immediatamente sull'individuo per adattarlo alla realtà in cui dovrà vivere. Una realtà che trasforma, anche prima della nascita, il nuovo nato in preda affinché, mediante la violenza con cui i suoi fenomeni agiscono sulla sua struttura emotiva, si adatti ai modelli della realtà sociale. La realtà, l'oggettività, non ammette perturbazioni della sua armonia e non tollera coloro che non soggettivizzano sé stessa. Se la realtà in cui vivi ti dice che " Cristo è il capo di ogni uomo" o il nuovo nato si mette in ginocchio davanti a questo fenomeno o riceverà fenomeni talmente violenti da distruggere la sua struttura emotiva finché non dice: "Sì, è vero, Cristo è il capo di ogni uomo!". Come i fenomeni ti aggrediscono costringendoti a soggettivare la realtà, altri fenomeni ti strizzano d'occhio spingendoti ad accettare quella realtà perché tu, come maschio, come uomo puoi soddisfarti per essere " l'uomo è capo della donna" e tu ti puoi identificare con Dio che " Dio è capo di Cristo". E la donna, di chi è capo? " L'uomo, invece, non deve coprirsi la testa, perché è immagine e gloria di Dio; mentre la donna è gloria dell'uomo. Infatti, l'uomo non ebbe origine dalla donna, ma fu la donna ad esser tratta dall'uomo; né fu creato l'uomo per la donna, bensì la donna per l'uomo." La donna, dunque, deve portare il segno della sottomissione per "riguardo" agli "angeli". Il reale è composto da forze che trasformano il nuovo nato in una preda. Forze che non ne riconoscono l'individualità, né nessuna forma di diritto, ma solo la necessità di sottomettere il nuovo nato a modelli precostituiti. E' la magia nera che interviene sulla struttura emotiva e condiziona la pratica della vita dell'individuo mentre costruisce il suo corpo e la sua coscienza in modo che non sia il suo corpo per sé, né la sua coscienza per sé, ma per altri e questi altri, per poter dominare l'individuo, impongono motivi ontologici immaginari che l'individuo non può rimuovere e che riproducono la gerarchia sociale alla quale l'individuo deve sottostare. Ciò che Mao Tse Tung dice: " Il proseguire della pratica sociale porta a numerose ripetizioni delle cose che suscitano negli uomini percezioni e impressioni, e allora si produce nella mente umana un subitaneo cambiamento (un salto) nel processo della conoscenza e nasce il concetto." di fatto viene fatto dalla realtà sociale al nuovo nato che, costringendolo in una ripetizione ossessiva di cose predeterminate, suscitano in lui percezioni e impressioni preordinate che portano la loro mente a cambiamenti nella direzione voluta dalla realtà sociale. In quella mente prendono forma quei, e solo quei, concetti funzionali al controllo di chi domina la realtà sugli Esseri umani."

"Gesù allora disse loro: "In verità, in verità vi assicuro: il Figlio non può far nulla da sé, se non ciò che ha veduto fare dal Padre; perché tutte le cose che fa lui, le fa allo stesso modo anche il Figlio. Il Padre, infatti, ama il Figlio e gli manifesta tutto quello che fa; e gli mostrerà opere maggiori di queste, affinché voi ne restiate meravigliati. Come, infatti, il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così pure il Figlio fa vivere quelli che vuole. Inoltre il Padre non giudica nessuno; ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio, affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio non onora il Padre che lo ha mandato. In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede in colui che mi ha mandato, ha la vita eterna, non va in giudizio ma passa da morte a vita."

Vangelo di Giovanni 5, 19 - 24

"La realtà in cui nasce l'individuo dice all'individuo che lui è nulla. Lui è un incapace. Un incompetente. Un ignorante. La realtà è sapiente, la realtà può fare, mentre l'individuo non può fare nulla da sé." Continua Apollo "L'uomo creato da Dio deve aspettare di ricevere la benevolenza del Dio creatore perché, secondo l'imposizione della realtà sociale sull'individuo, lui non può fare nulla da sé stesso. Quest'idea dell'individuo come nullità, la realtà sociale la impone sull'individuo fin dalla primissima infanzia quando l'individuo, appena nato, guarda stupito un mondo di adulti che agiscono e a lui non viene concessa la consapevolezza che oggi è così, ma giorno dopo giorno diventerà come quegli adulti. Lui, appena nato, è incapace, lui è incompetente, lui non sa, ma l'adulto sa e l'adulto si pone come Dio onnipotente davanti al nuovo nato e nei confronti del nuovo nato esercita la sua violenza come il Dio dei cristiani esercita la propria violenza nei confronti delle persone più deboli e più fragili. E la realtà sociale si arroga il diritto di essere considerata onnipotente, come si millanta che Dio fa risorgere i morti, così la realtà sociale si ammanta di onnipotenza nei confronti del nuovo nato che, non sapendo far risorgere i morti come millanta di fare la realtà sociale, si sente intimidito e sottomesso da cotanta onnipotenza. Saranno necessari molti anni affinché il nuovo nato scoprirà che le affermazioni della realtà in cui vive son solo millanterie irreali. Nel frattempo il timore e la reverenza per la realtà sociale è penetrata in lui. Ha invaso la sua struttura emotiva, è penetrata in tale profondità nella sua persona che sarà sempre pervaso dal timore che nella millanteria e nella menzogna, con cui la realtà sociale si presenta davanti a lui, ci sia qualche cosa di vero, qualche cosa di reale. E così finisce per onorare la realtà sociale, i millantatori, gli evocatori di eventi messianici o profeti apocalittici che giocheranno su quel timore imposto, quel timore che, ogni volta che si evoca l'onnipotenza, sorge dentro di lui. E così finisce per credere alle parole di truffatori e millantatori che dalla realtà sociale gli chiederanno di sottomettersi e accettare l'onnipotenza. La realtà sociale, anziché favorire la crescita di un individuo sociale capace di arricchire la società civile, ha preferito costruire un individuo impaurito e sottomesso. Ha violentato l'individuo e anche se l'individuo si ribella alla realtà sociale che lo ha violentato, la realtà sociale non riconosce le proprie responsabilità nella violenza che l'individuo ha subito, ma lo criminalizza perché ha preteso di sottrarsi alla violenza che la realtà sociale gli ha fatto."

"Ecco perché dobbiamo esprimerci diversamente e dire che tali nomi significano proprio la divina sostanza e son applicati sostanzialmente a Dio. Ma dobbiamo aggiungere che rappresentano la sostanza divina in modo insufficiente. La prova di ciò sta nel fatto che il senso dei nomi da noi applicati a Dio è in rapporto con la conoscenza che noi abbiamo dello stesso Dio. Conoscendolo attraverso le creature, lo conosciamo di fatto nella misura in cui esse ce lo rappresentano. Ora già si è dimostrato che Dio precontiene in sé tutte le perfezioni delle creature, in quanto assolutamente e universalmente perfetto."

Tommaso d'Aquino, La conoscenza di Dio, Fabbri editori, 2004, p. 157

"La realtà sociale, ritenendosi creata ad immagine e somiglianza di Dio, si comporta con i nuovi nati come se fosse Dio deciso a macellare gli abitanti di Sodoma e Gomorra per sottomettere alla propria volontà ogni nuovo nato." Continua Apollo "La realtà sociale impone al nuovo nato come si deve esprimere "...diversamente e dire che tali nomi significano proprio la divina sostanza e son applicati sostanzialmente a Dio" come deve pensare la realtà sociale in cui vive. Come si deve comportare, come deve essere deferente nei confronti di Dio e, per estensione, nei confronti dell'autorità che è tale solo in nome e per conto di Dio. Questo perché " La prova di ciò sta nel fatto che il senso dei nomi da noi applicati a Dio è in rapporto con la conoscenza che noi abbiamo dello stesso Dio." Dove "conoscenza" e "farneticazione" appaiono come sinonimi il cui scopo è ingannare l'interlocutore per impedirgli la conoscenza del reale uscendo dalla farneticazione. La realtà sociale vive di farneticazioni perché davanti al nuovo nato afferma "verità" che non sono, ma hanno lo scopo di alimentare l'immaginazione in un virtuale che lo allontana dalla realtà. La realtà virtuale afferma, "Dio creatore è buono", la realtà che risulta dall'analisi "il Dio creatore è un delinquente e un assassino", ma il bambino, che dipende la propria sopravvivenza dal proprio padre e dalla propria madre, cancella la delinquenza di Dio che dovrebbe attribuire al proprio padre e alla propria madre; scaccia il pensiero perché, per lui, devono essere necessariamente buoni perché, anche se il Dio creatore ammazza tutto il mondo, non ammazza lui. Se si afferma che il Dio creatore precontiene in sé tutte le perfezioni delle creatore, si deve necessariamente considerare che il Dio creatore precontiene in sé tutto il male e la volontà del male che danneggia il mondo reale nel quale gli uomini vivono. Accusare il fantomatico Dio creatore di tutto il male è l'unico modo affinché l'uomo possa costruire delle buone condizioni di vita; possa cogliere dall'albero della vita, mangiarne e vivere in eterno!"

"Che in alcuni uomini, cioè, religione e morale fanno così perfettamente una e medesima cosa, che per quanto tu aguzzi la riflessione per penetrare nella intima struttura dell'animo di ciascuno di essi, non sai ravvisare quale delle due sia fulcro all'altra, o se ambedue si tengono così strette insieme, che tu non possa togliere qualcosa ad una, che all'altra tu non la tolga in pari tempo."

Antonio Labriola, Tutti gli scritti filosofici e di teoria dell'educazione, Morale e religione, Bompiani, 2014, p. 790

"Che cos'è la religione?" Si chiede Apollo "Nel vivere la condizione della religione cristiana, Marx nel 1844 scrisse: "La miseria religiosa è insieme l'espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito." La condizione religiosa cristiana era ottenuta mediante la costruzione della miseria nei popoli e la religione cristiana gestiva la miseria dei popoli come impresa con cui accumulare ricchezza. La miseria e la povertà erano la materia prima che le chiese cristiane usavano per accumulare ricchezza e valore e poter continuare a mantenere i popoli in miseria continuando ad accumulare ricchezza e valore. L'idea che i cristiani accumulassero ricchezza, con la gestione della povertà, divenne per centocinquant'anni il significato che assunse la religione in antitesi alle persone. Non si è compresa la seconda frase di Marx "la religione è il sospiro della creatura oppressa" dove, in sostanza, dice che chi è oppresso non lo è per condizioni economiche, ma per condizioni emotive che subiscono la violenza di "un mondo senza cuore", senza la capacità di percepire le emozioni dell'altro perché quel mondo vive in una "condizione senza spirito", cioè senza la capacità di abitare le emozioni del mondo. La realtà sociale è come una fabbrica di uomini e donne. Costruisce e manipola uomini e donne in funzione di sé stessa. Per farlo, manipola le loro emozioni e le costringe a produrre quelle e solo quelle idee. Ne consegue che la realtà sociale manipola la struttura emotiva degli uomini e delle donne costringendoli a piegare le loro emozioni e i loro desideri entro le categorie sociali imposte. Questa manipolazione costringe le persone a non vedere le loro possibilità. Costringe le persone a non poter scegliere qualche cosa di diverso da quanto è loro imposto in una società parcellizzata in tanti compartimenti stagni di controllo emotivo in cui le persone vengono imprigionate per poter controllare i loro comportamenti e le loro scelte. Per poter controllare le scelte e i comportamenti degli uomini, la realtà sociale impone agli uomini dei modelli di verità ontologici entro i quali vengono imprigionate le loro emozioni. Chi vive la miseria sociale invoca elementi ontologici per uscire dalla miseria o dalla violenza nella quale vive anziché analizzare la situazione della realtà sociale e mettere in atto azioni opportune per modificare la qualità della propria esistenza. Ed è questo che osserva Labiola. Negli uomini che vivono nella miseria emotiva, nella miseria economica e nell'emarginazione sociale religione e morale sono strettamente unite perché il dominio religioso cristiano avviene sul singolo individuo mediante l'imposizione di una morale perfettamente funzionale alla legittimazione del dominio della religione cristiana sull'uomo. Religione cristiana e morale cristiana sono indistinguibili perché la negazione della morale imposta dalla religione cristiana è un potere di controllo assoluto sul singolo uomo legittimato dalla necessità delle Istituzioni di costringere il singolo uomo ad aderire a quei modelli ideologici per affermare il dominio della realtà sociale in cui è nato. Per una diversa morale serve una diversa religione capace di proteggere le emozioni dell'uomo affinché uomini e donne possano pensare ad una diversa realtà sociale nella quale vivere."

Apollo ammutolì di colpo. Come fa chi ha aperto una nuova porta su un universo sconosciuto, ma si rifiuta di indicare il cammino con cui percorrere quell'universo. Poi, dopo un momento di riflessione, Apollo aggiunse un ricordo: "Quando giunsi all'Olimpo io ero smarrito, ma conoscevo bene il potere degli Dèi. Per questo, giunto davanti agli Dèi, nulla chiesi e nulla dissi, incoccai una freccia d'oro e tesi il mio arco. Non sapevo quale Dio avrei colpito per primo. Ero il principio maschile della vita che intendeva imporsi alla vita stessa ed ero pronto a combattere affinché la vita potesse continuare a svilupparsi. Fu mia madre, la titanessa Latona, che tolse la freccia dal mio arco e mi invitò a sedere. Io fui accolto. Io sto pensando a quante madri hanno tolto le frecce dall'arco dei loro figli non per farli accomodare al banchetto della vita, ma per renderli timorosi e paurosi e la vita potesse banchettare di loro."

Un po' alla volta lo splendore svanì e, salito sul carro, pur nascosto dalla nebbia che fitta permaneva sul campo di calcio, il Sole continuò il suo eterno corso.

 

Continua...

Il significato delle azioni della partita di calcio della filosofia spiegate dagli Dèi.

 

Marghera, 19 febbraio 2021

 

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